Calendario tradizionale. Giovedì 3 novembre 2016. Per il Martirologio clicca qui
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Gentili amici,
è difficile poter riassumere compiutamente la gravità di quanto è accaduto tra il 31 ottobre e il 2 novembre in Svezia. Nel dolore che stiamo vivendo siamo tutti chiamati a pregare in riparazione di questo ennesimo oltraggio al Sacro Cuore di Gesù; rinnoviamo anche le preghiere affinchè il Signore doni Santi Pastori alla Sua Chiesa. Possiamo rileggere, cliccando qui, le modalità della preghiera di riparazione. È prezioso anche l’ausilio del libretto con gli Atti di devozione al Sacro Cuore e le Litanie del Sacro Cuore (clicca qui).
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Per la nostra formazione, leggiamo “Cos’è la Liturgia”, tratto dal libro “Marcel Lefèbvre, Un Vescovo parla”. Il testo potrà anche essere scaricato in formato pdf cliccando qui; in tal modo potrete costituire e conservare la vostra biblioteca di letture di formazione.
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NOTIZIE E AVVISI
– I sacerdoti della Fraternità San Pio X celebrano la Santa Messa in rito antico in diverse città. Per l’elenco completo delle Cappelle in Italia e orari delle celebrazioni, clicca qui.
– Ogni domenica e festa di precetto a Firenze, alle ore 11.00 e alle ore 19.00, nella chiesa dei Santi Michele e Gaetano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al sabato le celebrazioni sono alle ore 7.30 e 11.00 e nei giorni feriali alle ore 7.30 e 18.30.
– Ogni domenica e festa di precetto a Belluno, alle ore 8.00, nella chiesa di Santo Stefano, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.
– In Alto Adige/Sud Tirolo viene celebrata la Santa Messa in rito antico: ogni prima Domenica al mese a Silandro in via Ospedale alle ore 18, ogni terza Domenica al mese a Bolzano in via Weggenstein alle ore 18, ogni quarta Domenica al mese a Bressanone nella chiesa Mariahilf/Zinggen alle ore 18, ogni 8 del mese nella chiesa parrocchiale a Cengles alle ore 17.
– Ogni domenica e festa di precetto a Bergamo, alle ore 9.00 e ogni venerdì alle ore 20,30, nella chiesa della Madonna della Neve, viene celebrata la Santa Messa in rito antico. Al termine della S. Messa del primo venerdì del mese, Adorazione Eucaristica e recita delle Litanie del Sacro Cuore di Gesù. Per essere aggiornati sulle celebrazioni in rito antico, cliccare su https://www.facebook.com/madonnadellanevebergamo/
– Ogni domenica e festa di precetto a San Lorenzo, frazione di Pizzoli (AQ), alle ore 18.00, presso l’Abbazia di Sant’Equizio, viene celebrata la Santa Messa in rito antico.
– Ogni domenica e festa di precetto a Milano, nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, in largo Cairoli, viene celebrata alle 10.00 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico. Per informazioni:http://messatradizionalemilano.blogspot.it/ .
– Ogni domenica e festa di precetto, a Monza, viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 18.45, nella chiesa delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, via Italia 37. Per informazioni, cliccare “La Messa di sempre – Monza” .
– Ogni primo venerdì del mese, al Priorato Madonna di Loreto, a Rimini-Spadarolo, alle ore 21, Adorazione Eucaristica notturna per riparare le offese e gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù.
– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, Santa Messa domenicale in rito antico alle ore 10 e tutti i venerdì, alle ore 18.30, Preghiera di Riparazione (S. Rosario, Litanie del Sacro Cuore, Atto di riparazione ed altre preci anche per impetrare l’aiuto divino alla Chiesa martire della ferocia islamica). Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804.
– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani – mauro.faverzani@gmail.com
– Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.
– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.
– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.
– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.
Paolo Deotto – Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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LETTURA DI FORMAZIONE
Che cos’è la liturgia?
di Mons. Marcel Lefebvre
per scaricare il testo in formato pdf, clicca qui
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In questo brano raccogliamo alcune considerazioni che Mons. Lefèbvre indirizzò il 25 marzo 1963 ai membri della Congregazione dello Spirito Santo, l’Ordine religioso missionario di cui all’epoca era Superiore, durante la prima sessione del Vaticano II, e alcune altre riflessioni maturate nel 1965, tra la terza e la quarta sessione conciliare. L’argomento in oggetto è la liturgia: che cosa è, su cosa si fonda, a cosa tende. Le belle pagine che seguono mostrano come prima della pars destruens – quella che lo porterà qualche anno dopo a rifiutare, per il bene della Chiesa e del sacerdozio, il Messale riformato – in lui venisse sempre la pars costruens, cioè quell’amore per la liturgia e quel desiderio di comunicarla alle anime che sono alla base dello spirito sacerdotale.
Fondamenti della liturgia
Il complesso della preghiere che hanno la loro origine nella Chiesa, quelle che furono da essa formulate, raggruppate, armonizzate intorno ad atti prescritti, forma quella mirabile liturgia che è l’espressione della fede, della speranza, della carità della Chiesa di questa terra verso Dio, per mezzo di Cristo Nostro Signore. Il pensiero di questa liturgia è tutto orientato per prima cosa verso Dio, che introduce la Chiesa nella vita trinitaria. Il Padre si compiace nella sua Chiesa perché vi ritrova ovunque il suo Figlio diletto che non ebbe altro desiderio se non quello di accendere del suo Spirito di verità e d’amore la Chiesa, in tal modo veramente assunta alla vita trinitaria.
Ma come tutto ciò che procede dalla Trinità è fatto per viverne e ritornarvi, così la Chiesa, a immagine della Trinità e nel suo spirito d’amore, trae tutte le anime che a essa vengono e che odono il suo appello, a quella nuova vita divina, in Gesù e per virtù dello Spirito Santo. Essa le genera, le nutre, le trasforma nella e mediante la sua liturgia. Si può dire in verità che la liturgia è il cuore della Chiesa, ove le anime trovano il nutrimento completo, l’alimento perfetto della loro vita spirituale, l’insegnamento della verità, la stima dei veri valori e della loro gerarchia, l’apprendimento di tutte le virtù. È nell’atmosfera della liturgia che sono nati le scuole, gli ospedali religiosi, gli ospizi, la formazione del chierici, l’apprendimento della cultura e dei mestieri, le scienze e le arti in novitate spiritus.
La storia della civiltà cristiana trova il suo fondamento, il suo sviluppo, la sua vitalità nella grande preghiera pubblica della Chiesa che infonde lo spirito di carità, lo spirito di giustizia a coloro che ne vivono. Tutte le iniziative caritatevoli e sante hanno origine nello spirito che ci è dato dai Sacramenti e dal Sacrificio dell’altare.
Rinnovamento liturgico
Ecco perché dobbiamo profondamente rallegrarci di constatare nei nostri contemporanei un grande desiderio di vivere della liturgia, un nuovo apprezzamento di questa sorgente incomparabile dello spirito di Dio.
[…] È la Chiesa tutta intera a provare questo desiderio di rimettere la liturgia al suo vero posto nella vita cristiana. I Papi per primi furono all’origine di tale rinnovamento, non esprimendo così, d’altronde, se non ciò che numerosi Vescovi, sacerdoti e fedeli sentivano nel loro intimo. Non è forse questa, del resto, la maniera d’agire profonda e soave dello Spirito Santo?
Liturgia e apostolato
Ma la questione di ciò che si può chiamare la rinascenza liturgica pone problemi fondamentali per la Chiesa intera. Effettivamente, qual è il compito della liturgia nell’apostolato della Chiesa? La riforma del complesso liturgico edificato nel corso dei secoli deve vertere sull’aspetto del culto liturgico, oppure puntare sulla liturgia come mezzo di apostolato? Ridurre la liturgia a mezzo di apostolato, non più considerandola nel suo aspetto di culto pubblico e di lode a Dio, non significherebbe in realtà sottovalutarla? La disistima della liturgia deriva soprattutto dalla presentazione liturgica di atti e insegnamenti che serbano in sé un valore sempre ugualmente vivo o, al contrario, ha la sua origine nella diminuzione dello spirito di fede e dello spirito religioso nei fedeli, e ciò per motivi estranei alla liturgia?
L’attività umana è divenuta talmente estranea a Dio, talmente remota dal suo Creatore, dal suo spirito vivificante, che le anime ancora religiose aspirano a riannodare i legami spezzati tra la preghiera e l’azione.
Sarebbe troppo semplice e quasi puerile accusare la liturgia, nel modo in cui attualmente si esprime e si attua, di essere all’origine della diminuzione di fede nei fedeli, e di esserne la causa unica o perlomeno principale.
Papa Pio XII diceva ai parroci e ai quaresimalisti: «Quando noi consideriamo l’umanità che ci circonda e ci chiediamo se sia disposta e atta a ricevere in sé questa realtà della vita soprannaturale, è evidente che per molti la risposta non può essere affermativa. Il mondo soprannaturale è loro divenuto straniero, non dice loro più nulla. È come se gli organi spirituali della conoscenza di verità così alte e così salutari fossero in loro atrofizzati o morti. Si è preteso spiegare un tale stato d’animo con questo o quel difetto della liturgia della Chiesa; si è creduto che basterebbe purificarla, riformarla, onorarla, per vedere quelli che oggi errano ritrovare la via dei santi misteri. Chi ragiona così mostra di avere una concezione superficialissima di quell’anemia e di quell’apatia spirituale. Essa ha radici ben più profonde» (17 febbraio 1948).
Diciamo dunque senza esitazione che certe riforme erano necessarie […], purché a un certo punto ci si arresti, essendo inconcepibile che si modifichino continuamente i testi e le traduzioni ufficiali.
Ma perché il rinnovamento liturgico sia pienamente efficace, è forse ancora più necessario riannodare i legami della preghiera liturgica, della lode di Dio – legami naturali e legami soprannaturali – con le attività quotidiane. Omnia instaurare in Christo: instaurare tutto in Cristo, vale a dire soprattutto la famiglia, la scuola, il borgo, la professione, la città. Bisogna rifare questo lavoro con l’aiuto delle famiglie cristiane e con il concorso di tutti i movimenti di Azione cattolica e altre associazioni che si industriano di dilatare il Regno di Nostro Signore.
È necessario, onde ben situare la riforma liturgica, considerare in maniera chiara ed evidente come la liturgia, che è innanzitutto lode di Dio, sia un culto pubblico e veramente una preghiera della società, della comunità vista in tutti i suoi aspetti.
Le grazie della liturgia discendono sul popolo cristiano e sul mondo per santificarlo in tutte le sue attività.
Lo spirito del mondo ha ricacciato nella chiesa e rinchiuso nei limiti dei luoghi di culto la liturgia, la preghiera pubblica e i ministri dell’altare, invadendo campi che erano sottomessi allo spirito cristiano e scavando così un abisso tra la preghiera e l’azione, tra la chiesa e la scuola, tra l’altare e la professione, tra l’Eucaristia e la città; ha distratto gli uomini dalla preghiera, la cui efficacia non si mostra più nella vita.
Non è forse questo uno dei motivi della sclerosi della liturgia all’interno delle chiese stesse? La liturgia, mutilata del suo normale effondersi in tutta la vita esteriore, è divenuta sotto certi aspetti incomprensibile alle anime semplici, per le quali sono necessarie le manifestazioni popolari che prolungano il culto all’esterno della chiesa.
Ma lasciamo per momento quest’ultimo aspetto […] per tentare di precisare come può concepirsi una nuova espressione della liturgia e quali sono i princìpi che debbono guidarci in questa materia.
Princìpi direttivi di una riforma liturgica
Carattere umano della liturgia
Riconosciamo in primissimo luogo che la liturgia ha un doppio carattere che la segna e la segnerà sempre. Un carattere profondamente umano: Sciebat quid esset in homine («Egli sapeva che cosa c’è nell’uomo», Gv 2,25). La psicologia di Nostro Signore è impressa nella liturgia, egli conosce i bisogni profondi degli uomini, delle loro povere anime ferite dal peccato, ma anche anime di fanciulli di fronte al loro Padre celeste, anime sensibili alla Passione del Figlio di Dio, anime fiduciose verso ciò che rappresenta per esse la loro madre Chiesa, anime più sensibili agli esempi che alle parole, più commosse dal canto che dalla lettura, meglio toccate da una parola viva che da una recitazione, anime preoccupate di un perdono visibile, anime più facilmente educate dagli occhi che non dagli orecchi.
Egli sa, il nostro Maestro, che tutto questo è necessario, o almeno utile alla nostra santificazione, all’elevazione delle nostre anime verso di Lui.
Carattere divino della liturgia
A tale carattere umano della liturgia deve aggiungersi, ancor più reale, il suo carattere divino. Tutto ciò che vi è di umano in essa serve a condurci a Dio, per mezzo di Nostro Signore, nello spirito di luce e di carità.
Siamo alla soglia del mistero della liturgia. Fin qui essa poteva somigliare a tutte le iniziazioni dei riti pagani. Entriamo ora nella sfera divina, nella quale Dio stesso si è incaricato di guidarci.
Nostro Signore ha detto: Nemo venit ad Patrem nisi per me («Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me», Gv 14,6). Più nessuno va al Padre senza passare per Lui, per il Suo sacrificio, per la Sua preghiera. Così, dunque, solo la sua liturgia apre i misteriosi orizzonti celesti in tutta la loro realtà, in tutta la loro unione con le realtà terrestri.
Il ministro perfetto della liturgia è il Pontefice, colui che getta il ponte tra le realtà di quaggiù e la vita eterna.
Nostro Signore era il solo a conoscere suo Padre: Neque Patrem quis novit nisi Filius («Nessuno conosce il Padre se non il Figlio», Mt 11,27). Il cielo, vale a dire il Padre, resta per noi il grande mistero, e il dovere della liturgia è di rispecchiare questo mistero, nei suoi silenzi o in talune delle sue cerimonie simboliche, in certi suoi riti e in tutta la sua atmosfera architettonica, musicale, ornamentale, rituale.
Bisogna dunque che tutto in essa sia nobile, grande, bello, ordinato, a immagine di Dio stesso presente nel santuario, perché il tempio non è anzitutto casa del popolo di Dio ma è principalmente domus Dei, dove il popolo viene a incontrare, a trovare Dio e a comunicare con Lui.
La liturgia deve dunque conservare sempre ed essenzialmente questi due caratteri fondamentali, essere ciò che è: divina e umana, con orientamento dell’umano verso il divino che è il suo fine ultimo. L’uomo che si accosta a Dio non può divenirne che più umano, ritrovare la vera immagine divina secondo la quale è stato creato: «Rivestitevi dell’uomo nuovo, creato a immagine di Dio nella giustizia e santità verace» (Ef 4,24).
Solo ricordando questi princìpi fondamentali del mistero di Dio e della psicologia umana, con tutti i dati della teologia del peccato e della giustificazione, della redenzione operata da Nostro Signore, del suo Sacrificio e dei suoi Sacramenti, e con i dati della vera filosofia concernente l’educazione e l’insegnamento della verità e che abbraccia tutte le facoltà del corpo e della mente, potremo dare ai ritocchi liturgici il loro giusto luogo, la loro vera opportunità.
Sforziamoci dunque di circoscrivere a di definire più da presso il problema che ha tanto preoccupato i Padri conciliari.
Elemento umano importante: l’intelligenza dei testi
Per partecipare realmente a questi misteri della liturgia, l’anima fedele prova il bisogno di sempre meglio e più profondamente comprendere i testi liturgici e di associarsi intimamente a ciò che si opera sotto i suoi occhi.
Essa cerca il suo nutrimento spirituale in quei mirabili testi carichi di verità e di vita; sembrerebbe dunque indispensabile offrirgliene l’intelligenza, si tratti di testi letti o di canti.
Lingua liturgica: universale o vernacola?
Converrà dunque facilitare tale comprensione. Da qui a concludere che si debba proscrivere una lingua incomprensibile il passo è presto fatto. Ma altre considerazioni ci invitano a riflettere bene prima di procedere a misure così radicali.
Vantaggi della lingua universale
In realtà conviene ricordare che noi partecipiamo a un’azione di Chiesa, di Chiesa cattolica, a una preghiera che ci insegna la nostra fede, la nostra fede cattolica. Così la liturgia, nella misura in cui serba un carattere universale, ci forma a una comunione cattolica e universale. Nella misura in cui la liturgia si localizza, si individualizza, essa perde questa dimensione universale e cattolica che s’incide profondamente nelle anime.
Sembra opportuno citare due esperienze dirette.
È innegabile che le azioni liturgiche, e l’azione per eccellenza, la Santa Messa, espresse interamente in lingua nazionale, come è il caso di taluni riti orientali, circoscrivono la comunità cristiana, le impongono dei limiti. Esse richiedono per le comunità in diaspora la presenza di sacerdoti dello stesso paese per celebrare il rito liturgico. Le comunità si isolano e i loro membri soffrono di tale isolamento. E non appare per nulla evidente che tali comunità siano più ferventi e più praticanti di quelle che fanno uso di una lingua universale, incompresa da molti ma suscettibile di traduzioni alla portata di tutti.
Un secondo fatto è quello che si manifesta nelle nuove comunità cristiane che traggono argomento proprio dall’universalità della liturgia cattolica come prova della verità della Chiesa cattolica contro la molteplicità, ad esempio, dei riti protestanti. È d’altronde questa una delle principali ragioni della coesione dell’Islam, che considera l’arabo classico come la lingua unica del Corano e giunge a interdirne la traduzione.
Prima considerazione che fa riflettere. Alludevamo all’espressione della fede universale cattolica grazie ad una lingua universale. Non si può negare che la fede sia condizionata dalla formulazione della preghiera liturgica: Lex orandi, lex credendi. La lingua unica protegge l’espressione della fede contro gli adattamenti linguistici nel corso dei secoli e, di conseguenza, la fede stessa. Le lingue parlate sono mutevoli e mobili. E se non si adatta via via l’espressione liturgica alla lingua dell’epoca moderna, si finisce a poco a poco con l’esprimersi ugualmente in una lingua incompresa, come è il caso della lingua usata nel rito etiopico, il gheez, che era la lingua corrente antica, ormai non più parlata né compresa.
Fine ultimo della liturgia: l’unione con Dio
Altra considerazione che ha il suo valore: l’intelligenza dei testi non è il fine ultimo della preghiera, né il solo mezzo di mettere l’anima in preghiera, vale a dire in stato di unione con Dio, che è lo scopo della preghiera.
L’oggetto proprio della preghiera è Dio. L’anima che si accosta a Dio e si unisce spiritualmente a Lui è in preghiera e si abbevera alle sorgente della vita.
Sarebbe dunque contrario al fine stesso dell’azione liturgica dedicare all’intelligenza dei testi un’attenzione tale che ostacoli l’unione con Dio.
D’altra parte l’anima semplice, non necessariamente colta, veramente cristiana, troverà la sua unione con Dio ora in virtù di un celestiale canto religioso, ora dell’atmosfera generale dell’azione liturgica, della pietà e del raccoglimento del luogo, della sua bellezza architettonica, del fervore della comunità cristiana, della nobiltà e pietà del celebrante, della decorazione simbolica, dell’aroma dell’incenso, etc.
Poco importa il piedistallo, purché l’anima si elevi in Dio e vi trovi il suo elemento soprannaturale, in virtù della grazia di Nostro Signore.
Tutte queste considerazioni non diminuiscono in nulla la necessità di cercare una miglior comprensione dei testi liturgici e una più perfetta partecipazione all’azione liturgica. Ma esse vogliono attenuare quella tendenza spontanea e imprudente a non concepire che un solo mezzo per giungervi, il quale sarebbe l’impiego puro e semplice della lingua parlata e la soppressione della lingua universale della Chiesa in tutta la Messa.
In conclusione: suggerimenti per l’avvenire
[…] In mezzo alle opposizioni, alle esagerazioni, alle discussioni che caratterizzano questo periodo di adattamento della liturgia, è possibile abbozzare alcune riflessioni? A vedere la rapidità, insolita per la Chiesa, con la quale in tutti paesi sono state applicate le decisioni conciliari, non si può non temere che certe misure trascinino con sé risultati imprevisti e infelici. Tale è il caso della devozione al Santissimo Sacramento, alla Vergine e ai Santi, le cui statue sono state rimosse da parecchie chiese, senza alcuna preoccupazione per la più elementare pastorale e catechesi, per il bello e buon ordinamento della casa di Dio, che è diventata una casa di uomini più che una casa di Dio, per la bellezza veramente divina dei canti latini, soppressi e non ancora sostituiti da melodie equivalenti.
Tuttavia, da queste constatazioni dobbiamo concludere che bisognava conservare tutte queste cose senza mutamento? […] No, qualche cosa era da ritoccare e da riscoprire.
[…] Fra qualche anno sarà indubbiamente più facile scoprire tali prospettive. Ma non è auspicabile che coloro che hanno vissuto la vita del Concilio si sforzino, in perfetta sottomissione al successore di Pietro, di determinarle al fine di suscitare le iniziative vere e generose scaturite dalla più pura tradizione della Chiesa, nascenti veramente dallo Spirito di Dio sempre vivo nella sua Sposa?
Vi potrà forse essere un adattamento della liturgia nel senso della lingua parlata per la prima parte della Messa, ma […] insistendo sulla preparazione dei fedeli e sulla loro istruzione liturgica per mezzo delle esortazioni e predicazioni dei pastori e dei catechisti; su una ricerca costante di comprensibilità dei Messali posti a loro disposizione, onde facilitare tale migliore intelligenza della liturgia e un’attiva partecipazione spirituale e soprannaturale all’azione liturgica. E, riducendo alle giuste proporzioni queste riforme di particolari, la Chiesa chiamerà tutti i suoi figli, e quelli che non lo sono ancora, ad accostarsi ai misteri divini per accostarsi al mistero di Dio, ad unirsi al Corpo e al Sangue della divina Vittima per vivere della vita trinitaria e accrescere così la vitalità del Corpo Mistico di Nostro Signore, la Santa Chiesa di Dio.
Poiché tutto è mezzo al fine essenziale, che è di salvare le anime restituendole alla loro filiazione divina.
[…] È chiaro che la prima parte della Messa, destinata a istruire i fedeli e a far loro esprimere la loro fede, aveva bisogno di raggiungere questi fini in maniera più netta e in certa misura più intellegibile. A tale scopo, secondo il mio umile parere, sembrerebbe utile ritoccare in primo luogo i riti di questa prima parte e introdurre qualche traduzione in lingua parlata.
Fare in modo che il sacerdote si accosti ai fedeli, comunichi con loro, preghi e canti con loro, si tenga pertanto all’ambone, legga nella loro lingua l’Epistola e il Vangelo; che il sacerdote canti con i fedeli il Kyrie, il Gloria e il Credo nelle divine melodie tradizionali. Tutte riforme felici che restituiscono a questa parte della Messa il suo vero scopo. L’ordinamento di questa parte istruttiva si faccia anzitutto in funzione della Messa cantata della domenica, in modo che questa Messa sia il modello al quale adeguare i riti di altre Messe: ecco altrettanti aspetti di rinnovamento che appaiono eccellenti. Aggiungiamo soprattutto le direttive necessarie ad una predicazione vera, semplice, toccante, forte nella sua fede e determinante nelle risoluzioni. Questo è uno dei punti più importanti da ottenere nel rinnovamento liturgico di questa parte della Messa.
Per i Sacramenti e i sacramentali, l’uso della lingua dei fedeli nelle parti didattiche ed esortative può essere utile, visto che li riguardano più direttamente e più personalmente, ma non così per gli esorcismi, preghiere e benedizioni.
Ma gli argomenti in favore della conservazione del latino nelle parti della Messa che si svolgono all’altare sono tali da poter sperare che in un giorno prossimo saranno posti dei limiti all’invasione della lingua parlata in questo tesoro di unità, di universalità, in questo mistero che nessuna lingua umana può esprimere e descrivere.
Quanto dobbiamo augurarci che l’anima dei fedeli si unisca spiritualmente, personalmente, a Nostro Signore presente nell’Eucaristia e al suo divino Spirito, così che sia assolutamente proscritto tutto ciò che può nuocere a questo scopo, come un’esagerazione di preghiere vocali e di riti, una diminuzione di rispetto per l’Eucaristia, una volgarità sconveniente ai misteri divini! Una riforma in questo campo non può essere buona se non assicura in modo più che certo i fini essenziali dei misteri divini stabiliti da Nostro Signore e trasmessi dalla Tradizione.
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Fonte: Marcel Lefèbvre, Un Vescovo parla, Rusconi Editore, Milano 1975, pp. 17-26 e 57-59.