di Alessandro Corsini (*)
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È passata una settimana da quella splendida mattina del 3 giugno 2017 ma dentro di me, nato a pochi passi dalle vie che hanno fatto da scenario alla processione di riparazione pubblica, risuonano potenti più che mai gli echi di un atto così sublime che, nella sua rivoluzionaria autenticità, ha segnato in tutti i presenti e, ne sono certo, persino nei cuori impietriti degli assenti ingiustificati, uno spartiacque vitale per il proprio cammino di Fede e di sequela a Cristo.
Una testimonianza pubblica così radicalmente cattolica nella sua concezione, nella sua realizzazione e nella percezione di chi l’ha vissuta in prima persona, non può che suscitare nel profondo delle nostre anime, così violentate e spesso sopraffatte dalla marea dissolutoria in atto, la consapevolezza di ciò che siamo realmente: figli creati per dimorare nelle alte vette del Paradiso; chiunque abbia preso parte alla processione, nell’incedere lentamente sotto i caldi e paterni raggi di un luminosissimo sole, avrà sentito dentro di sé un profondo senso di comunione con la Chiesa Celeste, con i Santi che ci hanno preceduto vittoriosi in questa dura battaglia, con le anime del purgatorio, imploranti instancabilmente la misericordia del Padre; insieme a loro, in una liturgia intrisa di suppliche, preghiere ed invocazioni penitenziali, ognuno di noi ha innalzato la personale riparazione al Padre, come infinitesimale pegno per il blasfemo e immorale scandalo pubblico dell’orgoglio nauseabondo contro-natura che da lì a poche ore si sarebbe manifestato con tutta la sua insolenza davanti agli occhi incolpevoli di fanciulli indifesi, vittime preferite da sacrificare all’ideologia anticristica del gender, con il sostegno e la complicità delle istituzioni pubbliche e il silenzio connivente delle gerarchie della neo chiesa modernista post-conciliare.
Non striscioni, né schiamazzi, non inutili comizi, nessuno slogan di umana matrice, solo il tintinnio insistente del turibolo incensante profumo di alte vette dello spirito, accompagnato dalla composta ma solenne voce del gregge che inneggia al suo Pastore; questa è la colonna sonora del risveglio di un popolo: ebbene sì, il 3 giugno 2017 a Reggio Emilia, un’intera comunità di fedeli, provenienti da tutta Italia, per lo più sconosciuti l’uno all’altro, hanno ridato voce pubblicamente alla Chiesa di Cristo; un risveglio, dicevo, della dimensione soprannaturale insita in ogni cristiano, assopita troppo spesso dal vuoto del silenzio, dalle folli farneticazioni e dalla mancanza di fede di tanti pastori i quali, anziché custodire il prezioso dono della fede nel proprio gregge, non solo lo abbandonano indifeso allo scorrazzare dei lupi affamati, ma vestono loro stessi i panni di carnefici delle anime, allontanandole dalla Verità che sola può renderle veramente libere.
Va evidenziata l’amara e dolorosa situazione del clero reggiano, rintanato vilmente nelle mura vuote della propria autoreferenzialità mondana, senza più alcun trasporto verso la realtà soprannaturale che ci precede e ci sovrasta, incurante del grave dolore procurato dal peccato sodomitico all’Essenza stessa di Dio, il quale specchiò con infinita Sapienza la propria Immagine nell’amore tra uomo e donna uniti nel sacramento del matrimonio.
Senza alcun appoggio dalla chiesa gerarchica (che incomprensibilmente ha chiuso alla processione le porte di tutte le chiese del centro storico), né tantomeno dall’universo delle parrocchie diocesane (per la verità sempre più somiglianti a veri e propri circoli arci) o da fantomatici movimenti “cattolici” il cui nome richiamerebbe in maniera piuttosto esplicita una vocazione tesa alla difesa della famiglia naturale, noi semplici fedeli, con pochissimi mezzi a disposizione, grazie alla mano paterna della Provvidenza che ha illuminato i cuori di tante anime pie, siamo riusciti a demolire il muro apparentemente insormontabile della sudditanza cattolica al pensiero unico contemporaneo.
E questa forte collisione ha innescato, in modo inaspettato per chi vi scrive, reazioni sorprendenti nella folla di curiosi apparentemente disinteressati che ci circondava: dopo un’iniziale ed istintiva incredulità per ciò che stava accadendo davanti ai loro occhi, ahimè abituati a ben altre tipologie di manifestazioni, in diverse persone è riemerso spontaneamente, dai sotterranei di anime assuefatte e bloccate da catene di natura umana, il senso innato del sacro, la tensione verso ciò che è Alto, presente in tutti noi sin da neonati quando, in modo irrazionale, offriamo le nostre mani impotenti e incapaci alla cura dei nostri genitori; questo moto ascensionale delle anime, più forte di qualsiasi altra attrazione sensibile presente nel mondo, va rimesso in moto con la testimonianza pubblica, proprio come agli inizi dell’evangelizzazione, quando la testimonianza eroica del piccolo lievito dei 12 apostoli ha fermentato in tutte le famiglie, in tutte le comunità e in tutti i settori della vita quotidiana delle persone.
Non importa quanti fossimo, se 300 o 450, 500 o 600 persone, la nostra vittoria, la vittoria della Chiesa, è già presente nel vedere cristiani alle finestre che partecipano al Santo Rosario, negozianti fuoriuscire dalle proprie botteghe facendosi senza indugi il segno della Croce, suore e religiosi in “incognito” riunitisi all’ultimo alla processione in maniera discreta e furtiva dopo chissà quali discussioni con i loro superiori, bambini sulle spalle dei genitori con sguardi affascinati e catturati dalle figure di sacerdoti così devoti e dediti alla cura del gregge a loro affidato dal Signore.
“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”. (Mt 5: 13-15)
Essere sale per questa società così insipida, significa anche curarla e sanarla facendone bruciare le ferite aperte, provocarle dolore, perché solo tramite il dolore possa riconoscere il male profondo che la sta uccidendo, il mettere al centro l’uomo come divinità di se stesso, cancellando la Rivelazione. Ancor più forza, quindi, acquisisce una testimonianza pubblica di tipo penitenziale, la quale illumina gli uomini sul senso e sulla relazione principale su cui basare la nostra esistenza, cioè il rapporto con il Padre. Questa è la vera Carità, riportare le persone alla Verità del loro rapporto con Dio, rimettere al giusto posto gli attori di questa relazione fondamentale; tutto ciò sicuramente ci potrà causare da parte dei nemici di Cristo gravi conseguenze quali offese, calunnie, maldicenze e persecuzioni di ogni tipo; ma proprio come un innocuo torrente di montagna che, incontrando un ostacolo imponente, diventa sempre più vigoroso e forte fino a diventare un fiume, così noi cristiani dobbiamo fortificarci ai piedi della Croce e testimoniarla in prima persona per essere “luce del mondo”.
Un Grazie di cuore a tutte le piccole lucerne presenti a Reggio Emilia il 3 giugno e a chi vorrà attingere da questa splendida testimonianza cattolica per riaccendere altrove la fiamma ardente della vera Fede.
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(*) Comitato Beata Giovanna Scopelli
10 commenti su “Reggio Emilia, 3 giugno 2017. La forza della testimonianza – di Alessandro Corsini”
Oggi non si ripara più perché non si sa più cosa sia il peccato, specie quello GRAVE.
Bellissimo!
Che Dio vi benedica tutti.
Un’esperienza bellissima. Non conoscevo quasi nessuno dei partecipanti. Ma mi sono sentito parte di un popolo.
Come quando partecipo alla Marcia per la Vita o quando vado a pregare davanti alle cliniche dove uccidono i bambini con l’aborto.
E come quando partecipavo alle veglie delle Sentinelle in Piedi.
Trovo un po’ assurdo che molti prelati, forse troppi, siano disposti ad accogliere tutti, tranne però quelli che pregano come la Chiesa ci aveva sempre insegnato e per scopi conformi alla Dottrina.
Ma ormai sembra che pregare ed essere fedeli alla Dottrina sia la strada più sicura per essere dannati.
Spero almeno che il Padreterno non abbia cambiato idea anche Lui…
Anch’io il 3 giugno sono andato a RE, 500 km andata/ritorno.
Convinto di fare il mio dovere verso il Signore, sentii l’obbligo morale di appoggiare i 4 giovani cattolici, indubbiamente coraggiosi e di fede, che hanno promosso l’iniziativa. Ero ignaro che sarebbero intervenuti sacerdoti della FSSPX. Sarei andato ugualmente a RE, ma avrei pregato per conto mio. Questo perché, pur privo di specifici studi teologici, ma non completamente privo di razionalità, non posso pregare in comunione con sacerdoti che celebrano “una cum”. Non si può essere in comunione con Bergoglio, riconoscendolo implicitamente come occupante legittimo del seggio di Pietro, per poi criticarlo o affermare che non è cattolico come fanno questi sacerdoti. Domanda: i sacerdoti aderenti alla FSSPX celebrano “una cum”? Tutti, molti, alcuni, nessuno? Conosco solo il sacerdote FSSPX che, dopo uno scambio di idee, congedandosi mi disse … ma Bergoglio non è cattolico! Quanta confusione per i fedeli!
C’ero anche io a distanza con la preghiera e ci sarò sempre! Che Dio ci aiuti. Dobbiamo unirci in preghiera nei giorni di tutti gli eventi da scongiurare (vedi il giorno 15 contro l’iniquo Ius Soli…). Le nostre preghiere salgono tutte al Cielo unite con forza!!
Un grazie a chi, presente a Reggio Emilia, ha riportato a casa un raggio di quella Luce e ha provato con altri a costruire un piccolo ma visibile segno anche a Pavia!
Ho partecipato anch’io e l’unico rammarico è di non aver portato altri amici che mi hanno detto sarebbero venuti se li avessi avvertiti.
Un grazie di cuore a tutti quelli che hanno organizzato, partecipato e pregato per questa processione.
Una, cento, mille di queste processioni in tutta Italia!
Ho partecipato alla processione del 3 giugno pur non conoscendo nessun membro organizzatore del comitato ma solo spinto dalle
forti motivazioni. Il risultato è stato “molto buono”.
Per raggiungere la “perfezione” (Mt 5,48) in questi eventi sarebbe necessario che i cattolici si unissero, com’è avvenuto il 13/05 per la
consacrazione della diocesi di Reggio Emilia (di cui faccio parte) alla Madonna,
E’ necessario trovare tutte le strade per riunirsi, rincontrarsi, parlarsi, chiarirsi, lealmente e rispettosamente con Vescovo e sacerdoti diocesani. (1Cor 1,10).
Sia perchè la partecipazione sarebbe molto più numerosa, sia per la “potenza” che scaturirebbe da eventi di questo tipo.
E perchè la Chiesa è gerarchica e anche a Reggio Emilia il principale rappresentante della Chiesa è il Vescovo.
E anche per scongiurare il rischio di vedere tutto male da una parte e tutto bene dall’altra.
Come abbiamo pregato per le persone lgbt, così bisogna pregare per i Vescovi e sacerdoti, nostri superiori, affinchè siano buoni pastori in questo
tempo di lupi sciolti dalle catene.
Mario
La Preghiera è santa ; quando è sincera e conforme alla volontà di Dio “buca le nubi”. Alle profonde riflessioni, al sacrosanto invito del Sig. Mario, aggiungo una sola domanda : perché serrare le Chiese al passaggio della Processione? Com’è possibile chiudere la porta al Crocifisso?