Negli ospedali c’è un drastico e costante calo delle richieste di estrema unzione. Gli stessi ospedali in cui le norme della Regione Lombardia consentono ora l’ingresso di cani, gatti e conigli. È solo la banalissima conseguenza dell’accurato lavoro con cui il principe di questo mondo si applica alla dannazione degli uomini. Questa è la causa remota e ben conosciuta. Ciò che davvero inquieta è la causa prossima e per nulla scontata: l’indifferenza per i sacramenti indotta nei fedeli dall’incuria di chi li deve, o dovrebbe, amministrare.
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Ogni settimana Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti possono scrivere, indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni settimana sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
PD
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Venerdì 10 febbraio 2017
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Gentilissimo Alessandro Gnocchi,
mi scuso se le sottopongo un argomento forse insignificante rispetto agli argomenti di cui si è parlato in queste settimane, ma ci provo lo stesso. Qualche giorno fa mi ha colpito il fatto che la regione Lombardia ha approvato una norma per l’ingresso di cani e gatti negli ospedali. Non so come esprimere il fastidio che mi dà questa cosa, ma mi pare che dia l’idea di dove siamo arrivati. Lei cosa ne pensa?
La ringrazio per l’attenzione,
Anna Manconi
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la questione che lei pone, partendo da un fatto piccolo piccolo, è tutt’altro che irrilevante. Ci avevo messo sopra gli occhi una decina di giorni fa e ora ne parlo volentieri perché è un inquietante segno degli inquietanti tempi in cui viviamo.
A beneficio degli altri lettori, la notizia è presto detta. La Commissione Sanità e Politiche Sociali della Regione Lombardia ha dato il via libera al “Regolamento in materia di animali d’affezione” presentato dal consigliere Lara Magoni. Fine della cronaca.
Sfogliando i giornali, non ci avrei fatto troppo caso se non mi avesse colpito il nome del relatore che, da vecchio appassionato di sci, seguivo una ventina d’anni fa per le sue performance sportive. Memore di quegli anni, ho letto tutto con attenzione scoprendo che la signora Magoni spiega come nel “Regolamento” si trovi “ultima, ma non certo per importanza, l’introduzione della possibilità di accesso di cani, gatti e conigli negli ospedali e nelle case di riposo, secondo le condizioni di sicurezza stabilite dalle strutture sanitarie o sociosanitarie, rispettando i requisiti minimi riportati dal Regolamento”.
Ce la si potrebbe cavare con un’alzata di spalle catalogando la vicenda sotto la dicitura “piccole follie quotidiane”. Invece lei non l’ha fatto, cara Anna, per quel senso di inquietudine di cui parla nella sua lettera. E non l’ho fatto neppure io perché, dopo aver letto la notizia, ho subito ripensato a quanto mi diceva qualche mese fa frate un cappuccino che presta il suo servizio come cappellano in ospedale. “Negli ultimi tempi” confidava questo religioso “si è visto un drastico e costante calo delle richieste di estrema unzione. Eppure la gente continua a morire. Passo per le camere, entro, chiedo se qualcuno vuole confessarsi o anche solo pregare e loro dicono quasi sempre di no. Oggi no padre, mi dicono, senza pensare se ci sarà un domani, e spesso si tratta di anziani. Non parliamo poi del vero e proprio terrore per l’olio santo. Non lo vogliono i malati perché si spaventano, e non lo vogliono i parenti perché temono di spaventare i malati”.
Ecco perché, cara Anna, negli ospedali ora entrano cani, gatti e conigli, gli “animali d’affezione”. Una volta rifiutato il ministro di Dio con i sacramenti, arriva il ministro dell’Uomo con i suoi Migliori Amici. Bisogna pur riempire il vuoto che, inesorabilmente, si produce nella vita di un malato privato dello sguardo verso il cielo.
Gli unici sacerdoti ben accetti sono quelli che si guardano bene di parlare di Dio. Arrivano, fanno gli amiconi, chiacchierano di calcio, del Festival di Sanremo, magari fanno anche qualche battuta sulla politica e se ne vanno. “Com’è simpatico”, commentano di solito malati e parenti, che non hanno altro orizzonte se non quello della glicemia, dell’uricemia, della gastroscopia o della chemioterapia. Certo che è simpatico, non potrebbe essere altrimenti con quel materialistico “ricordati che devi guarire” invece del cristiano “ricordati che devi morire”. Addirittura innocuo.
Ma io li capisco bene i malati e i parenti che si spaventano trovandosi davanti un cappellano come il mio amico cappuccino. Con la testa rasata, la barba lunga e incolta, lo zucchetto, il saio marrone e il rosario in mano, sembra disegnato apposta per rammentare tanto ai pazienti ammalti quanto ai parenti sani che il momento della fine arriva per tutti e ha un nome preciso, inequivocabile e ineludibile: morte. E poi, dopo la morte, fa intuire qualcosa di ancora più tremendo: il giudizio. Purgatorio, Inferno o Paradiso, parole troppo grandi per anime troppo ristrette.
In questo periodo frequento con una certa assiduità gli ospedali, un po’ per questioni mie e un po’ per questioni altrui. In fila per un esame, in corsia, di fianco al letto di un malato, mi viene naturale tenere il rosario in mano, perché io ho paura della morte, cara Anna, per me e per le persone a cui voglio bene. Ma ho ancora più timore del giudizio e rimango incantato davanti alla triade Purgatorio, Inferno, Paradiso. Ma mi rendo conto di sembrare un tipo bizzarro. Ormai anche le suore sfrecciano spedite fra corridoi e corsie pensando ad altro, chi sarà mai questo tizio che infilza le Ave Maria?
Poco dopo Capodanno, con mia moglie, ho assistito suo zio in agonia. Negli ultimi istanti c’eravamo noi due, il nostro amico cappuccino e un medico rianimatore che si è tolto i guanti e la mascherina e ha pregato con noi. Attorno erano state tirate delle tendine per avere un minimo di decoro. Oltre le tendine, si percepiva il vuoto quasi meccanico di chi pensa giustamente a guarire, ma solo a quello. E non immagina che il soffrire di quel momento dà magari più frutto di tutto quanto si è fatto nella vita intera. E non pensa che per ben guarire, bisogna pensare al ben morire.
Ma questo è ancora nulla, cara Anna. È solo la banalissima conseguenza dell’accurato lavoro con cui il principe di questo mondo si applica alla dannazione degli uomini. Potremmo definirlo l’effetto visibile di una causa remota e ben conosciuta. Ciò che davvero inquieta è la causa prossima e per nulla scontata: l’indifferenza per i sacramenti indotta nei fedeli dall’incuria di chi li deve, o dovrebbe, amministrare.
Questa è l’opera della neochiesa, che è per sua natura una chiesa a-sacramentale. Dedita al culto dell’Uomo che salva se stesso, questa neoplasia dello spirito deve chiudere le vie attraverso cui la Grazia di Dio giunge alle creature. Ma, siccome non può ancora manifestarsi per ciò che è veramente, ottiene il suo scopo inducendo indifferenza e incuria per i sacramenti.
I primi a essere colpiti vigliaccamente da tale azione sono i più deboli, i malati posti davanti alla morte senza la difesa spirituale a cui avrebbero diritto. Tutte anime lasciate in balia del demonio nel momento cruciale in cui si decide il loro destino eterno.
Cara Anna, capisce perché la inquietava tanto quella notizia che poteva apparire solo bizzarra? Dietro il velo della cronaca, probabilmente, ha intuito il grande ospedale da campo profetato da Bergoglio. Una gioiosa macchina per la perdizione delle anime in cui non c’è peccato e dunque non servono i sacramenti. La neochiesa, appunto.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
54 commenti su ““FUORI MODA” – la posta di Alessandro Gnocchi”
Dr. Gnocchi, grazie per questa sua splendida riflessione…
purtroppo viviamo in un tempo in cui ciò che importa è il giudizio del mondo;
ah! sciagurati se solo capirebbero che tutto passa,e che questa vita ci è stata donata per arrivare a Cristo e la morte per incontrarLo, si piegherebbero come giunchi al vento dinnanzi all’ultima ostia per poter morire in grazia di Dio.
agghiacciante, come la realtà che stiamo vivendo. Grazie dr. Gnocchi, grazie Anna
Ricoverato in reparto neurochirugia – applicazione di viti e barretta di titanio a una vertebra ballerina – vidi entrare in camera un tizio, penso sessantenne, sorridente e chiacchierino, jeans e camicia “canadese”, che mi fu detto essere un sacerdote. Fatto dialogo con gli altri ricoverati, mentre stava per uscire gli chiesi se poteva confessarmi e amministrami l’Eucaristia. Rispose: “Ma certamente, a domani”. Uscito non l’ho più visto per tutto il tempo della degenza, una settimana. E sì che, in quel reparto io rappresentavo il caso più leggero stante la massiccia presenza di tumori cerebrali, parèsi, ernie cervicali. In totale dieci giorni senza Sacramenti. Il ragguaglio di Alessandro sullo smarrito senso escatologico ci mostra un clero, un Magistero, una CEI trasformati in istituzioni di servizio sociale/ricreativo seguaci del “mens sana in corpore sano” ignorando che il pagano Giovenale scrisse ben diversamente il detto quando affermò che “orandum est ut sit mensa sana in corpore sano” (Sat. 10,356): la preghiera come condizione prima per essere sani nel corpo e…
Per me i preti dovrebbero essere tutti come don Camillo e non travestiti da teenagers o mandriani del West.Tonaca e cappello neri!per forza poi perdono la confidenza e la dignità!
Difficile dissentire
Concordo. Uscendo dalla malattia, aggiungo: che ne è della Confessione ? Fuori della Messa festiva, trovare in parrocchia un prete che confessa è un lusso raro. Durante la Messa festiva, le percentuali di presenza si alzano appena un pochino sopra il 50%, ma in generale il prete se ne sta lì pochi minuti e poche confessioni poi scappa via, e al momento della Comunione si avviano tutti senza eccezioni (nessun bisogno di interpretare Amoris Letizia [sic! latino opzionale], abbiamo le interpretazioni fai da te).
Poi succede che ci siano matrimoni (pochi) e funerali (di più) in cui entrano eccezionalmente in chiesa anche non abitualmente praticanti: vi è mai capitato di sentir dire durante il matrimonio o il funerale che nei confessionali ci sono sacerdoti a disposizione per le confessioni ? A me non è mai capitato.
Ogni volta ( e sta accadendo sempre più spesso) mi ritrovo a parlare con persone che scoprono di avere qualche tumore, gli cito ad esempio cosa ho fatto io per prima cosa quando ho saputo di averlo: andare dal parroco e chiedergli l’unzione degli infermi. Nessuno ci pensa e mi guardano strano, forse perché gli faccio toccare il pensiero della morte. Cerco di invogliarli spiegandogli che ” questa cosa” è un diritto di noi battezzati e dobbiamo richiederlo alla Chiesa. Con l’olio santo una volta si poteva anche guarire, ora invece non più perché i nostri sacerdoti non credono più nei miracoli, ma almeno – per un credente – è un conforto nei momenti più pesanti della malattia e un rimettersi alla volontà del Padre. Cordiali saluti
Spero con tutto il cuore che quando sarà il momento possa io ottenere la grazia di confessarmi e ricevere i sacramenti. A chi recita le orazioni di Santa Brigida, cosa che io faccio ormai da quasi undici anni, il Signore ha promesso che conoscendo un mese prima la sua morte imminente, morirà in grazia di Dio e perciò, credo, col soccorso di questi conforti. Potessi meritarlo, perché, a dire la verità, non sono tanto sicura di pregare con la dovuta attenzione e devozione. Mi ritengo molto fragile in questo e così che non posso fare a meno di invocare: “Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore.” Credo siano efficaci anche queste giaculatorie:
Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia – Gesù, Giuseppe e Maria assistetemi ora e nell’ultima agonia – Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace tra voi l’anima mia-
E anche: Giuseppe di Maria Sposo diletto, alla mia morte il Vostro aiuto aspetto – San Giuseppe Santo Sposo di Maria siate sempre in mia compagnia.
Anch’io come lei Tonietta, le Orazioni di S. Brigida da anni. Senonchè un brutto giorno leggo un’ articolo che mi ha sconvolto: http://www.annalisacolzi.it/quando-la-preghiera-diventa-superstizione/. Dopo l’amarezza e lo smarrimento iniziali (scritto anche alle suore brigidine, la cui risposta è stata deludente) ho deciso di continuare le mie Orazioni, confidando in Dio piuttosto che nell’uomo. Lui saprà vedere la nostra buona fede e il nostro accorato desiderio di salvezza. Anch’io dico spesso la preghiera del Pellegrino russo: Signore Gesù Cristo figlio di Dio abbi pietà di me peccatore! Credo che siamo più tanti di quanti non si creda a recitare le Orazioni!
La storia del “contratto con Dio”, cara Rita (“Io Ti do questo e Tu mi dai quello”), è un cavallo di battaglia del Protestantesimo. Non intendo dire che questa “scrittrice” A.Colzi sia una propagandista protestante, ma che l’impostazione è quella. La zona -Prato- ha una triste tradizione giansenistica.
In poche parole: Dio ci Si è comunicato e ci Si comunica MAI “infrangendo”, bensì “colmando oltre misura”, alcune Norme. Io sono piccolo e faccio qualche piccola -ma precisa- cosa; Lui è Grande e fa grandi -e precise- cose.
Conclusione:
1- l’ottimo don Leonardo, citando espressamente le devozioni nominate dalla Colzi, disse di recitarle tranquillamente, senza patemi d’animo
2- non passiamo il tempo a vedere “quanto ufficialmente” la singola devozione è stata approvata. È importante solo un’eventuale condanna. Idem per le Apparizioni
3- di fronte al disastro giansenista (Protestantesimo velato), Gesù Cristo apparve a Paray-le-Monial e diede il modo di SALVARSI CON CERTEZZA: la “Grande Promessa”.
Diede anche il modo per salvare la Francia dalla futura catastrofe… snobbato dal Re (“Sole”).
Signora Rita, non si sconvolga, le consiglio di continuare a recitare con fiducia le preghiere che più si adattano alla sua spiritualità.
Io purtroppo prego poco (le preghiere del mattino, della sera, ogni tanto un Rosario e qualche volta l’ “Angelus”); non seguo questo genere di orazioni da recitare ogni giorno per un certo periodo definito, tipo quelle di Santa Brigida, ma chi ne sconsiglia la pratica come minimo manca di carità. Che importa a costui se chi le pratica crede di aver assicurato il Paradiso? E’ chiaro che chi ha questa credenza, lo è in buonafede, e a meno che non sia un folle non credo che dopo aver recitato la preghiera poi vada in giro a rubare o a commettere altre nefandezze; o che ritenga di poterlo fare avendo la garanzia del Paradiso. La preghiera in ogni caso è sempre un deterrente al peccato: chi prega molto è molto meno tentato di peccare, soprattutto se le preghiere sono distribuite lungo l’arco della giornata (molto efficaci i tre “Angelus” quotidiani).
Cara Rita, come dice lei, il Signore “saprà vedere la nostra buona fede e il nostro accorato desiderio di salvezza”. Si fa quel che si può e come si può. Non mi addentro a leggere la Colzi per non turbarmi più di quanto sia turbata dall’atmosfera che ci circonda. Spero solo in Dio e nel soccorso della Madonna che mi ha sempre soccorso, sempre protetta e anche salvato la vita e che io venero con tutto il cuore e con una infinita tenerezza. Non dimentichiamoci poi di P.Pio, un santo immenso a cui bisogna rivolgersi con grande fiducia.
Vedo che abbiamo diverse cose in comune Tonietta, è bello! Rendiamo grazie a Dio, alla Vergine e si, anche a Padre Pio.
Alla Colzi avevo scritto e mi ha risposto molto a disagio, che prego per interesse…
Ma io dico che solo il Signore conosce il cuore dell’uomo. E come ho detto ho continuato le Orazioni, spesso con difficoltà per via della mente che a volte non si lascia dominare negli impegni della vita quotidiana, ma Uno solo è perfetto: speriamo.
Anch’io ho avuto un’esperienza analoga dopo avere letto che le preghiere di Santa Brigida che si trovano nelle librerie non sono quelle originali ma la versione “aggiornata” per i gusti moderni. Anch’io ho chiamato le Brigidine e la loro risposta mi ha letteralmente lasciata di stucco. Secondo la suora con cui ho parlato le Orazioni non sono nemmeno della santa ! In ogni caso, come Rita ho deciso di continuare con le mie Orazioni iniziate nel 2008. Tuttavia ho anche continuato con la mia ricerca e penso di avere trovato le Orazioni originali in latino. Ci vorrà solo un po’ di tempo per verificare il tutto.
Rinnovo la mia stima al dott. Gnocchi per il suo grande contributo alla Buona Causa.
Sia lodato Gesù Cristo!
Signora Adriana, anche a me stessa risposta delle suore. Io iniziate nel 2009.
Sarei interessata alla sua ricerca in merito alle Orazioni originali in latino. Ma scritte da “chi”? Santa Brigida?
Se potesse comunicarmi eventuali link della sua ricerca ne avrei piacere.
È verissimo: non possiamo contare sulla “diffusione” dell’estrema unzione (trovo sia proprio questo il termine più appropriato per questo sacramento purtroppo in disuso). E’ scomoda, fa paura, eppure è una grande opportunità grandemente sottovalutata. Personalmente spero che la morte non mi colga impreparato; il dolore spaventa tutti ma preferisco la consapevolezza che non preclude all’anima il tempo di “far le valigie”.
Lavoro in casa di riposo e quando vedo qualcuno che è abbastanza grave da far pensare alla morte, chiedo all’infermiere di interpellare i parenti per sentire se sono d’accordo di far somministrare l’estrema Unzione al malato. Normalmente sono d’accordo e allora viene chiamato il frate. E’ anche successo che dopo l’Unzione il malato si riprenda e viva ancora a lungo. Secondo me è una ottima cosa. Un valido aiuto nel momento solenne del trapasso, quando ci si sta per presentare davanti al Tribunale di Dio.
Brava, Rita. A volte basta qualcuno che prenda l’iniziativa, proponga al malato o ai parenti che non ci hanno o non ci vogliono pensare.
Caro Alessandro, GRAZIE per questo articolo! Ci sarebbero tante cose da dire su come (non) si affronta la morte negli ospedali e in genere nel mondo. Le più importanti le hai dette tu. Auguri per i malati che assisti e per te se sei sotto cura. Un abbraccio.
Purtroppo i sacramenti sono ormai per la stragrande maggioranza dei fedeli non più di vuoti simboli, arcaici e ingombranti ricordi di tempi cupi bui, da dimenticare e sotterrare. E gli stessi sacerdoti spesso li insegnano come tali. E non c’è molto da fare al riguardo finché la Chiesa stessa, Fino ai suoi più alti vertici, non li considererà più di Banali strumenti di dialogo da adattare ai tempi e alle esigenze del mondo.
Si parla tanto di dignità dell’uomo e di buona morte (loro intendono eutanasia, suicidio-omicidio), ma se l’uomo è ormai solo una bestia come il cane il gatto ed il coniglietto, di che dignità parliamo? La vera buona morte è quella con il sacerdote che ti porta l’estrema unzione ed il Viatico e i parenti che pregano al capezzale, altrochè!Se andiamo avanti così ritorna la peste, perchè ormai non c’ìè più igene nemmeno all’ospedale, si è fatto tanto nei secoli per arrivare all’asepsi degli ambienti medici ed ora si ritorna alle barbarie, tra un po’ opereranno in un porcile, perchè il maiale mica sarà peggio di un uomo, anzi! Così da una parte ci assillano, perchè vogliono che ci vacciniamo per tutto, poi però possiamo convivere in ospedale con gli animali. Siamo al controsenso, alla follia, come quelli che amano tanto i gatti e poi li sterilizzano tutti, perchè così i gattini non muoiono di fame o schiacciati da un’auto, intanto il gatto si estingue e i topi crescono. Siamo in un mondo di pazzi!
Questo è il Naturalismo massonico: “Madre Natura” ha sempre ragione – l’essere umano, non appena collega il cervello e il cuore al proprio agire (cioè sempre, anche se molto spesso in modo distorto) ha gravissimo torto, e merita di SPARIRE
Ma qualcuno lo spiega ai fedeli che l’Estrema Unzione è un sacramento che aiuta a guarire, e non a morire? Esso dev’essere impartito sub gravi quando vi è pericolo di morte imminente, ma può essere amministrato anche ai malati gravi, perché conferisce la grazia ed invoca la guarigione da Dio. E la Comunione che si porta ai moribondi, è Viatico, ossia aiuto per il passaggio, per la via che conduce dalla vita terrena a quella eterna. Sono cose che suonano normali per un Cattolico, e vieppiù per un buon sacerdote; ma per i miscredenti delle parrocchie moderne ed i loro operatori pastorali sembrano superstizioni medievali, tanto più detestabili quanto più sono rifiutate dagli eretici luterani e dai senza Dio. Poveri disgraziati, nel senso etimologico del termine: hanno la possibilità di beneficiare di un aiuto speciale e potente offerto per il tramite della Chiesa, e fanno gli scongiuri. Non date le perle ai porci, dice il Signore. Muoiano dunque questi infelici senza i Sacramenti della Chiesa: qualche pretuncolo li accompagnerà al sepolcro, ma giunti di là saranno disingannati.
Speriamo che Dio, se quell’anima ha fatto il Bene, sarà più misericordioso di tanti cattolici integralisti!
Carissima Tonietta, anch’io recito, da 12 anni le quotidiane Orazioni di Santa Brigida e una supplica affinché il Signore ci liberi dalla morte improvvisa. Eppure, ci son cristiani “credenti” che di fronte a una morte subitanea commentano: “Che fortuna, non ha sofferto!” non riflettendo quale “sfortuna” potrebbe essere invece quella. E’ il frutto del neopelagianesimo, della cancellazione dei novissimi e dell’ ossessivo culto del corpo, che assurge a livelli di somatolatrìa.
Credo che nessuno voglia soffrire, ma il mito della “bella morte”, rapida ed indolore, prevarica la considerazione che questa spesso avviene però senza il tempo di “raccomandarsi l’anima a Dio”; consentitemi il paragone azzardato: un po’ come concedere all’anima l’ultima “sigaretta” prima dell””esecuzione”.
Mio nonno ha avuto l’estrema unzione 3 volte e si è sempre ripreso, quando pareva ormai spirare. E’ morto poi dopo qualche anno. Pertanto etrema unzione non significa morte certa, ma cura, se non del corpo, almeno dell’anima.
Mi è capitato in un ospedale di Milano di affrontare una cistoscopia, esame fastidioso e doloroso. Durante l’esame mi sono messo a pregare sussurrando il rosario anche per orientare la mente verso qualcosa di spirituale. Il medico specialista si è avvicinato e mi ha chiesto: ‘ma lei prega?’ ‘Certo, mi aiuta ad affrontare la situazione’ ho risposto. E lui di rimando: ‘ma no, pensi di essere su una spiaggia ai Caraibi!’. Quando gli ho spiegato che tra la Madonna e i Caraibi preferivo la prima se ne era già andato…
Ovviamente lei si è imbattuto in un medico stupido.Se la pace la trova nel Rosario che c’è di male?Anzi, è un bene.
Forse sarà che sono proprietaria di cani da svariati lustri, ma, mi permetto: io non capisco, in tutta franchezza, perchè la presenza del proprio animale domestico all’ospedale, luogo di per sè opprimente per la psiche, debba per forza cozzare con il desiderio o la possibilità di prepararsi a rendere l’anima al Creatore. Se fossi ricoverata, sono certa che non potrebbe che giovarmi la presenza del mio fido pastore, per una serie di validi motivi che sarebbe troppo lungo e fuori luogo stare qui ad elencare, esattamente come reclamerei un sacerdote- quale grazia se assomigliasse al cappuccino amico del dott. Gnocchi!- per i Sacramenti. Perchè aut/aut e non et/et? Stante le norme igieniche che devono essere rispettate ed un’organizzazione che faccia in modo che non si creino situazioni di caos, ovviamente. Ma non mi pareva fosse questo il nocciolo della critica…
Concordo pienamente con lei. Anch’io vorrei prima dell’ora della mia morte ricevere da un Sacerdote veramente cattolico l’estrema unzione e prego Nostro Signore Gesù che ció accada; ma non capisco questa avversione per gli animali nell’ambiente tradizionalista. A me sembrano due argomenti distinti l’affezzione ad un animale domestico e impegnarci ogni giorno ad essere buoni cristiani cattolici.
Caro Franco, i tradizionalisti non sono avversi agli animali, ma a chi fa di essi un idoletto. Io ho una splendida gatta, che se ne sta accovacciata sulle ginocchia mentre dico il Breviario, o rimane composta sul piano dello scrittoio quando scrivo le mie prediche o quando studio. Anche quando celebro nella mia cappella privata se ne sta buona in angolo. Ma se cerco conforto, so che devo rivolgermi al Signore, e non alla mia piccola amica. Chi idolatra le bestie ma non crede in Dio, spesso finisce col fare di loro un palliativo, e non di rado è più sensibile ai guaiti del proprio cane o ai miagolii del proprio gatto, che non alle parole di un altra persona o alla voce della Grazia. Quando non si crede in Dio, si possono trattare gli animali meglio degli uomini, ma più spesso di trattano gli uomini peggio delle bestie.
Madre Teresa, san Filippo Neri, monsignor Canciani, san Gregorio magno, Eleonora di Binden, avevano e amavano gli animali, san Francesco li chiamava fratelli, essi erano opere di Dio, capaci di amare e soffrire come noi.Dunque volergli bene non è altro che onorare il loro Creatore.
Sono d’accordo.E’una felicità reciproca perché il suo pastore certamente soffriva per la sua assenza.Un amore condiviso che niente ha a che fare con l’Estrema Unzione, un paragone che non regge.Io ho sempre avuto cani e gatti che allietano la mia casa, mai avuto malattie di nessun genere, ma loro, essendo puri, portano solo pace.Molti umani invece…
Già l’Estrema Unzione: Quando circa quattro anni fa andammo a trovare mia suocera momentaneamente in una casa di riposo (volevamo concederci un periodo di riposo e lei non era autosufficiente) nell’uscire dall’edificio per una passeggiata in giardino incrociammo un tizio che si qualificò come il cappellano, – sono venuto per l’Estrema Unzione, disse, la diamo a tutti gli anziani appena arrivati. – Bene rientriamo proposi. – No non è il caso, rispose. E così in piedi, in cortile, passo’ l’Olio Santo sulla fronte e sui palmi e ci saluto’. Non ricordo nemmeno se disse qualche preghiera tanto e’ stato il mio sconcerto.
E’ giusto che i commenti si siano concentrati sull’aspetto più importante della faccenda, ben sintetizzato da Gnocchi: «Una volta rifiutato il ministro di Dio con i sacramenti, arriva il ministro dell’Uomo con i suoi Migliori Amici»; ma vorrei chiedere anche: e l’aspetto dell’igiene, dove lo mettiamo?
Premetto che io amo gli animali, pur non idolatrandoli perché non sono un animalista (ritengo che gli animali vadano amati “in quanto animali” e gli uomini “in quanto uomini”. E’ vero che spesso riesce difficile amarli – molti tra gli uomini – ma questo non autorizza a confondere i due livelli di amore, o addirittura ad invertirli); ho sempre avuto cani o gatti in casa fin da piccolo, e ne ho ancora. Ma riconosco che questo comporta anche il dover fare molta attenzione all’igiene nell’ambiente (e delle persone) che può essere compromessa dalla presenza di questi animali, soprattutto i cani, per quanta cura si abbia della loro pulizia.
[segue]
Da questo che leggo verrebbe da pensare che i cani sono superiori agli uomini!Loro non hanno questi distinguo, loro ci amano, per sempre, fedelmente, indefessamente e spesso danno la vita per noi e non si dicono che loro sono animali e noi un’altra cosa! Sì, spesso sono molto migliori di noi.Per lo meno, più generosi.
L’essere umano è fatto ad immagine e somiglianza di Dio è può amare a livelli irraggiungibili per QUALSIASI animale: può amare con Carità.
Ho avuto cani e gatti, li ho amati, (per quanto sia possibile “amare” un animale) e ne ho conosciuto e apprezzato l’affetto e la fedeltà.
Eppure il loro affetto e la loro fedeltà non sono neppure lontanamente paragonabili all’affetto e alla fedeltà che possono dare una moglie, un figlio, un genitore o un VERO amico umano!
Anche loro tradiscono (padroni o padroncini mutilati o uccisi da animali “tanto buoni” ce ne sono innumerevoli, io stesso ho dovuto difendermi da una cagna a cui ero molto affezionato ma che diventò improvvisamente e inspiegabilmente aggressiva (cosa che non mi successe mai con nessun affetto umano)!
Per quanto riguarda il resto, cannibalismo, stupri e “animalicidi” nel regno animale sono diffusissimi: sono, anche fra di loro, molto più aggressivi di quanto non lo siano le persone fra di loro.
Più generosi? Solo alcune specie e solo rispetto alle persone che non vivono la Carità!
Del resto basta andare nei siti Internet specializzati per rendersi conto di quante malattie possono trasmettere gli animali domestici. Per fare un solo esempio cito questo:
http://www.greenstyle.it/malattie-trasmesse-alluomo-da-cani-e-gatti-21910.html
Ora, che un padrone di uno di questi animali si assuma per se stesso questi rischi, va bene, ma consentire di portarli anche in un luogo di cura mi sembra un’assurdità.
Concordo completamente con lei!
Concordo anch’io e anzi aggiungo che bisogna essere un po’ fuori di testa a lasciarsi leccare la bocca dai cani i quali, magari poco prima con quella stessa lingua ci si sono puliti il sedere. E mi scuso per l’immagine poco graziosa.
DI fronte a un povero giovane, pure impegnato, morto suicida, un amico altrettanto impegnato commentava agghiacciante; “L’unica cosa che consola me e i miei amici è che l’ha scelto lui!” “No, caro – ho replicato- la cosa che dovete pensare è, al contrario, che non l’abbia assolutamente scelto lui, ma che fosse in un momento tanto oscuro da non sapere cosa faceva! Altrimenti non lo aspetta certo qualcosa di bello!” Quel ragazzo ci ha pensato un attimo e poi… mi ha dato ragione! Povere pecore senza pastore!
Io vorrei tanto che i nostri vecchi potessero morire in casa, circondati dalle preghiere e dall’affetto dei loro cari. Quando mio padre ebbe in grave incidente, tutti cercavano di rassicurarci. Credo che ora ci ringrazi per avergli dato la possibilità di confessarsi, comunicarsi e ricevere l’Estrema Unzione, nonostante i medici cercassero di dissuaderci. In quella mezz’ora di lucidità mio padre trovò la pace e la serenità per abbandonarsi a Dio. Mia madre ed io lo facemmo portare a casa, dove spirò mentre recitavamo l’Ordo commendationis animae, con le antiche parole che sempre hanno accompagnato l’ultimo respiro di tutti i nostri cari. Così prego e spero di morire anch’io. Proficiscere, anima christiana…
Quando arrivai in Italia le case di riposo erano rare. L’aborto non era legalizzato e nemmeno il divorzio. Nella maggior parte dei casi gli anziani morivano a casa. Con i sacramenti. Si vegliava il defunto e si recitava il rosario. Per me – Cattolica proveniente da un paese “progredito” anglosassone – fu una lezione di Fede e di civiltà. L’Italia era il più vicino possibile al paradiso in terra. Non ho mai capito perché gli Italiani vollero seguire l’esempio dei paesi protestanti. E non mi dilungo sulla caduta di stile delle donne italiane (ovviamente non tutte) una volta portate ad esempio di donna ideale – in tutto il mondo – come virtù femminile in assoluto – figlie, mogli e madri – garanzia per una famiglia stabile. Ho sempre fatto presente questo fatto alle ragazze italiane e poco tempo fa ho avuto l’occasione di esprimerlo anche di fronte ad una parlamentare promotrice di matrimoni sodomitici, utero in affitto ecc in una sala contenente oltre 400 persone pro-tutto. Nessuno mi ha contestato.
L’Italia ha “retto”, cioè ha saputo benissimo di essere più vivibile e più cristiana dei Paesi protestanti (che l’avevano sconfitta) più o meno fino al 1960, cara signora.
Molto istruttive le cose dette da Ettore Bernabei (1921-2016) nel suo recente “L’Italia del «miracolo» e del futuro…In una intervista di Pippo Corigliano”, Roma, Edizione Cantagalli, 2012. Egli sottolineava la strepitosa ripresa economica -in condizioni di basso debito e di moneta forte- dell’Italia sconfitta.
L’Italia era fondata sulle Famiglie perché il sentire cattolico della popolazione considerava questo OVVIO, e assurda la solitudine pratica, culturale, affettiva.
Ci furono poi il “tradimento dei Chierici” (benedizione all’ingresso dei Socialisti e dei partitelli massonico/ottocenteschi nel Governo), il ’68 (limitato a poche aree urbane), e soprattutto il Divorzio(1970) – richiesto e facilmente ottenuto dai Liberali, più che dai Socialisti. Sono convinto che si sia voluto celebrare in quel modo il Centenario di Porta Pia.
Un’ennesima Rivoluzione di élite calata a tenaglia sulla…
Non solo i nostri vecchi riescono sempre meno a morire a casa (cosa che la quasi totalità vorrebbe) ma ormai risulta difficile che la casa ospiti il defunto prima del funerale: si stanno diffondendo le “case funerarie” presso le agenzie di pompe funebri, provviste di ogni comfort per i parenti (soggiorno con poltrone, caffè, ecc.) ai quali è così risparmiato il “disturbo” della veglia… Comodo, ma spersonificante.
É ormai d’uso che nelle camere degli ospedali, dove sono ricoverate due o più persone assieme, ci sia il televisore acceso.Chi volesse nel suo letto di dolore pregare il Rosario o rivolgere semplicemente la sua mente a Dio spesso non può perché disturbato.
Ne ho avuta esperienza con un familiare. Di questo nessuno parla ma si dá addosso solo al fatto di avere vicino un animale, col quale peraltro si può benissimo pregare.
Caro Baronio. mia madre, nata il 25 marzo 1912, chiamata Annunziata, è morta di sabato il 13 maggio 1995, Vergine di Fatima, a casa, circondata da noi figli e dai nipoti. Una consolazione vederla trapassare serenamente, i sacramenti amministrati, il rosario tra le dita e con le sue ultime parole. “lasciatemi andare”. Ci credereste? Io che temevo quel momento come la tragedia della mia vita, lo vissi piangendo sommessamente, quasi di gioia.
Significativo!
Veramente commovente!
Caro Prof. Pranzetti, le sue testimonianze sono sempre molto istruttive o dal punto di vista teologico o come descrizione dei tempi andati o dei tempi che viviamo: continui così!
Grazie di questa bella testimonianza, carissimo Luciano, mi riporta alla mente il trapasso di mia madre. Ho pregato molto la Madonna affinché non avesse a soffrire oltre la sua capacità di resistenza,e poi ho saputo che mentre la preparavano per un esame, all’ospedale, le si sono avvicinati e si sono accorti che era patita per il Cielo, serenamente, senza un gemito. Così pure è stato per mio padre, mancato di notte senza sofferenze, dopo pochi giorni di disturbi notturni della circolazione. Invito quindi tutti a rivolgersi alla Madre Celeste con insistenza ed umiltà di cuore, poiché Lei non lascia inascoltate le nostre preghiere.
Negli ospedali è più importante ciò che gli inglesi definiscono con il termine “to cure” (curare) piuttosto che del “to care” (prendersi cura). C’è un abisso, perché nel secondo caso si mette in gioco la totalità dell’uomo, compreso l’aspetto spirituale. Mi capita che i pazienti mi dicano “sono nelle sue mani”, il che è tecnicamente vero, ma rispondo sempre “meglio se si mette nelle mani di NSGC” anche se lo Stesso può ricorrere all’uso di quelle del medico. Questa semplice battuta, nella quale credo fortemente, ha nella maggior parte dei casi un effetto benefico incredibile, forse perché nel loro silenzio, i pazienti pregano.
La medicina è l’incontro di due limiti: quello del malato e quello del medico! Non certo quello degli animali anche se la moda degli ospedali PET-FRIENDLY è ormai diffusa e a mio parere impostata male.
In ultimo: i cappellani degli ospedali devono essere preparati. Spesso vengono confinati in queste sedi preti anziani con problemi fisici, o preti giovani con qualche problema. Invece servirebbero preti di sana e robusta costituzione cattolica…
Purtroppo temo sia anche peggio di ciò. Voglio arrivare a farci capire che gli animali sono nostri congiunti ovvero famigliari, ovvero…… fratelli animali amici di striscia…longa manus.
La mia (saggia) nonna diceva ,ed io sono d’accordo,che gli animali devono stare fuori, e non tra le mura domestiche.
In campagna,si aveva di tutto e di più: cani, gatti, galline, asinello,colombi…
ma tutti rigorosamente fuori dall’ambiente domestico.
Oramai viviamo in un mondo capovolto della serie gli umani sempre più animali, e gli animali sempre più umanizzati.