Giuseppe Toniolo, corporativista ante litteram? – di Mario Bozzi Sentieri

LA PROPOSTA DISTRIBUTISTA E’ SORTA AGLI INIZI DEL ‘900 DA ALCUNI ILLUSTRI CATTOLICI (GILBERT KEITH CHESTERTON, HILAIRE BELLOC, PADRE VINCENT MCNABB) CHE, DALL’ANALISI DELLA “RERUM NOVARUM” (1891) DI LEONE XIII, HANNO ELABORATO UNA SERIE DI IMPORTANTI CONSIDERAZIONI SULLA “SACRALITA’ DELLA PROPRIETA’ PRIVATA, SULLA CENTRALITA’ DELLA FAMIGLIA, SULLA CORRETTA PARTECIPAZIONE AL BENE COMUNE”. NONOSTANTE CHE MOLTI DEI LORO TEMI SIANO STATI STUDIATI DA FILOSOFI, ECONOMISTI, TEOLOGI, PURTROPPO LA PROPOSTA DISTRIBUTISTA NON E’ ANCORA SUFFICIENTEMENTE CONOSCIUTA. CI PROPONIAMO QUINDI, CON UNA SERIE DI ARTICOLI, DI FAR PRESENTE QUANTO CONSIDERIAMO ANCORA UNA VISIONE CATTOLIC DA RISCOPRIRE, VALUTARE E ATTUALIZZARE.

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A cent’anni dalla scomparsa di Giuseppe Toniolo (1845-1918), beatificato nel 2012, in tempi di amnesie culturali anche da parte di un mondo cattolico  a cui spesso piace più baloccarsi con  un sociologismo di maniera  che con le grandi questioni di principio, parlare di   Toniolo significa riportare  all’attenzione generale un intellettuale a cui il mondo cattolico è stato debitore per le  sue intuizioni politico-sociali (Pio XII lo definì “maestro dei cattolici italiani in campo sociale”) e  che ha ancora molte cose da dirci. Basta saperlo ascoltare, magari superando certe stantie preclusioni.

Toniolo non è infatti un generico assertore dei principi di sussidiarietà e solidarietà. Padre di sette figli, docente di economia politica a Pisa dal 1879, fondatore nel 1889 dell’Unione cattolica per gli studi sociali, presidente dell’Unione Popolare dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi, allievo di Werner Sombart, l’autore de Il capitalismo moderno, egli è stato l’iniziatore delle “Settimane Sociali”, il cui primo congresso, avvenuto a Genova nel 1892, individuava – su sua indicazione – nella soluzione corporativa la sola idonea a risolvere la “questione sociale”. L’idea di fondo era quella di una convergenza tra struttura sociale ed impianto statale, sia a livello territoriale che “di classe”, con un richiamo alle persone reali, viventi nelle categorie produttive, nelle famiglie, negli enti locali.

L’ordine corporativo immaginato da Toniolo stava tutto all’interno del progetto di Restaurazione cristiana, in grado di riparare ai danni spirituali e materiali provocati dalla rivoluzione liberal-borghese, sulla via – egli scriveva – di “quella politica cristiana per eccellenza, per cui da Costantino (274-337) a Clodoveo (466 ca. – 511), a Carlomagno (742-814), ai princìpi feudali e alle repubbliche guelfe d’Italia, tutti i reggitori degli Stati, accanto all’ufficio di tutelare gli interessi della nazione, assumevano il comune dovere di difendere e promuovere gli interessi di tutta la Cristianità e della Chiesa”. Questi insegnamenti saranno confermati, in occasione del quarantesimo anniversario della Rerum novarum di Leone XIII (1891), dall’enciclica Quadragesimo anno (1931), emanata da Pio XI, per il quale il “vero e genuino ordine sociale” nasceva dalla coesione tra datori di lavoro e prestatori di lavoro, impegnati a “promuovere più che mai intensamente la cooperazione della intera corporazione dell’arte al bene comune, cioè alla salvezza e prosperità pubblica della nazione”.

Toniolo visse nel periodo di Leone XIII e di Pio X e lo visse da laico cattolico nel suo tempo e non nonostante il suo tempo. Egli era quindi a servizio  del progetto di questi due pontefici, come egli stesso scriveva in una lettera al marchese Filippo Crispolti: “Il restauro dell’ordine sociale giusta la dottrina cattolica e giusta le tradizioni della civiltà cristiana nella sua storica alleanza con la missione della Chiesa e del pontificato”. Toniolo è stato un cattolico della Aeterni Patris, dato che si è sempre professato tomista. Toniolo nel 1892, in due conferenze nel trevigiano tenute alla società di mutuo soccorso, disse: “La finalità della società è soprattutto la reciproca carità ed educare il cuore e la mente alle massime morali, al sentimento religioso”.

È giunto il tempo per ridare nuovo slancio ad un’idea sociale messa, da decenni, sotto silenzio, sull’onda di più facili convergenze politiche e culturali . Non c’è niente da inventare.  Basta tornare ai “fondamentali”. Toniolo e i distributisti inglesi offrono grandi occasioni di riflessione per l’attualità, in particolare a chi continui a coltivare l’idea partecipativa, costruita sulla libera associazione dei lavoratori; sul lavoro e capitale anche in relazione reciproca; sul prevalere dell’etica sulle dure leggi dell’economia, sulla distribuzione della piccola proprietà.

Pur nel mutare degli scenari, i grandi temi del rapporto tra etica ed economia, produzione e giustizia sociale, partecipazione e accesso alla proprietà, restano all’ordine del giorno. Bisogna solo trovare le giuste chiavi di lettura. Toniolo e i distributisti ne offrono certamente più d’una.

 

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