Il “papa buono” è stato un buon papa? – di Stefano Arnoldi

 

Il 19 maggio, la città di Bergamo è stata invasa dalla folla del gay pride, con tanto di curia indaffarata a ostacolare i cattolici che intendevano riparare l’offesa recata Dio da chi viola pubblicamente la sua legge. Pochi giorni dopo, come da accordi, per le stesse vie della città è passato il corpo di Giovanni XXIII, acclamato da tutti coloro che avevano battuto le mani alla sfilata dell’orgoglio omosessuale. E c’è stato persino qualche sacerdote che ha tentato di salvare capre, caproni e cavoli spacciando il “papa buono” per il “papa dei tradizionalisti”. Peccato che, più o meno nelle stesse ore, le spoglie del “papa buono” venissero accolte in città come le reliquie del “papa dei non credenti”.

Forse, serve qualche puntualizzazione per smascherare il grande raggiro costruito ad arte intorno alla figura del papa che, giova ricordare, rifiutò di rivelare il terzo segreto di Fatima nel 1960 nonostante Maria SS, tramite la veggente suor Lucia, ne avesse dettato l’obbligo.

Ma papa Roncalli, penserà il fedele, è definito il “papa buono”, perciò come è possibile accostarlo alla sovversione del cattolicesimo? Già, quanto è difficile non lasciarsi trasportare dalla corrente degli elogi e dei complimenti che innalzano a più non posso il pontefice bergamasco…

Ma, vien da chiedersi, chi ha coniato la definizione di “papa buono”? Non sarà forse proprio il clero conciliare, che ha trovato la strada spianata grazie al concilio indetto dal quel pontefice?

Il cardinale Biffi, certo non un oppositore del Vaticano II ma capace di parlare fuori dal coro, in un suo scritto sottolineava: “M’incantavano i suoi gesti “irrituali”, ed ero rallegrato dalle sue parole spesso sorprendenti e dalle sue uscite estemporanee. Solo la valutazione di alcune frasi mi lasciava esitante. Ed erano proprio quelle che più facilmente di altre conquistavano gli animi, perché apparivano conformi alle istintive aspirazioni degli uomini. C’era, per esempio, il giudizio di riprovazione sui “profeti di sventura”.

L’espressione divenne e rimase popolarissima ed è naturale: la gente non ama i guastafeste; preferisce chi promette tempi felici a chi avanza timori e riserve. […]

Ma ricordo che una perplessità mi prese però quasi subito. Nella storia della Rivelazione, annunciatori anche di castighi e calamità furono solitamente i veri profeti, quali ad esempio Isaia (capitolo 24), Geremia (capitolo 4), Ezechiele (capitoli 4-11). Gesù stesso, a leggere il capitolo 24 del Vangelo di Matteo, andrebbe annoverato tra i “profeti di sventura”. […]

“Bisogna guardare più a ciò che ci unisce che non a ciò che ci divide”. Anche questa sentenza – oggi molto ripetuta e apprezzata, quasi come la regola aurea del “dialogo” – ci viene dall’epoca giovannea e ce ne trasmette l’atmosfera. […] È opportuno, per esempio, che si usi di questo aforisma per salvaguardare i rapporti di buon vicinato in un condominio o la rapida efficienza di un consiglio comunale.

Ma guai se ce ne lasciamo ispirare nella testimonianza evangelica di fronte al mondo, nel nostro impegno ecumenico, nelle discussioni coi non credenti. In virtù di questo principio, Cristo potrebbe diventare la prima e più illustre vittima del dialogo con le religioni non cristiane. Il Signore Gesù ha detto di sé, ma è una delle sue parole che siamo inclini a censurare: “Io sono venuto a portare la divisione” (Luca 12,51).” [Giacomo Biffi, “Memorie e digressioni di un italiano cardinale”, Cantagalli, Siena, 2007]

Eppure si continua a udire che il pontefice di Sotto il Monte abbia avuto il merito di rinnovare la Chiesa. Ma, a tale proposito, vengono a mente gli scritti in cui monsignor Lefebvre sottolineò le vere finalità del papa “buono”: “C’è dunque qualche cosa che è cambiato nella Chiesa, qualche cosa che è stato cambiato dagli uomini della Chiesa. Si vuole cambiare la sua storia. – sottolineava il fondatore della FSSPX – […] È impossibile conoscere i fatti a fondo: personalmente non li conosco; ma di questi cambiamenti ci siamo accorti dal 1958, dopo il conclave che ha eletto Giovanni XXIII. Il cardinale Roncalli, patriarca di Venezia, quando partì per il conclave, e non era ancora eletto, scriveva già al vescovo di Bergamo: “Il papa che sarà eletto, bergamasco o no, dovrà cambiare molto nella Chiesa. Dovrà esserci una nuova Pentecoste”. In tutta la sua lettera si sente il desiderio di cambiare in modo profondo la Chiesa e io penso sia stato lui a denominare il Concilio: Concilio dell’aggiornamento.” [Mons. Marcel Lefebvre, Il colpo da maestro di Satana, ed. Ichthys]

Per comprendere cosa intendesse per aggiornamento, si consiglia vivamente la lettura del saggio di Paolo Pasqualucci Il Concilio parallelo, dove viene condotta una particolare analisi riguardo al tormentato iter conciliare di uno dei documenti più importanti del concilio stesso, la Costituzione Dei Verbum sulla divina rivelazione. “Pure si evince chiaramente – documenta Pasqualucci – quanto le azioni e le dichiarazioni di Giovanni XXIII mostrino come egli abbia incoraggiato e appoggiato la componente modernista rappresentata dall’azione eversiva dei vescovi organizzati in gruppi di studio e di pressione (con largo apporto di teologi in odor di eresia) e soprattutto organizzati nelle conferenze episcopali”, quelle conferenze episcopali che detenevano un’inusitata e amplissima ingerenza in materia liturgica benché si sottolineasse la loro grave deviazione dalla Tradizione della Chiesa.

Da tutto ciò – continua Pasqualucci – si deve concludere che l’appoggio all’azione illegale e rivoluzionaria dei novatori corrispondeva al vero pensiero di Giovanni XXIII, mentre la sua approvazione degli schemi elaborati sotto l’effettivo controllo dottrinale della Commissione Teologica di Ottaviani e Tromp [il primo Cardinale dell’allora Sant’Uffizio, il secondo gesuita olandese e suo perito di fiducia, ndr ] era evidentemente per lui solo un atto dovuto, al quale non poteva sottrarsi, per ragioni d’ufficio”.

Dunque papa Giovanni XXIII non fu un “tradizionalista”, ma un modernista che diede il la all’avvio di quella che oggigiorno vediamo inesorabilmente dinanzi a noi: una crisi della Chiesa spaventosa generata dai disastri provocati dai papi conciliari di cui papa Roncalli ne è il capostipite: “Un cardinale, dopo la sua morte, disse che ci sarebbero voluti cinquant’anni per riparare i danni del suo pontificato. La frase fu diplomaticamente smentita. Pronunziata o meno, io credo che esprima qualcosa di vero. – così si espresse il domenicano Padre Innocenzo Colosio, sul numero di marzo del 1975 della “Rivista di Ascetica”, per recensire un libro di elogi di Franco Molinari su Giovanni XXIII. – Si tratta di riflessioni e giudizi personali di chi scrive […], giacché, seppure in forma privata, furono implicitamente espressi subito quando fu iniziata la campagna per la canonizzazione del «papa buono». Infatti, sollecitato a firmare la petizione per la medesima, chi scrive si rifiutò di farlo, suscitando così l’ironica disapprovazione dei promotori. Il criterio che mi spinse a tale sgradevole rifiuto fu proprio quello diametralmente opposto alla norma fondamentale dell’agire del nostro grande personaggio, recentemente ricordata dallo stesso Postulatore, su L’Osservatore Romano del 4 luglio: “Non voleva dispiacere a nessuno, e per non cadere proprio nell’errore volontario di dispiacere ad alcuno preferiva apparire anche troppo semplice”, e debole, aggiungerò io. Ora a questo atteggiamento di fondo, praticato non solo come persona privata ma anche come occupante posti di suprema responsabilità, brutalmente contrappongo la prassi e la norma di S. Paolo: “Si hominibus placerem, Christi servus non essem (GaI 1, 10).” Non si può infatti [esercitare] la bonarietà a tutti i costi. Ma giacchè mi sono assunto l’ingrato compito di fare l’avvocato del diavolo, cercherò di procedere in maniera più… scientifica, ricordando la tesi classica apparentemente paradossale, che, cioè, le virtù in stato perfetto sono necessariamente connesse, cosicchè se ne manca anche una sola, nessuna è perfetta e non si può parlare di santità. Il mio venerato maestro P. Reginaldo Garrigou-Lagrange […] insisteva – in una lezione tenuta ai postulatori dei vari ordini – nel dire che […] se un uomo è caritatevole al sommo, ma manca di coraggio morale, della virtù della fortezza, o della lungimirante prudenza, costui sarà un buon uomo, un ottimo cristiano ma non certamente un santo nel senso pieno del termine. […]

La tanto decantata bontà naturale o bonarietà del Roncalli fu sempre sorretta, accompagnata e corretta da tutte le altre virtù, specialmente dalla vera prudenza e dalla vera fortezza? Questo è il vero problema teologico di fondo per giudicare della santità di papa Giovanni. Egli, volendo a tutti i costi essere benevolo, simpatico, gradito, non ha forse instaurato un metodo di governo che ha snervato la disciplina ecclesiastica, per cui, insieme a molte altre cause, ci troviamo ora immersi in un immane caos ideologico, morale, liturgico, sociale? Per me la risposta è positiva, e quindi l’accusa è gravissima: a me quindi l’onere della prova. […]. Ecco alcuni di questi episodi emblematici, significativi di uno stile, di un metodo, di un sistema, sui quali non so se hanno sufficientemente riflettuto i suoi panegiristi ad oltranza. […]

Il seguente episodio è di dominio comune ed è molto più grave come indice di debolezza nel governo della Chiesa. L’episcopato olandese molto tempestivamente volle preparare il suo popolo al Concilio con una lettera cumulativa, tradotta presto in varie lingue, tra cui la francese e l’italiana. In essa vi era già adombrato, del resto abbastanza chiaramente, il principio che la validità delle decisioni del futuro concilio sarebbe stata condizionata dalla loro recezione o meno da parte dei fedeli. A Roma subito si fiutò il sottinteso ma deciso democraticismo che traspariva da quelle posizioni, e per ordine superiore la lettera fu ritirata dal commercio. Alfrink, primate d’Olanda, corse subito da Giovanni XXIII, per mostrargli quale disdoro gettava sull’episcopato di un’intera nazione un simile provvedimento disciplinare. Il papa Giovanni, per non dispiacere agli Olandesi, lo annullò, iniziando così quella serie di cedimenti, che poi in futuro culminarono, sotto il suo successore, nella non-condanna del famigerato Catechismo Olandese. […]

Altri atti di debolezza. Ecco un esempio della sua debolezza. Fin da quando era nunzio a Parigi non fece misteri circa la sua cordiale disapprovazione delle dottrine radicalmente evoluzioniste del famoso gesuita Teilliard de Chardin. Ma, eletto papa e sollecitato da più parti a mettere all’indice le sue opere, altra abbondante fonte dell’odierna dilagante confusione dottrinale – se ne schermì  con la storica frase: Io sono nato per benedire e non per condannare! Ma Gesù, San Paolo, S. Giovanni Evangelista, molti grandi e santi Papi non si limitarono a benedire – compito troppo facile e simpatico – ma esercitarono anche il doveroso e gravoso ufficio di condannare e anatematizzare! […]

E così si è giunti a celebrare un importante Concilio Ecumenico, che per la prima volta nella storia della Chiesa non ha osato condannare apertamente il più grande errore del momento. E si trattava del comunismo ateo. Certo la storia, i secoli futuri non perdoneranno mai al Vaticano II di non aver stigmatizzato nella maniera più perentoria e plastica il comunismo ateo, il marxismo, che costituisce il più poderoso nemico del cristianesimo nel secolo XX. Perfino il termine non figura mai nel testo vero e proprio del Concilio! Si dirà: Ma quando veniva votata la “Gaudium et Spes”, Giovanni era già morto. Verissimo; ma fu lui che nel discorso programmatico di apertura annunziò con la massima solennità e chiarezza dì voler usare la medicina della misericordia piuttosto che quella della severità, evitando condanne, con lo specioso pretesto che è meglio esporre la verità che condannare l’errore, molto più che si tratterebbe di errori già condannati; ignorando così le leggi della psicologia umana secondo le quali una rinnovata condanna formale con relative sanzioni pratiche è ben più efficace di una luminosa disquisizione teorica. Papa Giovanni e il Vaticano lI ormai hanno fatto scuola, cosicché oggi la gerarchia a tutti i livelli non ha più il santo coraggio di buttare fuori dalla Chiesa chi apertamente nega i dogmi più sacrosanti. [Padre Innocenzio Colosio O.P. – Marzo 1975  “Rivista di Ascetica” – radiospada.org]

25 commenti su “Il “papa buono” è stato un buon papa? – di Stefano Arnoldi”

  1. antonio ascione

    QUALCUNO MI HA MESSO LA PULCE NELL’ORECCHIO E CIOè CHE IL “PAPA BUONO” HA PARTICOLARMENTE OSTEGGIATO E COMBATTUTO PADRE PIO.Sara’ VERO?

    1. ESATTO. E prima di occupare il Trono di San Pietro, passando per il Gargano ha evitato di passare per San Giovanni Rotondo

  2. totalmente d’accordo. però giovanni XXIII non solo è ricordato come “papa buono” ma sarà ricordato come “papa santo”. come la mettiamo?

    1. Siano lodati Gesù e Maria!
      Una volta (…) per essere santi bisognava che Dio stesso “mettesse la firma” dando luogo ad un miracolo. Ma il nostro Omissis – andate a leggere quello che disse pubblicamente – pensò bene di fare rima fra Bergoglio ed Orgoglio. “Non c’é stato nessun miracolo, ma lo sanno tutti che é santo…” a tanto ha osato spingersi e nessuno a dire niente.

      Papa Giovanni XXIII noi non sappiamo dove sia. Tante persone, anche i peggiori delinquenti, se convertiti in punto di morte, possono meritare la salvezza eterna (passando dal purgatorio, si intende).Ma sicuramente non ha mostrato eroicità di virtù e – sicuramente – non c’é stato il miracolo dal Cielo a confermarne la Santità. Le “ultime” canonizzazioni sono per lo meno discutibili, per non dire a tratti offensive per le orecchie pie, scandalose ed a volte favorenti l’eresia. Anche la “storia” del corpo incorrotto NON é vera, perché una parte del corpo si é decomposta ed é stata necessaria una maschera di cera.

      Ave Maria

  3. ERa un buon massone, iniziato sia ad Istanbul che a parigi: Lo hanno fatto papa per questo. Pazienza che, in qualità di massone, fosse scomunicato e quindi invalido

    1. Ricordo che nel corso dell’intervista concessa dal neopapa Roncalli a Indro Montanelli (la prima concessa da un papa ad un ateo), quando il discorso cadde su papa Pio,X Montanelli esclamò “ah, il papa santo”, a quelle parole Roncalli fece un salto sulla sedia, battendo il pugno sul tavolo ed esclamando adirao “ma quale santo!”, poi, accortosi di aver passato il segno, si ricompose; ce l’aveva nera con papa Sarto perché aveva punito il suo vescovo, Radini- Tedeschi, in odore di modernismo (così raccontò poi Montanelli).
      Inoltre Roncalli era stato amico di don Ernesto Buonaiuti, il modernista scomunicato; aveva usato le sue dispense per l’insegnamento in seminario; parlando dell’amico don Ernesto ebbe a dire “ha avuto il solo torto di essere uscito allo scoperto troppo presto, avrebbe dovuto aspettare tempi migliori”. Capite ?

  4. Bergoglio fa rima anche con Imbroglio. E la fasulla canonizzazione del “papa buono” ne è uno degli innumerevoli esempi.

  5. L’ottimismo di Giovanni XXIII fu sostanzialmente ereticale, se non proprio colpevole. L’ho dimostrato nel saggio “L’ottimismo ereticale” edito da Solfanelli.

  6. mi permetto di dire qualcosa di positivo sull’uomo: osteggio’ apertis verbis don Milani e questo e’ un dato di cui tener conto.

    1. @ antonio c. Vero ma a questo piccolo problema ha prontamente rimediato il successore attuale. Aperta una nuova strada e soprattutto chiusa la precedente tutto a poco a poco si adegua.

  7. I Papi dalla mano tesa hanno accontentato il mondo e messo a repentaglio le anime, vedasi l’azione o non azione di Leone XIII in Francia. Il risultato di tutto questo è sotto gli occhi di tutti. La realtà che tocco da vicino nella Diocesi di Bergamo è raccapricciante, siamo fuori dal cattolicesimo. Nella chiesina della parrocchia di San Giuseppe per esempio non è presente la Madonna e neppure il Cristo Crocifisso, non ci sono inginocchiatoi, non c’è il cero vicino al Santissimo, sembra di essere in un misto tra una palestra e una galleria di arte contemporanea. Oltre alla forma di seguito la sostanza: Lutero come San Francesco, Aldo Moro è stato un grande per il compromesso con il Comunismo e aver legalizzato l’aborto, l’eutanasia non è poi un male, il cattocomunista pedofilo don Milani, il partigiano comunista don Primo Mazzolari e il comunista don Dossetti andrebbero beatificati, gli immigrati sono la soluzione al crollo demografico, chi vota Lega è razzista, bisogna votare PD, venite a fare baldoria fino a mezzanotte in parrocchia per tutta l’estate a mangiare bere e…

  8. Ho sentito dire che Roncalli era anche un pedofilo e filocomunista….ciò nonostante ci fu una suora che venne miracolata per il suo tramite: aveva un tumore allo stomaco che sparì in ospedale e non dovette più essere operata; le apparve in sogno Roncalli che le disse che era guarita.

  9. Quando i processi di canonizzazione erano una cosa “SERIA” occorreva un processo canonico con l’ Avvocato del Diavolo, che rappresentava l’accusa, e bisognava fornire delle prove sui miracoli che una commissione “vera” doveva acclarare. Con l’avvento dell’umile VdR (in arte Papa) questi “accidenti” sono inutili “basta la parola”, come nel Carosello di Falqui con Tino Scotti, cioè il suo pronunciamento “IPSE DIXIT”. Al suo confronto J. D. PERON era un bignè di panna montata!

  10. Cesaremaria Glori

    I fatti parlano e possono essere smentiti soltanto da altri fatti. Il rapporto amichevole che Giovanni Roncalli mantenne con don Ernest o Buonaiuti, dimostrato dal loro incontro non tanto segreto durante il suo pontificato, rivelano una sintonia che non fu mai ribaltata da una netta riprovazione verso l’errore dell’antico compagno di studi. Papa Giovanni XXIII resta un enigma che solo Dio conosce a fondo. Di solito i santi non fanno un miracolo solo. IL futuro parlerà come oracolo divino.

  11. e’ noto che Roncalli aveva anche espresso valutazioni positive sul Fascismo e su Mussolini negli anni ’30. Forse era un incoerente, attratto da opposti e non riusci’ mai a operare una sintesi.

  12. Ricorderete certamente la “performance” dell’Arcivescovo di Palermo, mons. Lorefice (quello che ha cacciato don Minutella perché non più “una cum” con la chiesa di Bergoglio) che, inforcata una bicicletta, con i paramenti vescovili indosso, ha trasformato la chiesa in una specie di Velodromo Vigorelli.
    Ebbene, il solerte parroco di Crespano del Grappa (ridente paesotto al confine tra le provincie di Treviso, Vicenza e Belluno), don Francesco, ha pensato bene di porsi anch’egli sulla scia di questa specie di liturgia catto-sportiva. Dovendo celebrare le nozze di un giocatore di pallacanestro con la sua dolce metà, ha preparato loro una bella sorpresa: entrati in chiesa, i futuri sposi si sono trovati di fronte ad un canestro da basket, collocato nel bel mezzo della navata centrale. Passato il primo momento di sbigottimento, lo sposo si è visto offrire da don Francesco un bel pallone, affinché provasse a fare canestro; malgrado l’emozione del momento, è riuscito nell’intento, e la cerimonia ha potuto aver luogo; i due sono così stati uniti in matrimonio nel nome del Pa…, ehm, nel…

  13. ….. nome del Pallone, del Canestro e del Prosecco (che sempre “spirito” è, anche di altro genere). Chissà se, in caso di mancato canestro, don Francesco avrebbe rinviato le nozze all’inizio del prossimo campionato di basket? In una “Chiesa in uscita” (di cervello ?) c’è da aspettarsi questo ed altro.

  14. Tra le tante “leggende nere” (?!) sulla elezione del Cardinal Angelo Roncalli ve n’è una che è riportata anche su Wikipedia ed è quella che la sua elezione fu sostenuta dai cardinali francesi che arrivarono a minacciare lo scisma se fosse stato eletto Giuseppe Siri. Dalla ricostruzione del Conclave fatta dal giornalista Benny Lai nel 1993 nel libro “ll Papa non eletto: Giuseppe Siri, cardinale di Santa Romana Chiesa” si possono trovare le prove che “qualcosa di strano” era accaduto. L’unico che avrebbe potuto svelare il mistero sarebbe stato lo stesso Siri qualora fosse diventato ufficialmente Papa. Le cose andarono diversamente per questioni di alta diplomazia e politica vaticana. Comunque ora siamo qui a vedere come il disastro è divenuto irreparabile e solamente l’intervento di Nostra Signora di Fatima può allontanare Satana entrato nella Chiesa come timidamente disse Paolo VI. Avanti con MARIA.

  15. Negli anni del dopoguerra la diplomazia vaticana era la prima nel mondo e la chiesa da questo punto di vista era una vera potenza. Lo sapeva bene Roncalli che ne aveva fatto parte e per questo la volle celebrare con un bel concilione vaticanone secondone in pratica facendo sfilare davanti alle telecamere di tutto il mondo le sue divisioni. Questo era il significato di quel lungo serpentone di mitrie e costringendo i vescovi a discutere per quattro anni di chiacchere, chiacchere che poi hanno invaso la chiesa e continuano a sommergerla con quei documenti che io non sono riuscito mai a leggere completamente. Per non parlare poi del vacuo biblismo che pare essere il toccasana dei mali della chiesa. Insomma se Roncalli si fosse limitato ad essere il papa di transizione che gli era stato chiesto di fare non saremmo in questa situazione. Il suo concilione per me è stato un atto di quella che una volta si chiamava superbia e che stiamo pagando tutti.

  16. Ho letto più volte da fonti serie che la bontà di papa Roncalli fu piuttosto una costruzione giornalistica, alimentata anche da episodi notissimi (il discorso della luna, o l’essere andato come primo papa in carcere) complice anche una fisicità sovrabbondante e piaciona.
    Ma papa Roncalli dimostrò più volte anche notevole durezza quando, a suo parere, fu necessario (un es. per tutti l’invio del ‘luminare’ psicologo padre Gemelli a S. Giovanni Rotondo per ‘sbugiardare’ padre Pio, ritenuto un isterico istrione donnaiolo, che alimentava il proprio mito con false stimmate).

    Quanto al parlare di una ‘nuova Pentecoste’ in riferimento al concilio da lui stesso indetto, questo non mi pare deponga per un’inclinazione all’umiltà, men che meno dopo aver indetto un concilio universale di quelle dimensioni faraoniche.
    Se poi sia stato anche al corrente della cassazione, tenuta occulta, dell’elezione del card. Siri al Soglio di Pietro e il prestarsi a fare il “papa di rimpiazzo” in nome del mondo, la cosa assume contorni imbarazzanti.

  17. Da quello che so io il cardinal Siri era già stato eletto nel 1958 tanto è vero che ci fu la famosa fumata bianca e i fedeli in S.Pietro aspettavano a momenti di vedere il Papa che invece si presentò il giorno dopo a sera, se non erro. I responsabili accamparono la scusa che ci si era sbagliati ad emettere il fumo. Pare che la stessa cosa successe nel 1963 con l’elezione di Paolo VI. Il B’nai B’rith, la potente massoneria ebraica, presente a Roma, minacciò sfracelli se si fosse confermato il cardinal Siri. Da ciò i sedevacantisti ritengono che sia Giovanni XXIII, sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II non furono veri papi, dal momento che Siri mori nel 1989.

    1. Lei ha ragioni da ultra vendere: Sua Santità Giovanni XXIII, Sua Santità Paolo VI, Sua Santità Giovanni Paolo II e mettiamoci pure Sua Santità Giovanni Paolo I, non erano mica dei Papi, erano dei “babaciu” vestiti di bianco usurpatori di un posto non loro. Ah! Tra questi “babaciu” mettiamo anche l’attuale Pontefice e pure i suoi successori. Ma per favore non facciamo “ghignare” i pollastri e le cornacchie con certe fasulle e false informazioni storiche

      1. Dopo tutti gli insulti al sito ed ai commentatori ha ancora il coraggio di farsi vedere qui?
        Dov’è la sua coerenza? Non ci aveva salutati/insultati dicendo che ci lascia a “crogiolarci nel nostro brodo”?
        E’ così difficile evitare di trollare i siti cattolici? E’ andato in astinenza da trollaggio per caso?
        E perché si è fatto rivedere qui senza neppure uno straccio di scuse almeno nei confronti dei due commentatori (Tommaso Chierico e Tonietta) che ha insultato in modo più diretto (e fra l’altro molto ingiustamente)?
        Dopo essersene andati sbattendo la porta ed insultando, se proprio si vuole ritornare, si ritorna CONTRITI, con toni UMILI e con un forte desiderio di scusarsi versi gli offesi: vedrà che le sue scuse saranno accettate molto volentieri dagli interessati (se saranno scuse umili e sincere): in fondo può capitare a molti di dire spropositi quando si è accecati dall’ira o dall’invidia…l’importante è RICONOSCERE I PROPRI TORTI, SCUSARSI ed EVITARE DI PERSEVERARE!

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