Diario dall’Irlanda. Pastorale nel carcere di Cloverhill, Dublino – di Domenico Rosa

di Domenico Rosa

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Quasi alla fine del mio noviziato, dal 7 al 22 giugno 2017, ho passato tre settimane nel carcere di Cloverhill, Dublino, per la pastorale. Un’esperienza forte e importante che tanto mi ha dato. All’inizio ho avuto sensazioni di angoscia, sentivo la sofferenza dei detenuti, il loro dolore, la loro disperazione.

Sbarre, porte blindate, guardie. Mi sembrava di essere in uno zoo umano. Soprattutto il primo giorno quando durante la visita in una delle tante sale di ricreazione sono stato circondato da nuvole di fumo, sigarette, voci e rumori vari che attraversavano la mia testa quasi spaccandomela. Credevo di impazzire. Non vedevo l’ora di tornare a casa.

Poi, lentamente ho iniziato a sentirmi a mio agio, vedevo i detenuti che avevano voglia di parlare con me, riponevano la loro fiducia in me. Ero, con i cappellani padre Sean, padre John e il mio confratello Jaime, il loro legame, il loro ponte con il mondo esterno. Hanno imparato immediatamente i nostri nomi e ogni giorno ci aspettavano. Uno di loro, Kevin (non è il nome vero) mi ha regalato una poesia. In questo periodo così particolare ho ricordato spesso le parole di San Tommaso d’Aquino: “Siamo tutti fratelli nella Creazione”. Non mi sono chiesto chi avevo davanti in questa specie di Purgatorio terreno, ho visto solo persone.

 

Di seguito narro uno spaccato di vita quotidiana in prigione.

Visitiamo per la terza volta l’ala D del carcere di Cloverhill di Dublino. Il braccio dove sono reclusi i carcerati con problemi psichici. Insieme a me ci sono il cappellano, padre Sean Duggan, e Jaime Rosique, confratello spagnolo Missionario del Sacro Cuore. Entriamo nella sala tv, il padre offre sigarette ai ragazzi, sembra che non vedessero l’ora di incontrarci.

Brendon (nome di fantasia), un ragazzone muscoloso di un metro e ottantacinque centimetri, mi guarda minaccioso e fa ruotare i pugni in segno di sfida. Gli rispondo sorridendo: “Sei troppo forte per me”. Sembra sorridere anche lui mentre aspira la sua sigaretta. Mi viene incontro Kevin, con i suoi innumerevoli fogli scritti a penna. Si ricorda di me. Mi chiede: “Sei italiano?”. “Sì”, rispondo. Lui: “Ho mio fratello a Bolzano, lavora nella sicurezza. Bella l’Italia”. Io: “Vero, anche Bolzano è molto bella. Ci sei mei stato?”. Kevin: “No, è vicino all’Austria”. Nel frattempo diversi ragazzi passano, camminano sospesi, con i loro volti che sanno di strada, gli occhi spenti, tristi, solo ogni tanto si ravvivano quando scambiano qualche parola con noi.

Dico a Kevin: “A Bolzano c’è il bassorilievo più grande d’Europa, lo ha costruito Mussolini, era anche un poeta. Tu scrivi molto?”. Risponde Kevin: “Sì, scrivo sempre. Scrivere è salutare. Guardo le persone e scrivo”. “Anche io – gli dico – scrivo tutti i giorni. Ho il mio diario. Suppongo che ti piaccia anche leggere”. Kevin: “Sì, mi piacciono gli autori di lingua inglese, irlandesi, inglesi americani”. Io: “Ti piace Allen Ginsberg?”. “Sì”, replica. Riprendo la parola: “Ha scritto lui ‘On the road’?”. Immediata arriva la risposta: “No, Kerouac”. “Ah sì, che scemo! Ho fatto confusione. Di americani conosco abbastanza bene Charles Bukowski. Lui diceva che la gente è lo spettacolo più divertente del mondo e non si paga il biglietto”. “Lo conosco anch’io – afferma Kevin. Poi cambia discorso. – La prossima volta che vieni mi porti la Bibbia?”. “Certo, con piacere. Hai mai scritto poesie?”. Kevin: “No, non ho tempo per le poesie”.

Mi viene da chiedergli: “Potresti scriverne una per me”. Kevin accetta di buon grado e mi invita a giocare a biliardino. Nel campo mette tutte e tre le palline. “In Brasile giocano così. Un amico brasiliano che era qui me l’ha insegnato”. “Bello”, dico. Dopo un po’ ci salutiamo. Con padre Sean e Jaime continuiamo il nostro giro di visite a Cloverhill. “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 36).

4 commenti su “Diario dall’Irlanda. Pastorale nel carcere di Cloverhill, Dublino – di Domenico Rosa”

  1. “Mi porti la Bibbia?”. Attraverso un atto di Carità, la lettura condivisa, il confronto delle idee, avviene il passaggio dal buio alla Luce : è Gesù che converte i cuori. Non di solo pane vive l’uomo. Grazie per la testimonianza.

  2. A cercare se stessi trovando l’altro
    a trovare se stessi cercando l’altro.
    Grazie Domenico di questa testimonianza
    Un abbraccio
    dall’ Alfanuova.
    Marco

  3. Nella sofferenza del carcerato e non nella sua colpa che deve in quel terribile luogo scontare, si capiscono le parole di Gesù: “Ero carcerato e mi avete visitato”. Per questo il racconto di questa esperienza è così toccante. Che il Signore tocchi i cuori di queste persone anche attraverso la cristiana presenza di chi le visita. Le Sue strade sono infatti inimmaginabili e infinite.

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