In rete gira un prototipo aggiornato del cosiddetto “patto educativo di corresponsabilità” tra scuola e famiglia: non è altro che un riadattamento, in vista della prossima stagione autunno/inverno, di un ferrovecchio tratto dalla paccottiglia para-normativa che da lustri affligge l’istruzione italiana. L’estensore del modello è il dirigente di un liceo di Monfalcone (Gorizia), il professor Vincenzo Caico, il quale si dice certo, in tal modo, «di contribuire al successo organizzativo di questo lungo viaggio». Sic.
In effetti il modello proposto dal professore rappresenta molto bene, sia per forma sia per contenuto (e non si sa quale sia peggio), il genere letterario corrispondente.
Nel frattempo, del “patto” già si leggono, qua e là, tante brillanti declinazioni, personalizzate secondo l’estro del funzionario di turno. A breve sfileranno dunque, accessoriati e acconciati come si conviene alla speciale occasione epidemica, tanti “patti” per i vari istituti in cerca di applausi e di solenne encomio. Sarà una gara di bravura, di solerzia, di scrupolo e di obbedienza al sistema.
Il loro comune denominatore è il lessico, attinto al formulario stereotipato del pedagogismo “democratico e inclusivo” e coerente con la funzione propria del fantasioso strumento: quella di raggirare le famiglie avviluppandole in un gomitolo di parole tanto beote quanto suggestive, per estorcere una firma che, verosimilmente, può essere solo utilizzata contro di loro.
DA DOVE VIENE IL “PATTO” Il “patto educativo di corresponsabilità” è una delle trovate escogitate dalle fertili menti ministeriali che risale al DPR 249/1998 (successivamente integrato nel 2007 e noto come “Statuto delle studentesse e degli studenti”), ove è previsto e disciplinato all’art. 5 bis.
Era concepito, e di conseguenza presentato al pubblico, come un istituto di tipo “emergenziale”, volto a dare il dovuto rilievo, nel tentativo di contrastarli, ai fenomeni sempre più diffusi tra le mura scolastiche di violenza alle cose e alle persone, di sopraffazione e di bullismo. Ma per compensare l’accento disciplinare fuori moda, il pacco viene regolarmente imbellettato con grande profusione di tutti gli stilemi passe-partout che tanto piacciono alla gente che piace: se ne fa sempre una questione di alleanza educativa, di sinergia virtuosa, di educazione alla cultura della legalità, di percorsi di crescita, di successi formativi, di accoglienza integrazione e benessere delle studentesse e degli studenti, di valori da trasmettere, di scuola comunità educante. Così uno si convince subito che gli viene offerta una cosa bellissima, che va senz’altro sottoscritta a occhi chiusi nel segno della pace e con tante grazie per la sensibilità e la premura dimostrate dalla istituzione.
Come si legge nella nota di accompagnamento alla novella del 2008, firmata dalla stella della Gelmini che allora brillava al ministero, «l’obiettivo del patto educativo, in sostanza, è quello di impegnare le famiglie, fin dal momento dell’iscrizione, a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa»: le famiglie, cioè, nella visione onirica degli estensori, si impegnerebbero a cedere alla scuola, con una cambiale in bianco, parte delle proprie prerogative nel campo della educazione. Alla faccia della Costituzione.
Ancora: «La norma, contenuta nell’art. 5 bis, si limita a introdurre questo strumento pattizio e a definire alcune caratteristiche generali lasciando alla libertà delle singole istituzioni scolastiche autonome il compito di definire contenuti e modelli applicativi che devono scaturire dalle esigenze reali e dall’esperienza concreta delle scuole, non potendo essere astrattamente enucleati a livello centrale». Id est, la singola scuola elabora il testo in piena autonomia: via libera all’inventiva, nel merito e nello stile (in prosa, in poesia, in esametri o in endecasillabi).
«Il patto di corresponsabilità, pertanto, potrà richiamare le responsabilità educative che incombono sui genitori, in modo particolare nei casi in cui i propri figli si rendano responsabili di danni a persone o cose derivanti da comportamenti violenti o disdicevoli che mettano in pericolo l’incolumità altrui o che ledano la dignità ed il rispetto della persona umana». Laddove, forse per ignoranza del legislatore, si trascura di considerare come certe condotte erano, sono e continueranno a essere sanzionate in via ordinaria dalle ben note disposizioni del codice civile e, nella eventualità, anche penale.
DOVE SI VUOLE ANDARE A PARARE A SUON DI “PATTI” I genitori, dunque, si trovano di fronte a una bella etichetta, a loro già familiare e quindi, per questo, tendenzialmente rassicurante. Essa si presta molto bene, oggi, a recepire nel mucchio anche il contenuto dei diversi e mutevoli protocolli-Covid adottati dalle singole scuole: si presta cioè a essere piegata alle nuove esigenze di addestramento degli scolari e al loro stringente controllo sanitario da parte delle onnipotenti autorità terapeutiche; a fare da contenitore di tutto quell’apparato para-normativo che si fonda su un presunto stato di emergenza, stabilito per contrastare un virus in via di estinzione e disciplinato sine die, e sine titulo, da altrettanto presunte autorità politiche, tecniche e amministrative, monocratiche e collegiali, centrali e periferiche.
Alcune scuole hanno persino l’ardire di pretendere, abusivamente, la firma di questi sedicenti “patti” a pena della mancata ammissione dello scolaro.
Peccato però che essi, in realtà, nulla abbiano di pattizio, perché consistono in documenti predisposti unilateralmente (dalla scuola) e sottoposti alla accettazione della controparte (famiglia, alunni), prendere o lasciare. Come se non bastasse, spesso si dicono modificabili o integrabili, sempre unilateralmente, sulla base di eventuali sopravvenienze di fatto o di “diritto”. Secondo il noto schema truffaldino usato dalle banche con le modificazioni unilaterali delle condizioni contrattuali.
Ora, si può concedere che un componimento di fantasia possa avocare a sé il generico fine di responsabilizzare genitori e alunni e di sollecitare gli uni e gli altri a un particolare scrupolo sia nel tenersi informati, sia nel comportarsi in modo adeguato alle circostanze, quali di volta in volta si manifestino. Una sorta di gentlemen’s agreement, detto in lingua barbara. Ma, di sicuro, non sono suscettibili di stabilire ad nutum contenuti imperativi, tanto più quando questi vertano su materia indisponibile. Covid o non Covid.
L’APORIA DEL “PATTO” CHE NON C’È È innegabile che la scuola sia un servizio pubblico approntato dallo Stato in incertam personam a fronte del quale il contribuente paga le tasse.
L’enumerazione di “impegni” specifici in capo all’uno o all’altro soggetto secondo la mutevole ispirazione dell’estensore appare nulla più che una iniziativa enfatica e sostanzialmente ultronea sul piano del diritto, perché essi si trovano o a ripetere cautele già vigenti ad altro titolo nell’ordinamento (l’inosservanza di regole di comportamento che rispondono ad esigenze di civile convivenza, come detto, rimane autonomamente sanzionata), oppure a sconfinare nella illegittimità per difetto di legittimazione. Nel primo caso generano confusione tra fonti normative, vere o presunte; nel secondo caso possono con facilità tramutarsi in prevedibili occasioni di contenzioso.
Se per ipotesi si fosse davvero in un regime pattizio, come tendenziosamente il nome vorrebbe suggerire, allora tutto dovrebbe svolgersi sul piano privatistico della reciprocità.
L’istituzione scolastica sarebbe tenuta, in condizioni contrattuali di parità, ad assumersi anch’essa una precisa responsabilità non solo nei confronti del proprio superiore gerarchico (Ufficio scolastico regionale, Ministero), ma specificamente nei confronti della controparte con la quale addiviene all’accordo.
E, prima di tutto, dovrebbe provare al genitore-controparte la bontà e l’innocuità di tutte le misure messe in programma. Per esempio, che l’uso della mascherina non provoca danno alla salute, o che le sostanze detergenti e igienizzanti utilizzate non contengano componenti nocive o tali da scatenare reazioni allergiche. O ancora, dovrebbe consentire al genitore che non le gradisca di evitare la somministrazione di prestazioni non richieste che per loro natura investono l’ambito stricto sensu educativo le quali, riguardando la sfera più intima e personale del soggetto in formazione, sono per definizione appannaggio della famiglia; o di rifiutare iniziative ad alto tasso ideologico, o “percorsi” di indottrinamento morale o politico. Tipo, tornando al nostro prototipo apparecchiato dal solerte professor Caico, i progetti che punterebbero al «benessere e alla tutela della salute delle studentesse e degli studenti, attivando momenti di ascolto e di contatto con i servizi di sostegno e di accompagnamento per i giovani». Che forse non tutti apprezzano, soprattutto a scatola chiusa.
Per tutti questi profili, in caso di danni di qualsiasi tipo procurati all’alunno e data la libertà del dirigente di predisporre il testo in autonomia, la responsabilità non potrebbe che ricadere personalmente su quest’ultimo che ne è l’autore.
In conclusione, o la scuola si siede con me a concordare tutti gli interventi che, frutto della propria fantasia contingente, esulino dalla propria specifica funzione; o di certo non può impormi di firmare nulla, specie ponendo la firma come condizione per ammettere mio figlio alla frequenza. Tantomeno una procura generale anticipata sui trattamenti che lo riguardino nel tempo della sua permanenza a scuola.
10 commenti su ““Patto di corresponsabilità”: attenzione a cosa accettano alunni e famiglie”
Ottimo articolo. Meno male che c’è ancora qualcuno capace di pensiero critico.
Condivido in toto, io non lo firmo di sicuro,
Salve, io ho mandato tramite Rinascimento Italia la diffida ai dirigenti delle scuole dei miei figli. Ora mi aspetto, perché mi hanno già detto che questa sarà la mossa, di essere ricattata a firmare il ” patto” altrimenti non verranno ammesso i miei figli a scuola.media inferiore e superiore. Avrei bisogno di arrivare pronta a tale momento, qualcuno può fornirmi documenti e argomenti per rifiutare? Specialmente vista la diffida inviata.. grazie! marcella.bassanesi@gmail.com
Perché non l’ha fatta in forma anonima? Io non sono riuscito a contattare Rinascimento Italia, gli ho scritto una mail ma non mi hanno risposto……
Io non firmerò mai questo patto che nasconde bene quello che sappiamo e se la scuola farà problemi come ad esempio l’impedimento a mio figlio di frequentare la scuola, denuncero’ immediatamente il dirigente scolastico tramite i miei legali.
Il diritto di accesso all’istruzione, nella scuola pubblica è principio costituzionale irrinunciabile e anche obbligatorio che ovviamente prevale sulle pretese sottoscrizioni delle condizioni pattizie dette per assurdo “patto di corresponsabilita”. Queste furbate ministeriali hanno una parvenza di “concordato obbligatorio” ma a condizioni “variabili” e unilateralmente da parte della Direzione Scolastica cui i genitori possono anche non sottoscrivere altrimenti non si chiamerebbe patto.
Buongiorno io purtroppo l ho firmato adesso come mi posso tutelare? Grazie a tutti
Buona sera.
Mi è stata inviata una mail di sollecito dalla suola che mi invita a firmare il patto prima dell’inizio delle lezioni (14/09/2020) altrimenti non ammettono mia figlia a scuola.
Cosa fare? qualcuno sa dare indicazioni?
Grazie mille
Buongiorno, anche io ho problemi con il patto di corresponsabilità,le hanno dato indicazioni al riguardo? Come ci si può proteggere? Grazie mille se vuole farmi un bellissimo regalo può comunicarmelo a: ignassiu@libero.it oppure tramite messaggio privato al 3468067528. Grazie, Ignazio da Ferrara
Ma per quanto riguarda l’Autodichiarazione sotto responsabilità di aver misurato febbre e che nessuno dei miei familiari non è stato sottoposto a tampone risultato positivo ecc. , non è altrettanto una presa di responsabilità per cose di cui in quanto non medico non posso garantire un bel niente ?