di Carlo Manetti
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Quali sono i rapporti tra la Tradizione e la Chiesa? Si può affermare che la Chiesa sia l’espressione viva della Tradizione e che questa sia l’aspetto teorico e vivificante della Chiesa; la Tradizione è l’insieme della Rivelazione e dei Sacramenti, che si attua nella Chiesa e nel fluire della sua storia, facendosi civiltà. Tutta la vita dei cristiani non è altro che il riflesso della Tradizione, sia per ciò che la Chiesa ha costruito, quando l’ha seguita, sia per ciò che essa, nella sua parte umana, ha evitato di costruire o, addirittura, ha distrutto, quando se ne è discostata. Possiamo, quindi, riscontrare un’identità tra la Chiesa e la Tradizione: questa è l’elemento oggettivo di quella, che ne è, a sua volta, l’elemento soggettivo.
Questo concetto, ovvio per quasi due millenni di storia cristiana, appare oggi, dopo le infiltrazioni moderniste e, soprattutto, dopo il Concilio Vaticano II, quasi completamente dimenticato; tanto è vero che tra coloro che si professano cattolici solo una numericamente infima minoranza dichiara di seguire la Tradizione: per la quasi totalità del mondo cattolico è possibile, quindi, appartenere alla Chiesa di Cristo, pur ripudiando la Tradizione. Oggi chi ancora la segue si sente costretto ad aggiungere alla propria definizione di cattolico la specifica «di Tradizione». Già in questa semplice constatazione lessicale si può notare tutta la profondità dell’attuale crisi della Chiesa.
In questo contesto, che per alcuni versi ricorda la crisi ariana e per altri si presenta come del tutto nuovo e più grave, la resistenza allo sfacelo ha visto un certo numero di protagonisti di breve momento ed uno che, sia pure tra varie difficoltà, ha mantenuto ferma la barra del timone. Nei primi anni del postconcilio, diversi prelati hanno espresso critiche e preoccupazioni per il nuovo corso che veniva impresso alla Santa Chiesa, ma prima o poi, in un modo o in un altro, tutti si sono fatti riassorbire dall’onda montante delle novità, in nome dell’obbedienza ai superiori e, in ultima analisi, al Papa ed in nome dell’unità della Chiesa; si pensi, a titolo di esempio, al Cardinale Giuseppe Siri (1906-1989).
Vicenda assolutamente singolare è, invece, quella di Monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), il quale ha creato la Fraternità Sacerdotale San Pio X nel 1970 e, con questa, ha resistito al vento nuovo, incurante delle accuse di disobbedienza e persino di scisma. La suddetta Fraternità ha rappresentato e rappresenta lo strumento scelto dalla Provvidenza per la conservazione e la salvaguardia del Sacerdozio cattolico, dell’integrale Rivelazione di Nostro Signore Gesù Cristo e dei Sacramenti da Lui istituiti. Intuendo questo, Monsignore non ha ceduto alle pressioni papali, tese alla distruzione di tale strumento: nel 1976 ha sopportato la sospensione a divinis da parte di Paolo VI, pur di ordinare i primi sacerdoti di tale Fraternità; nel 1988, sentendo avvicinarsi la morte (sarebbe, infatti, mancato tre anni dopo), ha affrontato l’ingiusta scomunica comminatagli da Giovanni Paolo II, per consacrare dei Vescovi i quali, dopo che avrebbe reso l’anima a Dio, avrebbero potuto ordinare ancora i sacerdoti formati nei Seminari istituiti da lui e dai suoi successori.
La Fraternità San Pio X ha subìto, nel corso dei quasi cinquant’anni della sua storia, copiosi abbandoni in ogni direzione. Alcuni, non resistendo alla terribile pressione che veniva esercitata dalle Autorità ecclesiali, soprattutto attraverso le false accuse di tradimento della Santa Chiesa ed il conseguente isolamento, si sono fatti riassorbire dal nuovo corso modernista; si pensi, a titolo di esempio, a Don Piero Cantoni, fondatore dell’Opus Mariae. Altri, invece, non resistendo alla tensione che comporta il riconoscere nel Pontefice il vero Vicario di Cristo, pur constatando l’oggettivo tradimento della Fede dei Papi conciliari e postconciliari, si sono lasciati tentare dalle sirene del sedevacantismo[1], come Don Francesco Ricossa, massimo esponente del sedeprivazionismo e fondatore dell’Istituto Mater Boni Consilii. Altri ancora, insofferenti della disciplina della Fraternità, hanno creato gruppi autonomi, solitamente poi riassorbiti dall’obbedienza alle Autorità romane; sono i cosiddetti «Ecclesia Dei», dal Motu proprio di Giovanni Paolo II del 2 luglio 1988, all’indomani delle consacrazioni episcopali, e della conseguente ed omonima Commissione, volta a ridurre all’obbedienza il maggior numero possibile di sacerdoti della Fraternità. E altri che se ne sono andati per i più vari motivi.
Nonostante questo, però, la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha continuato a crescere ed a diffondersi in tutto il mondo, rappresentando un imprescindibile punto di riferimento per chiunque voglia vivere secondo la Tradizione. A questa affermazione qualcuno potrebbe obiettare che, sul piano concettuale, la Tradizione è un bagaglio di dottrina e Sacramenti a disposizione di tutti i cattolici e di “proprietà” unicamente della Santa Chiesa e di nessun gruppo particolare; e, sul piano fattuale, che esistono altri gruppi ed altre organizzazioni che si abbeverano alla stessa Tradizione.
L’obiezione concettuale appare, di primo acchito, ineccepibile, ma pecca di intellettualismo. La Tradizione, identificandosi con la Chiesa, suo elemento soggettivo, non rimane unicamente un insieme di dottrine e di pratiche, ma si sostanzia, concretamente, in una civiltà, vale a dire in un insieme di valori che producono un particolare e distinto modo di vivere; senza questo elemento, che potremmo definire carnale, la Tradizione rischia di trasformarsi in un astratto rifiuto della modernità, con venature gnostiche; si pensi a René Guénon (1886-1951), il massimo teorico dell’esoterismo iniziatico del XX secolo, che appare, anche a ragione, come, se non il più feroce, certamente tra i più feroci critici del pensiero moderno.
Da tutto questo consegue che una vita pienamente cattolica non può consistere unicamente nell’adesione ai contenuti della Fede, con il conseguente sforzo di adeguamento etico; ma necessita della partecipazione alla Chiesa: la partecipazione alla vita della Chiesa comporta, in concreto, una società reale, gerarchicamente ordinata, con dei sacerdoti che, divinamente ispirati, guidino le anime dei fedeli o, meglio, di ciascun fedele sul suo cammino di santità. Una delle maggiori e più misconosciute colpe del Modernismo è quella di aver fatto penetrare all’interno dell’anima dei cattolici il senso liberale ed anarchico di indipendenza: questo, di fatto, è la versione moderna del Pelagianesimo[2], che porta ciascuno a sentirsi arbitro ultimo e giudice supremo del proprio pensiero e del proprio operato, con conseguente estinzione, o quasi, della figura del direttore spirituale[3]; figura senza la quale la Chiesa ha sempre insegnato che sia difficile la santificazione.
Nell’attuale crisi della Chiesa, la Fraternità Sacerdotale San Pio X rappresenta l’unica organizzazione in grado di dare alla Tradizione anche questo suo contenuto di civiltà. Le altre organizzazioni che si rifanno al Cattolicesimo di sempre, organizzazioni dal novero delle quali bisogna escludere tutti i seguaci degli errori sedevacantisti, non si dimostrano, purtroppo, in grado di svolgere questa insostituibile missione. Ecco che l’imprescindibilità dei seguaci di Monsignor Lefebvre risulta evidente anche sul piano della contingenza pratica.
Qui si potrebbe obiettare: «Ma la Chiesa, oggi, si è ridotta alla Fraternità San Pio X?». A ciò ha risposto in maniera magistrale Monsignor Tissier de Mallerais in una mirabile omelia nella Santa Messa di ordinazione sacerdotale di alcuni anni fa ad Ecône. Egli ha affermato con vigore che la Fraternità non è la Chiesa; ella è come un carro sul quale sono stati caricati i doni della Chiesa (dottrina, Sacerdozio e Sacramenti), al fine di salvaguardarli, impedire che vengano dispersi e renderli disponibili per il maggior numero possibile di fedeli. Questi doni non sono prodotti dalla Fraternità, che li ha unicamente avuti dalla Chiesa, non sono di sua proprietà, ma patrimonio di tutto il Corpo Mistico di Nostro Signore. La Fraternità non pretende e non auspica di essere la sola a svolgere questo ruolo, anche se, purtroppo, deve constatare che, allo stato attuale, non ci sono ancora altri.
Esistono preti che, pur non facendo parte della Fraternità, combattono eroicamente in difesa della Tradizione, si pensi, ad esempio, al compianto Don Giorgio Maffei (1921-2015), ma essi, pur non ritenendo opportuno aderire all’opera di Monsignor Lefebvre, sono a lei vicini, tanto da definirsi «sacerdoti amici».
Questa situazione di fatto non rende la Fraternità Sacerdotale San Pio X infallibile, quasi al pari della Santa Chiesa, ma, al contrario, rappresenta per lei un rischio ed un ostacolo; ed è proprio la coscienza dell’umana fragilità, da cui nemmeno i figli di Monsignor Lefebvre sono stati preservati, che induce questi sacerdoti a scoraggiare l’ingresso nella loro Istituzione a quei sacerdoti che abbiano vocazioni caratterizzate da carismi differenti. Di qui il sostegno a tutte le organizzazioni amiche appartenenti a tutte le congregazioni e tutti gli ordini religiosi, oltre al sostegno a tutti i «sacerdoti amici».
Ogni cattolico (mi rifiuto di aggiungere «di Tradizione», perché chi non è di Tradizione non è cattolico) è chiamato a pregare Dio affinché ispiri altri santi Vescovi con il coraggio e la determinazione di Monsignor Lefebvre, anche se il prelato francese appare come l’inveramento delle profezie della Madonna del Buon Successo a Quito, in Equador (1588-1634).
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[1] Per sedevacantismo si deve intendere l’insieme delle dottrine che, a vario titolo, sostengono che, da una certa data in avanti, l’elezione dei Pontefici sia illegittima e che, quindi, la sede apostolica sia vacante. Fa parte di questo filone anche la tesi cosiddetta sedeprivazionista, che afferma che i Papi postcociliari sarebbero tali solo de facto e non formaliter, cioè non sarebbero Papi, ma ne eserciterebbero solo le funzioni.
[2] Per Pelagianesimo, dal monaco britannico Pelagio (360-420), deve intendersi l’eresia secondo la quale è possibile all’uomo salvarsi, seguendo con le sue sole forze la morale portataci da Nostro Signore Gesù Cristo.
[3] Il direttore spirituale è quella persona, di norma un sacerdote, a cui il diretto affida la direzione della propria anima, confidandogli ogni più intimo moto del suo cuore ed ogni sua azione, ricevendone guida e discernimento per ogni singolo caso concreto della propria vita morale e spirituale.
19 commenti su “La Fraternità San Pio X, la Tradizione e la Chiesa – di Carlo Manetti”
Dalla mia incompetenza mi permetto di dire che se si riesumasse il mitico Mons. Lefebvre, probabilmente lo troveremmo rigirato nella tomba…
La Tradizione (maiuscola voluta) ormai è degenerata in bradizione (b minuscola anch’essa voluta), quella di bergoglio!
Condivido l’articolo al cento per cento. Il ruolo guida della FSSPX per i cosiddetti tradizionalisti è un dato storico e “contra factum non valet argumentum”. Ciò non significa sentirsi, in alcun modo, “professionisti della Tradizione”. Si possono certamente temere i rischi di un eventuale riconoscimento unilaterale, i trabocchetti, tipo SMOM, del VDR, le lusinghe dei potenti modernisti, tutto ciò è lecito ma deve essere espresso col dovuto tempo del condizionale e non dell’indicativo futuro.
Io stesso sento certi pericoli ma ciò mi spinge, fin quando la resa non sarà evidente, a serrare piuttosto i ranghi e non a fare il disfattista.
Egr. dott. Manetti Lei afferma: … “Nonostante questo, però, la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha continuato a … , rappresentando un imprescindibile punto di riferimento per chiunque voglia vivere secondo la Tradizione” …
Io invece affermo, che “… per chiunque voglia vivere secondo la Tradizione …” dovrà abbandonare la Fraternità Sacerdotale San Pio X.
Qualora fossi nell’errore, mi spieghi caro dott. Manetti come potrà coesistere la Tradizione con la FSSPX quando, appena apposto “il Timbro” sull’accordo, sarà “una cum” …. Bergoglio.
Se inoltre Lei giustamente afferma che: … “Ogni cattolico (mi rifiuto di aggiungere «di Tradizione», perché chi non è di Tradizione non è cattolico)” … penso sarebbe logico, nonché indispensabile, per il principio di non contradizione, argomentare da parte sua che un non cattolico può essere Papa al quale si deve magari “obbedienza filiale”. In ogni modo, l’ “ospedale da campo” Novus Ordo accoglierà i nuovi tradizionalisti terminali della FSSPX nel reparto isolati MI in buona compagnia con quelli della Buon Pastore, San Pietro ecc ecc.
Concordo pienamente con lei, caro Bonvicini; ripeto qui il parere esposto sull’altro articolo, relativo all’annuncio dell’immiente firma dell’accordo da parte di Fellay :non posso che augurarmi che i sacerdoti cd “resistenti” se ne vadano da quel carrozzone ambiguo che sarà la prelatura personale di Fellay e confluiscano nel’Unione Sacerdotale Marcèl Léfèbvre di Mons. Williamson, e che i laici che frequentano e sostengono la Fraternità l’ abbandonino in massa, dato il rischio di perdere la fede rimanendo con coloro che hanno tradito lo spirito del Fondatore (ricordo le parole di Gnocchi “se seguissi il mio vescovo, perderei la fede in una settimana”). Come stare a fianco, o sottomessi, con coloro che seguono Satana anziché Cristo? Dove lo mettiamo il “si si, no no” ?.
Me parece un articolo casi de reparacione delle due letere de Gnocchi que me gustarono. E toto il mondo ora se domanda quale sea la posicione de la redacione. Qual è? A parte de eso toto il discorso su la tradicione que face el autore es un poco romantico i funcionale a la tesi da dimostrare. La Tradicione no è la Chiesa sino una fonte de la revelacione con la Escritura. Il organicismo del siglo XIX aplicado a la Chiesa è dubio. Molti saluti.
Muy estimado Xavier,
siga leyendo Gnocchi, seguramente se darà cuenta del desastre que proviene del Concilio Vaticano II. En Italia muchos catòlicos lo tienen bién claro. Es solo que falta interés a pesar de toda la informaciòn disponible en internet. La mayorìa de los cardenales, obispos y los pobres curas, a los que no se les enseña casi nada, aprovecharon, y siguen aprovechando, de la obediencia de los fieles. Y asì va a pasar con los fieles de la FSSPX. Roguemos por ellos.
Ottimo articolo di Carlo Manetti, equilibrato, razionale, cattolico al 101%!!!!!!!!
Assolutamente d’accordo con il Dott. Manetti. Ottimo articolo!!!
Stupisce il tempismo con il quale il signor Marco Bongi interviene per censurare i critici della Fraternità San Pio X e per elogiare i sostenitori. Ma qui si è lasciato prendere la mano ed è intervenuto troppo in fretta scoprendo il gioco. Il commento è stato preparato con l’articolo?
Lodovico Giusti
Appartengo alla categoria di quelli che hanno creduto tanto, tantissimo nella Fraternità. Chi non lo ha fatto? Giunti a questo punto, però, credo che la cosa sia semplice da risolvere. Nessuno può negare che essa abbia avuto un ruolo fondamentale in seno alla deriva post-conciliare. Da Roma quando venivano chiamati all’appello gli esponenti del tradizionalismo non usava chiamare Mons. Stuyver, così come non si è mai chiamato quelli della San Pietro, già silenziati e in scacco matto. Si chiamavano i Vescovi o Superiori della Fraternità, questo dicendola lunga sul ruolo fondamentale, o se vogliamo provvidenziale. Ora, però, la situazione appare diversa, giacché se la piega prenderà il corso che ormai sembra essere noto a tutti essa cessare ipso facto di svolgere quel ruolo di cui era primariamente rivestita. Nessun merito tolto al suo operato svolto, nessun ossequio ai Santi sacerdoti cresciuti in un’opera a cui tutti dobbiamo esser debitori; solo una definizione di ruoli. Ecco allora perché il “Chi se ne frega”, a cui pare che il Prof. Manetti voglia dare risposta.
( segue… )
(…) Monsignor Lefebvre non c’è più, piaccia o non piaccia. La Fraternità è nelle mani dei suoi successori, i quali dovranno decidere quale ruolo rivestire in questa battaglia finale.
Tutto si gioca su questo fronte a mio avviso. Rimanere quale è sempre stata vista l’assoluta inopportunità dei tempi – rimanendo a servizio della tradizione di sempre – oppure giocare a nascondino, o ancor peggio a mosca cieca, gettandosi nella mischia e quindi perdendo quel ruolo eccezionale dettato proprio dal momento attuale: uno stato di necessità grave e generale di cui sempre troppo poco si parla, pur esso essendo senza precedenti storici.
“Parvus error in principio fit magnus in fine”.
Cordialmente,
Il dottor Manetti si è lodevolmente affaticato su un ponderoso articolo che non spiega un fatto molto semplice e cioè quanto monsignor Fellay dice nell’intervista riportata qui sopra. I fatti sono sempre pietre di inciampo per la teoria.
Mariana
Aspettiamo la giornata di domani per leggere quanto il carissimo Dottor Gnocchi ha da dire. nel frattempo vi segnalo questo link.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1830_Bongi_Replica_a_Gnocchi.html
Non si capisce Dott. Manetti a quale conclusione lei giunga col suo articolo. Anzi ho avuto la sgradevole sensazione di una bella analisi lasciata per aria.Vi è anche come qualche altro lettore notava, una latente contraddizione con quanto sostenuto da Alessandro Gnocchi,in modo molto ben documentato e circostanziato, circa la assoluta inopportunità e insensatezza di questo abbraccio a tempo completamente scaduto. Infatti anche (oltre tutte le note profezie ) la lettera clamorosa dei cattolici americani a Trump, pubblicata oggi su Radiospada e da M:Blondet,, in cui gli chiedono di indagare sul ruolo avuto dall’Amministrazione Obama nella elezione di Bergoglio e nella “primavera araba” in Vaticano, può essere l’inizio del percorso che porterà alla demolizione di questa impostura. E Mons. Fellay aspetta il timbro? bah..non me la bevo.
Infatti.
Alcuni dicono che per rimanere fedeli alla Chiesa bisognerà abbandonare la FSSPX: dove andreste abbandonata la FSSPX? I FFI si sono ridotti a dire la messa nuova e ad adeguarsi ai venti conciliari per cercare di sopravvivere(a parte qualche raro dissidente a cui si da poco più che l’aria per respirare), I vari gruppi e fraternità facenti parte dell’Ecclesia Dei, idem, cioè messa nuova e messa di sempre indiferentemente come se una non fosse un tesoro inestimabile e l’altra un pericoloso veleno. Allora la questione è: o chi borbotta arrabiato con la FSSPX ha assunto un’ideologia laicista e pertanto crede di non aver più bisogno di sacerdoti, si autoassolve, si dice la messa da se e si da i sacramenti da solo, oppure preferisce frequentare quei sacerdoti che stanno con i piedi in due scarpe, visto che par di capire che i traditori e i cattivi sono quelli della FSSPX, mentre gli altri “tradizionalisti”,che vivono con lo stipendio assicurato e che hanno già da tempo lasciato il campo di battaglia o forse non ci sono mai entrati in battaglia sono bravi ed obbedienti.
Un articolo fatto di nulla e condito di qualunquismo.
Io non sono sedevacantista, ma credo che Don Ricossa e chi lo segue voglia essere cattolico esattamente come mons. Fellay e come molti sacerdoti amici (o meno amici),
che pure non fanno parte della Fraternita’. Nessun cenno poi a Mons. Williamson come se non esistesse, e la Buon Pastore e la San Pietro?
Quando Fellay avrà timbrato che differenza ci sarà tra la Fraternità e istituti come la San Pietro? Il tempo perso?
“Nessun cenno poi a Mons. Williamson come se non esistesse, ” : gli brucia troppo il suo allontanamento, sopratutto perché lo sbugiardando quotidianamente il tradimento dei vertici della Fraternità, Come ripeto spesso, spero che dopo “la timbrata” del “sig”. Fellay i suoi sacerdoti lo abbandonino e confluiscano nell’Unione Sacerdotale Mercèl Léfèbvre, e così facciano anche i fedeli che frequentano e sostengono la Fraternità.
Semai è il papa che deve timbrare, la FSSPX non è in possesso di timbri.