In Gran Bretagna, all’Università di Manchester, gli aderenti al Student Union, in rappresentanza degli studenti neri e asiatici, hanno cancellato da un murale le parole di If, scritte da Rudyard Kipling nel 1895, accusando l’autore, premio Nobel per la letteratura nel 1907, di essere “razzista” e cantore del colonialismo inglese.
“Riteniamo che Kipling rappresenti l’opposto di liberazione, emancipazione e diritti umani”, hanno spiegato gli studenti. Secondo loro lo scrittore è “ben noto come autore del poema razzista Il fardello dell’uomo bianco e di una pletora di altre opere che cercavano di legittimare la presenza imperiale britannica in India e disumanizzare le persone di colore”.
In realtà, il poema If non contiene alcun riferimento alla razza, ma dà una serie di consigli su come diventare un uomo forte e impavido di fronte alle avversità: per questo viene spesso adoperato come fonte di ispirazione per i giovani. Antonio Gramsci lo divulgò con il sottotitolo di “Breviario per i laici”. Indro Montanelli lo definì un manifesto dello stoicismo moderno. Diciamo che quella di Kipling è una sorta di icona dell’idealtipo occidentale, sintetizzato dall’autore in una lettera-poesia, indirizzata al figlio, con un richiamo ai principi universali di saldezza, di autocontrollo e di onore.
Ma questo agli studenti di Manchester interessa evidentemente poco. A loro sta a cuore smantellare una cultura, un’identità, una “visione”. Kipling è l’ennesimo “pretesto”. Non a caso l’azione contro If, per quanto clamorosa, non è isolata. Essa si colloca piuttosto lungo una sistematica opera di “epurazione” culturale e storica, sviluppata da tempo all’interno delle istituzioni universitarie britanniche da parte di alcune frange del radicalismo studentesco.
Dalla rimozione dei ritratti degli ex presidi bianchi (perché offendono la sensibilità delle persone colored) del King’s College di Londra alla campagna, messa in atto dalla Soas Student Union, un’organizzazione studentesca universitaria, che ha invitato a non studiare più i filosofi bianchi, dalla campagna, condotta dagli studenti di Oxford, per rimuovere la statua di Cecil Rhodes, uno degli artefici nella seconda metà dell’Ottocento della politica inglese in Africa meridionale, alle richieste di “decolonizzare” i programmi, aprendoli ad autori e punti di vista extra-europei, è tutto un fiorire di azioni contro il tessuto storico e culturale britannico, ma non solo.
Come hanno denunciato Riccardo Tennerini e Flavia Corso in Identità distrutte. Come il melting pot dissolve le nazioni, sono tanti e diffusi gli esempi di questa opera sistematica di “dissolvimento” culturale che investe l’Europa. Al fondo si trova una sorta di “odio di sé”, delle proprie radici, della propria storia nazionale, con il risultato di alimentare, psicologicamente e politicamente, un “senso di colpa personale e collettivo”, con gravi ricadute sull’intero tessuto sociale. Da qui le censure e le campagne d’odio che, di fatto, vengono a creare un vero e proprio razzismo degli antirazzisti.
Con questa logica rischia di non salvarsi niente e nessuno nel nostro patrimonio culturale ed identitario (chiese e templi, musei e monumenti, riti e miti). In barba a storie e culture che sono invece fatte di stratificazioni, di quella complessità e molteplicità che ne rappresentano la ricchezza. Un po’ come l’If di Kipling, “sbianchettato” sul murale di Manchester, invito ad una stabilità e ad una autocoscienza che si vuole evidentemente cancellare dal lessico degli europei dei Terzo Millennio, per una confusa idea di liberazione, emancipazione e diritti umani.
1 commento su “Il razzismo degli antirazzisti censura il genio e promuove la stupidità – di Mario Bozzi Sentieri”
bene, non piace l’idealtipo occidentale? Bene, distruggiamolo (già ci siamo….), e l’ideal tipo opposto universalizzerà l’ideal tipo di vita che esso ha saputo creare: quello da cui fuggono tutti i suoi beneficiari (basta guardare la direzione del flusso delle migrazioni), che si ritroveranno al punto di partenza. Non ci saranno più “i Tesla, Edison, Meucci, Marconi”, in compenso, la rivincita dei cammelli e degli elefanti… Finalmente.