di Davide Greco
fonte: Corrispondenza Romana
C’è chi ha sperato andasse male, chi ha fatto di tutto perché non funzionasse. Qualcuno aveva anche cercato di tirare qualche stoccata contro, pochi giorni fa, cercando di isolare l’evento come composto solo da cattolici integralisti e neofascisti.
Invece la Marcia per la Vita è stata la festa di tutti. Una festa pacifica, un corteo allegro e intenso che si è snodato per le vie di Roma, al ritmo di canti e applausi. La Marcia è stata un giorno di pausa dalla cristianofobia.
Oltre 30.000 i partecipanti, almeno secondo conteggio approssimativo a poche ore dalla marcia. Ma quasi sicuramente erano molti di più, fitti fitti dal Colosseo fino a Castel Sant’Angelo, con tutti quei colori dal bianco delle magliette ufficiali dell’evento, al giallo, al blu, al rosso, come un arcobaleno di colori. Perché c’erano veramente tutti alla Marcia.
A dimostrare quanto sia importante la vita, tutte le vite, sin dalle origini. Un miracolo cellulare che quelli che difendono l’aborto non riescono a vedere.
Come ha sottolineato il sindaco Alemanno, partire dal Colosseo non è un caso, perché è lì che si manifesta contro la pena di morte. E allora, quale luogo migliore per iniziare la Marcia per la Vita?
Certo in molti non si aspettavano questa affluenza, probabilmente convinti di aver ricacciato all’angolo i cattolici e quello che pensano. Forse erano convinti che tematiche come quelle dell’aborto o dei più generici “principi non negoziabili” non siano più di moda, old fashioned, o di cattivo gusto. Molti pensavano che agli italiani, ormai, non interessi più difendere un feto o la vita contro l’aborto.
La Marcia per la Vita è una risposta a tutto questo e a chi pensa che ormai l’indifferenza ai valori sia la base minima su cui proporre altri nuovi stravolgimenti, dall’eutanasia al matrimonio omosessuale.
Qualcuno ha pensato bene di scrivere sui muri “All Catholic are bastard” o “La rivolta è vita, non la vostra Marcia” lungo il percorso del corteo, in modo che i manifestanti leggessero. Altre persone, a riproduzione continua, gridavano: “Libero arbitrio, libero arbitrio…”. Ma i più erano sorpresi nel vedere la folla serena sollevare cartelloni, cantare con i loro figli e dimostrare che non è vero che la famiglia è solo quella che i media vogliono presentare. Stanca, depressa, svogliata.
Ma c’è un dato incontrovertibile. Il conteggio più cauto dei partecipanti alla Marcia, rispetto a quelli del 2012, almeno raddoppia se non addirittura triplica. La Marcia cresce, crescono le adesioni e la volontà di non lasciar perdere un argomento così centrale come l’aborto. È importante che si continui a discuterne, anche e nonostante un referendum popolare, anche se ormai in molti credono che sia un discorso chiuso.
La lotta a favore della vita è anche a difesa dell’intera società, sottoposta a un’enorme e spaventosa crisi valoriale,” così Virginia Coda Nunziante nel discorso di ieri. Ed è proprio così. La posta in gioco è ben di più del destino di una singola legge. Smettere di parlarne vorrebbe dire non solo accettare l’aborto come prassi condivisa in modo acritico, ma permettere altre nuove definizioni, altre nuove manipolazioni.
Chi pensava alla disfatta cattolica sull’aborto, dovrà rendersi conto che gli interlocutori crescono e sono sempre di più.
A oltre trent’anni dalla legge 194, quel popolo non si arrende.