La legge è fatta per gli uomini e non gli uomini per la legge. È una delle straordinarie novità dell’annuncio di Gesù Cristo all’umanità, e una delle principali ragioni dell’odio che i farisei e i membri del Sinedrio hanno concepito nei suoi confronti, perché tale annuncio andava a intaccare proprio la struttura di potere di cui erano parte. Quando Gesù, accusandoli di ipocrisia, ha ricordato loro che, se l’asino cade nel pozzo, il suo padrone lo tira fuori anche nel giorno del riposo sabbatico; e allo stesso modo Egli si prende la libertà di guarire gli infermi nel giorno di sabato, ha messo il dito proprio nella piaga: perché chi ama il potere, e vuol continuare a goderne i privilegi, cerca di assolutizzarne il concetto, di porlo al di sopra degli uomini, in modo che nulla e nessuno venga mai a turbare la sua posizione egemonica. Se passa, invece, il principio che la legge va rispettata, sì, ma fino a quando essa è al servizio degli uomini, e non un passo più in là, allora tutti i politicanti e tutti gli ambiziosi che adorano vivere sfruttando il loro potere e i loro privilegi, magari senza far nulla di utile per la società, come dei perfetti parassiti, ma campando di rendita sul monopolio della legge, che sia quella religiosa o quella civile, allora costoro si sentono gravemente minacciati in ciò che sentono come essenziale e irrinunciabile, e reagiscono con tutte le armi che hanno a disposizione.
Sappiamo come hanno reagito alla predicazione di Gesù Cristo: in un certo senso, essa li aveva fatti smontare dal piedistallo che si erano costruiti, e dall’alto del quale potevano sfruttare la massa del popolo. Ma Gesù è venuto a insegnare che tutte le leggi sono riconducibili a una sola Legge, perché tutte le verità parziali sono fondate sull’esistenza di una sola Verità: e, così facendo, ha tolto loro il terreno sotto i piedi, e li ha fatti sentire minacciati nelle loro posizioni di rendita. Ora, chi esercita il monopolio sulla legge, religiosa o civile che sia, è esposto a una forte tentazione: quella di abusarne. Ecco perché, se parliamo di una legge religiosa, è evidente che solo una grande fede può contrastare la continua tentazione di abusare del potere che viene dalla legge. Ma questo è proprio quel che è accaduto: nei custodi della dottrina cattolica, nei detentori del Magistero della Chiesa, a un certo punto si è indebolita la fede; forse si è perduta del tutto. E tali custodi della legge, divenuti nel loro intimo atei, ma ancora formalmente investiti di tutto il loro potere, sono diventati un terribile fattore di crisi, turbamento, divisione e scandalo nel popolo dei fedeli.
Questo, a grandissime linee, è quel che pensiamo sia successo, a partire dal Concilio Vaticano II: una perdita della fede da parte del clero, che lo ha spinto – teologi in testa, con le trombe (gesuite) e la fanfara – a industriarsi in ogni modo per smussare, attenuare, annacquare una dottrina sentita ormai come”superata”, ma in realtà come troppo pesante, e perciò desiderosi di allentarne i rigori per godere anche loro un po’ dei piaceri del mondo. In fondo, se tutta la civiltà moderna è costruita sull’individualismo e sull’edonismo, perché solo loro, i preti e i religiosi, avrebbero dovuto seguitare a nutrirsi di pane e acqua? Perché solo loro avrebbero dovuto seguitare a stringere la cinghia, a digiunare, a pregare, a privarsi di ogni comodità, a vivere di beni immateriali, mentre tutti gli altri correvano su e giù per arraffare la loro bella fetta di godimento, di piacere, di felicità schiettamente terrena?
Si era spezzata definitivamente la relazione virtuosa fra laicato e clero: il laicato, afferrato dal demone del consumismo, non produceva più vocazioni religiose; e il clero, sempre più esangue per mancanza di forze nuove, intristiva, si ripiegava su se stesso, e cercava disperatamente la maniera di uscire dall’angolo, di riconquistare spazio, non per Dio, ma per se stesso; s’ingegnava per trovare la quadratura del cerchio, per vedere come si potesse fare per conservare l’abito religioso e tuttavia arrendersi al mondo e adottare la sua prospettiva, i suoi valori, le sue aspettative. Non era poi così difficile: esisteva la parola magica per effettuare questa resa incondizionata che, però, non doveva apparire come tale, ma anzi, doveva sembrare un atto di apertura e di magnanimità; e quella parola era, ed è, dialogo.
Con la scusa del dialogo, il clero senza più fede, o con la fede azzoppata e indebolita, ridotto a volare basso, a navigare a vista, aveva trovato il modo di arrendersi, ma senza troppo umiliarsi; addirittura a spacciare la propria resa per una vittoria, per un progresso, per un (niente di meno!) approfondimento della fede. Sono queste le parole truffaldine che trasudano dai documenti del Concilio Vaticano II: dialogo, approfondimento della fede, apertura, dolcezza, ricerca dei punti d’incontro: che meraviglia! E quanto zucchero, poi: in quantità industriali! Peccato che fossero solo chiacchiere senza costrutto; la realtà era un’altra: il clero si arrendeva, riconosceva la sconfitta, ma solo fra sé e sé; e intanto cambiava faccia, cambiava sottane, cambiava linguaggio.
Cambiava tutto, nella più gattopardesca delle sceneggiate: bisognava cambiare tutto, affinché tutto rimanesse come prima. Cioè, per continuare a vivere di rendita: i cardinali nel loro “sacro” collegio, i vescovi nelle loro diocesi, gli abati nei loro conventi, i teologi nelle loro facoltà, e i giornalisti della stampa cattolica nelle loro redazioni. Che altro avrebbero potuto fare, i poverini, giunti a quaranta, cinquanta, sessant’anni di età? Dire: Abbiamo perso la fede!, e lasciare la tonaca, le poltrone, i palazzi, i pulpiti, gli stipendi e i privilegi, compresi gli agganci con i salotti buoni, con i banchieri disinvolti, con i giornalisti delle reti nazionali pubbliche e private, con il mondo degli affari, con gli intellettuali mainstream, quelli che invitano vescovi a gogò alla televisione, come fa Corrado Augias, purché siano rigorosamente progressisti e parlino male della Tradizione e di quasi tutto il passato della Chiesa?
E tuttavia, sbaglierebbe chi pensasse che la parabola degenerativa della Chiesa, negli ultimi cinquant’anni, si possa spiegare solo in termini sociologici, antropologici e culturali. Sì, certo questo è stato l’aspetto più vistoso e anche più facilmente riconoscibile: in una società secolarizzata, la resa del clero era solo questione di tempo. E il clero cattolico aveva resistito davvero a lungo, almeno quattro secoli, da quando, reagendo al furioso assalto del luteranesimo, aveva stretto i ranghi, si era auto-riformato, aveva istituito i seminari, moltiplicato le missioni, rafforzato la disciplina, rinverdito gli studi, accentuato la dimensione sociale, pur seguitando a coltivare la spiritualità come la cosa essenziale.
In questo senso, più ancora del Concilio, Vaticano II, svoltosi dal 1962 al 1965, è stata la sostituzione della Messa tridentina con la Messa di Paolo VI, nel 1969, a chiudere definitivamente un ciclo e aprire l’ultima fase dell’auto-demolizione della Chiesa cattolica, quella che ora sta culminando sotto i nostri occhi, con le chiese ridotte a pizzerie e ristoranti, i transetti ridotti a piste da ballo per coreografie barbare e pagane, i pulpiti ridotti a teatrini da avanspettacolo, i seminari ridotti a fabbriche di modernisti, arroganti e semideficienti, e il popolo dei fedeli ridotto a una massa di pecoroni che vanno dietro al campanaccio di qualunque pastore, senza saper minimamente riconoscere la differenza fra il vero Buon Pastore e i mercenari, o addirittura i lupi, travestiti da pastori.
Se la società, l’economia e la cultura seguitavano a secolarizzarsi, e i rapporti sociali venivano sempre più modellati dall’edonismo, dall’utilitarismo, dal relativismo, era fatale che il clero finisse per restare soggiogato, moralmente e materialmente, dall’orientamento del mondo moderno. Così, invece di convertire il mondo, è stata la Chiesa che si è lasciata convertire; è stata lei che ha cominciato a sacrificare la propria tradizione, e perfino la Tradizione, quella di origine soprannaturale, per giungere a un accomodamento con le richieste della modernità: democrazia, libertà, uguaglianza (in senso politico e giuridico più che morale), diritti civili, soggettivismo etico, autodeterminazione.
E così, una cosa tira l’altra, chi deteneva la legge, ha cominciato a modificarla per attuare tale marcia di avvicinamento al mondo moderno: facendo entrare nella Chiesa le nuove tendenze del femminismo, del terzomondismo, del marxismo, del consumismo, dell’edonismo, del nichilismo, del materialismo, perfino la psicanalisi. Che cosa non è “passato” entro il cattolicesimo, generalmente sotto la cappa protettiva dei gesuiti, di ciò che piace al mondo, fra gli anni ’60 e i nostri giorni! Praticamente di tutto, anche le più improbabili; anche lo Yoga, la New Age, i concorsi di bellezza, il bikini, la lotta di classe, la pedagogia libertaria (grazie, don Milani), Gesù Cristo ridotto a un Che Guevara (e grazie anche a Pasolini), e la teologia della liberazione, e poi il divorzio, l’aborto e l’eutanasia. Da ultimo, anche la sodomia impenitente e trionfante (gaia, appunto), l’omosessualismo e il travestitismo, presentati come alte espressioni di amore e come nuovi modelli di famiglia. I gesuiti erano i fedelissimi (già: ma di chi?), di loro ci si poteva fidare; non era stata per decenni La civiltà cattolica, la roccia su cui si erano infrante le onde dei nemici della Chiesa? Nessuno pareva sospettare che proprio fra di loro stesse maturando il grande tradimento, il grande capovolgimento di alleanze: l’8 settembre della Chiesa cattolica.
E invece è stato proprio così. C’è stato un papa postconciliare, Giovanni Paolo II, il quale, benché non immune dagli errori del modernismo, e soprattutto subalterno ai disegni del giudaismo aggressivo – è stato lui a definire gli ebrei i nostri fratelli maggiori, e a sostenere l’assurda ed eretica tesi che essi hanno tuttora l’Alleanza privilegiata con Dio (dopo aver messo in croce il nostro Signore Gesù Cristo!), perciò non hanno necessità di convertirsi – a vedere con chiarezza, in compenso, la nuova strategia di potere dei gesuiti ed è corso ai ripari, con la massima durezza. Ha visto a che gioco stavano giocando e li ha colpiti come mai nessun papa degli ultimi due secoli aveva osato fare: li ha commissariati, li ha isolati, li ha bloccati, li ha mortificati e ha meditato di scioglierli.
Grazie anche all’improvvisa e grave malattia del loro generale, il basco Pedro Arrupe, il capo e la testa pensante della nuova strategia modernista dei gesuiti: allearsi con il mondo contro la Chiesa “tradizionalista”, fuggire in avanti per non essere scavalcati dagli eventi, stringere un patto col diavolo prima di trovarsi estromessi dalla società e, magari, ricacciati nelle catacombe, come duemila anni fa. Non hanno pensato, sciagurati, che questa era proprio la strategia del diavolo. In cambio di una tregua coi nemici della Chiesa, hanno deciso di barattare la loro alleanza con essi: dopo di che si sono trasformati nei più zelanti e formidabili nemici di quel che ancora resta del vero cattolicesimo.
Hanno avuto anche altri alleati, dentro la Chiesa, questo è certo: come il servita David Maria Turoldo, quello che ha dichiarato pubblicamente di schierarsi per il divorzio e per l’aborto; quello che spezzava la coroncina del Rosario e la calpestava davanti alla folla, esortando tutti a farla finita con quelle superstizioni medievali; ma soprattutto hanno avuto potenti alleati fuori della Chiesa, e li hanno tuttora. Basta dare una scorsa agli amici di Bergoglio: Pannella, Bonino, Scalfari, Napolitano, Mattarella, e soprattutto Soros e la grande finanza speculativa, la massoneria, il Pd, i democratici americani (Obama/Clinton) per capir da che parte vengono i sostegni, le complicità, i finanziamenti al “nuovo corso” del Grande Bugiardo, al Jefe Maximo argentino, ben deciso ad affossare, una volta per sempre, quel poco che ancora resta in piedi del vero cattolicesimo e della vera Chiesa. Del resto, la sua prima mossa non è forse stata quella di commissariare, così, da un giorno all’altro e senza dare mai la minima spiegazione, i Francescani e le Francescane dell’Immacolata? Pare proprio che sia stata la rivincita sul commissariamento dei gesuiti voluto da Giovanni Paolo II. Prima che un altro papa commissari noi, noi commissariamo la Chiesa. Corsi e ricorsi della storia.
Eppure sbaglierebbe, dicevamo, chi pensasse che una tale spiegazione puramente antropologica sia sufficiente. No, c’è dell’altro. C’è una regia che si serve della secolarizzazione della società e della globalizzazione dei mercati per snaturare e capovolgere la funzione e il magistero della Chiesa di Cristo; qualcuno che sta più in alto dei gesuiti e più in alto dei serviti; perfino più in alto della massoneria e dei miliardari della globalizzazione come Soros. V’è un altro nemico, molto più potente, capace di utilizzare tutti questi fattori, dal femminismo alla teologia della liberazione, dal bikini al telefonino, dallo sport alla discoteca, per far penetrare all’interno del clero e dei fedeli laici il veleno della modernità. Li prende al laccio tutti quanti, uno per uno, facendo leva sui vizi particolari di ciascuno: l’ambizione, la lussuria, l’irrequietezza, l’avarizia, la superbia, l’accidia, la golosità, la droga. E costoro si son lasciati prendere.
Il nemico fa il suo mestiere, lo ha sempre fatto: tenta le anime, le circuisce, le inganna, le seduce; sono i cattolici che non hanno fatto il loro: non sono stati capaci di vegliare e pregare, non hanno saputo tenere accesa la luce della fede. Hanno lasciato che le lampade si spegnessero, sono rimasti al buio; e, una volta immersi nelle tenebre, hanno cominciato a chiamare il male bene, e il bene, male; hanno cominciato a tradire, a ingannare, a confondere le pecorelle del gregge di Cristo. Non sono più degni di dirsi preti, non sono più dei ministri d Cristo, ma degli infiltrati, delle quinte colonne operanti alle spalle degli ultimi difensori, per pugnalarli alla schiena. Bisogna perciò persuadersi, con infinita tristezza, che, giunte le cose a questo punto, la vera obbedienza è quella di disobbedire al falso clero e obbedire, così, a Dio. Forse molti cattolici si son scordati che la Chiesa è di Dio, e che Lui, e Lui solo, ne può disporre; gli altri, papa compreso, sono solo operai della vigna; e se fanno il loro dovere sono utili e lodevoli; se non lo fanno bisogna negar loro obbedienza, pur di piacere a Dio. Cosa è mai l’uomo, senza Dio? Gesù dice (Lc, 19,25): che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?
Fonte:accademianuovaitalia.it
30 commenti su “Disobbedire alla (falsa) chiesa per obbedire a Dio – di Francesco Lamendola”
Io direi meglio: disobbedire alla falsa chiesa per obbedire a Dio e alla vera Chiesa.
Al linguaggio, oggi così di moda, mondanamente suggestivo, dell’odio preferisco quello più fedele al Vangelo. Cfr. OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO Zayed Sports City (Abu Dhabi) Martedì, 5 febbraio 2019: “Chi ha ragione, Gesù o il mondo? Per capire, guardiamo a come ha vissuto Gesù: povero di cose e ricco di amore, ha risanato tante vite, ma non ha risparmiato la sua. È venuto per servire e non per essere servito; ci ha insegnato che non è grande chi ha, ma chi dà. Giusto e mite, non ha opposto resistenza e si è lasciato condannare ingiustamente. In questo modo Gesù ha portato nel mondo l’amore di Dio. Solo così ha sconfitto la morte, il peccato, la paura e la mondanità stessa: con la sola forza dell’amore divino. Chiediamo oggi, qui insieme, la grazia di riscoprire il fascino di seguire Gesù, di imitarlo, di non cercare altro che Lui e il suo amore umile. Perché sta qui, nella comunione con Lui e nell’amore per gli altri, il senso della vita sulla terra. Credete a questo?”
Gentile Mario, attento a non prendere una cantonata: a mio giudizio l’omelia che lei cita è un lampante esempio dell’eresia (fintamente) buonista che vige nella chiesa. Ad una prima lettura infatti parole idee e concetti sembrano buoni e sani, ma ad una lettura più attenta si può notare che non vi è traccia di trascendenza: tutto è qui in questa vita, sulla terra, come chiosa la parte da lei citata. Peccato che il senso della vita sia un altro: “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra in Paradiso”. Insomma, quello che a lei pare fedeltà al Vangelo, è in realtà una sua edulcorazione.
Mi spiega come si fa ad amare e servire Dio sulla terra nell’attesa di goderlo in Paradiso?”
Le Scritture sono chiare e l’omelia del Papa non fa una grinza.
Non possiamo inventarci un Gesù che non esiste perché quello reale ci sta scomodo.
Gentile Maria1, temo che secondo il suo modo di ragionare (e quello del papa) le clarisse siano delle gran perditempo, non aiutando il prossimo. L’omelia del papa è totalmente appiattita sull’aldiquà, e grinze non fa perchè è di un piattume desolante.
Lei sa che i mistici sono state persone molto concrete: Padre Pio con l’ospedale, la mistica di Trastevere Anna Maria Taigi, san Pasquale Bylon e l’elenco sarebbe lungo.. Anche san Paolo fu un veggente operativo. Non smettono di essere in Dio operando.A guisa di Maria di Nazareth che immediatamente si mise in cammino per servire la cugina Elisabetta.
La clarissa? Spero che abbia sentito la vocazione. Ma se lei le frequenta nota che lavorano e come, ed esercitano carità e pazienza fra di loro. Noi mortali non vediamo Dio e ci illudiamo di amarlo. Ma se lo vedessimo lo manderemmo al paese come facciamo ora con tutti.
Solo chi tratta bene gli altri può essere sicuro di trattare bene anche Dio. A me pare ingiusta e maleducata la sua definizione della omelia del Papa. Non solo non nega Gesù in terra straniera ma mostra di conoscerlo bene.
Molti di voi (anche per la Madonna) scambiano la gloria dei cieli con la vita faticosa e grama che ebbero sulla terra dove Gesù scelse di spogliarsi, a nostro beneficio, della sua gloria.
Mi perdoni Maria1, ma è proprio l’esatto contrario. Quando ci viene propinata l’equiparazione migrante=Cristo, dobbiamo renderci conto che questa è una travisazione bugiarda del Vangelo. Gesù non viaggiava per sfuggire da fame, guerre, persecuzioni o disagi vari, ma dal tentativo omicida di Erode, che desiderava solo salvaguardare il proprio trono da un presunto usurpatore. Tenendo anche conto della profezia di Osea (11,1-2): “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.” Ed infatti Gesù “rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.” (Mt 2,14-15). Adempimento delle profezie messianiche o mera coincidenza geopolitica? Me lo dica lei. Da Gotham, il Pinguino.
Io ho letto l’omelia come viene postata più su’ e dove si parla di Gesù e della sua vita di croce e di amore. Non si parla di migranti.
Chi è abituato a difendere il più debole della situazione pensa di interpretare il versetto evangelico “l’avete fatto a Me”. Ma è lo Stato che deve vigilare sulla correttezza delle operazioni migratorie perché le cose non sempre sono così come appaiono.
Le profezie? È un discorso minato e non mi avventuro. La Taigi diceva di vedere conversioni di massa di musulmani al cristianesimo. E li vedeva belli e commoventi i musulmani convertiti. Quando succederà? Attraverso quali eventi?
Preferisco non pensarci e vivere nel presente, tanto sono anziana, malata, e non ci sarò.
Per me che sono credente Gesù è Gesù: incarnato, morto e risorto. Non il migrante, che va amato ( con ordine e disinteresse) in Gesù.
Qui qualcuno si avvicina alla blasfemia. Del resto, piscis a capite foetet: Bergoglio bestemmia, quindi lo fanno anche i suoi piccioli seguaci, e lo fanno extra ecclesiam. Dio li perdoni. Io amo Dio per Lui stesso, non per il fatto di amare gli altri. Gli altri li amo in nome di Dio. Vergogna a chi sostiene l’inverso!!!
Gentile Maria1, l’omelia del Papa, come d’altra parte suo solito, oltre ad essere “piatta” presenta almeno un problema: riprendendo infatti il testo ufficiale dal sito del vaticano si legge che “Per Gesù, invece, beati sono i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati.” Capisce? Come al solito c’è la travisazione del povero (migrante, diverso…) come beato, mentre ilo testo evangelico ben specifica che il vero beato è il povero IN SPIRITO. Guardi, se anche tutto il resto dell’omelia fosse corretto, basta questa incrinatura per dare un giudizio negativo. E non mi si dica che è una sciocchezza: è proprio del modernismo dire cose errate mescolate a cose giuste, così da mascherare l’errore e renderlo accetto. Purtroppo sono tempi in cui bisogna farsi scaltri come serpenti.
Non capisco che voglia dire “piatta”. Ha bisogno dei fuochi d’artificio per apprezzare un discorso? Come i predicatori di un tempo che facevano teatro e spettacolo dal pulpito?Piacevano a mio nonno.
Ho letto l’omelia e l’ho trovata bella perché parla delle Beatitudini.
Lei si attacca al particolare “povero”o “povero di spirito”.
San Matteo scrisse “poveri di spirito” mentre san Luca scrisse semplicemente “poveri”.
Io penso che la ricchezza, così come la povertà, non si può limitare solo alle tasche. Sarebbe troppo riduttivo.
Il problema sta a monte, nel cuore.
” Tu ami la sincerità del cuore ” pregava re Davide che non era più povero.
C’è gente così dipendente dal denaro che non lo spende neanche se deve curare un familiare malato. C’è chi lo usa per prevalere e schiacciare il prossimo considerandosi più potente.
Bergoglio parla come un compagno di strada: “Non temere se sei povero, se sei ultimo, perché Dio non ti scarta per questo”. I cristiani negli Emirati non occupano posti di prestigio, sono fra gli ultimi. Ed è vero che Dio non premia il…
Articolo lucido e tragicamente realistico. La società del benessere e il consumismo sono riusciti a corrompere la quasi totalità del clero cattolico, che ha gettato le armi. Così il veleno nemico è penetrato nella Chiesa, fino alle sue fondamenta.
ritengo che la definizione ‘fratelli maggiori’ sia stata erroneamente intesa come un complimento. Infatti nella Bibbia i fratelli maggiori, da Caino a Esau’, non sono in genere visti bene, e perdono i loro diritti. Giovanni Paolo II si era espresso in codice perche’ ormai non esiste piu’ la liberta’ di opinione. Ma chi ha orecchie da intendere, intenda!!!
Giovanni Paolo II voleva dire quello che san Paolo scrive nella Lettera ai Romani, cap.9 e 11.
Sono i nostri fratelli maggiori senza codici e senza malizia.
secondo me voleva dire che gli Ebrei stanno a Esau’ come i Cristiani stanno a Giacobbe, essendo i Cristiani il nuovo Israele (cosi’ Sant’Ambrogio)
Come ha potuto il male mettere radici tanto salde all’interno della Chiesa? Come al solito presentandosi come un bene immediato per il quale non è necessario alcuno sforzo personale duraturo; Inoltre stando bene attento a rispettare l’alternanza bene, male, bene male, bene male in tutto quello che riguarda la comunicazione scritta ed orale. Qualcuno disse di Paolo Vi che parlava a destra ed agiva a sinistra, altri hanno sintetizzato il metodo con: qui lo dico, qui lo nego, dico e non dico. Cioè tutta una serie di accorgimenti finalizzati a non farsi pendere in castagna. E così è stato per decenni. La doppiezza eretta a sistema. Nessuno di noi ha la forza e la scaltrezza di cogliere costoro sul fatto. A posteriori sì, certo. Non resta a noi allora che seguire il Catechismo di San Pio X, che è essenziale, senza tante chiacchiere; non farsi incantare da nessuno, imitando NSGC, che non fu incantato da nessuno; fare il bene secondo quello che la vita propone di giorno in giorno ,di stagione in stagione alle nostre capacità.
Un piano diabolico ordito da nemici di Cristo e dell’umanità intera, ed attuato con fredda, diabolica determinazione. Una compagine teatrale che recita una parte assegnata, ed ha a disposizione mezzi illimitati di potere e denaro per condurre a termine nel più breve tempo possibile il compito assuntosi : distruggere la Chiesa Cattolica, creare una religione mondiale, braccio ecclesiastico de governo unico mondiale massonico, il tutto per rendere possibile il Regno dell’Anticristo. Anche se la sua durata sarà limitata, tanto basta a satana, conta di fare un ricco bottino di anime, prima di essere ricacciato nell’abisso infernale assieme a tutti i suoi accoliti. Le prime vittime sono stati proprio loro, i chierici traditori, magari dapprima utopisti, idealisti avulsi dalla realtà, poi divenuti veri malfattori della fede, gente senza scrupoli né pietà (altro che “misericordia sicut pater”, forse sì, se si considera che il “pater” è il diavolo). Adesso non li ferma più nessuno, anche perché sanno che il loro nuovo padrone non glie lo consentirebbe.
Non siamo stati -piuttosto- noi a disertare la Fede, le Chiese? A lasciarli soli
Ripeto quello che ho già scritto su un precedente commento. Non ci si salva buttandosi dalla barca nel mare in tempesta. Ma pregando perché Gesù intervenga presto.
In ogni caso consiglio a tutti la Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria a San Martino di Schio vero farò di Luce nella nebbia di questi nostri tempi.
Laudetur Jesus Christus.
Enricog: “Non ci si salva buttandosi dalla barca
………….nel mare in tempesta. Ma pregando
………….perché Gesù intervenga presto”.
Certo, se la nostra incolumità è il problema di fondo, non c’è dubbio alcuno che rimanere sulla barca e demandare a Gesù la soluzione del problema è la scelta per ognuno di noi più saggia.
Ma se il problema di fondo è, invece, che ognuno di noi che ha ricevuto la Cresima è, di fatto, soldato e di Gesù e della Chiesa, allora le cose si ribaltano e di brutto.
Di brutto perché noi – da sessant’anni ormai – invece di confrontare il nemico che ha invaso ed occupato la nostra Chiesa, ce ne siamo stati tutti – consacrati e laici – a guardare lo spettacolo della nostra invasione ed occupazione, diventando con questo nostro silenzio ed inazione preziosi COLLABORATORI dei nemici di Cristo e della Sua Chiesa.
Come definirebbe Lei, signor Enricog, soldati di questa sorta? “Mezze tacche” è la mia cristiana definizione. Forse Lei vorrebbe farci sapere la Sua, di definizione?
Analisi perfetta, manca un ultimo tassello: per tempo siamo stati avvisati di tutto questo dall’Apocalisse, dalle profezie dei santi, fino alle rivelazioni mariane degli ultimi due secoli: l’apostasia partirà dal vertice e “l’abominio della desolazione siederà nel Luogo Santo” e quindi “esci da Babilonia, popolo mio…” solo chi non vuol vedere i segni dei tempi può ancora fingere di non capire: occorre fare come le vergini sagge che vogliono conservare l’olio in attesa dello Sposo, perché mai nella storia della salvezza Dio è venuto meno al suo popolo, di fronte al generale tradimento c’è sempre un Elia fedele alla Verità, pur contro tutti, per far udire la voce dell’Unico Vero Dio, perché gli uomini di buona volontà non restino confusi ma sappiano trovarLo là dove Egli è. E fin dal 1947 Egli si è scelto un’ultima Dimora tra gli uomini, per stringere l’ultima definitiva Alleanza con quanti gli resteranno fedeli, una Terra d’Amore, dove la Sua Presenza è viva e operante, dove la Chiesa Universale di Cristo resisterà alle tenebre: è la Culla di Gesù Bambino della…
quello che mi stupisce è che in questi articoli non si parla mai di don Alessandro Minutella, che ha avuto due scomuniche da Bergoglio proprio per non avere ubbidito alla falsa Chiesa. Viene sistematicamente ignorato proprio nei siti tradizionalisti. Per quale motivo non si comprende.
E’ tutto tragicamente vero e non voglio obbedire a questa falsa Chiesa, ma a Nostro Signore Gesù Cristo. Che significa in concreto?In che modo?, oltre che spiritualmente sentendomi in comunione con la vera fede? Non e’ una domanda provocatoria. Non posso abbandonare la S.Messa perché non riesco a fare a meno dell’Eucaristia ma al contempo mi sento ipocrita nel parteciparvi. Che fare?
Ma è semplicissimo, Tina. Andare alla S. Messa tradizionale. E’ pieno di centri messa tradizionalisti in Italia. Che problema c’è?
I problemi sono tantissimi per chi non guida, è anziano e non ha nessuno che lo porti (in orari difficili) ad una Messa fuori della propria città o provincia, con notevole impegno per l’accompagnatore autista che avrà altri impegni.
Magari può essere che tutti i suoi familiari siano contrari, quindi non sa a chi chiedere compagnia e aiuto.
E’ così difficile immaginare certe avversità, inevitabili in diocesi disastrate dove i vescovi sono simili a dei “don rodrigo” così arroccati nel loro strapotere da aver terrorizzato tutti i sacerdoti, tutti al 100% allineati sul “non s’ha da fare” e pronti a maltrattare i fedeli che osassero accennare all’argomento ?
Da antologia. Complimenti!
Sono spesso i cosiddetti “poveri” che Bergoglio tanto predilige i più immersi nella miseria e sporcizia morale. Lo vogliamo ammettere o no ? A questi bisogna parlare di riscatto spirituale e non scambiare la liberazione dal peccato con quella dalla povertà economica. Anche se le due cose possono anche andare insieme, ma per un papa cattolico la priorità deve essere lo spirito.
Io penso alla statura morale di santa Maria Goretti, cresciuta in una povertà davvero ripugnante.
“Povero di spirito”‘ è chi “si fa povero” come Gesù e per amore. Saremo giudicati sull’amore, diceva (mi pare) Giovanni della Croce. E san Paolo diceva che una grande fede non ci nobilita davanti a Dio quanto la carità. “Ama e fa’ quello che vuoi” lo diceva s.Agostino.
Il povero che si trascina bestemmiando, odiando, invidiando e nuocendo non penso si possa dire ‘beato’.
Ma il ricco che banchetta insensibile davanti al povero affamato viene destinato da Gesù all’inferno.
Dio non ha condannato il portafoglio dell’epulone ma il suo cuore duro.
Nicla, ciò che lei dice lo davo per scontato. So benissimo che i problemi che lei ha illustrato sono diffusissimi, non mi riferivo a chi è nei fatti seriamente ed effettivamente impossibilitato a assistere alla vera Messa. Ma la conclusione – questo è il punto – è che non si può in alcun modo frequentare quella “cattiva” perché è peccato. Occorre piuttosto stare a casa e pregare. Questo intendevo ricordare. Dio conosce le varie situazioni e non tema: saprà Lui comprendere e giustificare; ma la frequenza ad una pseudo-messa sacrilega NON è la soluzione, e infatti escludo che Dio ne sia soddisfatto. Il “meglio di niente” è un errore capitale suggerito dal demonio. Pseudo-messa “cattiva”? Mai, se non c’è la Messa buona quella cattiva non si frequenta COMUNQUE. Questo comanda la [vera] Chiesa cattolica.
Maria1, tutto vero. Ma non dobbiamo dimenticare che la carità cristiana è data dalla fede. E’ vero che senza la carità la fede rischia di esser morta (né peraltro la carità si riduce alla pura dilezione umana, che si deve al prossimo in nome di Dio), ma è ancor più vero che senza la fede è impossibile la VERA carità, che può essere soltanto quella cristiana. Il primo amore su cui saremo giudicati è l’amor di Dio e, per Sua volontà e comandamento, l’amore per il prossimo che da quello (scil. quello per Dio) dipende e discende: se non si tiene presente questo lo stesso amore per il prossimo è snaturato e spesso inutile.