“Et postquam impleti sunt dies purgationis eorum secudum legem Moysis, tulerunt illum in Hierosolymam ut sisterent Domino, sicut scriptum est in lege Domini” (Lc 2, 22).
“Et factum est post triduum invenerunt illum in templo sedentem in medio doctorum, audientem illos et interrogantem eos” (Lc 2, 40).
di Carla D’Agostino Ungaretti
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Anche quest’anno il S. Natale è passato. Dio è venuto tra noi manifestandosi in un bambino in carne e ossa, simile in tutto e per tutto agli altri neonati; anche lui ha vagito e strillato, anche lui ha reclamato a gran voce le cure e il latte della Sua Mamma, addormentandosi poi serenamente tra le braccia di Lei sotto lo sguardo adorante e tenero del Suo Papà putativo. Come non provare un moto di profonda commozione al pensiero che quel Bambino – che dovette essere adagiato in mezzo alla paglia di una mangiatoia e fu riscaldato, non da una soffice e calda coperta, ma dal respiro di un bue e di un asinello – è veramente “Dio con noi”?
Poi, dopo il Natale, il 31 dicembre (ultima domenica del 2017) il Messale Romano ci ha invitato a fissare lo sguardo sulla Sacra Famiglia e, il 1° gennaio, a venerare la Gran Madre di Dio. Allora voglio dimenticare per un po’ i brindisi e le pantagrueliche scorpacciate, tipiche e inevitabili di questo periodo dell’anno, per lasciare che il mio pensiero corra alla venuta dell’ “Emmanuele” attraverso due episodi dell’infanzia di Gesù che coinvolgono anche i suoi genitori. Questi episodi, riferiti dal solo Evangelista Luca, sono talmente ricchi di significato teologico e spirituale da meritare entrambi di entrare nella contemplazione dei Misteri gaudiosi del S. Rosario: la presentazione del Bambino al Tempio e, dopo dodici anni, il ritrovamento di Lui adolescente tra i Dottori.
Prima però devo fare un preambolo – e mi scuso con gli amici che avranno la pazienza di leggermi se esso sarà un po’ lungo – perché il mio proposito ha suscitato in me il desiderio spirituale di riaprire “L’Infanzia di Gesù” di Benedetto XVI[1], un Pontefice che io ho ammirato infinitamente per la sconfinata cultura e la mitezza dell’animo associate a un’umiltà veramente evangelica, come spiegherò tra pochissimo[2]. Divorai letteralmente questo libro alcuni anni fa ripromettendomi di rileggerlo ancora ogni volta che avessi potuto. “L’infanzia di Gesù” è il terzo volume di una trilogia che, come precisa lo stesso Autore nel primo volume , “Gesù di Nazaret”, è frutto della sua ricerca personale del volto del Signore, perciò l’Autore aggiunge che ciascuno è libero di contraddirlo, perché le sue parole non sono un atto magisteriale. Quale altro Pontefice regnante, antico o moderno, ha mai fatto precisazioni di questo genere?
E infatti un intellettuale che si affrettasse a contraddirlo Benedetto lo ha trovato subito nella persona del teologo d’avanguardia Vito Mancuso, il quale non ha certo perso tempo a dichiarare che il Papa commette molti errori in questo libro perché pretende di “presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio”, sorvolando sulle numerose e innegabili discordanze che emergono dai Vangeli “dell’Infanzia”[3]. Si direbbe che il sapiente studioso, cattolico “adulto”, si diverta un mondo a cogliere in fallo il Papa (e cita, al riguardo, numerosi studiosi di esegesi anche cattolici) dimenticando però che lo stesso Benedetto, nel suo primo volume, ha riconosciuto la validità del metodo storico – critico negli studi esegetici, sottolineandone però l’incompletezza perché questo metodo “non esaurisce il compito dell’interpretazione per chi nei testi biblici vede l’unica Sacra Scrittura e la crede ispirata da Dio”[4].
Invece Benedetto XVI difende la storicità dei Vangeli secondo Matteo e secondo Luca[5], perché “Dio è Dio e non si muove soltanto nel mondo delle idee”, ma anche sulla materia, perché il Suo potere abbraccia tutto l’essere. “Se Egli non ha potere anche sulla materia, allora Egli non è Dio”. Perciò, citando il massimo teologo protestante del XX secolo, Karl Barth, il Papa afferma che i due principali scandali per la mentalità moderna, e cioè il concepimento e la nascita di Gesù dalla Vergine Maria e la Sua Resurrezione, sono i cardini fondamentali della nostra fede (pag. 69). Inoltre il Papa osserva che le grandi profezie furono incomprensibili per lo stesso profeta che le aveva formulate e hanno trovato una spiegazione solo quando si sono avverate; è il caso, per esempio del IV Canto del Servo di YHWH (Is 53) o delle parole: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele” (Is 7, 14), rimaste incomprensibili fino al momento del concepimento di Gesù (pag. 62). Dalla correlazione tra la parola incomprensibile del profeta e la sua successiva comprensione nasce l’esegesi cristiana totalmente fedele all’originaria parola della Scrittura, perché “la Parola non è rivolta soltanto ad Israele, ma a tutta l’umanità che era in attesa”. Benedetto XVI vede un possibile testimone (sia pure inconsapevole) di questa attesa anche nel poeta latino, e pagano, Virgilio il quale, nella IV Ecloga delle Bucoliche, sembra profetizzare una futura miracolosa nascita di un misterioso Bambino da una vergine[6].
“Il segno che Dio stesso annuncia non viene offerto per una determinata situazione politica, ma riguarda l’uomo e la sua storia nel suo insieme” (pag. 62). Se siamo consapevoli di questo (aggiungo io) cosa può importarci se, prima della nascita di Gesù, Maria e Giuseppe vivevano a Nazaret (Luca) o a Betlemme (Matteo); se Gesù nacque in casa dei genitori (Mt) o in una stalla (Lc); se la strage degli innocenti avvenne davvero (Mt) o non avvenne affatto (Lc), come Vito Mancuso ci fa diligentemente ricordare? Ancora: cosa ci importa se il Gesù adulto pronunciò il “Discorso della montagna” su un monte (Matteo) o in “luogo pianeggiante” (Luca)? Queste discordanze e le varie altre che si rintracciano nei Vangeli, o il fatto che alcuni importanti episodi della vita di Gesù siano riferiti da un Evangelista e ignorati da un altro possono generare il sospetto della loro non veridicità e scandalizzare solo gli arcigni laicisti che fanno di tutto per screditare i Vangeli, non certo coloro che leggono ogni giorno i Vangeli mettendo ogni giorno la loro vita nelle mani di Dio e confidando nella Sua promessa.
Dopo questo lungo preambolo – che ho ritenuto necessario, dato il carattere prettamente esegetico della mia riflessione nella quale mi sono stata fatta guidare da Benedetto XVI – eccomi giunta al nocciolo della mia meditazione. Otto giorni dopo la nascita il Bambino fu circonciso come tutti gli altri bambini ebrei e ricevette il Nome di Gesù, “come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre” (Lc 2, 27). Il IV Mistero Gaudioso ci ricorda che, dopo quaranta giorni, il Bambino fu presentato al Tempio in ottemperanza della legge mosaica che prevedeva la purificazione della madre e il riscatto del primogenito (Lv 2, 2). Maria e suo marito Giuseppe erano due ebrei profondamente credenti ed osservanti, rispettosi della Legge dei Padri, perciò non si sottrassero ai loro obblighi ma, non essendo certo ricchi, offrirono al Tempio “un paio di tortore o due colombi” anziché un agnello. Il Signore, che “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9) volle che per lui fosse presentata l’offerta dei poveri.
Mentre lo scopo dell’Evangelista Matteo è dimostrare che Gesù è veramente il Messia annunciato dai Profeti, Luca si preoccupa di descrivere scrupolosamente l’osservanza delle usanze giudaiche da parte della Sacra Famiglia. Entrambi gli intenti dei due Evangelisti hanno, nella storia della salvezza, un profondo significato teologico. In particolare Luca, narrando la presentazione al Tempio, vuole dimostrare che Gesù, il Messia, è venuto per esaudire la speranza e i voti di quel popolo espressi in ogni particolare del suo culto, dei suoi riti, oltre che dalle parole dei suoi Profeti, fino alla dimostrazione che Dio ha mantenuto la Sua promessa di mandare un Salvatore – in tutto e per tutto figlio del popolo di Israele e “nato sotto la Legge” (Gal 4, 4) – per “riscattare” il prezzo che tutto Israele doveva al suo Dio per aver sacrificato i primogeniti dell’Egitto al fine di liberare il suo popolo dalla schiavitù. Dal canto suo Maria, sempre vergine e non toccata dal peccato originale, non era tenuta all’osservanza dei precetti del Levitico perché il Suo concepimento non era avvenuto per opera di un uomo; tuttavia ella non si inorgoglì per aver “trovato grazia presso Dio” (Lc 1, 30), né per essere stata chiamata da Elisabetta “benedetta fra le donne” (Lc 1, 42), ma al pari di tutte le altre donne ebree, quaranta giorni dopo la nascita del suo primogenito si sottopose al rito della purificazione che poneva termine alla sua impurità legale poiché, sempre secondo la Legge giudaica (Lv 12, 2 – 8), la donna che aveva appena partorito era considerata immonda.
Nel Tempio la Sacra Famiglia incontra Simeone ed Anna. Simeone è un uomo giusto ed “eulabès” cioè, come traduce la CEI per l’uso liturgico, ”timorato di Dio”, ma forse la traduzione migliore (secondo il vocabolario greco – italiano di Lorenzo Rocci) sarebbe “devoto”, “pio” come il sacerdote Zaccaria, ma ben diverso da lui. Anna è un’anziana profetessa del Tempio e anche lei aspetta la venuta del Messia “servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (Lc 2, 37). Zaccaria e Simeone sono entrambi uomini “giusti”, ma mentre Zaccaria, sacerdote e (per così dire) funzionario del Tempio, non crede all’annuncio che riceve dal Messaggero di Dio, Simeone, un uomo qualunque, si fida della promessa ricevuta dallo Spirito Santo che non sarebbe morto senza aver visto il Messia e perciò corre ad incontrarLo. Simeone prende in braccio il Bambino e prorompe in una commovente esclamazione di gioia che ha il sapore di un autentico atto liturgico di offerta del sacrificio. Tanto grande è la gioia del momento che lui, semplice uomo, non può contenerla e con il suo “Nunc dimittis” chiede a Dio di farlo morire, perché si sente “sazio di giorni” come si sentì Abramo (Gen 25) e come lui vuole nascere alla vita piena, cioè alla salvezza di Israele preparata da Dio davanti a tutti i popoli. Lo Spirito Santo gli ispira anche una solenne profezia: la Parola di quel Bambino sarà tagliente e affilata come quella degli antichi Profeti per la salvezza di alcuni e la perdizione di altri, mentre una spada trafiggerà l’anima di Sua Madre. Anna, premiata per la sua fiduciosa attesa con la gioiosa visione del Salvatore, “si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2, 38).
Il V Mistero Gaudioso del S. Rosario ci fa meditare sull’ultimo episodio della vita privata del Messia prima dell’inizio del Suo ministero pubblico: lo smarrimento e il ritrovamento di Gesù tra i Dottori del Tempio (Lc 2, 41 ss).
La Sacra Famiglia ogni anno saliva a Gerusalemme per la festa della Pasqua: il Fanciullo ha dodici anni ed essendo ormai maggiorenne secondo la religione giudaica, non era obbligato a rimanere sempre accanto ai genitori e questo spiega come mai la sua assenza passasse inosservata nella carovana del ritorno fino al termine della prima giornata di viaggio, quando le famiglie si riunivano per accamparsi. Tutti possiamo immaginare l’angoscia dei genitori e il loro sollievo nel ritrovare a Gerusalemme, “nel tempio in mezzo ai dottori mentre li ascoltava e li interrogava”, il loro figliolo scomparso da ben tre giorni.
Io, cattolica molto “bambina” e peccatrice, non posso fare a meno di pensare che, al posto di Maria, avrei sgridato e punito severamente mio figlio per aver commesso quella grossa marachella, ma Maria non lo fa, non perché sia una madre indulgente, ma perché non è una madre come tutte le altre e Gesù non è un figlio qualunque. Le parole di Maria sono invece tenere e rivelatrici del dolore che le ha procurato il Figlio; la risposta di Lui sembra dura per i suoi genitori, ma rivela chiaramente la coscienza che Gesù ha di se stesso a soli dodici anni. Egli sa che prima o poi dovrà iniziare la Sua vita pubblica e perciò Luca sottolinea la meraviglia di quei Dottori al sentire quanta intelligenza e sapienza vi fossero nelle risposte di quel ragazzo. Sul piano teologico il messaggio è chiaro: il Tempio non è più la cattedra di Mosè perché quei sapienti Dottori hanno impresso alla Torah un’interpretazione legalistica e arcigna che si ritorce contro lo stesso popolo di Dio. Ormai i tempi sono maturi per accogliere il Vangelo.
Gesù risponde interrogando Sua Madre, quasi a dimostrarle che Lei deve sempre tenere presente che Lui è il Messia e quale sia la sua missione. Il legame di Gesù con il Padre è talmente forte che Egli lo antepone a tutto, compreso il quarto Comandamento del Decalogo che impone l’obbedienza ai genitori. Maria e Giuseppe non comprendono subito questa risposta, ma la accettano e la interiorizzano nel loro cuore meditandola nella certezza che la comprenderanno man mano che si svolgono gli avvenimenti della vita del Cristo. Luca conclude il secondo capitolo del suo Vangelo con il ritorno di Gesù a Nazareth, dove visse insieme ai genitori “crescendo in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Gesù, che in quel momento già possiede la piena consapevolezza di essere il Messia, sceglie liberamente l’obbedienza ai genitori e la vita nascosta a Nazareth come parte della missione che il Padre gli ha affidato e torna a nascondersi nel villaggio ove, per volontà propria, vuole essere dinanzi al mondo soltanto il figlio del carpentiere e condurre una semplice vita di lavoratore (Mc 6, 1 – 6).
Anche l’episodio del ritrovamento di Gesù nel Tempio ha un profondo significato teologico che è stato ben percepito e messo in risalto dall’autore del mosaico dedicato al V Mistero gaudioso nella Basilica del S. Rosario a Lourdes. Il giovanissimo Gesù vi è raffigurato seduto in mezzo agli uomini anziani, mentre indica il cielo con la mano sinistra e con la mano destra regge un cartiglio recante la frase messianica del profeta Isaia “Lo Spirito del Signore è sopra di me … “ (Is 61, 1). E’ la stessa frase che Gesù avrebbe letto molti anni dopo nella sinagoga di Nazareth commentando: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc 4, 14 ss); è ciò che avvenne al momento del Battesimo nelle acque del Giordano “quando egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui” (Mt 3, 16); è la proclamazione dell’investitura messianica da parte del Padre, nella quale i Padri dei primi secoli cristiani videro indicate le tre Persone della SS. Trinità: Lo Spirito (Spirito Santo) del Signore (il Padre) è sopra di me (il Figlio). Ma è anche la conferma della profezia di Simeone: le parole di commento di Gesù a Nazareth furono “taglienti e affilate” ed Egli si rivelò subito “segno di contraddizione”, perché rifiutò di compiere tra i suoi concittadini (mossi non dalla fede, ma dalla vanità che oggi chiameremmo campanilistica) gli stessi “segni” che aveva compiuto a Cafarnao (Lc 4, 28 ss).
E Maria come visse quegli eventi misteriosi e insieme rivelatori? Ella ascoltava e meditava: non ha preteso di capire tutto e subito ma “per questa Sua capacità di lasciar fluire in lei la Grazia, è diventata il capolavoro della misericordia di Dio”[7]. Sono sicurissima che anche lei, come tutte noi madri, abbracciava e baciava il suo bambino dicendogli “Amore mio!”, ben sapendo però, come tutte noi, che il figlio che abbiamo messo al mondo non è nostra proprietà e arriva il momento in cui lui deve lasciarci per intraprendere la sua strada. Per di più Ella ben sapeva che quel suo Bambino era Dio, anche se ignorava ancora come e quando Egli si sarebbe manifestato; sapeva, però, che una spada le avrebbe trafitto l’anima ed era pronta ad accettare la volontà di Dio. Nel momento in cui vede Suo Figlio tra i Dottori del Tempio, ella comprende di averlo trovato e contemporaneamente perduto, perché quel Figlio deve svolgere un ministero che umanamente la trascende. Nell’anno nuovo che sta iniziando è a Lei che dobbiamo rivolgerci per chiederle, in virtù della Croce che ha condiviso con Suo Figlio, di aiutarci ad ascoltare sempre più attentamente la Parola di Dio, così come ha fatto Lei.
BUON ANNO A TUTTI
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[1] Rizzoli, Milano 2012.
[2] Per onestà intellettuale devo aggiungere che le dimissioni di Benedetto XVI sono state per me un trauma spirituale che mi ha veramente sconvolto e, dopo quasi cinque anni, rappresentano ancora per me un Mistero che io, cattolica “bambina”, non posso e non devo pretendere di capire ma che, unitamente alla venuta del suo successore, ha dato origine al dramma spirituale che da allora sto vivendo. Forse questa questo dramma fa parte della Croce che il Signore ha inteso mandarmi in questa fase della mia vita e allora io Lo ringrazio accettando in tutto la Sua volontà, ma anche aggrappandomi sempre più strettamente ai duemila anni di dottrina della Chiesa che, essendo stata ispirata dallo Spirito Santo, non può essere fallace come tanti, in questi ultimi anni, tentano surrettiziamente di farci credere.
[3] Cfr. LA REPUBBLICA, 21.11. 2012, pag. 48. L’acribia con la quale il buon Mancuso critica il Papa mi sembra degna di miglior causa e che rispecchi fedelmente la pretesa dei cattolici “adulti” moderni di interpretare la Parola di Dio come pare e piace a loro.
[4] Cfr. GESU’ DI NAZARET, Rizzoli, Milano 2007.
[5] Notazione personale: quando cito i Vangeli io uso sempre l’espressione “secondo Matteo, secondo Marco ecc.” e non “di Matteo, di Marco ecc.” perché quando frequentai il corso di Teologia per Laici presso l’Università Lateranense fui subito corretta dal professore di esegesi il quale spiegò che i Vangeli sono sempre e soltanto “di” Gesù Cristo.
[6] “Iam redit Virgo”, canta Virgilio. Ricordo che il mio antico professore di latino e greco sottolineò con forza questa probabile profezia di un pagano, come segno che Dio può servirsi anche dei pagani per preparare l’umanità ad accogliere il Suo Verbo. Non mi risulta che oggi, nella scristianizzata scuola moderna, i professori di letteratura latina facciano altrettanto, credo anzi che i liceali moderni sappiano a mala pena chi sia stato Virgilio e cosa abbia scritto.
[7] Cfr. Nicola Gori, LA DOMENICA, 1°.1.2018.
8 commenti su “Una meditazione su due episodi riguardanti la Sacra Famiglia e l’infanzia di Gesù – di Carla D’Agostino Ungaretti”
Gentilissima e molto cara Signora Carla,
non si crucci più per Papa Benedetto. Egli ha obbedito alla SS. Trinità affinché col suo mettersi da parte potesse trasformarsi in segno di contraddizione di molti. Dio sta dividendo i capri dalle pecore; i primi sono testardi e ostinati e seguono pieni d’orgoglio la corrente mentre le pecore restano fedeli al pastore e restano salde ad attendere il suo ritorno. La persecuzione è in arrivo in molteplici forme e dovremo restare saldi nelle nostra fede genuina e “bambina”. Sono molto anziano anch’io e credo che dovremo essere saldi per non seguire la corrente di coloro che seguono il compromesso irenico e ammiccante col mondo, anzi ringrazio Dio di avermi fatto durare per darmi la possibilità, col Suo aiuto, di essere testimonium Fidei.
Grazie, gentile Prof. Glori, per le sue fraterne parole che mi hanno asciugato una lacrima. Lei mi ha fatto riflettere e mi ha consolato. Dio la benedica per questo.
Grazie anche per avermi letto.
Cara Signora Carla, la sofferenza che provai per la rinuncia di Benedetto, quel suo triste e silenzioso allontanarsi in elicottero, tolti materialmente i piedi dalla sua Sede, ancora non mi lascia e vedo in tutto questo la profezia della Madonna: “Il Santo Padre avrà molto da soffrire”; e, anzi, considero la sua una vera e propria cattività da cui il vero Benedetto, nonostante a volte gli facciamo dire parole varie, non si manifesta più. È una persecuzione che dobbiamo vedere negli imperscrutabili pensieri di Dio. A noi non resta che la preghiera.
Buon anno anche a lei.
Cara signora, grazie! Grazie di cuore per questo bellissimo intervento, semplice e profondo ad un tempo, che col suo permesso vorrei salvare sul mio computer per leggerlo e meditarlo con più calma in altri momenti. Magari proprio in quei momenti in cui, preso dallo stesso suo sconforto per i tempi grami che stiamo vivendo, crederò di essere solo nel pensare e vivere la fede in questo modo oramai considerato desueto. La speranza venga anche da questo nostro sentirci uniti nella buona battaglia: giovani, meno giovani, laici o consacrati, ciascuno nel suo contesto, noi siamo il popolo di Dio. I seguaci di satana se ne facciano una ragione.
A Betlemme, non arrivarono per l’Epifania a Betlemme appena cinque o dieci giorni da quando partirono da Gerusalemme dove avevano sconvolto tutti con l’annunzio della nascita ‘DEL RE DEI GIUDEI : ” CHE E’ NATO ORA” bensì dopo la circoncisione di Gesù, Ma almeno dopo i quaranta giorni dalla nascita del Redentore, anzi, anche più, poichè subito dopo,poichè dopo la loro partenza Giuseppe ebbe il sogno profetico che lo indusse a partire notte tempo per l’Egitto, dove certo restò a lungo, ben dopo la morte di Erode, prima di far ritorno a Nazareth di Galilea.
E’ la prima volta che toccate questo argomento. Ergo…
Gent.ma Dott.ssa D’Agostino Ungaretti, Lei dice:
“[Maria] sapeva, però, che una spada le avrebbe trafitto l’anima ed era pronta ad accettare la volontà di Dio.”
Guardi che è in errore: l’Innominato novello afferma che “Maria, sotto la Croce, ha pensato: Dio è un bugiardo”. Quindi, non accetta la volontà di Dio, anzi, indispettita, Lo redarguisce.
Eh! Se lo dice lui…
P.S. Chiedo perdono se ho trascritto quella bestemmia.
Non semplici riflessioni, ma uno studio di grande pregio questo della dott.ssa Carla. Ci sostiene con la sua solida Fede e una sollecitudine amorevole. Condivido tutto e di cuore la ringrazio. Attualmente oltre ai vaniloqui sulla esegesi biblica, ci tocca anche questo, il dover sopportare le critiche infondate e malevole nei confronti di Papa Benedetto. E da più parti (…), perché evidentemente la crisi che vive la Chiesa, che poi è di tutta la umana società, non è abbastanza grave. Servono nuovi tasselli, nuove accuse e dietrologie per cercare di toccare il fondo (la fossa delle Marianne). Sgomenta il martellamento continuo sulla “normalità”, sulla “semplice umanità” di Gesù, nonché un’altra grave affermazione : quella secondo la quale Egli sarebbe un “non osservante” della Legge, Colui che sarebbe venuto sulla Terra per liberare l’uomo non dal peccato e dalla morte eterna, ma dalle pastoie delle regole (regola = vincolo per minus habens). Un colpo di spugna sulla Sacra Famiglia, grandissima nella Sua umiltà e nell’obbedienza.
anche io sono ancora devastato dalle dimissioni di S..S. Benedetto. che il Signore continui a riempirlo di ogni grazia e benedizione