Aleppo e Raqqa: la doppia verità dei media – di Giampaolo Rossi

di Giampaolo Rossi

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IL PUNTO DI NON RITORNO
Era più o meno un anno fa quando l’esercito siriano e l’aviazione russa lanciarono l’assalto definitivo per la liberazione di Aleppo da tre anni sottomessa al terrore jihadista dell’Isis.
La battaglia fu devastante, quartiere per quartiere, casa per casa. Il costo umano spaventoso e il prezzo di sangue che la popolazione dovette pagare, altissimo; come sempre accade quando la storia si muove lungo il crinale delle “guerre per la libertà”.La battaglia di Aleppo ha segnato le sorti di quella che l’Occidente chiama guerra “civile” siriana, ma che i siriani chiamano guerra di aggressione; ed è stato grazie a questa vittoria che le bande di tagliagole tafkire e i mercenari jihadisti (travestiti da ribelli) hanno iniziato quella ritirata che sta liberando la Siria dall’incubo del Califfato.

Eppure in quei giorni l’Occidente era preoccupato solo di una cosa: denunciare i bombardamenti russi con l’aggiunta di descrizioni di crudeltà commesse dall’esercito siriano.
Intellettuali, giornalisti e politici facevano a gara per dimostrare che Aleppo era la fine della civiltà per colpa di Assad e Putin.
Le canaglie islamiste che da tre anni tenevano sotto il giogo gli abitanti di una delle più libere città del Medio Oriente, sembravano le vittime.

BUGIE SU BUGIE SU BUGIE
Bernard Henry-Levy, il menestrello delle bombe umanitarie che da 30 anni benedice le guerre dell’Occidente, i massacri e le violazioni del Diritto sotto forma di civiltà democratica, regalava aulici articoli in cui, parlando dell’assedio di Aleppo, definiva Putin “piccolo zar volgare capo di uno Stato canaglia” e Assad “l’anima più abietta, nera e vigliacca tra quelle dei peggiori criminali della nostra epoca”.
Proprio lui, il consigliere di Sarkozy che inventò la balla dei Ribelli libici per legittimare l’aggressione Nato distruggendo una nazione chiave negli equilibri nordafricani e consentire il suo saccheggio economico e morale; lui che ha benedetto l’assalto alla Siria e prima quello alla Serbia (grazie al quale oggi i Balcani sono la centrale jihadista d’Europa).

Le tv americane non risparmiavano incredibili servizi in cui affermavano che 100 mila persone erano intrappolate nella “enclave ribelle” (così erano definiti i miliziani di Al Qaeda e Al Nusra) e che le truppe siriane facevano esecuzioni di massa; dimenticando che l’area sotto assedio era di 3 km quadrati, e che i soldati siriani sacrificavano la loro vita per liberare e soccorrere la popolazione aprendo corridoi umanitari mentre sui siti jihadisti si propagandavano video orribili e foto delle torture e decapitazioni di soldati siriani catturati dai “Ribelli”.

Obama minacciava nuove sanzioni contro la Russia se Putin non avesse fermato l’offensiva di Aleppo. In Germania e Gran Bretagna si promuovevano appelli per denunciare i russi di crimini di guerra.
I giornali italiani si distinguevano in Europa per una faziosità al limite dello sciacallaggio. Su tutti il Corriere della Sera dove si potevano leggere articoli sul “genocidio dei bambini di Aleppo” con l’immancabile foto dei Caschi Bianchi che Hollywood si stava preparando a consacrare come i nuovi eroi, o resoconti la cui disonestà intellettuale raggiungeva vette straordinarie: come questo della immancabile Rula Jebreal (versione femminile di Bernard Henry Levy) che paragonava Aleppo al Ruanda affermando che la strategia di Assad era “rilasciare gli jihadisti e perseguitare gli attivisti per la democrazia, torturarli e massacrarli”.

Bugie su bugie su bugie

L’Occidente su Aleppo costruì le sue migliori fake news per dimostrare all’opinione pubblica internazionale che i cattivi erano russi e siriani; o al massimo che tra loro e l’Isis non c’era differenza.
Una delle più famose fu la storia del piccolo Omran, trasformata in simbolo della spietatezza russa. Una costruzione emotiva straordinariamente filtrata da quella foto divenuta simbolo del dolore e di quella innocenza violata che ogni maledetta guerra porta con sé.
La vera storia della foto e del piccolo Omran l’abbiamo raccontata qui, nel silenzio dei media occidentali in una delle più vergognose manipolazioni tra le tante messe in atto dal mainstream occidentale.

Oggi Aleppo è libera, grazie a quel sacrificio di sangue, di dolore; e i suoi abitanti rimettono in piedi le rovine fisiche e spirituali di una guerra criminale che i siriani non hanno voluto; come in questa foto dove giovani cristiani e musulmani si apprestano ad assistere ad un concerto musicale nella cittadella; immagini di un ritorno alla vita e alla speranza che nessun media occidentale farà vedere.

SILENZIO SU RAQQA
Ora, in questi giorni, a Raqqa, capitale del Califfato Islamico, si sta consumando una battaglia del tutto simile a quella di Aleppo. Solo che qui, a bombardare le postazione jihadiste sono gli americani e a terra, l’avanzata è condotta da curdi e reparti speciali Usa. Anche qui è una battaglia casa per casa; anche qui i morti civili sono un numero esorbitante (lo racconta in questo bel reportage Marco Gombacci su Gli Occhi della Guerra).
Nelle ultime settimane le Nazioni Unite hanno contato 150 morti civili di 6 bombardamenti Usa.
Qualche giorno fa, Airwars ha stimato chenel mese di Agosto, l’offensiva americana ha causato almeno 430 morti civili in 72 bombardamenti della Coalizione.
Numeri “inaccettabili” secondo le Nazioni Unite che affermano che le forze d’attacco potrebbero “non rispettare i principi internazionali di prevenzione, distinzione e proporzionalità del diritto umanitario internazionale”.
Eppure di tutto questo non trovate traccia sul mainstream occidentale; nessun afflato emozionale, nessuna accusa di genocidio, barbarie, nessun Ruanda all’orizzonte.

Sia chiaro, non saremo certo noi ad accusare l’America di crimini perché siamo convinti che i vertici militari Usa e quelli politici stiano facendo di tutto per limitare le vittime civili, soccorrere la popolazione e alleviare le sofferenze dei civili, inevitabili quando hai a che fare con un nemico che non rispetta le regole umanitarie, né quelle di guerra, né quelle dell’onore; che si fa scudo dei civili e utilizza il terrore delle esecuzioni per piegare le resistenze di una popolazione ostile.
Ma questa verità che vale per Raqqa dove i bombardamenti sono americani (o a Mosul in Iraq dove la battaglia di liberazione della coalizione Usa ha prodotto 7.000 morti civili stimati da Amnesty) non valeva per Aleppo dove i bombardamenti erano russi: perché?

LA LIBERTÀ È VERITÀ
In una guerra ci sono crimini fisici e crimini morali: manipolare la verità da parte dei media, appartiene ai secondi. Se un aereo russo uccide un civile è un crimine di guerra, un orrore della disumanità; se un aereo americano o occidentale uccide 10 civili è un danno collaterale, un incidente di percorso nella lotta per la libertà.

Ma la libertà è strettamente connessa alla verità. E questo è ciò che ha rappresentato il tratto distintivo dell’Occidente, la sua carta d’identità da mostrare alla dogana della storia.
I media occidentali, da almeno due decenni, sembrano aver perso il senso di questa relazione: il naturale legame tra una verità da raccontare e la libertà da difendere. Questa perdita è il vero pericolo per la democrazia.

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Su Twitter: @GiampaoloRossi

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fonte: Il Giornale 

1 commento su “Aleppo e Raqqa: la doppia verità dei media – di Giampaolo Rossi”

  1. Ho ancora negli occhi il cancello dell’oratorio francescano di Aleppo, che non potei varcare col camper perchè il telaio superiore era troppo basso.
    Il frate che ci accolse disse, “poco male, parcheggiate qui a fianco” e alla mia faccia stupita e un po’ diffidente disse “ma cosa credete? questo è un quartiere di cristiani!”
    Era il 1994 eravamo in 60, un pullmann e due camper…e girammo tutta la Siria.

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