Ho la fondata speranza che tu, Mario, in Dio, possa leggere le povere parole che ti dedico in questo editoriale. Il 9 marzo scorso, hai chiuso gli occhi per sempre in questo mondo per aprirli nell’altro, nell’eternità, per la quale ti sei sempre coraggiosamente battuto.
Sei stato per me – e lo sei ancora – un amico fraterno e un compagno di strada fin dagli inizi di questa bellissima avventura che è il Timone. Anche quando – rarissime volte – non eravamo perfettamente in sintonia, hai sempre avuto la capacità di esprimere le tue idee in modo pacato, fermo, deciso.
Mi sorprendeva in te quella miscela di talenti che tantissimi amici e lettori del Timone hanno potuto constatare di persona.
Avevi una preparazione formidabile e nella materia che ti era propria – la bioetica – non temevi il confronto con alcuno.
Avevi una stupefacente capacità di scrivere in modo semplice e comprensibile, anche di cose complicate.
Avevi una capacità oratoria invidiabile, sapevi presentare, spiegare, insegnare e illustrare come pochi altri. Eri un apologeta completo.
Scrivo senza esagerare né mentire. Non potrei farlo, perché migliaia di abbonati, che ora stanno leggendo, hanno verificato di persona i tanti talenti che il buon Dio ti ha dato.
Al tuo funerale, tantissime persone, molte in lacrime, mi hanno confidato di aver perso un punto di riferimento e un autentico condottiero che infondeva loro coraggio. Provo le stesse cose. Alle quali aggiungo la netta sensazione che non abbiamo ancora ben compreso quanto ci mancherai.
Eppure, in questi momenti, la fede che abbiamo condiviso ci soccorre. Per assicurarci che tu, Mario, ci sarai anche alla prossima riunione di redazione. Chiederò agli amici che nessuno occupi il tuo posto. E chiederò che, da ora in poi, alle preghiere che aprono la riunione si aggiunga un “Eterno riposo” per la tua anima.
Non credere, però, Mario, di aver finito di darci una mano. Come tuo direttore, ti comando di continuare a starci vicino, a proporre temi da affrontare, a dirci la tua. Tenteremo di ascoltare che cosa dirai con le parole di un vocabolario che noi mortali ancora non conosciamo. Con l’aiuto di Dio, e uniti nella preghiera, le comprenderemo. In questo modo, tu dai campi del Cielo e noi da quelli terreni continueremo a giocare per quella “Nazionale degli apologeti” che è il nostro Timone, in attesa di sollevare insieme la coppa della vittoria promessa da Nostro Signore.
Un’ultima cosa ti chiedo: vedi di non aiutare troppo da lassù la tua squadra del cuore, che tanto amavi, come scrive il tuo migliore e fraterno amico Alessandro Gnocchi su questo numero. Sai bene che tifo per la diretta avversaria. Le nostre dispute calcistiche non sono finite. Le riprenderemo quando anch’io – se Dio vorrà – ti raggiungerò.
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Sono passati quattro anni da quando, con il cuore straziato ma con l’anima salda nella fede, scrivevo questo editoriale dedicato all’amico fraterno Mario Palmaro. Lo ripropongo, perché ripeterei ancora oggi le stesse parole.
Ma, trascorso questo tempo, qualche aggiunta, seppur sintetica, è doverosa.
La prima: la promessa di pregare per Mario a ogni incontro di redazione del Timone e di conservare libero il suo posto è stata rigorosamente mantenuta.
La seconda: ora abbiamo capito quanto ci è mancato Mario Palmaro. Lo abbiamo capito perché lo abbiamo sperimentato in questo quattro anni e io, credo, l’ho sperimentato in modo particolare.
La terza: in quell’editoriale non ne facevo cenno, ma ora il quadro mi è più chiaro e una parola è doveroso spenderla. Per riconoscere a Mario che riguardo i pericoli cui andava incontro la Chiesa, soprattutto la fede di tante anime semplici, con l’irrompere di una strategia pastorale mirante – lo si vede nei fatti – a corrompere molte delle verità da sempre insegnate e credute, in materia di fede e di morale, strategia che non trova ostacoli se non in pochi e coraggiosi pastori della Chiesa (penso ai cardinali che hanno firmato i Dubia e ad altri, purtroppo pochi, loro confratelli) e in alcuni opinion leader e giornalisti, riguardo quei pericoli, dicevo, i fatti hanno dimostrato che Mario aveva ragione. Lui li aveva compresi, io, lo confesso, non del tutto. A lui, in tante conversazioni, chiedevo sinceramente ragione di quanto andava sostenendo. Ed egli, con pacatezza ma con fermissima convinzione mi snocciolava fatti nei quali vedeva – ed era uno dei pochi – i germi della confusione, del caos, dell’anarchia e dell’eresia che oggi impazzano in casa cattolica.
Ti ho compreso, caro Mario, solo da qualche tempo. E tu hai contribuito a chiarirmi le idee.
Grazie.
Avanti ancora insieme, come ai bei tempi della tua impareggiabile collaborazione al Timone. Collaborazione, come scrivevo nell’editoriale, che non è interrotta, perché nella comunione dei santi siamo tutti nella stessa “barca di Cristo”. Ci diamo appuntamento al porto dell’eternità beata.
Gianpaolo Barra
1 commento su “Aveva visto in anticipo quello che molti di noi vedono solo oggi – di Gianpaolo Barra”
Sosteniamo l’Associazione San Giuseppe per aiutare la vedova di Mario Palmaro ed i suoi 4 figli piccoli. Mario dal Cielo preghera ‘ per noi. Siamo come dei Padri per questi orfani.
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