Del radicalismo chic conosciamo moltissimo e non solo per il sempre verde libro che è alla base di questa efficace definizione (Lo chic radicaledi Tom Wolfe), sintesi dell’innamoramento dei Mondani (ricchi borghesi) per i propri Nemici (Pantere Nere, attivisti sindacali, terzomondisti, eccetera). Frutto dell’età dell’inconsistenza e della banalità – per usare l’immagine di Christopher Lasch (La cultura del narcisismo) – i radical chic hanno finito per scaldarsi alla luce dei propri idoli, venendone assimilati. “L’élite c’est moi”: Bernard-Henri Lévy si incarna sulla copertina del rotocalco patinato, mentre la vulgata radical chic impazza sui mass media, nei salotti televisivi, sulle prime pagine dei quotidiani, segno di rassicurante conformismo e di quieto vivere.
Ma gli altri ? Dei no-radical chic che cosa se ne sa? Brutti, sporchi e cattivi – secondo la vulgata corrente. Ovviamente incolti, intolleranti, timorosi delle differenze… In realtà – a ben guardare – i no-radical chic incarnano un’idea, certamente “altra”, ma complessa del mondo, con cui la cultura dominante (ed i mezzi d’informazione ad essa assimilata) prima o poi dovranno iniziare a fare i conti.
I no-radical chic rifiutano il quieto conformismo e l’omologazione corrente. Delle vecchie ideologie non sanno che cosa farsene, usando come metro il buon senso popolare, quella capacità di giudicare con equilibrio e ragionevolezza la realtà, comprendendone le necessità pratiche, di cui si era – per decenni – perso traccia. I no-radical chic sono orgogliosi della propria individualità, ma ripudiano l’individualismo borghese, neo ideologia di un uomo e di una donna “liberati” dai legami tradizionali (familiari, comunitari, nazionali, religiosi) e sempre più prigionieri delle frustrazioni/depressioni contemporanee.
Al “Dio morto” la vulgata radical chic ha sostituito desideri e consumi, riprodotti all’infinito, mettendo da parte le autentiche domande sul senso dell’esistenza, sulla forza del “limite”, sulle “ragioni” del Sacro. I no-radical chic comprendono l’emozione massmediatica per Notre-Dame in fiamme, ma ancora di più, guardano con sgomento alle chiese vuote (o peggio trasformate in discoteche). I no-radical chic non si esaltano per le bollicine millesimate e per l’aragosta, preferendo lambrusco e ravioli. Si inquietano per il linguaggio contemporaneo infarcito di inutili anglicismi, rivendicando la loro appartenenza alla Penisola dei mille dialetti. Allo spread oppongono il lavoro quotidiano. Costretti a vivere in una realtà fisicamente periferica ed anonima, amano la loro terra, quella concreta, segnata all’orizzonte da torri e campanili. Ascoltano la Greta nordica e si chiedono: il vituperato medioevo non aveva già capito tutto ?
Di zone “grigie” i no-radical chic non sanno che farsene. Cercano e coltivano il sì si no no, pianta malsana per chi è eternamente abituato a mediare e a tutto concedere, nel segno di una progressismo infinito. Essi guardano all’oggi facendo appello ad alcuni principi immortali: il senso della Fede in un Dio ed in una Dottrina, che hanno informato la civiltà occidentale; la Patria quale senso di appartenenza ad una comunità, casa dei Padri, anima e destino spirituale; la famiglia come scommessa e lascito, presente e futuro insieme, carne e Spirito.
Nel senso del relativismo-ideologia è la ricucitura di senso che “agita” i no-radical chic: il Bello, il Buono, il Giusto sono le sfide reali sulla strada di una nuova ricomposizione culturale, sociale e politica. E’ molto di più di un Progetto e di un Programma. È un’aspettativa, quella a cui i radical chic hanno rinunciato, appagati nel loro elitismo senza popolo, quella a cui un popolo guarda, magari inconsapevolmente, in attesa di una nuova élite che renda palese e concreta questa aspettativa.
5 commenti su “Elogio dell’anti radical chic”
Diciamo che i no-radical chic sono persone normali, uomini e donne normali che pensano e ragionano in modo normale, cioè con le capacità e l’intelligenza che il Padreterno ha loro fornito sempre in quella meravigliosa prospettiva di fare l’uomo a Sua immagine e somiglianza. E allora, impossibile presentare il male come bene e viceversa, stravolgere l’ordine naturale delle cose, o rovesciare una dottrina millenaria per il semplice obiettivo di cancellare dal mondo Dio e la sua legge. Impossibile, perché è impossibile cancellare l’impronta di Dio nel cuore del’uomo, una impronta di verità e di giustizia che prima o poi torna a galla, volenti o nolenti i “grandi pensatori” , sociologi e filosofi scardinatori per vocazione dell’ordine costituito.
E volesse il Cielo che per costoro ciò avvenga prima che sia troppo tardi.
Mi perdoni,Tonietta, ma i nonRadchic non sono per nulla persone normali (almeno nell’accezione odierna). Piuttosto sono persone libere, poiché hanno capito che occorre essere contro questo mondo (finto, falso, conformista verso il basso, l’abbietto e l’ignobile) per essere veri e liberi. La normalità e’ di quelli che indossano jeans tagliuzzati, la libertà e’ di quelli che si annodano il papillon: mi perdoni l’esempio spicciolo. Un saluto da Gotham, il Pinguino.
Sì, caro Pinguino. La libertà sarà pure di quelli che si annodano il papillon, ma la parola ‘normale’ indica la normalità delle cose così come prima dell’ammattimento generale è sempre stato. Normale, cioè nella norma; e qual è la norma a cui la normalità si riferisce? È la semplicità del vivere rispettando l’ordine naturale voluto dal Creatore, ossia l’ordine perfetto che deriva dalla Sua sapienza e dalla Sua giustizia. Essere normali aderendo a questo volere è dunque anche esercitare nella maniera più giusta la propria libertà. Tutto il resto è anormalità.
La legge -legge di natura, legge umana per quanto riesce a essere “giusta”, Legge Divina- è un aiuto per chiunque, cara signora; ed è tutela dei deboli.
Questa mentalità perniciosa, invece, pretende di dominare la legge e la Legge. “Tutti hanno il limite di 50 km/h? Benissimo: si tratta di esseri limitati. Io invece fendo il,traffico a 150 km/h: io sono al di là di ogni ristrettezza”.
Difficile che rimettano i piedi per terra prima del momento della morte, purtroppo: mentre le persone normali temono la morte, e non sono sicure di ciò che Dio può trovare in loro di buono e di cattivo, costoro vivono in una sorte di culto della morte stessa. Ambiente tanatofilo, scriveva qualcuno
“Si inquietano per il linguaggio contemporaneo infarcito di inutili anglicismi, rivendicando la loro appartenenza alla Penisola dei mille dialetti.”
Esatto! Concordo pienamente. Secondo me chi (e purtroppo sono tanti, troppi!) infarcisce il proprio parlare di “inutili anglicismi” è un ignorante autolesionista: ignora e distrugge la propria lingua, ostentando una inesistente/falsa cultura!