di Patrizia Fermani
Papa Francesco, ora che molti sembrano assillati dalla urgenza di mostrarsi al passo con un preteso nuovo corso, viene usato per la creazione di miti fasulli quanto grotteschi.
Leggo sull’Osservatore Romano del 20 marzo che alla Messa di inaugurazione del pontificato, in prima fila c’erano “i poveri”, cioè – dice estasiato l’articolista – persone indigenti vicine al Papa, che “non indossavano gli abiti della domenica, ma quelli di tutti i giorni nell’ordinarietà della loro esperienza di vita”. Così, fra questi, il “cartonero” venuto da Buenos Aires, vestito con la tuta blu e verde che utilizza per raccogliere i rifiuti riciclabili.
Mia madre, casalinga come la maggior parte delle donne di allora, usciva con mio padre e noi figli, quasi solo per la Messa domenicale che veniva celebrata in Duomo, e tutti avevamo sempre il nostro vestito migliore. Di quegli anni poche cose ricordo perché ero molto piccola, ma ho ancora chiarissima in mente l’attenzione comune per un decoro sentito come necessario omaggio alla bellezza del Mistero e della sua liturgia e come edificante per tutti. Ricordo anche il vestito che mio padre si fece confezionare per la mia Prima Comunione e che, custodito gelosamente, dopo tanti anni è stato proprio quello con cui egli è stato sepolto.
Ma forse l’articolista dell’Osservatore non ha avuto la fortuna di conservare certi ricordi e non ne comprenderebbe il significato. La festa cristiana ha scandito per secoli la vita degli individui, delle famiglie, dalle nazioni, connessa sempre all’idea del meglio e del bello. La superiorità della creatura umana, voluta da Dio, si esprime anche nella sua tensione verso la bellezza di cui si nutre e arricchisce in modo sempre nuovo. La desolazione morale e spirituale del nostro tempo è ben rappresentata proprio dalla perdita della bellezza.
E’ difficile immaginare quale sia stato il valore aggiunto guadagnato dal “cartonero” e dagli altri per avere assistito ad una cerimonia così importante col vestito da lavoro di tutti i giorni. Ma certo un uomo è stato imprigionato senza scampo dentro il paradigma retorico della sua tuta blu e verde. E non è detto che tanto obbligato disprezzo per certi valori simbolici, così spesso anche emotivamente significativi, non sia una forma di materialismo più mortificante di altre.