di Piero Vassallo
Interprete urlante del Godot di Samuel Beckett, Beppe Grillo irrompe sulla scena politica italiana per proporre l’infelice rimedio attuato a suo tempo dai giacobini: l’abbattimento della classe politica.
Ai grillini e ai sciolti amanti della pulizia radicale non è inutile rammentare che il giacobinismo iniziò il suo inglorioso ciclo predicando l’arcadica purezza e l’innocenta degli arcaici costumi. Nei giardini di Versailles l’infelice regina Maria Antonietta metteva in scena pecore, pastori e pastorelle a significare la dolcezza dell’umanità precivile predicata da Jean Jacques Rousseau.
In seguito l’arcadia si rovesciò nelle purificazioni sanguinarie. Il ciclo si concluse col massacro bestiale della regina/pastora e delle carmelitane di Compiègne. Gli italiani conobbero la delizia giacobina allorché un esercito di cleptomani,avanzanti sotto il vessillo della fellonia, procurò la morte violenta a centomila refrattari.
Occorre rammentare che il qualunque progetto di decapitazione di una classe politica dovrebbe passare per la cruna di un memorabile detto di Gustave Flaubert: “Madame Bovary sono io“. Il suddito cosciente dovrebbe riconoscersi nel potere sovrano.
Il giacobino aggiornato, invece, dimentica che, specialmente in regime democratico, la classe politica ha l’identità del popolo.
Se Grillo avesse l’intelligenza di Flaubert e non quella di un Robespierre in sedicesimo, anziché annunciare la rivolta urlante e confusionaria, direbbe: “Bersani sono io, Vendola sono io, il malgoverno sono io ecc.”.
Purtroppo Grillo crede di rappresentare l’avanzante giustizia riformatrice, ossia un’astratta figura allegorica, messa in scena da lanciatori di sassi no-tav.
Per fortuna l’urlato comizio di Grillo (al momento) assomiglia alla trucida/travolgente orazione di Robespierre come il fruscio d’una mal trattenuta flatulenza assomiglia all’urlo sovra umano del mitico Tarzàn.
L’ottimismo intorno alla pochezza del grillismo deve essere tuttavia moderato dalla lettura di un adulante/possibilista articolo pubblicato dal cauto Galli della Loggia nel Corriere della Sera.
La strizzata d’occhio al grillismo lanciata da Galli della Loggia lascia intendere che l’oligarchia, del cui pensiero è ossequioso interprete il giornalone milanese, è tentata di scommettere sulla rivoluzione a cinque stelle.
Andato in avanscoperta, lo smacchiatore Bersani ha ricevuto un ceffone da Grillo. Tuttavia l’unione della sinistra dolce con l’amaro grillismo non è impossibile. Almeno nei sogni degli illuminati.
La devozione al giacobinismo circola nel sangue dei sapienti, radunati nel salotto buono. E impedisce di riconoscere l’ovvia parentela degli eletti con il laicismo in devastante circolazione fra gli elettori.
Un popolo appiattito sul pensiero porno/libertario predicato dagli iniziati non può non riconoscersi in una classe dirigente viziosa, ladra e supponente fino al delirio chiacchierante in televisione.
In altre parole: i vizi di pensiero e di azione praticati da politici, che sono sono lo specchiato ingrandimento dei vizietti di un popolo allontanato dalla vera religione.
Ad esempio gli ex-militanti nella defunta destra (e fra loro lo scrivente) dovrebbero recitare umilmente il mea culpa e ammettere onestamente: “Fini sono io, Gasparri sono io, La Russa sono io, Crosetto & Meloni sono doppiamente io”.
L’uscita dal circolo vizioso e malinconico a destra, pertanto, contempla la coraggiosa rinuncia alla chimera bovarista recitante “la destra sono io” o sognante la mistica unione di tutti i La Russa in corsa senza guinzaglio verso il nulla.
Di qui potrebbe avere finalmente inizio un’attività culturale separata dalla chimera destra e perciò capace di contribuire efficacemente all’arduo progetto di restaurazione morale (cattolica) della patria italiana.
Al proposito non è inutile rammentare che un santo umanista, Bernardino da Siena, fu l’inventore del capitalismo dal volto umano e di un progresso della nazione di segno opposto al delirio progressista.
Un’efficace e seria attività politica, infatti, deve iniziare dall’affermazione della cultura di riferimento e la tradizione bernardiniana possiede le qualità richieste.
Ad ogni modo è bene rammentare che la destra politica si è estinta nel triangolo a-culturale disegnato e attuato da Almirante-Plebe-Fini.
A questo punto non rimane che attendere che i vescovi italiani rompano il silenzio e, archiviata l’umiliante incursione a Todi, dichiarino l’intenzione di abbandonare la vana teologia progressista, per consacrarsi unicamente all’evangelizzazione.
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