Ci sarebbe da ridere, se non fosse tutto squallido. Le vetero-femministe marciano contro Trump e i vari omo-lesbo-trans-bi-trisessuali eccetera si sentono discriminati…
di Léon Bertoletti
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Tiè, adesso possiamo accusare anche noi: la Marcia delle Donne contro Trump si è svolta all’insegna del sessismo, della discriminazione e della transfobia. I potenti mezzi dell’informazione hanno coperto ampiamente l’evento, narrando i volti, contando e ricontando le presenze, mostrando i cartelli, facendo ascoltare gli slogan. Come al solito, però, si sono “dimenticati” un aspetto per niente irrilevante: la polemica dietro le quinte. Varrà la pena darne conto.
Quello sfilare inneggiando al “Pussy Power”, all’utero, alla vagina, alla “patatina è mia e me la gestisco io”, insomma quell’insistere sull’organo e sull’apparato genitale femminile non è stato accettato né condiviso da tutti. A molti militanti della nota area politica che appoggiava la manifestazione è sembrato un ricadere nella sorpassata logica binaria del “maschio e femmina li creò”, nella vetusta ideologia che sia la biologia a determinare il sesso, l’identità sessuale, il “gender”, il genere di un soggetto. Non prendetela come una burla, è proprio vero.
Oggi come oggi, con l’aria che tira, con le idee che circolano, con quel che passa il convento globale, uno appena mette piede giù dal letto, alla mattina, ha il diritto di scegliere cosa vuole essere e da che parte stare. Poco importa che abbia il “coso”, un torace piatto come un asse da stiro o una tavola da surf, una cavernosa voce baritonale. Si sente donna? Va bene! Che diritto si arrogano le marciatrici di escluderlo dalla passerella? Come possono pensare di farlo percepire diverso, di respingerlo soltanto perché non porta la cosina? Non sia mai! È incontestabile, del resto, pure il contrario: una potrebbe avercela ma ritenersi uomo. Volete arruolarla per forza nei vostri ranghi? Vergognatevi!
Non lo scriviamo per gusto di diatriba o per invenzione. Ci limitiamo a riferire all’ingrosso, alla buona, quanto realmente lamentato da gruppi di transessuali contro il branco di vecchie femministe grinzose e incartapecorite che non ha ancora recepito tutto il nuovo che avanza. Cioè, “nuovo”. Almeno dagli anni Venti del secolo scorso, con Hirschfeld e l’Institut für Sexualwissenschaft, esiste un movimento tendente alla cosiddetta “riforma sessuale” propugnatore di trovate, di vaneggiamenti, di teorie pazzamente utopistiche come l’impossibilità della castità formale, la liceità di ogni prassi sessualistica e altre variazioni sul tema. Questi esperti di “scienza sessuale” consideravano e considerano i dettami della Bibbia e della Chiesa alla stregua di vincoli forse utili in tempi primitivi e per popolazioni semibarbare, non soltanto superati, ma irrealizzabili e inutilmente opprimenti. Perché il genere umano raggiunga la felicità conviene piuttosto che l’edonismo, con il libero appagamento dei sensi, ritorni in auge come nei secoli aurei del paganesimo.
Mettetevelo in testa anche voi, lettori di Riscossa Cristiana. Piantatela di lagnarvi, aggiornatevi e accettate di essere chiamati, da adesso in poi, non più uomini e donne ma “cisessuali”: persone, in sostanza, con un’identità sessuale che coincide esattamente con quella biologica; maschi con l’attributo, ecco, e femmine con l’attrezzatura. Il neologismo suona un po’ banale, in realtà, e pure del tutto inutile. Ma che volete farci. Ormai le parole sono usate per violentare la natura, per nascondere la realtà. Proprio come nel caso di “genitore 1” e “genitore 2”. Non sarete per caso ancora fermi a mamma e papà, vero?
3 commenti su “La “Marcia delle donne contro Trump” e il litigio con la “comunità” lgtbxyz – di Léon Bertoletti”
L’idiozia del diritto democratico non ha limiti: avanti di questo tragicomico passo diventerà “violazione della privacy” e “discriminazione” anche la casellina da barrare nei moduli anagrafici alla voce “sesso”: M o F ?
Se è per quello, caro Ioannes, all’Ospedale di Verona un anno fa c’era già un modulo da compilare dove non si richiedeva più il “sesso”, ma il “genere”.
E così nella fretta di fare la pentola, si sono dimenticati il relativo coperchio.