di Don Marcello Stanzione
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San Giovanni Calabria (1873-1954) è il santo dei ragazzi abbandonati, degli emarginati e uno dei precursori del rinnovamento della Chiesa nel XX secolo.
Nacque a Verona nel 1873 e fin da bambino sperimentò in prima persona la povertà e la fame. Entrato in seminario, incontrò numerose difficoltà per diventare sacerdote. Lui stesso si considerava “ zero e miseria”. Ma aveva un’incondizionata fiducia nella provvidenza ed era animato da un grande amore per Dio e per l’umanità più povera. Proprio per questo fu un umile strumento nelle mani del Creatore, che attraverso di lui compì grandi opere. Oltre a fondare la Congregazione dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza, don Calabria diede avvio a numerose attività caritative, assistenziali, sanitarie, pastorali. Sorprendentemente, però, l’umile sacerdote veronese ebbe un carisma straordinario anche nel campo dell’ecumenismo e del rinnovamento della Chiesa. Intrecciò rapporti confidenziali con protestanti, anglicani, ortodossi ed ebrei; per molti aspetti anticipò le idee del concilio Vaticano II. Alla sua morte, nel 1954 la sua Opera era già diffusa in tutto il mondo.
Alle soglie del 2000 papa Giovanni Paolo II lo proclama santo, riconoscendo le virtù straordinarie di un sacerdote amato e venerato non solo in Italia. Dinnanzi ad un clero che tante volte è sciatto nel proprio abbigliamento sacerdotale esterno don Calabria ci offre un esempio luminoso. Giovanni Calabria nel 1897 fu ammesso al corso di teologia. Iniziando questi studi specifici per il ministero sacerdotale, i seminaristi dell’epoca davano un taglio radicale alla vita secolare e lo manifestavano anche esteriormente con il portare sempre la veste talare nera. La cerimonia della vestizione clericale si svolgeva, normalmente, nella propria parrocchia ed era presieduta dal parroco. Don Scapini, il parroco di Giovanni Calabria chiese di poterla presiedere lui e scelse il luogo e la data più idonea: il 10 agosto, festa patronale del titolare della chiesa di San Lorenzo e inaugurazione dei lavori di restauro. Al rito di vestizione parteciparono familiari e amici del giovane chierico: la famiglia Calabria al completo, il carmelitano padre Natale, sua guida spirituale, i conti Parez, il marchese Da Lisca, la famiglia Fabbro, i Padri Camilliani e la signora Masina, una vecchietta che viveva in casa Calabria.
Don Scapini benedisse la veste talare e la porse a Giovanni. “La veste talare è la livrea del gran Sovrano, del gran Re!”, dirà in seguito don Calabria, ricordando quella semplice e toccante cerimonia. Porterà sempre gran rispetto per la veste talare e la bacerà ogni mattina, prima di indossarla.
Don Calabria raccontò un episodio commovente. Sappiamo che anche da chierico continuò a visitare gli ammalati dell’ospedale militare e civile. “ Una mamma tubercolosa, sentendosi in punto di morte, mi chiamò chiedendomi di potersi confessare e fare la Comunione. “ Non sono che una tonaca nera di povero chierico”, dissi, “ e purtroppo, sotto questa, c’è niente, proprio niente”. Essa, con mano tremante, prese il lembo della mia tonaca e la baciò, raccomandandosi che mi prendessi cura di due suoi figlioletti, che presto sarebbero rimasti senza madre”. Commentava don Giovanni: “ In quel gesto io ho compreso la venerazione della gente umile per l’abito sacerdotale, ed io che ogni mattina, prima di indossarlo lo bacio, da allora sto sempre attento che sia pulito, quasi elegante”.
Un’anziana parente gli disse: “Giovanni, sei vestito di nero, ricorda che, sul nero, anche la più piccola macchia risalta e sta tanto male!”. Quelle parole gli risuonarono come un monito per impegnarsi ad evitare anche le più piccole mancanze. In un opuscoletto scriveva: “Sono passati ormai tanti anni da quando ebbi la grazia di indossare la veste sacerdotale; eppure, ve lo dico in confidenza, ogni giorno, come quando l’indossai per la prima volta, la bacio con gioia nuova; ogni sera recito un’Ave per la perseveranza nella santa vocazione”. Nel diario personale, ricorda immancabilmente quest’anniversario con espressioni di grande gioia: “grande anniversario!”; “Giorno in cui mi sono consacrato tutto al Signore”; “Mi sono spogliato dell’uomo vecchio e rivestito dell’uomo nuovo”; “Ho avuto la grazia grande di vestire la divisa di Gesù”.