di Piero Nicola

 

 

“Eravamo tanto stanchi e delusi, tanto sfiniti di amarezza e di fame, che più nulla sembrava potesse sollevarci dalla nostra miseria e dalla nostra prostrazione […] Fu in uno di quei giorni che, inatteso e grato come un sogno, mi venne il conforto di questo viaggio”.

Si trattava del viaggio di Tobia, o Tobiolo figlio di Tobia padre, compiuto con l’Arcangelo Raffaele: episodio narrato nella Bibbia, quale ci è giunto nella traduzione di San Gerolamo e assunto come testo della Volgata.

“Tutto il nostro male non era nella condizione di dolore, ma di aver perduto il senso di questa immediata e continua accessibilità, d’aver dimenticato che la soave presenza degli Angeli ci è sempre elargita e che basta cercarla perché di manifesti al richiamo della nostra occorrenza”. “La storia di Tobia era un esempio di questo cammino; era un momento dell’invisibile portato nell’esistenza; un sogno trasposto nella realtà. Così abbiamo cercato di scrivere questa storia, soltanto per abbandonarci più completamente al misericordioso soccorso di quella consolante evocazione”.

Con tali spiegazioni l’autore introduce il lungo racconto in cui, in prima persona, il giovane Tobia riferisce la sua meravigliosa avventura. L’originalità risiede nella descrizione dell’esperienza umana, psicologica e spirituale, avuta nella vicinanza con un essere apparentemente umano e, invece, angelico. Il quale non si rivela che alla fine, secondo un opportuno disegno divino.

A Ninive, terra di esilio e di persecuzione, il vecchio Tobia, già tesoriere a corte, dopo essere stato punito da un re malvagio perché dava sepoltura ai defunti israeliti lasciati ai cani, era stato colpito dalla cecità e ridotto in miseria insieme alla moglie e all’unico figlio. Oggetto dello scherno che spesso si accompagna alla cattiva sorte, e accorato dalle asprezze della sua donna, costretta a sostenere il carico della famiglia, il pio uomo decide di mandare il figliolo a Rages, distante molti giorni di cammino, da Gabele, a cui lasciò in custodia una forte somma di denaro, denaro ora necessario per alleviare le pene della madre e perché il ragazzo si faccia una famiglia sposando laggiù una fanciulla della propria stirpe. Allora, si presenta un giovane di straordinaria bellezza, che si offre di guidare il figlio sino a Rages, e che si conquista la fiducia dando un proprio nome di famiglia onorata, dicendo così una “misteriosa bugia”. Lungo il tragitto, si sarebbero fermati presso il parente Raguele, la cui figlia Sara aveva dovuto piangere la morte di molti fidanzati. Uno spirito maligno aveva messo a dura prova tanto il cieco Tobia quanto la povera ragazza, entrambi apparentemente castigati dal Signore e guardati con diffidenza o malevolenza dalla gente, mentre erano state afflizioni per il loro bene.

Il tema delle afflizioni mandate ai beniamini di Dio per il loro perfezionamento, è oggetto di un accurato svolgimento.

Rimasto solo con la sua guida, Tobia prova sentimenti nuovi e felici, sebbene non siano dissipate in lui le preoccupazioni dei genitori e quelle per le incognite del viaggio. L’accompagna anche la sensazione liberatrice di agire secondo un indirizzo a cui basta la sua ubbidienza. Giunti ad un fiume, quando egli vi si bagna e un grosso pesce sembra aggredirlo, il suo ineffabile compagno gli insegna a catturarlo. Gli dice di estrarne il cuore, il fegato e il fiele. Egli ne ricaverà un rimedio per suo padre, che accettò devotamente le disgrazie succedute alla fortuna. Il resto delle carni servirà loro da cibo. Ad una tappa successiva, l’Angelo in incognito gli consiglia di chiedere, una volta giunti alla fattoria di Raguele, sua figlia Sara in moglie, appartenendo ella alla sua stessa stirpe. Lo rassicura che il maleficio che le toccò non fu per castigo e per condanna. L’intruglio ricavato dalle viscere del pesce servirà anche a liberarla dal maleficio.

Sorge qui un significato eminente: il Signore vuole che, per certi suoi miracoli, si adoperino sostanze e riti di propiziazione. Il pesce ucciso, i suoi organi impiegati in atti rituali adombrano il Sacrificio.

Gli avvenimenti procederanno come previsto, attraverso le paure delle stesse persone timorate di Dio, il devoto Raguele e la madre di Sara, attraverso gli insegnamenti dell’Angelo, che li informa dello sbaglio di aver accettato i futuri mariti di Sara tra genti estranee alla propria tribù, e di essersi votati alla rinuncia di un ulteriore matrimonio della figlia.

Grandi festeggiamenti per lo sposalizio di Tobia e Sara. L’Angelo, recatosi a Rages, conduce l’invitato Gabele, al quale i due viaggiatori erano, in un primo tempo, destinati. Molte volte, l’empio gode della fortuna che spetterebbe all’onesto. Alla fine, però, Dio è giusto. Gli sposi partono con grande copia di armenti e molta servitù, dono di Raguele, e il denaro restituito da Gabele. Tutta questa ricchezza sembra sconcertare e distrarre l’attenzione di Tobia dal suo vero e celestiale benefattore. Ma giunti a Ninive, il figlio ridà la vista al padre, passandogli sugli occhi le sostanze del pesce, la gente accorre al miracolo, e l’Arcangelo si manifesta nella sua identità ai beneficati dal Signore, prima di scomparire.

lnbNino Badano (1911-1991) fu scrittore e giornalista. A ventitre anni dirigeva il settimanale della Gioventù Cattolica delle diocesi piemontesi, quando, per una vivace critica mossa al Duce, fu inviato al confino in Calabria. Poco tempo dopo aver fatto ritorno a casa, venne arruolato come ufficiale per la guerra d’Etiopia. “Radiato dall’Albo dei giornalisti” egli ricorda, “non potevo scrivere che nelle terze pagine di qualche giornale coraggioso, come l’Avvenire d’Italia di Manzini, e sulle riviste letterarie più tolleranti, a cominciare dal glorioso Frontespizio, dove ho incontrato amici indimenticabili, come Bargellini, Lisi, Betocchi, Giordani, Fallacara, Bugiani, La Pira, Occhini, Dell’Era, Soffici e altri, a Vita e Pensiero, a Maestrale di Adriano Grande, a Incontro di Vallecchi, a Meridiano di Roma, a Gioventù Italica, a Pro Familia, ecc. Poi è venuta l’altra guerra, che ho cominciato da richiamato sul fronte greco e ho finito nelle baracche di prigionia dei lager tedeschi. Il giornalismo vero e proprio ho potuto riprenderlo soltanto dopo: prima a Torino al Popolo Nuovo, poi a Roma al Quotidiano, che ho diretto per quattordici anni, al Giornale d’Italia che ho diretto per tre, e poi al Tempo dove sono stato per oltre venti anni fondista”.

Nel 1935 egli aveva pubblicato Giosué Borsi, riedito nel 1940: biografia del celebre letterato che, convertitosi dall’agnosticismo, divenne terziario francescano e morì volontario nella Grande Guerra. Del 1938 è il suo Ritorno in Africa Orientale. Altre sue opere, I primi giorni della Chiesa e gli ultimi (1973), E abitò tra noi (1980) uscirono presso l’Editore Volpe.

Nel settembre del 1945, un amico del Badano fece leggere ad Alberto Mondadori Viaggio con l’Angelo. L’editore rispose con note lusinghiere, confidando che il libro aveva suscitato in lui interessi biblici e ispirazioni, ma non vi trovò una collocazione nelle sue collane di narrativa. Questa lettera di risposta figura in fondo al volumetto, stampato soltanto nel 1997 a cura della Nuova A.G.P.

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