Le Ricognizioni si fanno, in genere, in territorio nemico. È il fascino di questa testata, uno spazio di libertà in cui stanno insieme un po’ di cultura, tanta speranza e un pizzico di Fede. Una ricognizione suggerisce qualche lettura per questo periodo strano, in cui #iorestoacasa e mi costringo a pensare #andràtuttobene. Sono penetrato in territorio nemico, nell’enciclopedia mondialista, iperlaica e politicamente corretta, Wikipedia. Ho scelto una voce, non tanto a caso: Chesterton. Mi sono limitato a un brutale “copia e incolla” di quel grande (e grosso: un metro e novanta per centotrenta chili!) intellettuale, scrittore e cristiano inglese.
Per indurre chi legge ad approfondire, mi sono limitato a due opere apparentemente antitetiche, Eretici e Ortodossia, ma non ho resistito alla tentazione di alcune citazioni sparse. Perle, gocce, lampi, aforismi, chiamateli come volete, ma lasciatevi sorprendere dal padre del distributismo, che è una teoria economico-sociale, e di Padre Brown, che era un prete capace di indagare l’animo umano sino a scoprire i crimini degli crimini. Strano cervello eclettico, capace di scrivere anche un libro cruciale su San Tommaso (per lui era Tommy!), dettato nei ritagli di tempo tra un racconto, un saggio e un articolo di giornale.
Le ricognizioni in partibus infidelium sono state, credo, fruttuose. Tutto merito del vecchio Gilbert Keith. Se avrete la pazienza – io spero il piacere – di leggerle, vi verrà voglia di brandire il computer o lo smartphone, che avrà finalmente meritato il suo nome di “telefono furbo”, e di andare oltre, gustare altri diamanti della sapienza semplice e geniale di quel gigante. Tutto ciò in attesa di sopravvivere al contagio e alla reclusione e correre in libreria per leggere, sottolineare amorosamente, conservare e fare vostri pensieri e parole di Chesterton. Iniziamo dal principio, dal racconto della nascita fatto da lui stesso, nell’Autobiografia.
“Inchinandomi con la mia cieca credulità di sempre di fronte alla mera autorità e alla tradizione dei padri, bevendomi superstiziosamente una storia che all’epoca non fui in grado di verificare in persona, sono fermamente convinto di essere nato il 29 maggio del 1874 a Campden Hill, Kensington; e di essere stato battezzato secondo il rito anglicano nella piccola chiesa di Saint George, che si trova di fronte alla torre dell’acquedotto, immensa a dominare quell’altura. Non attribuisco nessun significato al rapporto tra i due edifici; e nego sdegnosamente che la chiesa possa essere stata scelta perché era necessaria l’intera forza idrica della zona occidentale di Londra per fare di me un cristiano”.
Molti pensieri di Chesterton sono così sorprendenti perché in lui chiarezza e profondità si fondono senza sforzo apparente: il marchio infallibile del genio. Ne proponiamo alcuni, così alla rinfusa.
“Dicono che il viaggiare allarghi la mente, ma è necessario possedere una mente. Il male vince sempre grazie agli uomini dabbene che trae in inganno; e in ogni età si è avuta un’alleanza disastrosa tra abnorme ingenuità e abnorme peccato. Il mondo non languirà mai per mancanza di meraviglie, ma soltanto quando l’uomo cesserà di meravigliarsi. L’intelligenza moderna non accetta nulla che venga dall’autorità. Ma accetta invece qualsiasi cosa che non sia autorevole. L’uomo non vive di solo sapone. La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, e anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa. La psicanalisi è una confessione senza assoluzione. Le forze che cambiano il corso della storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo. Tutta la differenza fra costruzione e creazione è esattamente questa: una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita; ma una cosa creata si ama prima che esista. Vi è qualcosa di depravato in ogni uomo che non abbia voglia di violare i dieci comandamenti”.
In Eretici regala momenti di autentica emozione.
“Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto”.
“La religione del carpe diem non è la religione della gente felice, ma delle persone estremamente infelici. La gioia non coglie i boccioli di rosa mentre ancora può farlo; i suoi occhi fissano la rosa immortale che vide Dante”.
La sua riflessione sulla Chiesa è un benefico pugno allo stomaco: “quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole”.
“Un tempo l’eretico era fiero di non essere tale. Eretici erano i regni del mondo, la polizia e i giudici. Lui era ortodosso. Non si compiaceva di essersi ribellato a loro; erano stati loro a ribellarsi a lui. Gli eserciti con la loro spietata sicurezza, i sovrani con i loro volti impassibili, i decorosi processi di Stato, i giusti processi legali: si erano tutti smarriti come pecorelle. L’eretico era fiero di essere ortodosso, fiero di essere nel giusto. Tutto il resto è saggezza: nulla è più fallimentare del successo”.
“La razza umana, secondo la religione, cadde una volta, e cadendo acquisì la conoscenza del bene e del male. Oggi siamo caduti una seconda volta, e tutto ciò che ci resta è la conoscenza del male. Forse mai dall’inizio del mondo vi è stata un’epoca che avesse meno diritto di usare la parola ‘progresso’ dell’epoca attuale”.
“Imbucare una lettera e sposarsi sono tra le poche cose ancora assolutamente romantiche, perché per essere assolutamente romantica una cosa deve essere irrevocabile. Come può conoscere l’Inghilterra colui che conosce solo il mondo? Il giramondo vive in un mondo più piccolo rispetto al contadino, respirando sempre un’aria locale. Londra è un luogo, paragonata a Chicago; Chicago è un luogo, paragonata a Timbuctù. Ma Timbuctù non è un luogo, perché almeno laggiù vivono uomini che la considerano l’universo e che respirano non un’aria locale, ma i venti del mondo. L’uomo sulla nave da crociera ha visto tutte le razze umane e pensa alle cose che dividono gli uomini: alimentazione, abbigliamento, decoro, anelli al naso come in Africa o alle orecchie come in Europa, vernice blu tra gli antichi e vernice rossa tra i britannici moderni. L’uomo nel campo di cavoli non ha visto nulla, ma pensa alle cose che uniscono gli uomini: la fame, i figli, la bellezza delle donne, la promessa o la minaccia del cielo”.
“L’uomo che disse: beato colui che non si aspetta nulla, perché non verrà deluso, fa una lode alquanto inadeguata e addirittura fasulla. La verità è: beato colui che non si aspetta nulla, perché verrà piacevolmente sorpreso. L’uomo che non si aspetta nulla vede le rose più rosse rispetto agli uomini comuni, l’erba più verde e il sole più abbagliante. Beato colui che non si aspetta nulla, perché possiederà le città e le montagne; beato il mite, perché erediterà la terra. È l’uomo umile che fa le grandi cose, è l’uomo umile che fa le cose audaci”.
“Il forte non può essere coraggioso. Solo il debole può esserlo. Bevi perché sei felice, ma mai perché sei triste. Non bere mai quando non farlo ti rende infelice, o sarai come il bevitore di gin dal volto tetro dei bassifondi; ma se bevi quando saresti felice anche senza bere sarai come l’allegro contadino italiano. Non bere mai perché ne hai bisogno, poiché questo è un atto razionale che ti porta dritto alla morte e all’inferno. Ma bevi perché non ne hai bisogno, poiché questo è un atto irrazionale e l’antica salute del mondo”.
“L’uomo non può amare le cose mortali. Può amare solo, per un istante, le cose immortali. Quando il trionfo è il metro di giudizio di ogni cosa, gli uomini non sopravvivono mai abbastanza a lungo da trionfare. Finché la vita è piena di speranza, la speranza è una mera lusinga o un cliché; è solo quando tutto è disperato che la speranza comincia a diventare vera forza. Come tutte le virtù cristiane, è tanto irragionevole quanto indispensabile”.
“L’uomo può essere definito un animale che fa dei dogmi. Nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee, il giorno che ne avrà una gli darà alla testa come il vino a un astemio”.
In Ortodossia scopre che “gli uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l’umanità pur di combattere la Chiesa”. I suoi non sono paradossi, ma lenti multifocali che permettono di guardare la realtà per intero, come in un grandangolo. Sentite: “la serietà non è una virtù. Sarebbe un’eresia, ma un’eresia molto più giudiziosa, dire che la serietà è un vizio. Sarebbe ingiusto passare sotto silenzio la definizione misteriosa ma suggestiva data, pare, da una bambina: un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i piedi”.
“La tradizione non significa che i vivi sono morti, ma che i morti sono vivi. Pazzo non è chi ha perso la ragione, ma chi ha perso tutto fuorché la ragione. Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell’ortodossia come di qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c’è invece, niente di così pericoloso e di così eccitante come l’ortodossia: l’ortodossia è la saggezza, e esser saggi è più drammatico che esser pazzi; è l’equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio, che pare si chini da una parte, si spenzoli da quell’altra, e pure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia della statuaria e la precisione dell’aritmetica”.
“II paradosso fondamentale del Cristianesimo è che la ordinaria condizione dell’uomo non è il suo stato di sanità e di sensibilità normale: la normalità stessa è un’anormalità. Questa è la filosofia profonda della caduta. II valore delle cose sta nell’essere state salvate da un naufragio, ripescate dal Nulla all’esistenza. Ma io ho fantasticato (l’idea può sembrare pazzesca) che l’ordine e il numero delle cose non sia che il romantico avanzo del naviglio di Crusoe. Gli alberi e i pianeti mi parevano come salvati dal naufragio, e quando vidi il Cervino fui contento che non fosse stato dimenticato nella confusione. La cinta esterna del Cristianesimo è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini. Nella filosofia moderna avviene il contrario: la cinta esterna è innegabilmente artistica ed emancipata: la sua disperazione sta dentro”.
“Il nostro mondo sarebbe più silenzioso se fosse più energico. Tutto il mondo moderno è in guerra con la ragione, e la torre già vacilla. Chi crede nei miracoli li accetta (a torto o a ragione) perché ne ha delle prove. Chi non crede nei miracoli non li accetta (a torto o a ragione) perché ha una dottrina contro di essi”.
Splendida è la pennellata sull’opposizione tra cristianesimo e buddhismo: “il cristiano evade dal mondo per rifugiarsi nell’universo, il buddhista vuole evadere dall’universo ancora più che dal mondo. Uno vorrebbe annientarsi, l’altro vorrebbe tornare alla sua creazione, al suo Creatore. C’è ben poco al mondo che si possa confrontare con queste due alternative quanto a completezza. E chi non si sentirà di scalare la montagna di Cristo, precipiterà fatalmente nel baratro di Buddha”. Profetico.
“Il paradosso è diventato ormai ortodossia; gli uomini sguazzano placidamente nel paradosso come nel luogo comune. Non è il fatto che l’uomo pratico stia a testa in giù, il che alle volte può essere una stimolante per quanto sconcertante ginnastica; è che a testa in giù ci sta a meraviglia, ci dorme, perfino”.
“La filosofia di san Tommaso si basa sulla convinzione condivisa da tutti che le uova sono uova. Il tomista vede le cose nella loro concretezza insieme al resto degli uomini e ha la consapevolezza comune che le uova non sono galline, sogni o pure e semplici supposizioni, ma cose verificate dall’autorità dei sensi, il che significa da Dio”.
“In un certo senso posso anche ammettere che un uomo possa essere uno scettico radicale, ma non può essere nient’altro; certo nemmeno un difensore dello scetticismo radicale. Se per un uomo tutti i moti del suo stesso intelletto sono senza senso, allora il suo intelletto è senza senso, ed è senza senso egli stesso; e non significa nulla cercare di scoprire quale senso egli abbia. Sembra che gli scettici radicali in genere sopravvivano perché non sono poi tanto scettici e non sono affatto radicali. Cominceranno col negare ogni cosa e poi ammetteranno qualche cosa, se non altro per amor di ragionamento – o tante volte di polemica senza ragionamento. La mente conquista una nuova provincia, come un imperatore; ma solo perché ha risposto al suono di un campanello, come un servitore. La mente è se stessa per questo nutrirsi di fatti, questo cibarsi della strana, dura carne della realtà”.
Infine: “La maggior parte delle filosofie moderne non sono filosofia ma dubbio filosofico; dubbio, cioè, se possa esistere una qualunque filosofia.”
Non è allora così strano che un filosofo dell’importanza di Etienne Gilson disse di Chesterton che è stato è stato uno dei pensatori più profondi mai esistiti. Per Mario Praz, usando a veicolo del suo pensiero un ameno stile paradossale, contrapponeva alla bruttezza della civiltà industriale e al materialismo la semplicità agricola dei padri e la luce perenne dell’idea cattolica romana. Quanto a Jorge Luis Borges, agnostico di spirito, “la letteratura è una delle forme della felicità; forse nessuno scrittore mi ha dato tante ore felici come Chesterton”. Per il compianto cardinale Giacomo Biffi, “Chesterton si è fatto da solo. È semplicemente andato alla scuola della sua schietta umanità e ha ricercato la verità con assoluta onestà intellettuale, usando effettivamente di quella ragione che i razionalisti si limitavano a venerare. Questo è stato sufficiente a condurlo ‘a casa’, cioè all’antica fede e alla saggezza dei padri”.
Meditiamo, gente, meditiamo. Il tempo c’è, sul divano o sul sofà. Non restiamo soli proprio in questo frangente strano, sospeso, con il respiro mozzato e la paura non ammessa. La compagnia di Chesterton ci farà sentire di più la vicinanza a quell’Altro Assoluto in cui, unico, riposa il cuore inquieto.
2 commenti su “Chesterton letto allo smartphone. Fa un gran bene anche così”
Bravo! Se ha provato gusto su Wikipedia, venga da noi e troverà tanta roba buona:
uomovivo.blogspot.com
Vale la pena.
Grazie! Spunti salutari per non rischiare di appassire in questo inaspettato inverno del corpo e dell’anima.