Calendario tradizionale. Giovedì 17 novembre 2016. San Gregorio, Vescovo e Confessore. Per il Martirologio clicca qui
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Gentili amici,
restiamo fedeli al nostro impegno nella preghiera di riparazione, quanto mai necessaria di fronte alle continue offese che si commettono, in una società completamente secolarizzata, al Sacro Cuore di Gesù; rinnoviamo anche le preghiere affinchè il Signore doni Santi Pastori alla Sua Chiesa. Possiamo rileggere, cliccando qui, le modalità della preghiera di riparazione. È prezioso anche l’ausilio del libretto con gli Atti di devozione al Sacro Cuore e le Litanie del Sacro Cuore (clicca qui).
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Per la nostra formazione, leggiamo la prima parte de “L’Orazione”, Conferenza IX, tratta dalle Collationes di San Giovanni Cassiano. Il testo potrà anche essere scaricato in formato pdf cliccando qui; in tal modo potrete costituire e conservare la vostra biblioteca di letture di formazione.
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NOTIZIE E AVVISI
– I sacerdoti della Fraternità San Pio X celebrano la Santa Messa in rito antico in diverse città. Per l’elenco completo delle Cappelle in Italia e orari delle celebrazioni, clicca qui.
– Nella diocesi di Prato si celebra regolarmente la S. Messa in rito antico in latino, in seguito al Motu Proprio “Summorum Pontificum” del 2007 nelle seguenti chiese: la chiesa dello Spirito Santo a Prato(piazza del Collegio), ogni domenica e festa di precetto ore 17.00; la chiesa di Santa Cristina a Pimonte, ogni domenica ore 10.00; la chiesa di San Martino a Paperino a Prato la prima domenica del mese ore 16.00 e ogni giovedì ore 7.30; la chiesa del Sacro Cuore a Prato (Via Benincasa), tutti i primi venerdì del mese ore 21.00.
– Ogni domenica e festa di precetto a Firenze, alle ore 11.00 e alle ore 19.00, nella chiesa dei Santi Michele e Gaetano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al sabato le celebrazioni sono alle ore 7.30 e 11.00 e nei giorni feriali alle ore 7.30 e 18.30.
– Ogni domenica e festa di precetto a Belluno, alle ore 8.00, nella chiesa di Santo Stefano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.
– In Alto Adige/Sud Tirolo viene celebrata la Santa Messa in rito antico: ogni prima Domenica al mese a Silandro in via Ospedale alle ore 18, ogni terza Domenica al mese a Bolzano in via Weggenstein alle ore 18, ogni quarta Domenica al mese a Bressanone nella chiesa Mariahilf/Zinggen alle ore 18, ogni 8 del mese nella chiesa parrocchiale a Cengles alle ore 17.
– Ogni domenica e festa di precetto a Bergamo, alle ore 9.00 e ogni venerdì alle ore 20,30, nella chiesa della Madonna della Neve, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al termine della S. Messa del primo venerdì del mese, Adorazione Eucaristica e recita delle Litanie del Sacro Cuore di Gesù. Per essere aggiornati sulle celebrazioni in rito antico, cliccare su https://www.facebook.com/madonnadellanevebergamo/
– Ogni domenica e festa di precetto a San Lorenzo, frazione di Pizzoli (AQ), alle ore 18.00, presso l’Abbazia di Sant’Equizio, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.
– Ogni domenica e festa di precetto a Milano, nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, in largo Cairoli, viene celebrata alle 10.00 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico. Per informazioni:http://messatradizionalemilano.blogspot.it/ .
– Ogni domenica e festa di precetto, a Monza, viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 18.45, nella chiesa delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, via Italia 37. Per informazioni, cliccare “La Messa di sempre – Monza” .
– Ogni primo venerdì del mese, al Priorato Madonna di Loreto, a Rimini-Spadarolo, alle ore 21, Adorazione Eucaristica notturna per riparare le offese e gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù.
– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, Santa Messa domenicale in rito antico alle ore 10 e tutti i venerdì, alle ore 18.30, Preghiera di Riparazione (S. Rosario, Litanie del Sacro Cuore, Atto di riparazione ed altre preci anche per impetrare l’aiuto divino alla Chiesa martire della ferocia islamica). Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804.
– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani – mauro.faverzani@gmail.com
– Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.
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– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.
– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.
– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.
Paolo Deotto – Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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LETTURA DI FORMAZIONE
CONFERENZA IX: L’ORAZIONE – prima parte
tratta dalle Collationes di San Giovanni Cassiano
per scaricare il testo in formato pdf, clicca qui
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I- Premessa alla Conferenza
Le due conferenze seguenti, pronunciate dal venerando abate Isacco intorno alla ininterrotta continuità dell’orazione, adempiranno, con l’aiuto del Signore, la promessa da me avanzata fin dal secondo libro delle Istituzioni. Una volta compiuto il lavoro, io credo d’aver soddisfatto l’incarico ricevuto dal vescovo Castore, di felicissima memoria, ed espresso da voi, benignissimo vescovo Leonzio, ed Elladio, fratello santo. Mi scuso, prima di tutto, dell’ampiezza di questa trattazione, perché essa è stata estesa più largamente di quanto avevamo deciso nel periodo dei nostri progetti, pur avendo io cercato di trattarne in misura succinta e di aver lasciato moltissimi elementi nel silenzio. Di fatto, il beato Isacco, dopo aver trattato a lungo di diversi argomenti che io, per amore di brevità, ho lasciato da parte, così finalmente prese a parlare.
II- Le parole dell’abate Isacco sulla natura della preghiera
«Tutta la finalità del monaco e la perfezione del suo cuore tendono alla continua e ininterrotta perseveranza della preghiera e, in più, per quanto è concesso alla fragilità dell’uomo, all’immobile tranquillità della mente e ad una perseverante purezza, per effetto della quale noi andiamo in cerca instancabilmente ed esercitiamo continuamente non soltanto la fatica del corpo, ma anche la contrizione dello spirito. Esiste fra l’una e l’altra certo quale reciproco e inseparabile legame. E di fatto, come l’ordinamento di tutte le virtù tende alla perfezione della preghiera, così pure, se tutte queste esigenze non saranno fra loro congiunte e aggregate dal complemento della preghiera, non potranno certo perdurare ferme e stabili. Infatti, come senza tali requisiti non sarà possibile acquistare e assicurare una perenne e costante tranquillità di quella preghiera, di cui stiamo parlando, così pure quelle virtù che predispongono alla preghiera non potranno essere assicurate senza l’assiduità dell’orazione. E allora noi non potremo, con un discorso improvvisato, né trattare convenientemente dell’effetto della preghiera né introdurci nel suo fine principale, che si raggiunge con la costruzione di tutte le virtù, se prima, in vista del suo raggiungimento, non richiameremo ed esamineremo ordinatamente quegli elementi che occorre eliminare oppure disporre, e, in più, secondo il contesto del brano evangelico a, non saranno discussi e diligentemente aggregati i coefficienti che contribuiscono alla costruzione di quella spirituale e altissima torre. E tuttavia tali elementi né gioveranno, anche se preparati, né potranno essere sovrapposti l’uno all’altro per raggiungere opportunamente la sommità della perfezione, se prima, una volta effettuata la ripulitura dei vizi e rimossi i grossi e morti ruderi delle passioni, non verranno gettati sopra la terra viva e solida del nostro cuore, come si usa dire, anzi, sulla pietra evangelica, i fondamenti della semplicità e dell’umiltà; è con tali criteri di costruzione che si dovrà edificare la torre delle virtù spirituali al punto da venire immobilmente assicurati fino ad essere elevati con la fiducia d’una propria fermezza ai sommi fastigi dei cieli. Colui che si appoggerà su tali fondamenti, anche se cadranno scrosci di pioggia rovinosa, anche se irromperanno violenti rovesci di persecuzione alla maniera di colpi d’ariete, anche se si scatenerà la terribile tempesta degli spiriti nemici, non solo non lo colpirà alcuna rovina, ma quell’urto non riuscirà in alcun modo a smuoverlo dalla sua fermezza.
III- In che modo si raggiunge una preghiera pura e semplice
Ne segue allora che, affinché la preghiera possa riuscire coltivata con quel fervore e quella purezza, con la quale deve essere condotta, debbono essere osservate in tutti i modi le norme seguenti. Anzitutto dev’essere bandita nel modo più completo la sollecitudine provocata dalle tendenze carnali, in secondo luogo non si deve ammettere alcuna preoccupazione di qualche affare o di qualche altro stimolo, ma neppure, e del tutto, il loro ricordo. Nel modo stesso vanno eliminate le detrazioni, i vani colloqui o quelli prolungati, come pure le scurrilità. In modo completo dev’essere rimosso l’insorgere dell’ira e della tristezza, così come dev’essere estirpato il dannoso fomite della concupiscenza carnale e della brama del danaro. E allora, una volta distrutti ed eliminati tutti questi e simili vizi, i quali possono apparire perfino agli occhi degli uomini, e assicurata, come già abbiamo detto, una tale epurazione purificatrice, la quale si ottiene attraverso una purezza fatta di semplicità e di innocenza, occorrerà
gettare anzitutto i fondamenti inconcussi d’una profonda umiltà, i quali, ovviamente, siano in grado di sostenere quella torre che si eleva fino al cielo; in secondo luogo occorre aggiungere la costruzione spirituale delle virtù e impedire all’animo ogni distrazione e divagazione lubrica, in modo che a poco a poco l’animo stesso cominci ad elevarsi alla contemplazione di Dio e alla visione delle realtà spirituali. Tutto quello infatti che l’animo nostro ha concepito prima dell’ora dell’orazione, necessariamente ritornerà a farsi presente attraverso la suggestione della memoria, allorché noi ci metteremo a pregare. Perché, quali noi ci ripromettiamo di essere trovati durante la nostra orazione, tali dobbiamo disporci ad essere prima del tempo destinato alla preghiera. Nell’applicarci all’orazione la mente si ritrova nello stato in cui s’era precedentemente atteggiata: quindi, nel disporsi a pregare, ecco affacciarsi ai nostri occhi l’immagine del nostro abituale comportamento e perfino il ricordo delle parole e le impressioni dei nostri sentimenti, ed eccoci allora inclini, secondo le nostre disposizioni, alla irascibilità o alla tristezza, a risentire in noi i motivi della passata concupiscenza o della grottesca risibilità nel parlare, di cui c’è perfino vergogna a parlare, come pure il facile ricorso a precedenti discorsi. E allora, prima di metterci a pregare, procuriamo di escludere con sollecitudine, dall’intimità del nostro cuore, quanto non vorremmo vi entrasse, appunto per poter adempiere quello che ci è stato suggerito dall’Apostolo: “Pregate senza interruzione”, e ancora: “(Voglio che gli uomini preghino) ovunque si trovino, alzando al cielo mani pure, senza ira e senza contese”. Noi non saremo in grado di aderire a questi suggerimenti, se la nostra anima, purificata da ogni contagio dei vizi e dedita unicamente alle virtù come a dei beni ad essa connaturali, non si nutrirà della continua contemplazione di Dio onnipotente.
IV- Mobilità dell’anima, che vien paragonata ad una piuma
La natura dell’anima si può paragonare opportunamente ad una lanugine o ad una piuma leggera. Se l’umidità che sopraggiunge dall’esterno non corrompe e non penetra la piuma, essa, per la leggerezza della sua natura, con l’aiuto di un minimo soffio di vento, si leva verso le altezze del cielo. Ma se è appesantita e penetrata da qualche liquido, non solo non sarà più rapita dalla sua naturale leggerezza ai voli per l’aria, ma sarà precipitata, dal peso del liquido assorbito, verso la bassezza della terra.
La stessa cosa avviene per l’anima nostra. Se i vizi e le preoccupazioni mondane non l’appesantiscono, se l’umore della libidine non la corrompe, essa, sollevata dal privilegio naturale della purezza, si innalzerà verso le altezze, al più leggero soffio della meditazione spirituale, e, lasciando le cose basse della terra, volerà a quelle invisibili del cielo. Perciò noi siamo assai opportunamente ammoniti dal Signore nel Vangelo con questo comando: « Badate a voi stessi, perché i vostri cuori non si aggravino per crapula, o per ubriachezza, o per le preoccupazioni della vita ». Se dunque vogliamo che le nostre preghiere penetrino i cieli e li travalichino dobbiamo liberare l’anima nostra da ogni vizio terreno, mondarla dalle sozzure delle passioni, ridurla alla sua naturale imponderabilità. Allora la sua preghiera, non più gravata dal peso dei vizi, salirà fino a Dio.
V- Le cause da cui deriva l’appesantimento dello spirito.
Guardiamo ora da quali cause l’anima è appesantita, secondo la parola del Signore. Egli non ha parlato di adulterio, di fornicazione, di omicidio, bestemmia, furto: nessuno infatti ignora che queste colpe causano la morte e la dannazione eterna. Ha rammentato invece la crapula, l’ubriachezza, le cure, o preoccupazioni del mondo, le quali cose son tanto lontane da essere sfuggite o giudicate dannose dagli uomini del mondo, che perfino molti monaci lo dico arrossendo – vi si gettano dentro, come se fossero cose innocenti e utili.
Quei tre vizi, presi alla lettera, appesantiscono l’anima, separano da Dio, la precipitano a terra. Tuttavia è facile evitarli, specialmente per noi che siamo separati dal mondo e dal suo modo di vivere, con una distanza ben lunga, né abbiamo alcuna occasione, di farci prendere dall’affanno per le cose visibili, o dagli eccessi del bere e del mangiare.
C’è però un’altra crapula non meno dannosa, c’è una ubriachezza spirituale più difficile ad evitarsi, c’è una cura o preoccupazione mondana che assale anche noi, nonostante che abbiamo rinunciato completamente alle nostre ricchezze ed abbiamo eliminato ogni uso di vino e di banchetti. Quelle colpe non cessano di farci cadere nelle loro reti, anche se viviamo nella più completa solitudine.
Il profeta parla di noi quando dice: « Svegliatevi voi che siete ubriachi, ma non di vino ». Un altro profeta dice: « Stupite e strabiliate, brancolate e vacillate, inebriatevi ma non per vino, brancolate ma non per ubriachezza ». Il vino che produce questa ebbrezza non può essere altro che il « furore dei dragoni » di cui parla il profeta. Vedete ora da quale radice deriva quel vino. Dice ancora la sacra Scrittura: « La loro vite viene dalla vigna di Sodoma e dai dintorni di Gomorra ».
Volete ora conoscere il frutto di questa vite, il prodotto di questo tralcio? Ecco: « L’uva loro è uva di fiele, e i grappoli sono amarissimi ».
Certamente, se non saremo puri da ogni vizio e immuni dalla crapula delle passioni, avremo rinunciato invano all’abbondanza del vino e del cibo: il nostro cuore risentirà la pesantezza d’una ubriachezza e di una crapula più dannosa ancora.
A provare che le preoccupazioni della vita secolaresca possono talvolta cadere anche su di noi, a dispetto della nostra separazione dalla vita del mondo, interviene la regola degli anziani. Essi affermano che tutto quanto supera le necessità della vita quotidiana e i bisogni più elementari della carne, deve essere ritenuto una preoccupazione di questo mondo. Per esempio: se il lavoro a cui corrisponde un soldo di compenso basta per provvedere ai nostri bisogni, è male lavorare e affaticarci allo scopo di guadagnare due o tre soldi. Due tuniche bastano a coprirci: una per il giorno e una per la notte; non dobbiamo perciò procurare di possederne tre o quattro. Una o due celle basterebbero per ripararci, ma noi, presi dalle ambizioni secolaresche e dal desiderio di grandeggiare, ce ne costruiamo quattro o anche cinque, e le vogliamo riccamente ornate e più grandi di quel che chiedono le nostre necessità. In tutto ciò dimostriamo – per quanto ci è possibile – di essere presi dalle passioni e dalle concupiscenze del mondo.
VI- Visione di un monaco anziano circa l’ingiusto affannarsi di un confratello
Ci sono motivi chiarissimi per dire che tutto questo avviene dietro suggerimento del demonio.
Uno dei nostri anziani più stimati, passava un giorno presso la cella di un confratello, il quale era ammalato di quella malattia che stiamo descrivendo. Non passava giorno senza che quel monaco si inquietasse a riparare o costruire cose superflue. L’anziano lo vide di lontano, mentre s’affannava a spezzare una pietra durissima per mezzo di un maglio. Accanto a lui vide un Etiope che aveva intrecciato le sue mani a quelle del monaco, e tirava con lui colpi di maglio; inoltre lo provocava a quel lavoro accostandogli fiaccole ardenti. L’anziano si fermò a lungo, sia per osservare gli incitamenti del crudelissimo demonio, sia per ammirare la spaventosa illusione del monaco. Quando il poveretto, mezzo morto dalla dura fatica, vorrebbe prendersi un po’ di riposo, o metter fine all’opera, lo spirito maligno lo incita a riprendere il maglio, a non abbandonare l’opera intrapresa, ma a portarla a termine. Incitato così, il nostro monaco non sente affatto il peso di sì grande fatica.
Il vecchio monaco alla fine, profondamente commosso di questo inganno del demonio, si indirizza alla cella del confratello e lo saluta così: « Che cosa stai facendo, fratello? ». Quello risponde: «Lavoriamo su questa pietra durissima, per vedere se alla fine la manderemo in frantumi ». Allora il vecchio riprese: « Hai detto bene « Lavoriamo », perché non sei solo a tirar colpi di maglio: un altro è con te, che tu non vedi, ma sta al tuo fianco durante il lavoro, non già per aiutarti, ma per istigarti violentemente ».
Per dimostrare che l’anima nostra è immune dal contagio delle ambizioni secolaresche non basta dunque star lontani da quelle occupazioni che, anche volendo, non potremmo esercitare; non basterà disprezzare quelle cose alle quali non è possibile attaccarsi senza incontrare la disapprovazione degli uomini spirituali e di quelli mondani.
Noi dimostreremo di esserci liberati da quel male, se rifiuteremo con fermezza inflessibile anche le cose che si possono lecitamente usare, o che si potrebbero coprire con una certa apparenza di onestà.
Queste cose che sembrano da poco – anzi da nulla – e sono perciò comunemente ammesse dagli uomini della nostra professione, viste nella giusta luce, appaiono gravissime. Non sono certo meno gravi, per la nostra coscienza di monaci, di quel che siano le grandi colpe per la coscienza degli uomini mondani. Le cosiddette « cose da nulla » impediscono al monaco di purificarsi dalle scorie terrestri, per poi elevarsi a Dio.
Elevarsi a Dio : ecco dove il nostro cuore dovrebbe tendere incessantemente; la più piccola separazione dal sommo Bene dovrebbe sembrarci una morte: la peggiore delle morti.
Quando l’anima si sarà stabilita in questa tranquillità e si sarà sciolta da tutti i legami delle passioni carnali, per aderire con tutte le potenze del cuore a questo Bene unico e sommo, allora si avvererà il comando dell’Apostolo: « Pregate senza mai cessare »; « In ogni luogo innalzate le vostre mani pure, senza odio e senza contesa ». In forza di questa purezza l’anima si libera dai sensi e dalla terra, e si atteggia a somiglianza degli angeli. Allora, tutto quello che pensa o che fa, diventa preghiera pura e sincera.
VII- Domanda: se sia difficile conservare i buoni pensieri, o farli nascere.
Germano – Volesse il cielo che noi avessimo, nel trattenere i buoni pensieri, la stessa facilità che abbiamo nel concepirli! Essi invece, appena li abbiamo formati – col ricordo delle parole lette nei libri sacri, o con la memoria di qualche azione virtuosa, o per mezzo della contemplazione dei misteri celesti – prendono adagio adagio a fuggire dalla mente, e ben presto scompaiono. Se poi la mente scopre qualche nuova sorgente dei buoni pensieri, subito insorgono le distrazioni, e quei pensieri che eravamo riusciti a fissare, sia pur debolmente, se ne vanno, sospinti da una nefasta volubilità. L’anima è incapace di rimanere costantemente sui buoni pensieri. Anche quando sembra che in qualche modo riesca a conservarli, è lecito credere che c’è riuscita per caso, piuttosto che per la sua diligenza: Inoltre, come si potrà credere che la loro nascita dipenda dalla nostra libera volontà, se poi la loro perseveranza non dipende da noi?
Ma affinché l’esame di questo argomento non ci porti troppo lontano dal tema dell’orazione che abbiamo preso a trattare, lasciamo la questione riguardante l’origine dei buoni pensieri ad altro tempo, e intanto parliamo della natura della preghiera: è una questione che c’interessa tanto. Noi chiediamo che ci sia spiegato in che cosa consiste la preghiera. La questione è di grande importanza, dal momento che l’Apostolo ci esorta a non interrompere la preghiera: « Pregate – egli dice – senza intermissione ».
Noi desideriamo innanzi tutto che ci sia spiegata la natura della preghiera, poi quale sia la proprietà specifica di una preghiera incessante.
Infine desideriamo sapere quali sono i mezzi per rimanere nella preghiera e renderla perpetua.
L’esperienza quotidiana e il discorso che abbiamo udito dalle tue labbra santissime ci dimostrano che un cuore mediocremente impegnato non arriva a questa forma di preghiera. Eppure, la tua dottrina ha riposto il fine del monaco e il culmine della perfezione, nella preghiera perfetta.
VIII- Le diverse forme della preghiera
ISACCO: «Io sono del parere che senza una grande purezza del cuore e dell’anima e senza l’illuminazione dello Spirito Santo non sia possibile comprendere tutte le specie della preghiera. Tali specie sono tante, quante in un’anima, o meglio, in tutte le anime, possono esservi prodotti i generi e le forme differenti. Pertanto, sebbene risulti che per l’inettitudine del nostro cuore noi non riusciremo a individuare tutte le specie proprie della preghiera, tuttavia, per quanto la mediocrità della mia esperienza lo consentirà, tenteremo in ogni modo di discorrerne. Infatti, secondo il grado della purezza, alla quale ogni anima tende, e secondo la disposizione effettiva, in cui, o per motivi esteriori o per la sua operosità, ogni anima si perfeziona, quelle varie specie di preghiera in ogni momento si modificano; ne segue allora con certezza che da nessuno possono essere pronunciate preghiere sempre uguali. E in realtà ognuno prega in un modo, allorché si sente lieto, e invece prega in altro modo, quando si sente oppresso dal peso della tristezza o della disperazione; prega in un modo, quando si sente forte per i successi del suo spirito, e in un altro modo, allorché è preso di mira dall’assalto delle tentazioni; in un modo, allorché chiede il perdono per i propri peccati, in un altro, quando domanda l’acquisto d’una grazia o prega per ottenere la sicura estinzione di qualche vizio; in un modo, allorché si sente contrito nella considerazione dell’inferno e per il timore del giudizio futuro, in un altro, quando s’infiamma per la speranza e il desiderio dei beni futuri; in un modo, allorché si trova nelle necessità e nei pericoli, in un altro, quando vive nella sicurezza e nella tranquillità; in un modo, allorché viene illuminato dalla rivelazione dei misteri celesti, in un altro, quando si sente represso dalla sterilità in fatto di virtù e dall’aridità in fatto di aspirazioni.
IX- Le quattro specie di preghiera
Quindi, una volta richiamati questi accenni intorno alla varietà delle preghiere, benché non sia stato esposto da me quanto l’importanza della materia esigeva, ma solo quanto l’ha permesso l’angustia del tempo e, senza dubbio, la ristrettezza del mio ingegno e il torpore del nostro cuore, subentra ora per noi una difficoltà ben più grande in vista dell’esposizione delle varie specie della preghiera, trattate ognuna singolarmente, così come l’Apostolo le ha distinte, distinguendole in quattro forme: “Raccomando prima di tutto che si facciano obsecrazioni, orazioni, suppliche e ringraziamenti per tutti gli uomini”. Non v’è alcun dubbio che tale distinzione sia stata fatta dall’Apostolo non senza motivi fondati. Anzitutto dovremo indagare che cosa egli intenda per obsecrazioni, orazione, supplica e ringraziamento. In secondo luogo occorrerà ricercare se queste quattro specie di preghiera siano da praticare tutte contemporaneamente, vale a dire, se occorra associarle insieme ogni qualvolta che uno si mette a pregare, oppure siano da offrire a Dio alternativamente e singolarmente, come, per esempio, se si debba prima praticare le obsecrazioni, poi le orazioni, poi le suppliche e i ringraziamenti, ovvero se uno debba offrire le obsecrazioni, uno le orazioni, un altro le suppliche, un altro ancora i ringraziamenti, in rapporto cioè alla propria età, relativamente alla quale ogni anima riesce a progredire in proporzione al proprio impegno.
X- Quale è l’ordine da osservare nella pratica delle quattro specie di preghiera
In primo luogo occorre trattare delle proprietà stesse dei vocaboli e dei termini, e così esaminare bene quale differenza intercorra fra orazione, obsecrazione e supplica; in secondo luogo occorrerà decidere, in modo analogo, se sarà bene presentare quella successione singolarmente ovvero unitamente; in terzo luogo dovremo indagare se quell’ordine, disposto dall’autorità stessa dell’Apostolo, esiga d’essere in qualche modo ampliato a beneficio di chi ascolta, oppure debba essere accolta nella sua semplicità quella distinzione stessa, tanto da ritenere che la disposizione sia stata offerta dall’Apostolo con tutta indifferenza, ma una tale conclusione a me parrebbe assurda: non bisogna affatto ritenere che lo Spirito Santo abbia enumerato proprio per mezzo dell’Apostolo qualche provvedimento solo di passaggio e senza motivo fondato. Perciò noi tratteremo ogni parte a sé stante con lo stesso ordine con cui tutto abbiamo ricevuto, e ne tratteremo così come il Signore ci concederà di parlarne.