Era il 22 ottobre dell’anno scorso quando moriva Linda, una mia cara amica con la quale sarò sempre in debito. Era una domenica del primo sorgere di autunno, che avrò stampata per sempre in testa come un incubo da cui ci si vorrebbe svegliare alla svelta.
Tornavo da un turno di lavoro abbastanza impegnativo e mi aspettava un pranzo a casa dei miei vicini di casa. Quando tutto va bene si pensa sempre poco all’importanza degli attimi, banalizzando l’importanza dei secondi e di quell’unica sicurezza quale è l’Eterno Presente. Si tira dritto senza curarsi mai troppo di ciò che potrebbe cambiare anche solo in un attimo, finendo per non pensare mai ai rischi che in ogni istante corriamo: in macchina, al lavoro, con gli amici, in famiglia. Non si ringrazia per ciascun attimo.
Dopo il pranzo, mi aspettava un’appagante doccia e fu in quel silenzio ritrovato lessi sul telefono un messaggio inaspettato: “Cri chiamami subito, è urgente”. Era Francesco, un amico e attuale collega con cui ho condiviso tutte le scuole superiori e, quindi, tutte le moderate mattane adolescenziali. Eppure, dissi fra me e me, ci siamo appena lasciati al lavoro visto che eravamo in turno insieme.
L’ho chiamato immediatamente: appena mi ha risposto, forse già dalla prima presa di fiato, ho avuto come un brivido di gelo che mi ha attraversato tutta la schiena. Non so come mi sia possibile raccontarlo, forse bisogna farlo perché ha ragione Shakespeare quando fa dire al suo Macbeth: “Date parole al vostro dolore, altrimenti il vostro cuore si spezza”.
La voce di Francesco era strozzata, agitata, direi irriconoscibile. “Cristiano, non so come dirtelo e non so come possa essere possibile ma… è morta la Linda”. Forse né io né lui ci scorderemo mai queste poche parole. Da quando le ho sentite la mia vita è cambiata e -che mi piaccia o meno- non è più stata come prima.
Linda è morta a mezzogiorno di un anno fa. Suo padre ha investito tutta la sua vita in un’azienda agricola che Linda tanto amava e per la quale lavorava. Aveva iniziato a darsi da fare in azienda sin da piccola, imparando a guidare e ad usare i trattori in un modo davvero professionale, come in pochi sapevano fare. Quello stesso lavoro attraverso il quale il papà aveva garantito una sicurezza alle figlie si è portato via Linda in un millesimo di secondo. Stava per rientrare dai campi quando -in una situazione difficile da ricostruire- il trattore si è ribaltato in avanti scaraventandola fuori e travolgendola A trovarla è stato proprio suo padre.
Oltre alla sua mancanza, oggi è un vortice di rimorsi quello che in un certo senso mi rode dentro per aver trascurato un’amica che mi ha dato tanto. Linda era una ragazza massiccia con i modi anche un po’ rudi, ma con cuore davvero d’oro. Finita la scuola, nonostante grazie a Dio non l’abbia mai persa di vista, l’ho privata della mia presenza, mi sono guardato bene dal ricambiare tutto ciò che gratuitamente avevo ricevuto, prima fra tutte le cose il suo affetto e la sua vicinanza in ogni mia piccola o grande difficoltà della vita.
Questo, purtroppo, è dovuto a mio atteggiamento di chiusura, molto presente in un certo ambiente “tradizionalista”: una volta che si inizia a capire qualcosa, si pensa di aver capito tutto. Una volta che si entra a contatto con persone che la pensano come noi, si pensa che gli altri, quelli “là fuori”, non siano degni. È un fatto drammatico che coinvolge tante persone, è inutile negarlo. E quanti fra quei pochi giovani che, graziati da Dio, trovano nutrimento alla fonte della Tradizione della Chiesa, poi si scordano che quella Fonte non è un marchio, non è un’etichetta, non è uno stile di vita, ma è pura Grazia gratuita che, in quanto tale, deve essere condivisa e trasmessa alle persone care.
Io personalmente ho commesso questo grave errore, che in quel giorno di inizio autunno mi si è riversato addosso in tutta la sua potenza: avevo d’un tratto perso una persona cara, senza averle detto una parola di conforto e senza aver cercato di trasmetterle ciò che ho ricevuto: “tradidi quod et accepi”, come insegna San Paolo.
È come se gli occhi mi si fossero improvvisamente aperti, segnati dalle lacrime e dallo strazio. Un errore a cui ormai non si può rimediare, ma che allo stesso tempo la morte di Linda mi ha insegnato a non commettere più.
Da quel tremendo giorno ho ripreso a frequentare tutti quegli amici che avevo sin lì trascurato per un atteggiamento di superbia, capendo che chiudersi nelle trincee di un ambiente non è cristiano, non è figlio della carità, non è amare il prossimo. Ho capito che un giovane deve essere giovane, senza concedere nulla e senza cedere sui principi, sulla Fede, su tutto ciò per il quale un giorno saremo giudicati di fronte al Tribunale Divino, ma rimanendo un giovane normale e semplice. Un’uscita con i vecchi amici che hanno provato il mio stesso identico dolore e lo provano ancora, ora mi ricorda delle mie fragilità, mi ricorda della mia pochezza e mi ricorda quanto si possa fare per gli altri, anche con una parola di conforto, o con un segno di Croce prima di consumare un pasto insieme davanti ad una buona birra.
Questo è ciò su cui la dolorosa esperienza di perdere la mia migliore amica di sempre mi ha istruito. Avrei dovuto capirlo prima, senza arrivare a questo estremo di cui, se potessi, farei volentieri a meno riavvolgendo il nastro del tempo.
Proprio il tempo, del resto, è un’arma a doppio taglio: da una parte aiuta a lenire, per quanto possibile, le ferite aperte; dall’altra crea quella cosa chiamata abitudine -che è di fatto una morsa- una presa che ti abitua a qualcosa di accaduto, ma che tuttavia rimane sempre lì, a picchiare come un martello. Forse, provare le stesse cose di quel giorno sarà impossibile. È così che funziona, ed è proprio questo il dramma: ricordare tutto quel dolore ma non riuscire a buttarlo fuori. Un sole che si eclissa, non portando più luce ma ombre e desolazione.
Sta a noi che rimaniamo qui combattere contro l’eclissi. Se un pezzo di sole per me se ne è andato, Linda mi ha lasciato un suo pezzo di sole qui, a rincuorarmi e a fortificarmi. Una speranza che non può cessare di vivere. Una speranza che rivive nei suoi occhi, nel dolore e nella forza della sua famiglia, delle sue amiche e dei suoi amici.
A tutte le persone del nostro ambiente, in particolare ai giovani come me, vorrei dire di non abbandonare gli amici. Anche se sono diversi da noi, anche se sono lontani da quella Fonte dalla quale per Grazia – e lo ripeto ancora, per pura Grazia ricevuta – ci dissetiamo noi. Anzi, è proprio questo un motivo in più per alimentare l’amicizia rendendola semplice, sincera e soprattutto vera.
In conclusione, vorrei non avere i sensi di colpa che mi scuotono le membra del corpo. Allo stesso tempo voglio vivere con la speranza di poter rincontrare Linda, un giorno, dentro un Regno che non è di questo mondo. Lì, spero che potrai giungere cara amica mia, dove né pianto né dolore sussistono, ma solo quella Luce radiosa che cancella ogni piccolezza e torbidezza umana e solo umana, terrena e solo terrena.
Che Nostro Signore Gesù Cristo possa avere misericordia della sua anima perdonando i peccati di gioventù e ammettendola nel gaudio della Vita eterna. Possa perdonare infine me, per non aver fatto qualcosa di più per lei, e mi illumini affinché d’ora in poi possa fare qualcosa di più per gli altri, con l’umiltà e la carità cristiana che non possono mancare nella vita di ogni buon cristiano.
15 commenti su “Non basta l’etichetta per essere buoni cristiani. In ricordo di un’amica – di Cristiano Lugli”
Il cuore d’oro di Linda, più della nostra superbia “di aver capito qualcosa”, ha pesato sulla bilancia del Giudizio a suo favore. Ho fatto esperienza del mondo tradizionalista per alcuni anni “nel capire qualcosa poco a poco” e questo escludere i “non degni” è veramente una prassi negativa, a cui mi sono piegata ritenendolo doveroso, ma è sbagliatissimo. Farisaismo si chiamava 2000 anni fa.
Ma con quale coraggio decidiamo come deve giudicarci il Signore?Siamo noi che stabiliamo i vizi e le virtù degli altri?Rimango perplessa…
Siano lodati Gesù e Maria!
Lungi da me entrare nel dolore altrui, né giudicare pensieri ed intenzioni che sono affare fra Dio ed ogni anima. Lodevole e condivisibile il discorso di “tradidi quod et accepi” e di condividere la Grazia che gratuitamente abbiamo ricevuto, in maniera indegna. Faccio però una considerazione del tutto indipendente da pensieri/intenzioni dell’autore.
Bisogna fare attenzione a questo “stare nel mondo”, quasi come se si uscisse da una “setta dei perfetti”, perché noi dobbiamo stare nel mondo senza essere del mondo. Mi spiego. Il primo dovere di ogni cattolico é quello di preservare la Fede Divina e Cattolica, nella dottrina e nelle opere. Il secondo dovere é quello di trasmetterla al mondo, in base a dove Dio ci ha messo, nel nostro posto di lavoro e combattimento quotidiano. Il tutto a sola Gloria di Dio. Ma c’é il “primo” ed il “secondo”, che non sono numeri ordinali messi a caso. Lo stare nel mondo deve essere impregnato di quella “tensione interna” che ci porta a guardare sempre a Gesù Cristo nostro Signore, a far contento solo Lui…
…a fare contento solo Lui, in ogni cosa, pur essendone indegni e totalmente inadeguati. Esempio (preso dal testo): usciamo pure con i vecchi amici, ma – attenzione! – che sia chiaro al mondo che io sono Cattolico (per i consacrati alla Madonna può essere avere visibile il rosario al polso o in mano, può essere la medaglia miracolosa al collo, può e deve essere il modo di vestire e parlare, ecc… ma anche che prima di cenare io faccio il segno di Croce e benedico il Signore Gesù Cristo). Perché ad una serata-pizza insieme, non é tollerabile sentire un parlare volgare e degno dei migliori demoni, né tantomeno delle bestemmie o denominazioni del Nome del Signore e della Madonna come intercalare. Perché – se per amore di stare nel mondo con i vecchi amici – questo non si sottolinea, é come il sale che perde il suo sapore. E ho portato un esempio molto banale, ma molto concreto.
Bene stare nel mondo, ma bisogna essere luce del mondo. Il primo dovere é preservare la Fede Divina e Cattolica, e poi portarla al mondo. S. Agostino (mi sembra fosse lui) diceva che (continua…)
…se stando nel mondo o con altre persone rischio di perdere la Fede (o di peccare gravemente), é meglio evitare di stare con queste persone. Perché la difesa della Fede che ci é stata affidata é il primo dovere. Se invece – con la Grazia di Dio – mi sento pronto per non perdere la Fede, anzi mi sento pronto a trasmetterla agli altri (sapendo BENE che si andrà incontro spesso a derisione, isolamento, discussioni, ecc… in ottemperanza al comando del Divino Signore), allora é doveroso stare nel mondo e portare la luce della Verità alle altre anime.
Una santa serata.
Ave Maria
Non avrei saputo dirlo meglio. Infatti a me capita che i vecchi amici, nonostante si definiscano “cattolici “, siano favorevoli all’aborto, al sesso libero e sfrenato, al divorzio e via dicendo. Io Prego sempre per la loro conversione, ma sinceramente non mi sento di frequentarli e dover sopportare queste offese al Signore, pur capendo che sono traviata da questa falsa chiesa.
Volevo dire traviati
Concordo pienamente. A volte (o anche spesso) vecchie amicizie possono ostacolare il progresso spirituale e raffreddare la nostra carità, che deve essere il nostro obiettivo. Come dice san Tommaso, parlando dell’ordine della carità:
IIª-IIae q. 26 a. 4 ad 2
2. Uno deve sopportare per gli amici dei danni materiali: ma anche in questo egli mostra di amare di più se stesso secondo la parte spirituale, perché ciò rientra nella perfezione della virtù, che è un bene all’anima. Cosicché nei beni spirituali l’uomo, come abbiamo detto, non deve tollerare nessun danno, non deve cioè peccare, per liberare il prossimo dal peccato.
Per cui se la frequentazione con un amico, per quanto antico, ci è occasione di peccati anche veniali, andrebbe evitata. Il rapporto, con la dovuta prudenza e se volontà di Dio, potrebbe comunque continuare quanto alla ragione dell’apostolato.
Grazie e bravo Cristiano, ti do del tu.
Bell’articolo. Pregherò per l’anima della tua amica Linda. Anche io sono un contadino e ho figli ,anche a me è morto un amico fraterno ( complicanze dopo un operazione) che avevo un po trascurato preso dal lavoro.
Anche io ho questo dolore che a distanza di anni è vivo,si chiama conversione! Ho imparato molte cose da questo.Ho imparato a memoria il salmo 50 quello in cui Davide si pente della porcata fatta(se non erro?,)mi è di grande aiuto e grazia perché mi ricorda:” chi sono io dinnanzi alla Magnificenza e Grandezza di Dio.?!”
Un nulla senza la Sua Grazia,chiesta con preghiere,digiuni lamenti e seguendo la retta dottrina cattolica.
Dio consoli la famiglia di Linda
Bravo Cristiano, concordo su tutto. La tua Linda deve essere stata un’amica davvero magnifica, se il Signore ti ha toccato attraverso di lei, pregherò per la sua anima.
Il tuo articolo ha toccato il punto: non possiamo pensare di essere i giovani perfetti di cui nessuno è degno, ma solo inspiegabilemente fortunati. E questa fortuna, che si traduce in gioia del cuore, possiamo portarla a tutti, anche davanti a una birra, a una tavola di amici, a una festa. Ho tanti amici non credenti, e alle volte mi hanno insegnato più loro riguardo alla carità che qualche bravo tradizionalista che non mi guarda negli occhi se invece di un gonnellone indosso un paio di jeans.
Avanti così!
Grazie della lezione. Aggiungo anch’io una preghiera per Linda.
Bravo Cristiano, un bellissimo articolo.
Non può che suscitare molto dispiacere venire a conoscenza di quanto è successo. Perdere una persona importante, specie quelle persone speciali come era la tua amica Linda, lascia sempre un dolore indelebile e atroce.
Condivido ciò che hai scritto, perché penso tu abbia colto uno degli aspetti centrali e fondamentali di un’ipocrisia non poco presente in questo Ambiente.
Io per primo, alle volte, ho commesso questo genere di errori, e lo ammetto riconoscendone la gravità.
Chiudersi alla Speranza di poter riprendere queste amicizie riprendendone il buono, portando con se la testimonianza di ciò che la Grazia può donarci senza che lo meritiamo, è chiudersi alla Carità cristiana, e chiudersi a quelle persone speciali che forse hanno solo bisogno di una vera testimonianza avere Fede.
Speranza, Carità.. Fede.
Ancora i miei complimenti,
Un saluto!
condivido in toto !
Egr. Sig. Cristiano Lugli, grazie per aver condiviso con noi il dolore per la perdita dell’amica Linda. Ma se davvero Lei è credente, non dovrebbe sentirsi in colpa per la morte precoce di una persona che le ha donato amicizia e vicinanza nelle vicissitudini della sua esistenza.Ringrazi il Signore per tutto il tempo concesso e per i doni ricevuti se oggi s’accorge della mancanza. Scrive Giovanni nel suo Vangelo queste parole di Gesù rivolte ai discepoli:”Come il Padre ha amato me, Io ho amato voi. Come Io ho amato voi, cosi’ amatevi gli uni gli altri”.Per ricambiare l’amore di Linda, lo rivolga al prossimo, e cosi’ l’eredità della sua amica non andrà perduta, perchè l’importanza del passaggio sulla terra di ciascuno di noi è quanto erediteranno gli altri dal nostro esempio. La visione è al futuro, non al passato. Asciughi le lacrime e sorrida, questo vuole la sua amica, non si senta in debito con Lei ma gioisca per averla avuta per amica anche per un tempo breve. Dio sarà con Lei.
Grazie della bella e profonda testimonianza. Cristiano, naturalmente possiamo e dobbiamo pregare per l’anima di Linda…