Per gentile concessione dell’Autore:
Quale ruolo hanno avuto, e hanno, l’omosessualità attiva e le sottoculture omosessuali nel sacerdozio e nei seminari rispetto alla crisi degli abusi sessuali commessi da sacerdoti?
Questa la domanda di fondo sulla quale si concentra un nuovo studio che fa seguito a quelli condotti dal John Jay College of Criminal Justice nel 2004 e nel 2011, dedicati rispettivamente alla natura e alla portata del problema degli abusi sessuali da parte di sacerdoti e diaconi negli Stati Uniti e alla cause e al contesto degli abusi sessuali, sempre negli Stati Uniti, dal 1950 al 2010.
Intervistato dal National Catholic Register (http://www.ncregister.com/daily-news/is-catholic-clergy-sex-abuse-related-to-homosexual-priests), l’autore dello studio, padre Paul Sullins, spiega che esiste una forte correlazione tra l’omosessualità attiva, le sottoculture omosessuali e l’incidenza degli abusi sessuali nel clero.
Realizzato per conto del Ruth Institute (http://www.ruthinstitute.org/), lo studio condotto dal sociologo Sullins parte dalla constatazione che la quota di uomini omosessuali che approdano al sacerdozio è cresciuta da due volte quella che si registrava nella popolazione generale negli anni Cinquanta a otto volte negli anni Ottanta.
Padre Sullins si dice consapevole delle polemiche che saranno scatenate dal suo studio e dell’accusa di omofobia che inevitabilmente gli sarà rivolta, ma replica che la verità è più importante. Tra gli studiosi, spiega, è diffuso il tentativo di negare ogni effetto negativo dell’attività omosessuale e ogni scoperta che possa essere sfavorevole alle persone omosessuali. Nella Chiesa stessa c’è chi non ha voluto vedere, ma ora, con il rapporto del gran giurì della Pennsylvania, c’è stata una svolta. Ora «sappiamo esattamente dove e quando si sono verificati i casi di abuso» ed è possibile incominciare a farci un’idea più completa. Occorre però, spiega Sullins, conoscere meglio i dettagli nelle singole diocesi e sarebbe importante avere dati sui seminari, distinguendo da quelli coinvolti nel problema e quelli puliti.
«Quello che dobbiamo fare – dice Sullins – è guardare quale percentuale di uomini aveva un orientamento omosessuale nell’intero presbiterato in un dato anno per vedere se ciò è correlato con gli episodi di abuso. Ancora più importante è vedere se questo dato è correlato con la percentuale delle vittime di sesso maschile in ogni anno. È proprio ciò che ho fatto nel mio studio».
Sullins riferisce di aver utilizzato un sondaggio del 2002 che misurava l’orientamento sessuale dei preti cattolici negli USA, distinguendo tra anno di nascita e anno di ordinazione. Così ha calcolato la percentuale di preti con orientamento omosessuale per ogni anno, fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, e quando ha sovrapposto questa percentuale con il numero di abusi ha ottenuto una correlazione perfetta.
«Negli anni Cinquanta, stando alle loro dichiarazioni, circa il 3% dei preti aveva un orientamento omosessuale. Negli anni Ottanta la percentuale era salita a oltre il 16%. Quindi abbiamo un aumento di cinque volte, con un andamento piuttosto lineare. E abbiamo un aumento molto simile di episodi di abuso nello stesso periodo. Non conosciamo l’orientamento sessuale di alcun particolare aggressore, ma dall’associazione di queste due correlazioni stiamo deducendo che c’è una certa influenza di una sull’altra».
Sullins spiega di essere stato definito spesso omofobico e odiatore, ma, dice, «se la scelta è tra essere definito omofobico e permettere che altri ragazzi siano abusati, scelgo il rischio di essere chiamato omofobico. La domanda è: siamo dalla parte dei molestatori o delle vittime? Per quanto ne so, non odio nessuno. Non penso che i risultati della mia ricerca implichino che le persone omosessuali, in generale, siano più inclini delle eterosessuali a compiere abusi. In realtà, sappiamo già che non è così. Nella maggior parte dei casi gli abusi avvengono da parte di eterosessuali, e di solito nelle famiglie. Ma io guardo all’influenza delle sottoculture omosessuali nel clero e nei seminari».
Quanto ai provvedimenti da prendere, Sullins sostiene che «la prima cosa che deve essere fatta è fermare la negazione. Dobbiamo riconoscere che c’è un problema. L’impulso di non dire nulla che possa stigmatizzare le persone omosessuali è comprensibile, ma deve essere valutato rispetto ai maggiori danni potenziali per le vittime. Per quanto tempo ancora vogliamo aggirare questo blocco e continuare a negare ciò che sta diventando sempre più ovvio e adottare misure idonee ad affrontare il problema? Non so esattamente quali misure dovrebbero essere prese nei seminari. Sono sicuro che ci sono persone che hanno idee molto migliori delle mie, ma il primo passo che raccomanderei è quello di indagare a fondo su quali seminari, quali professori, quali persone, sono stati complici nel promuovere questo tipo di attività. Il rapporto del John Jay ci fece sapere in quale diocesi era presente ogni trasgressore, ma non ci ha fatto sapere quali seminari avevano frequentato i colpevoli. Sarebbe un’informazione importante. Poi potremmo iniziare a considerare quali erano le caratteristiche di quei seminari; potremmo scoprire se il problema era collegato a particolari professori e gruppi di persone, molte delle quali ricoprono ancora ruoli sacerdotali. Sarebbe utile sapere quali sono stati gli effetti di quell’attività, ma anche essere in grado di identificare i luoghi in cui gli abusi potrebbero verificarsi ancora».
In questo mese di novembre i vescovi americani si riuniranno per l’assemblea annuale e discuteranno anche delle questioni relative allo scandalo McCarrick e ad altri aspetti collegati con gli abusi sessuali nel clero. I risultati dello studio condotto da Sullins per il Ruth Institute potranno contribuire alla stesura di nuove politiche più efficaci?
«Certamente – risponde Sullins – spero che sia così. Ma non solo per quanto riguarda i vescovi. Qualsiasi persona di buona volontà che lavori per eliminare dalla Chiesa questo crimine, così dannoso per i nostri figli, per i nostri giovani, è qualcuno che vorrei aiutare. E spero che le informazioni contenute in questo rapporto siano utili per loro da qualsiasi punto di vista. Se i vescovi hanno volontà e intelligenza per affrontare seriamente questo problema, spero che sia utile per loro. Ma se i vescovi ancora non stanno andando a pulire casa, altri lo stanno facendo. Ora abbiamo un’indagine federale su alcune diocesi cattoliche e probabilmente ne avremo molte di più. La credibilità dei nostri vescovi, per me, è in discussione su questo tema».
7 commenti su “Abusi e omosessualità nel clero. Dagli USA un nuovo rapporto – di Aldo Maria Valli”
Quando la sigla la dice più lunga
La pervasività delle tematiche omosessiste si rileva in ogni ambito della società anche in modo subliminale e cifrato. Posto che lo scopo degli attivisti LGBTQ, come si autoproclamano, sia quello di procedere all’empowerment (anglismo ideologicamente carico) della rappresentanza politica attuando una capillare campagna di promozione “culturale” nella supponenza di essere autoconsapevoli e maturi nel proprio statuto psicologico e di essere una categoria sociale, l’abbattimento di certi stereotipi che essi stigmatizzano di continuo nel mondo “eteronormato”, sono tuttavia presenti e persistenti anche nel tessuto profondo del movimento LGBTQ e agiscono in espressioni che sfuggono alla critica esterna distratta dal pensiero unico ma anche alla coscienza obnubilata dal carattere ideologico e totalitario del movimento stesso. Lo rivela l’acronimo LGBTQ che tradisce una stratificazione stereotipica gravissima e un preciso habitus di attivismo totalitario in chi proclama invece di esserne esente per (auto)definizione. A cosa è dovuto l’ordine delle…
Anche nei seminari in Italia queste violenze omosessuali sui seminaristi ci son state , a sentire da esperienze di vittime fuoriuscite. Quindi tutto il mondo è paese. Oggi forse certe disponibilità diventano un requisito richiesto…..?
“La quota di uomini omosessuali che approdano al sacerdozio è cresciuta da 2 volte quella che si registrava nella popolazione generale negli anni ’50 a 8 volte negli anni ’80”; “Negli anni ’50, stando alle loro dichiarazioni, circa il 3% dei preti aveva un orientamento omosessuale. Negli anni ’80 la percentuale era salita a oltre il 16%. Quindi abbiamo un aumento di 5 volte, con un andamento piuttosto lineare”. Se le cifre sono corrette, è facile dedurre che ci sia stato qualcuno che abbia compiuto un’opera di reclutamento “clericale” nel mondo gay, altrimenti non si spiegherebbe quell'”aumento di 5 volte” di preti aventi orientamento omosessuale. Mera coincidenza? Pura causalità? Ma neanche per sogno! Evidentemente c’è stato un disegno criminoso di inquinamento del clero cattolico. Ma attuato da chi, e per quali fini? Non rispondiamoci con le solite categorie astratte (massoni, giudei, comunisti, etc.). Mons. Viganò sta lanciando accuse circostanziate (nomi, date, luoghi). Niente mostri da sbattere in prima pagina, ma risposte certe. Un saluto da Gotham, il Pinguino.
Purtroppo, carissimo Oswald, debbo ricorrere a una categoria “concreta”, cioè la massonerìa che astratta non è. Ecco: “Parigi – Direttive del gran maestro della massonerìa ai vescovi massoni, efffettive dal 1962, rielaborate nel 1993”. Sono 33 (!) capitoli in cui si studia e si indica la strategìa funzionale alla corruzione del clero. Il punto 24 così ordina: “Riducete le vocazioni al sacerdozio.Fate perdere ai laici ogni timore reverenziale per esso. Lo scandalo pubblico di un sacerdote annienterà innumerevoli vocazioni. Lodate pubblicamente sacerdoti che per amore di una donna abbiano saputo lasciare tutto, definendoli eroi. Onorate i sacerdoti ridotti allo stato laicale come autentici martiri oppressi. Condannate come scandalo che i nostri confratelli massoni nel sacerdozio debbano venir resi noti e i loro nomi pubblicati. Siate tolleranti con l’omosessualità del clero. Dite in giro che i preti soffrono di solitudine”. Ciò che mons. Viganò denuncia – e ben vengano simili denunce! – è il frutto di un’opera erosiva di cui è responsabile il CV2 che ha fatto entrare la…
Mi perdoni, prof. Pranzetti, ma temo di non essermi spiegato. Non ho alcun dubbio su come (almeno dal 1789) vi siano forze che cerchino di distruggere con ogni mezzo la Chiesa; il sogno della massoneria, del marxismo, dell’anarchismo, degli ultranazionalismi è sempre questo: “NO GODS NO MASTERS”. Ma è venuto il momento di accusare e denunciare nomi, non entità. Il male della Chiesa (che a mio avviso precede il CV2°) può essere risolto solo indicando chi e come ha cercato di minarla (dentro e fuori di essa). La vicenda di mons. Viganò (comunque lo si giudichi) insegna che solo enunciando circostanze precise (nomi, luoghi, date) si può tentare di purgare ed emendare il Corpo Mistico. Diversamente non se ne verrà a capo di niente, voleranno i soliti stracci e tutto rimarrà com’è facendo finta che sia cambiato tutto. Un esempio: “Direttive del gran maestro della massonerìa ai vescovi massoni”. Chi era il GM massone del momento? Chi erano i vescovi affiliati alla massoneria francese, destinatari delle direttive? Un caro saluto da Gotham, il Pinguino.
OT
Circolarizzo un’importante iniziativa, di cui ho ascoltato una testimonianza nella prima giornata del Seminario Reti Generative in corso a Milano. Un incontro sulla sessuodipendenza: dodici passi per salvarsi. Come aiutare chi è affetto da un atteggiamento sessuale compulsivo. Testimonianza di Nicholas S, di Sessuodipendenti Anonimi:
http://newsletter.chiesadimilano.it/servizio-giovani/?email_id=105&user_id=615&urlpassed=aHR0cDovL3d3dy5wdXJpZGljdW9yZS5pdC9pbnRlZ3JpdGEvI2V2ZW50fHVuZGVmaW5lZHw1NDc%3D&controller=stats&action=analyse&wysija-page=1&wysijap=subscriptions
Caro Oswald, è vero, la crisi comincia, strisciante, prima del CV2, ma diventa cultura e modo d’essere “publice” con questo. In quanto al gran maestro di cui lei chiede, il mio documento ne tace il nome ma è molto probabile che fosse Yves Marsaudon, amico stretto di Roncalli. In quanto ai prelati affiliati alla cancerosa massoneria, basta passare in rassegna il catalogo che l’assassinato giornalista Mino Pecorelli stilò nella sua rivista OP, 12 settembre 1978. Vi figura anche il mio ex docente di teologìa dogmatica (1965/67), il domenicano Dalmazio Mongillo. Oltre a Casaroli, Bugnini, Macchi, Bettazzi, Poletti, Marchisano, Turoldo. . . . . Non le dice nulla il card. Gianfranco Ravasi, autore di una lettera ai “Cari Fratelli Massoni”? Oggi, la massoneria è arrivatala oltre la pantofola del Papa-come denunciò San Padre Pio. Pari caro saluto, in Christo et Maria Matre ejus.