Lega cattolica per la preghiera di riparazione. Notizie e avvisi. Una lettura di formazione di San Gregorio di Nissa

Calendario tradizionale. Venerdì 15 dicembre 2017  Per il Martirologio, clicca qui

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Gentili amici,

preghiamo in riparazione dell’ultimo grave oltraggio al Sacro Cure di Gesù, commesso con l’approvazione definitiva della cosiddetta “legge sul biotestamento”. Preghiamo anche perché il Signore voglia presto darci Santi Pastori che possano guidare i fedeli in questa epoca di smarrimento, di confusione e di empietà. Possiamo rileggere, cliccando qui, le modalità della preghiera di riparazione. È prezioso anche l’ausilio del libretto con gli Atti di devozione al Sacro Cuore e le Litanie del Sacro Cuore (clicca qui).

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Per la nostra formazione, leggiamo una estratto da “Vita di Mosè” di San Gregorio di NissaIl testo potrà anche essere scaricato in formato pdf cliccando qui; in tal modo potrete costituire e conservare la vostra biblioteca di letture di formazione.

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NOTIZIE E AVVISI

 I sacerdoti della Fraternità San Pio X celebrano la Santa Messa in rito antico in diverse città. Per l’elenco completo delle Cappelle in Italia e orari delle celebrazioni, clicca qui.

Tutte le domeniche e i giorni festivi a Savona, alle 17.30 si recita il S. Rosario e alle 18.00 si celebra la S. Messa in rito antico. Nelle solennità il S. Rosario viene sostituito, alle 17.15 dal canto dei Vespri.

– Tutte le domeniche e i giorni festivi a Bologna si celebra la S. Messa in rito antico alle ore 18.00 nella chiesa di Santa Maria della Pietà in via San Vitale.

 Ogni primo giovedì del mese a Bologna si celebra la S. Messa in rito antico alle ore 21.00 nella parrocchia di San Giuseppe Cottolengo in via Marzabotto.

 Tutte le domeniche e i giorni festivi a Verona si celebra la S. Messa in rito antico alle ore 11.00 nella Rettoria Santa Toscana, in piazza XVI Ottobre n. 27.

– Tutti i sabati e nei giorni delle solennità a Brescia si celebra la S. Messa in rito antico alle ore 18.00 nella chiesa di San Zeno al Foro (piazza Carducci). Alle 17.30, recita del S. Rosario, esposizione del Santissimo Sacramento e benedizione eucaristica.

– Ogni domenica e festa di precetto a Pavia si celebra la S. Messa in rito antico, alle ore 9.30 nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in via Luigi Porta (centro storico).

– Nella diocesi di Prato si celebra regolarmente la S. Messa in rito antico in latino, in seguito al Motu Proprio “Summorum Pontificum” del 2007 nelle seguenti chiese: la chiesa dello Spirito Santo a Prato (piazza del Collegio), ogni domenica e festa di precetto ore 17.00; la chiesa di Santa Cristina a Pimonteogni domenica ore 10.00; la chiesa di San Martino a Paperino a Prato la prima domenica del mese ore 16.00 e ogni giovedì ore 7.30; la chiesa del Sacro Cuore a Prato (Via Benincasa), tutti i primi venerdì del mese ore 21.00; la Badia di Vaiano, da febbraio a giugno, un sabato al mese. Per il calendario dettagliato clicca qui.

 Ogni domenica e festa di precetto a Firenze, alle ore 11.00 e alle ore 19.00, nella chiesa dei Santi Michele e Gaetano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al sabato le celebrazioni sono alle ore 7.30 e 11.00 e nei giorni feriali alle ore 7.30 e 18.30.

– Ogni domenica e festa di precetto a Belluno, alle ore 8.30, nella chiesa di San Pietro (parrocchia del Duomo), viene celebrata la Santa Messa in rito antico.

– In Alto Adige/Sud Tirolo viene celebrata la Santa Messa in rito antico: ogni prima Domenica al mese a Silandro in via Ospedale alle ore 18, ogni terza Domenica al mese a Bolzano in via Weggenstein alle ore 18, ogni quarta Domenica al mese a Bressanone nella chiesa Mariahilf/Zinggen alle ore 18, ogni 8 del mese nella chiesa parrocchiale a Cengles alle ore 17.

 Ogni domenica e festa di precetto a Bergamo, alle ore 9.00 e ogni venerdì alle ore 20,30, nella chiesa della Madonna della Neve, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al termine della S. Messa del primo venerdì del mese, Adorazione Eucaristica e recita delle Litanie del Sacro Cuore di Gesù. Per essere aggiornati sulle celebrazioni in rito antico, cliccare su https://www.facebook.com/madonnadellanevebergamo/

–  Ogni domenica e festa di precetto a San Lorenzo, frazione di Pizzoli (AQ), alle ore 18.00, presso l’Abbazia di Sant’Equizio, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.

– Ogni domenica e festa di precetto a Milano, nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, in largo Cairoli, viene celebrata alle 10.00 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico. Per  informazioni:http://messatradizionalemilano.blogspot.it/ .

– Ogni domenica e festa di precetto, a Monza, viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 18.45, nella chiesa delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, via Italia 37. Per informazioni, cliccare “La Messa di sempre – Monza” . 

 Ogni domenica e festa di precetto a Legnano, nella chiesa del S. Bambino Gesù di Praga (via Fogazzaro angolo via Leoncavallo), viene celebrata alle 17.30 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico.

– Ogni primo venerdì del mese, al Priorato Madonna di Loreto, a Rimini-Spadarolo, alle ore 21, Adorazione Eucaristica notturna per riparare le offese e gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù.

– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, Santa Messa domenicale in rito antico alle ore 10 e tutti i venerdì, alle ore 18.30, Preghiera di Riparazione (S. Rosario, Litanie del Sacro Cuore, Atto di riparazione ed altre preci anche per impetrare l’aiuto divino alla Chiesa martire della ferocia islamica). Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804.

– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani  – mauro.faverzani@gmail.com

– Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione  secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.

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– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.

– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.

– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.

 Sia lodato Gesù Cristo

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LETTURA DI FORMAZIONE

san Gregorio di Nissa

da “Vita di Mosè”

per scaricare il testo in formato pdf, clicca qui

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IL SERPENTE DI BRONZO

La penitenza

Nella marcia attraverso il deserto, il popolo si trova nuovamente angustiato dalla sete e dispera di poter raggiungere i beni promessi. Ma ancora una volta Mosè procura l’acqua, fa­cendola scaturire da una roccia del deserto.

Questo passo, interpretato in senso spirituale, può darci utili insegnamenti intorno al sacramento della penitenza.

Coloro che hanno gustato la roccia una prima volta, ma si sono poi rivolti al ventre, alla carne e ai piaceri d’Egitto, castigano se stessi, privandosi di questi beni. Pentendosi, essi possono ancora ritrovare la Roccia da cui si sono allontanati e accorrere alla vena d’acqua scaturita a sollievo di coloro che han­no creduto più corrispondente al vero la relazione di Giosuè e non quella degli altri. Essi, fissando gli sguardi sul grappolo appeso al legno da cui gronda il sangue della nostra salvezza, hanno ottenuto che l’acqua ritornasse a zampillare dalla roccia, colpita dal legno.

La croce rimedio contro le passioni

Il popolo, ancora non avendo appreso a stare al passo con la grandezza di Mosè, si lascia di nuovo trascinare dai desideri del tempo della schiavitù e attirare dalla nostalgia dei piaceri d’Egitto.

Pare che qui il racconto voglia insegnarci la for­te propensione dell’umana natura verso la passione. Essa è una malattia che può colpirci in moltissi­me forme. Mosè riesce a impedire che essa, pren­dendo piede sempre più, diventi malattia mortale. Egli fa come il medico quando s’accorge che il ma­le si è aggravato.

Allorché i serpenti incominciarono a mordere molti del popolo, iniettando mortali veleni a castigo dei loro desideri smoderati, il grande Legislatore riuscì a neutralizzare i funesti effetti causati dai ret­tili, servendosi della figura del serpente.

È bene spiegare con chiarezza il simbolismo di questa figura. L’unica forza capace di, distaccarci da passioni simili a quelle che agitarono gli Ebrei, è il mistero della religione da cui proviene la purifica­zione delle nostre anime.

È di fondamentale importanza, nel mistero del­la fede, guardare alla Passione di Colui che per noi ha accettato di soffrire. La Passione è la Croce nella quale chi fissa gli sguardi, non prova su di sé gli effetti dannosi del ve­leno, simbolo dei desideri passionali: così appunto ci ammaestra la Scrittura.

Guardare alla Croce significa condurre una vita morta al mondo, non prona al peccato così che la nostra carne, come dice il Profeta, sia immobilizza­ta dai chiodi del timore di Dio (Gal 6, 14; Sal 118, 120).

È la penitenza il chiodo che tiene ferma la car­ne. La legge, consapevole che i desideri smoderati fanno uscire dalla terra serpenti mortiferi (ogni ef­fetto derivante da un desiderio cattivo è come un serpente), ci comanda di volgere gli sguardi a Colui che si mostra sul legno. È lui la figura del serpente, secondo le parole del grande Paolo: «A somiglianza della carne di peccato» (Rm 8, 3).

Il vero serpente è il peccato e chiunque si dà al peccato assume la natura di serpente. Ma l’uomo viene liberato dal peccato per merito di Colui che ne ha assunto l’immagine. Egli si è fatto simile a noi, che ci siamo rivolti all’immagine del serpente.

È lui che arresta la morte prodotta dai morsi velenosi ma lascia in vita i rettili che l’hanno causa­ta. Essi rappresentano i desideri delle passioni.

Chi guarda alla Croce non è più soggetto alla morte e tuttavia i desideri della carne contrari a quelli dello spirito non vengono totalmente elimi­nati in lui (Gal 5, 17). Tali desideri continuano a mordere i fedeli. Ognuno però, se guarda a colui che è stato innalzato sopra il legno, può tener lon­tana la passione e rendere innocuo il veleno, attra­verso il timore del precetto che opera al pari di un farmaco. Le parole dei Signore insegnano chiara­mente che il serpente innalzato nel deserto è simbo­lo del mistero della Croce: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così occorre che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3, 14).

L’ORGOGLIO

Il peccato, seguendo la logica del male, si molti­plica in un concatenamento ininterrotto di cause ed effetti e obbliga il legislatore a fare come il medico che adatta la cura alla violenza della malattia.

Il nemico, ricco di inventiva quando si tratta di procurare la nostra rovina, visti neutralizzati i mor­si dei serpenti in coloro che innalzavano gli sguar­di verso l’immagine del serpente (già ne abbiamo spiegato il simbolismo), viene escogitando un altro metodo per trascinare al peccato.

Il fatto si ripete oggigiorno nei riguardi di mol­ti. Ci sono persone che, per il fatto di condurre una vita morigerata e mortificata riguardo ai desideri delle passioni, prendono l’iniziativa di entrare nel sacerdozio, usando intrighi e maneggi che dimostra­no un orgoglio contrario ai piani salvifici di Dio.

Colui che la Scrittura definisce autore delle di­sgrazie degli uomini, è anche autore di questo gene­re di peccati. Quegli uomini prima ribelli, quando videro che la terra aveva cessato di produrre ser­penti per merito della fede in colui che fu innalza­to sopra il legno, credettero di essere diventati in­vulnerabili ai morsi velenosi.

Invece, scomparsa la passione della concupiscen­za, comparve in loro il malanno della superbia.

Quelli che non furono inghiottiti dalla terra, vennero inceneriti dai fulmini. Qui la Scrittura ci insegna che, se sappiamo scendere sotto terra, la superbia non crescerà den­tro di noi.

Basandoci su questi fatti potremmo, non senza ragione, definire la superbia una salita verso il basso. Non meravigliarti se ti senti portato ad averne l’idea che ne hanno molti, i quali ritengono che il termine superbia indichi superiorità sugli altri. I fatti della vita di Mosè sembrano invece con­fermare la definizione data da noi.

Quelli che si erano innalzati al di sopra degli al­tri, finirono sotto terra, dentro la spaccatura che si era aperta per inghiottirli. Non va dunque rigettata la definizione della su­perbia come di una caduta in profondità. Attraverso questi fatti, Mosè ci insegna a essere umili, a non vantarci di ciò che facciamo ma vivere in buone disposizioni di spirito l’attimo presente.

Chi si è liberato dalla sensualità, può correre il rischio di cadere in un altro genere di passioni. Ogni passione in quanto tale è una caduta e se varie sono le passioni, identica è la caduta.

C’è chi cade, lasciandosi andare sulla china del piacere e c’è chi viene buttato a terra dalla su­perbia. Non è saggio scegliere tra l’una o l’altra caduta, poiché tutte in quanto tali vanno fuggite.

Se perciò vedessi qualcuno che si crede superio­re agli altri perché si è liberato dalle cadute nella sensualità e perciò accede al sacerdozio, riconosci pure in lui uno che, per la sua superbia, va a finire sotto terra.

IL VERO SACERDOZIO

Nei fatti successivi la legge ci insegna che il sa­cerdozio è cosa divina, non umana. Mosè fa mette­re delle verghe davanti all’altare e incide su ciascu­na il nome delle rispettive tribù.

Una delle verghe, per intervento miracoloso, di­mostrò che era stato Dio a scegliere il Sommo Sa­cerdote. Le altre infatti rimasero quali erano ma quella del Sommo Sacerdote miracolosamente mise da sé radici e sbocciò in rami e frutti, non già per effetto di rugiada scesa dall’alto ma per una forza divina, che portò il frutto a maturazione. Messi da­vanti a questo portento, i sudditi appresero a vive­re in buon ordine.

Il frutto prodotto dalla verga di Aronne ci fa pensare ai caratteri che deve avere la vita del sacer­dote. Essa deve apparire austera, dura e scabra all’e­sterno ma possedere internamente, nel segreto e nell’oscurità, un cibo saporoso. Questo cibo viene portato alla luce quando ha raggiunto, col tempo, la maturazione e allora si rompe l’involucro legno­so che lo racchiude.

Se tu venissi a sapere di qualche sacerdote che conduce una vita agiata, usa profumi, ha una car­nagione rosea, come quella delle persone che vesto­no di lino e di porpora, ingrassa in continui ban­chetti, beve vino di qualità, si unge con unguenti fi­nissimi e si circonda di tutte le comodità care ai gaudenti, a buon diritto potrai ripetere nei suoi ri­guardi le parole del Vangelo: «Se guardo il frutto, non riconosco l’albero sacerdotale». Il frutto del sacerdozio è l’austerità, non la spensieratezza e il frutto dell’austerità non giunge a maturazione in virtù dell’umidità naturale del terreno. Le soddisfa­zioni del sacerdote dalla vita spensierata scorrono in lui come ruscelli, che un giorno tingeranno di ros­so il raccolto della sua vita.

LA STRADA REGALE

I sudditi di Mosè, liberi ormai dalla, superbia, passano in mezzo a popolazioni che vivono in ma­niera estranea alla loro. La legge li precede sulla via regale, senza far­li deviare né a destra né a sinistra.

Non è infatti infrequente che il viandante im­bocchi strade sbagliate. Come chi, percorrendo un sentiero che passi in mezzo a due precipizi sabbiosi, si trova nel perico­lo di uscire fuori dal mezzo e precipitare nel bara­tro se devia verso destra o verso sinistra, così la legge esige che si vada dietro a lei e non ci si spo­sti o a destra o a sinistra per non abbandonare la strada veramente stretta e angusta, di cui parla il Signore (Mt 4, 25).

Il comando della legge indica che la virtù deve es­sere concepita come un bene situato nel mezzo, per­ché il male deriva appunto o da un difetto o da un eccesso di virtù.

Così la timidità è mancanza di coraggio, mentre la tracotanza è un coraggio eccessivo. Nel mez­zo tra questi due difetti opposti sta la virtù. Lo stesso vale di tutte quelle altre virtù per mez­zo delle quali si attua il bene: esse stanno in mezzo tra due mali opposti.

La sapienza sta fra la scaltrezza e la semplicità. Se non è da lodare l’astuzia del serpente, neppure lo è la semplicità della colomba, quando queste qualità siano prese separatamente ma se le uniamo insieme, esse formano una forte virtù.

Chi è intemperante manca di saggezza ma chi e­sagera nella temperanza ha una coscienza malata, come dice l’Apostolo (1 Tm 4, 2). L’uno si abbando­na senza ritegno ai piaceri, l’altro disprezza il ma­trimonio quasi fosse un adulterio. La fusione di que­sti due estremi costituisce la saggezza. Tutto ciò che si oppone alla virtù è male e non interessa quelli che seguono la legge poiché, come dice il Signore, que­sto mondo è tutto posto nel maligno (1 Gv 5, 19).

Chi in questa vita percorre la strada della virtù, riuscirà sicuramente a portare a termine il suo viag­gio, se saprà mantenersi sulla strada regale che è la strada pulita della virtù e non devierà verso le strade informi del male, che s’aprono su ambedue i suoi lati.

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