di M. Ioseph Poli
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I corpi marchiati da assurdi tatuaggi e cosparsi di piercing, l’abbigliamento trasandato e inopportuno, le barbe incolte, il parlare sboccato, l’abitudine di dare indistintamente del “tu” sono alcune delle espressioni estetiche e comportamentali di degrado in cui è facile imbattersi quotidianamente, soprattutto nel corso delle vacanze estive.
Si tratta della manifestazione eloquente di un imbarbarimento progressivo e trasversale – che tocca un po’ tutti i ceti sociali, ciò che resta degli schieramenti politici, le istituzioni civili e militari, e persino la Chiesa (si pensi al vestire sciatto ed al comportamento clownesco di certi preti e di certi vescovi, all’architettura ed agli arredi sacri di alcune chiese moderne) – imbarbarimento inteso come smarrimento della buona educazione, del buon gusto e del decoro.
A questo degrado non si oppongono – trattandosi di ulteriori manifestazioni di cattivo gusto – né il lusso sfrontato e l’ostentata ricchezza di beni materiali (vera o simulata che sia) dei parvenu e nemmeno il fare di certuni che si compiacciono delle bassezze altrui per esaltare se stessi, bensì uno stile di vita sobrio e conforme alle virtù del bonus civis che hanno informato la migliore romanità: virtù riprese ed esaltate nel loro più alto significato dal cattolicesimo.
Un modello di elevazione spirituale ed etica, a cui dovrebbero tendere, ciascuno secondo le proprie possibilità ed il proprio status, tutti gli italiani – almeno quelli che ambiscano ad essere degni dell’onore e della responsabilità che derivano all’Italia dal fatto di essere l’erede più diretta di Roma e della Cristianità – seguendo l’esempio dei maiores, ossia di coloro che ci hanno preceduto e che si sono distinti nell’esercizio delle virtù; coloro che costituiscono quella che potrebbe essere definita come la “aristocrazia perenne della nazione” (i santi, gli eroi, i virtuosi – tali in forza del loro radicamento nella Verità – espressi dalla Patria), la cui funzione è appunto quella di essere e di insegnare ad essere esempio.
Ecco il punto: essere esempio di virtù, non per l’orgoglio di apparire, ma per la volontà di riconoscere il Vero, il Bene, il Bello e di conformarvisi.
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6 commenti su “Riflessioni agostane in tema di sciatteria dilagante – di M. Ioseph Poli”
Vorrei sapere quali messaggi vogliono dare coloro che si presentano al prossimo con piercing e tatuaggi. E’ ovvio che mirano a proporsi e a fornire messaggi attraverso decorazioni e scempio del proprio corpo. Ho sempre pensato che tatuaggi e piercing sono il risultato di un malessere profondo, una sorta di monito nei confronti del prossimo, una barriera mirante a delimitare una profonda crisi interiore accompagnata sovente da una totale ignoranza verso i simboli. Sono d’accordo con gli autori dell’articolo, i quali vanno a toccare l’essenza della questione: rifarsi a un modello di elevazione spirituale ed etica, tendente verso il Cielo, consapevoli che noi siamo il risultato di chi ci ha preceduto e in noi continuano a vivere coloro che ci hanno preceduto. Guardarsi indietro non significa rifarsi solo a Virgilio, Seneca, Costantino, Dante, San Tommaso, Manzoni, Guareschi ma anche a coloro che hanno permesso quella vita alla quale siamo venuti. Quello che manca è proprio l’elevazione spirituale.
Vorrei aggiungere la mia personale esperienza estiva. Mi trovavo in un hotel che è stato invaso da alcune famiglie giovani con numerosi bambini: questi hanno monopolizzato tutti gli spazi comuni: urlavano e correvano su e giù a tutte le ore, rendevano impraticabile la piscina, facevano delle ore dei pasti un supplizio per gli altri adulti, ecc. Ho notato che i giovani genitori si presentavano usualmente in shorts e infradito – di plastica – e mostravano vistosi tatuaggi. Questi genitori non avevano sulle loro “belve” la benché minima autorità, Ne ho concluso che c’è diretta correlazione tra la dignità dell’aspetto e la civiltà del comportamento. Quei genitori distratti e inerti non avevano saputo educare i figli perché non possedevano nessuna cultura, nessun principio, in un certo senso non avevano più niente di europeo.
Questi sono i frutti del “vietato vietare”, delle teorie del dott. Spock, dell'”Immaginazione al potere” e di tutta l’altra melma sessantottesca
Ma cosa possiamo farci , se poi si trovano amministratori e polittici che definiscono quegli orrendi e fastidiosi pasticci , che troviamo in tutti gli angoli e muri delle nostre città, talvolta anche su monumenti , espressioni artistiche da valorizzare , le nostre città ormai stanno diventando come le città americane, ovunque solo squallore, però si finanziano le cose più inutili, e le chiamano cultura. Dico ,ma da dove può venire il buon esempio, se poi abbiamo rapresentanti, polittici bugiardi e spudorati, come non ne abbiamo mai avuti . Anche io conosco genitori giovani che hanno già iniziato i loro figli con orecchini a 8 anni, e parlo di figli maschi non femminuce. quindi cosa pensate che faranno da adolescenti, e poi da adulti?
Totalmente d’accordo. Ricordo che quand’ero piccolo (anni 50/60) tanto i miei genitori che i miei parenti ci tenevano che fossi “un bambino bene educato” e mi esortavano a “stare composto”, a non urlare quando parlavo, a non essere sguaiato (un prozio mi invitava a non fare “il cafoncello”…), a non “rispondere” (cioè a non rimbeccare qualora mi venisse impartito un rimprovero), insomma le basi della “creanza”.
Altri tempi, quando il viver civile era improntato ad alti princìpi, quando appunto era un viver civile, viver da civis, da cittadino, non da scimmia.
La scuola integrava gli insegnamenti casalinghi e se meritavi un rimprovero dai maestri non era certo il caso di lagnarsene coi genitori, ché si sarebbe scatenato un temporale.
Alle medie avevo un insegnante che usava metodi molto efficaci per insegnare a stare al mondo: sonori ceffoni e pedate alla Don Camillo che erano un vero gusto a vederli (meno a sentirli) e una specie di manganello di scoubidou da levare la pelle.
Ou sont les…
Io così ho insegnato a mia figlia ancora piccola, della quale tutti si stupiscono. “Com’è educata! Sta in silenzio! Gioca senza fare confusione! Non si alza da tavola finché non ha finito, e chiede il permesso! Non perde la pazienza! E’ gentile e servizievole con gli altri bambini!”. Tutte cose che ai tempi miei e più indietro erano semplicemente LA BASE da cui partire per dirsi normalmente educati. Temo solo che a lei, crescendo, questa educazione causerà solo guai: si troverà soverchiata dalla maleducazione altrui. Si sa, chi sgomita e urla oggi fa più strada di chi semplicemente se lo meriterebbe.