Martino Cervo racconta la fabbrica dei compagni di strada
di Piero Vassallo
Nelle pagine di un inedito saggio sull’età oscura, lo spaventato/allarmato professore Vinicio Catturelli sostiene che la gloriosa storia della cultura italiana giace oramai sotto le gramsciane natiche della cabarettista Luciana Littizzetto.
Intanto gli esterrefatti e sbigottiti spettatori dell’elevazione a dignità scientifica delle umilianti prestazioni televisive della Parietti, della De Filippi, del Benigni, del Saviano, del Santoro, dell’Augias, della Berlinguer, della Sereni, della Carfagna, della Idem ecc., si domandano quale potente/mirabolante macchina è riuscita nell’impresa magica di appiattire la nobile e invidiata tradizione italiana sulle morte foglie giacenti nell’uggioso cimitero del socialismo.
Il segreto della metamorfosi demenziale/servile della qualunque cultura è ora svelato da Martino Cervo, autore di un eccellente/affascinante saggio, “Willi Munzenberg il megafono di Stalin“, proposto dalla prestigiosa casa editrice Cantagalli in Siena.
Cervo narra con stile piacevole e coinvolgente la surreale e oscurata vicenda delle “tre tavolette“, che incantarono (e tuttora incantano) intellettuali famosi, starlette e borghesi sedicenti acculturati: la bontà proletaria, il fascismo ovunque in feroce agguato, il comunismo pudicamente nascosto (con il permesso di Lenin e di Stalin).
Nato in Germania nel 1889, Munzenberg fu affascinato dalla mitologia socialista poco più che adolescente ed iniziò un ambizioso percorso rivoluzionario/velleitario che nel 1916 culminò con il decisivo incontro con Lenin a Zurigo.
Promosso guida dei giovani comunisti d’Europa, Munzenberg cominciò a frequentare la patria dei soviet, imparando presto la pericolosità dell’ambiente moscovita. Per scongiurare il rischio Willi decise di coniugare ambizione e prudenza e di tenersi a debita distanza dall’apparato sanguinario.
Consapevole di possedere le doti dell’alto imbonitore, Munzenberg si dedicò all’attività nell’apparato parallelo, il club degli innocenti, costituito su disposizione di Lenin per drenare l’ambiente progressista e indirizzarlo a una inavvertita complicità con la macchina terrorista in sanguinaria azione nella Russia sovietica.
Per alimentare la macchina della propaganda intesa “a costruire il comunismo con mani non comuniste” fu costituita una società per azioni con capitale di un milione di dollari, coperto direttamente dal governo sovietico
Il trionfo fu procurato a Munzenberg nel 1921 dalla carestia, che “diede il colpo finale alla scellerata politica economica del comunismo di guerra e alla spinta autarchica imposta da Lenin“. Commenta Cervo: “La carestia che si trascina fino al 1923 è di fatto un prodotto politico più che naturale, per quanto non paragonabile negli effetti al disastro indescrivibile di quella degli anni ’30”.
Impotente e pavido davanti alla sciagura inarrestabile, Lenin si appella all’America capitalista, che risponde, in conformità con una decisione del presidente Herbert Hoover, inviando all’ex granaio d’Europa una ingenti quantità di frumento.
Se non che accettare l’aiuto del grande nemico capitalista è uno smacco, che Lenin intende minimizzare mediante l’esibizione di un soccorso proletario.
Il compito di attuare una tale finzione è affidato a Munzenberg, collaudato mistificatore, il quale organizza una macchina di solidarietà proletaria funzionante in quasi tutto il mondo.
Dietro il paravento della solidarietà verso gli affamati (dal comunismo!) Willi raccoglie adesioni di uomini illustri e illuminati, quale Albert Einstein, Thomas Mann, Sigmund Freud, Anatole France, Henri Barbusse, George Grosz, George Bernard Shaw.
Gli illuminati ignorano o fingono d’ignorare i crimini consumati nella Russia sovietica e comunque dichiarano di agire ispirati unicamente da ragioni squisitamente umanitarie.
Ebbe inizio e trionfò in Occidente l’arte dell’appello umanitario, forcipe degli utili idioti e culla dei compagni di strada.
Va da sé che gli aiuti al popolo russo raccolti dal club di Willi non fu nemmeno lontanamente paragonabile all’enorme quantitativo degli aiuti americani.
Lo sfavorevole confronto non impedisce a Munzenberg di scrivere un tracotante messaggio accusatorio, che recitava: “Il mondo capitalista non ha fatto praticamente nulla per le vittime della carestia. L’unica assistenza giunta dell’estero è stata quella del proletariato mondiale che ammirava l’Unione Sovietica”.
L’avvento di Stalin complica la vita a Munzenberg, che nel 1925 aveva commesso l’imprudenza di pubblicare articoli di Trotskij. Le prime crepe nel rapporto di Willi con Mosca si manifestarono durante la lotta comunista contro il partito nazista: istigati da Stalin i comunisti tedeschi attaccarono a testa bassa i socialisti e “rifiutano la collaborazione con le forze democratiche che, a detta di molti storici, avrebbero potuto contenere Hitler“.
Un ulteriore allontanamento da Mosca si attuò quando, contro l’opinione di Willi, Stalin ordinò il voto dei comunisti tedeschi a favore del referendum per la dissoluzione del Landiona prussiano, sostenuto da Hitler per abbattere l’ultima roccaforte socialdemocratica.
Munzenberg assecondò la decisione del dittatore georgiano mentre il suo profondo disagio gli procurava una violenta ulcera.
Lentamente il disagio si trasformò in dissenso. Il 30 gennaio del 1933, quando Hindenburg conferì a Hitler l’incarico di costituire il governo, Munzenberg confessò che i comunisti d’obbedienza staliniana gli sembravano “ballerini che non si sono accorti che è calato il sipario“.
Il 26 febbraio del 1933, grazie all’aiuto di Martin Buber, Willi e la sua compagna Babette fuggirono dalla Germania e chiesero asilo al governo francese.
Il canto del cigno di Willi fu la regìa (da Parigi) della difesa degli imputati dell’incendio del Reichstag, occasione di una geniale azione propagandistica, che mise in imbarazzo Joseph Goebbels.
Al proposito Cervo cita un articolo di Ugo Finetti: “la vera invenzione di Munzenberg, quella con cui il pupillo di Lenin concilia unità ed egemonia, ribalta il postulato bolscevico: non più il rivoluzionario contro il resto del mondo, ma il resto del mondo contro il fascista”. Quasi per magia, l’antifascismo diventò il tranquillo riparo degli intellettuali in marcia con Stalin.
L’epilogo della straordinaria avventura del comunismo dal volto umano si avvicinava tuttavia. Nel 1936 Willi si recò a Mosca per concordare la tattica della propaganda contro l’impresa italiana in Abissinia e contro l’azione di Francisco Franco.
Fu l’ultimo incontro con i sovietici, ché ormai Willi lavorava contro lo stalinismo. Il 10 marzo del 1939 l’inventore degli utili idioti annunciò pubblicamente le sue dimissioni dal partito comunista. Nel giugno del 1940 fu assassinato da agenti stalinisti. Gli sopravvissero gli utili idioti.