con un’intervista ad Alain de Benoist…
di Léon Bertoletti
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Ah, “salamelecco”… Uno dei vocaboli più intriganti della lingua italiana! Forse il suo uso non è più frequente come un tempo, ma il significato di atto di ossequio, complimento affettato, lezioso, untuoso, eccessivamente cerimonioso e adulatorio rimane noto. Così come il senso dell’espressione “fare troppi, mille salamelecchi a qualcuno”. Secondo il Nuovo Zingarelli, esiste anche il verbo: “salameleccare”. Non si trova invece orma del probabile aggettivo: “salameleccoso”. Il termine ha una connotazione scherzosa, derivando dall’arabo Salàm’aleik (singolare) e Salàm’aleikum (plurale): forme tradizionali di saluto che volendo si possono anche tradurre “pace su di te” e “pace su di voi”. L’uso, tuttavia, ne ha ammorbidito il senso, ne ha allontanato il riferimento religioso o spirituale trasformandolo di fatto nientemeno che in un semplice “ciaone” alla Renzi.
Qualche nostro antenato buontempone e orecchiante, pare intorno al secolo XV, ascoltando e vedendo arabi che si incontravano e accoglievano in modo mellifluo e ossequiente, magari con una buona dose di falsità e ipocrisia, deve aver semplificato e coniato il termine. Gli esperti potranno chiarire meglio. Dettagli. Quisquilie. Il punto, qui, è un altro. “Salamelecco” ci sembra la parola adatta, migliore, per commentare due questioni. Innanzitutto le giornate egiziane di Francesco I. Ecco, senza idea alcuna di polemica, semplicemente con spirito etimologico e sguardo da cronisti, tutto quel bergogliesco distribuire Salàm’aleikum a destra e a manca, dicendo poco altro di profondo e portando apparentemente a casa, se non un completo fiasco diplomatico, sicuramente un bicchiere vuoto, nient’altro è stato, appunto, che salamelecco. Oltre che qualcosa di diametralmente opposto alla visita di quell’altro Francesco, il Santo di Assisi. Chi ha azzardato il paragone (e qualcuno, purtroppo, l’ha azzardato) dovrebbe se non altro ripassare la storia. L’altro aspetto sono le elezioni francesi, cioè il ballottaggio di domenica prossima tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. C’è in gioco ben più della presidenza: una visione, un’idea del mondo. Ma a leggere certi articoli e commenti, ad ascoltare certe corrispondenze, a seguire certi servizi televisivi, si riscontra tutto un prodursi in salamelecchi.
Per una lettura meno scontata e banale, meno all’insegna del luogo comune, abbiamo interpellato l’intellettuale francese Alain de Benoist. Giornalista, scrittore, filosofo, dirige le riviste “Nouvelle école” e “Krisis”.
Monsieur de Benoist, come valuta il risultato del primo turno elettorale? Davvero si è assistito alla sconfitta dei partiti tradizionali?
«Il fatto capitale di questa elezione, quello che gli conferisce un effettivo carattere storico, non è né il fenomeno Macron né la presenza di Marine Le Pen al secondo turno. È la disfatta totale dei due ex grandi partiti di governo, il PS e i Repubblicani. Per la prima volta da quando il capo dello Stato viene eletto a suffragio universale, nessuno dei due partiti che per quasi mezzo secolo hanno governato la Francia in alternanza sarà presente al secondo turno. In passato, questi due partiti non avevano mai rappresentato insieme meno del 45% dei suffragi (57% nel 2007, 55,8% nel 2012). Oggi rappresentano appena un quarto (Fillon 19%, Hamon 6%), meno di Sarkozy nel 2007 o di Hollande nel 2012. Entrambi si trovano in uno stato di macerie e vicini all’implosione. La loro decomposizione contrassegna la fine della Quinta Repubblica per come l’abbiamo conosciuta. Sono loro i grandi sconfitti dello scrutinio. I vecchi partiti governativi sono anche quelli che portavano alla tradizionale scissione destra-sinistra. Mettevano il cursore su un piano orizzontale, ma oggi gli elettori non vedono più molto bene quello che distingue la destra dalla sinistra. Così al vecchio asse orizzontale corrispondente alla separazione destra-sinistra, si è adesso sostituito un asse verticale tra chi sta in alto e chi sta in basso: il popolo contro l’élite, la gente contro i potenti».
I Francesi con quale spirito affronteranno, a suo parere, il ballottaggio?
«Le possibilità di Marine Le Pen di vincere il secondo turno appaiono a priori piuttosto deboli, dal momento che tutti i sondaggi la danno per sconfitta. I suoi principali oppositori, a cominciare da François Fillon, hanno del resto invitato a votare Macron. Ma rimane da capire se queste istruzioni saranno seguite: in queste circostanze, i travasi di voti non sono automatici. Marine Le Pen può sperare di raccogliere almeno un terzo dei voti di Fillon, più la metà di quelli di Dupont-Agnan, oltre che un 10 o 15% dei consensi di Mélenchon. Molti elettori rischiano inoltre di essere tentati dall’astensione, e questo potrebbe essere favorevole. A mio giudizio, il risultato finale sarà abbastanza serrato e niente si può escludere».
Che opinione si è fatto della figura, della personalità, del ruolo politico, del programma di Emmanuel Macron?
«Emmanuel Macron è un giovane ambizioso, dal programma confuso, che è stato interamente “fabbricato” dai media. Di fronte alla spinta del populismo, si sforza di riunire tutte le forze di destra e di sinistra acquisite all’ideologia dominante. È una specie di algoritmo, una figura di sintesi, un miliardario sostenuto dalle banche. È il candidato della Casta, il candidato dei dominanti e dei potenti. È un liberal-libertario che concepisce la Francia come una “start-up” e non sogna altro che l’abolizione delle frontiere e dei limiti, delle storie e delle appartenenze. È l’uomo della mondializzazione, l’uomo dei flussi migratori, l’uomo della precarietà universale. Il capo dei “progressisti” di fronte a chi non crede più al progresso perché ha constatato che non migliora, ma al contrario scurisce l’ordinario quotidiano. In passato, la comunità imprenditoriale sosteneva il candidato che stimava più adatto a difendere i propri interessi (Alain Juppé a inizio campagna). Questa volta, ha giudicato più semplice presentare uno dei suoi. Si chiama Emmanuel Macron».
E che giudizio ha, invece, su Marine Le Pen?
«Da quando ha preso il controllo del Front National, Marine Le Pen ha dato una forte flessione alla linea generale. Ha adottato un programma economico e sociale “di sinistra” e afferma oggi di parlare “in nome del popolo”, elemento che la avvicina a Jean-Luc Mélenchon. La sua campagna per il primo turno è stata piuttosto irregolare: ha mancato di lirismo e di emozione, secondo me. Detto questo, con il 21,4% dei consensi (contro il 17,9% del 2012) ha segnato seriamente dei punti, non soltanto perché è passata al secondo turno, ma perché raccoglie ormai quasi otto milioni di suffragi (il doppio di suo padre nel 2002), contro solamente sei milioni alle ultime elezioni regionali. Più importante, ha surclassato il PS e i Repubblicani, dato che pone il FN come principale forza di opposizione di fronte alla futura coalizione “progressista” di Macron».
Condivide l’analisi di chi sostiene che lo scontro Macron-Le Pen è quello tra “riformismo” e “populismo”?
«Mi pare un po’ riduttivo, perché il “riformismo” in sé non vuol dire grandi cose (tutti gli uomini politici propongono delle “riforme”). La contrapposizione che mi sembra più significativa è quella che indicavo prima, tra il popolo e le élites, cioè per dire anche tra la “Francia periferica” (il mondo rurale e le regioni peri-urbane) e le grandi metropoli globalizzate. Marine Le Pen è molto chiaramente la candidata delle classi inferiori, Macron il candidato dei quadri superiori e delle borghesia integrata. È questo che conferisce allo scrutinio del secondo turno un incontestabile carattere di lotta di classe. L’unica possibilità che ha Marine Le Pen di vincerla sarà di far comprendere alla maggioranza dei Francesi che il secondo turno non sarà un voto a favore o contro il Front National, ma un referendum pro o contro la globalizzazione. Dovrebbe anche essere capace di convincere in via prioritaria gli elettori di sinistra che sarebbe perlomeno incoerente con la loro parte portare i loro suffragi all’uomo della riduzione delle conquiste sociali e dello smantellamento dei servizi pubblici, della dittatura degli azionisti e dell’onnipotenza dei mercati finanziari, al portavoce del Capitale per cui la politica niente altro è che uno strumento da mettere al servizio degli interessi privati».
10 commenti su “Salamelecchi d’Egitto e di Francia – di Léon Bertoletti”
Vi sarei grata se entro domani chiariste questa frase: ““Spero non verremo a sapere che lei ha un conto offshore alle Bahamas”,” presa dal Fatto Quotidiano. Bisognerebbe sapere com’è nell’originale. I pochi giornali italiani che ho controllato o raccontano di una notizia falsa o usano il congiuntivo:”Spero che nelle prossime settimane non si scopra…”Il Sole 24.
Letta in questi due modi non è una notizia è, a mio parere, un desiderio, un augurio. Grazie. Stanno montando un caso di notizia falsa quando mi sembra essere un caso sintassi dimenticata…
PS Sto parlando del confronto di ieri sera tra Marine Le Pen ed Emnanuel Macron
Non so chi ha definito queste elezioni francesi, le elezioni edipiche. Perchè Marine Le Pen ha fatto fuori il padre, Emmanuel Macron dorme con sua madre.
in queste prossime elezioni francesi, non ci vedo nulla di buono! ma proprio nulla…
Non mi piace nè il maschio( si fa per dire) nè quella psedo-donna di Le Pen,son ambedue anti ristiani…quindi si partemale molto Male( laM qua è maiuscoa per indicare il loto fraterno socio,Satana).
Marine ha detto che i presidi scrivono lettere agli allievi dei loro istituti di non votare per lei. Ormai siamo alla dittatura
Per Irina: la frase originale e’ :”J’espère que l’on apprendra pas que vous ecc”: spero che non si verra’ a sapere che lei ha eccetera. In realta’ circolavano gia’ dei rumori su internet relativi al possesso da parte di Macron di una societa’ basata in un’isola dei Caraibi, con tanto di documenti (falsi, pare) che dovrebbero dimostrarlo. La Le Pen non ha fatto altro che farlo sapere a tutta la Francia…
Grazie. Non riuscivo a capire se la reazione di Macron si basasse solo su come Marine Le Pen si era espressa.Infatti come ho scritto, le parole di Marine Le Pen non erano un’accusa nè esplicita, nè implicita. Costruire, su questa espressione, una denuncia mi era parso pretestuoso. E lo è, perchè lei si augura che non accada che si venga a sapere. Nei fatti, capisco invece, che molti già sapessero. Sanno. Tutti. Grazie ancora.
la Francia, ex nazione primogenita, ex patria del santo Re Luigi e di
Santa Giovanna d’Arco, è da tempo entrata nella fase gastronomica,
“felicemente” rappresentata da maccheron e dalle penne (all’arrabbiata)
Non concordo con l’illustre de Benoist quando afferma:
«Per la prima volta da quando il capo dello Stato viene eletto a suffragio universale, nessuno dei due partiti che per quasi mezzo secolo hanno governato la Francia in alternanza sarà presente al secondo turno».
In realtà Macron rappresenta le due siffatte aberrazioni politiche da sempre serve dell’Alta Finanza al pari di popolari (democristiani), comunisti e liberali.
Il “fenomeno” Macron è alquanto “misterioso” oltre che politicamente mostruoso in quanto dal nulla è riuscito a calamitare dei consensi. Come? Non essendo miliardario, non avuto la possibilità di fondare un partito. Certo è alquanto benestante al pari dei tanti e sinistri “giovani” dei centri sociali (francesi o italiani che siano non ha importanza) figli di papà che si erigono a guardie rosse dell’attuale sistema dominato dall’Alta Finanza. Il “fenomeno” Macron non essendo nato dal basso, è stato costruito in pochi giorni dai poteri forti i quali hanno cambiato cavallo (Fillon) “investendo” su di un omettino insignificante che asseconderà…
Il “fenomeno” Macron non essendo nato dal basso, è stato costruito in pochi giorni dai Poteri Forti i quali hanno cambiato cavallo (Fillon) “investendo” su di un omettino insignificante che asseconderà, al pari degli altri burattini che “governano” in europa, i progetti dell’euro-totalitarismo ammazzapopoli.
La vicenda francese insegna quanto segue:
– l’Alta Finanza telecomanda istituzioni ed i partiti: socialisti, popolari, liberali, conservatori, comunisti, ecc;
– i cosiddetti centri sociali che hanno contestato e provocato incidenti contro Marine Le Pen (in Italia lo fanno principalmente contro Salvini) non protestando contro Macron, di fatto si sono eretti a guardie rosse delle banche, dell’Alta Finanza, poteri forti occulti e non;
– le classi disagiate non votano più sinistre ed estreme sinistre alleate al grande capitale bensì la destra nazionale, sociale e popolare quando ha un progetto credibile ed è radicata nel Popolo. …(continua)
Per concludere:
nella impari lotta che sta affrontando Eroicamente, la figlia del Popolo, Marine Le Pen, ha contro di sé:
Alta Finanza, Poteri Forti occulti e non; grandi banche e grande stampa; socialisti, popolari, comunisti, ultrà-liberali, conservatori, cattocomunisti, musulmani e, udite udite, le guardie rosse dell’euro-totalitarismo ammazzapopoli ossia i “giovani” dei centri sociali figli di papà. Oggi si è anche aggiunta – ma non è una sorpresa – Greenpeace!
Il guaio è che la maggioranza dei francesi è figlia ancora della rivoluzione e non di Santa Giovanna d’Arco.