Il tradizionalista a intermittenza … pur celebrando la Messa in rito antico e vestendo talari inappuntabili e colletti romani alti tre dita se è un sacerdote, pur organizzando meritori convegni e comitati se è un laico, in forza della saltuarietà con cui estrae dal cassetto la Tradizione, si comporta come quegli eretici che secondo San Gregorio Magno “invitano la Santa Chiesa al mattino della verità, come se essa si trovasse nella notte dell’errore”.
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Ogni settimana Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti possono scrivere, indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni settimana sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
PD
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Giovedì 16 giugno 2016
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È pervenuta in Redazione:
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Gentilissimo Alessandro Gnocchi,
stufa di una Chiesa in cui non mi sento più da tempo a mio agio, mi sono avvicinata con sempre più interesse all’ambiente tradizionalista, non so se questo è il termine giusto. Mi rimane però una perplessità riguardo al concetto di Tradizione e al relativo utilizzo che alcuni ne fanno. Dico utilizzo perché mi pare che spesso la tradizione è considerata come un oggetto di proprietà da impiegare quando conviene ma da mettere da parte se diventa imbarazzante. Mi perdoni se non mi sono spiegata bene, ma la domanda che ho in testa è semplice: che cosa è la Tradizione e chi la serve veramente?
Grazie per l’attenzione
Manuela Schiaffino
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la sua domanda è semplice solo nella formulazione. Cercherò quindi di risponderle usando meno possibile parole mie. San Vincenzo di Lérins, nel V secolo, iniziava il suo Commonitorium citando una sentenza del Deuteronomio: “Interroga tuo padre e te lo racconterà, i tuoi vecchi e te lo diranno”, poi spiegava di aver ricevuto l’insegnamento della dottrina dei santi Padri e quindi spiegava che è veramente cattolico “ciò che è stato creduto dappertutto, sempre e da tutti”. Se vogliamo usare tre concetti, sono universalità, antichità e unanimità.
Questo criterio penso che le sarà utilissimo per giudicare quei tradizionalisti a intermittenza che tanto giustamente la scandalizzano. Con questa attitudine, dettata vuoi da scarsa dottrina, vuoi da pavidità, vuoi da fellonia, vuoi da interesse, vuoi da tutte queste cause insieme o variamente combinate, il tradizionalista intermittente infrange in un sol colpo i tre criteri della cattolicità enunciati da San Vincenzo di Lérins e, quanto meno, denuncia forti problemi con l’integrità della fede.
Pur celebrando la Messa in rito antico e vestendo talari inappuntabili e colletti romani alti tre dita se è un sacerdote, pur organizzando meritori convegni e comitati se è un laico, in forza della saltuarietà con cui estrae dal cassetto la Tradizione, questo soggetto, si comporta come quegli eretici che secondo San Gregorio Magno “invitano la Santa Chiesa al mattino della verità, come se essa si trovasse nella notte dell’errore”. Perché, alla fine, pur imbiancandosi il viso di cipria tradizionale quando va in società, non fa altro che insegnare una dottrina nuova affogando la verità nell’errore. E quanto più questo soggetto formalizza la sua intermittente adesione alla Tradizione, tanto più è dannoso. Diventa un tipico esempio di adepto del bi-pensiero, di cui Gorge Orwell parla in 1984.
Ma torniamo a San Vincenzo di Lérins per vedere a cosa porti l’abbandono della Tradizione:
“Le novità concernenti dogmi, cose e opinioni in contrasto con la tradizione e l’antichità, (…) una volta accettate, implicano che tutti i fedeli di tutti i tempi, tutti i santi, i casti, i continenti, le vergini, tutti i chierici, i leviti, i vescovi, le migliaia di confessori, gli eserciti dei martiri, un così gran numero di città e di popoli, di isole e di province, di re, di genti, di regni e di nazioni, in una parola il mondo intero, incorporato a Cristo capo mediante la fede cattolica, abbia per un così gran numero di secoli ignorato, errato, bestemmiato, senza sapere ciò che bisognava credere”.
Attorno al 350, al sorgere dell’apollinarismo, San Gregorio di Nazianzo, scriveva nelle sue Orazioni:
“Se la fede è cominciata solo trent’anni fa, mentre sono passati quasi quattrocento anni dalla venuta di Cristo, allora vano è stato il nostro Vangelo per così lungo tempo, ‘vana anche la nostra fede’, inutilmente i martiri hanno dato la loro testimonianza, inutilmente i grandi e importanti vescovi hanno guidato il popolo”.
Cara Manuela, se è complesso spiegare che cosa sia la Tradizione, come vede è però semplice dire che cosa non è Tradizione. Non è Tradizione l’idea malsana di un necessario progresso spirituale e teologico accettata in tutto o in parte. Questo criterio è sempre stato ben presente nella Chiesa. Prima ancora di San Gregorio di Nazianzo, Tertulliano, nel III secolo, nell’opera Sulla prescrizione degli eretici metteva in guardia da tale deriva spiegandone le conseguenze:
“Nel frattempo erroneamente si evangelizzava, erroneamente si credeva, erroneamente tante migliaia di migliaia furono battezzati, erroneamente furono eseguite tante opere di fede, erroneamente furono ordinati tanti sacerdoti, tanti ministeri, erroneamente, infine, furono coronati tanti martiri”.
La Tradizione, cara Manuela, in definitiva è la nostra casa. È la casa dei nostri padri ed è la casa dei nostri figli. Non è la casa di quei teologi e di quei pastori che preferiscono indulgere al proprio genio, alla propria pigrizia o alla propria paura piuttosto che servire la fede semplice della Chiesa, che preferiscono seguire nuove dottrine comode e inebrianti invece che servire la Verità.
Nel Commonitorium, San Vincenzo di Lérins parla della necessità della “comunione” con la Chiesa. E su questo concetto puntano tanto gli innovatori rivoluzionari quanto i tradizionalisti a intermittenza. Se lei, cara Manuela, farà notare loro che si discostano dalla via maestra della Tradizione, le rimprovereranno subito il grave peccato di “non essere in comunione con la Chiesa”, “non sentire cum Ecclesia”. Però omettono di spiegare che si tratta di una Ecclesia che hanno inventato loro stessi a propria immagine e somiglianza. La “comunione” a cui si riferiscono non è quella di San Vincenzo di Lérins, è un concetto esclusivamente orizzontale, che si sviluppa nello spazio, ma non nel tempo. È un luogo teologico dove ciascuno può scaricare quello che vuole, materiali nuovi di istantanea invenzione o anche vecchie macerie di riporto. Si accettano persino singoli elementi tradizionali, purché chi li porta gradisca che coabitino con elementi assolutamente antitetici. In omaggio al bi-pensiero, il portatore intermittente di Tradizione deve sentirsi, e volentieri si sente, in “comunione” con ciò che la nega.
Tutto questo, cara Manuela, è mostruoso, ma è possibile a patto che si accetti un’idea orizzontale di “comunione”, che non essendo fondata sulla Verità, si regge grazie al potere. E tanto più il potere viene esercitato in modo dispotico, tanto più diventa ab-soluto, tanto più è in grado di costringere a coesistere elementi contraddittori. Il pontificato di Bergoglio mi pare che ne sia un esempio lampante.
Nella vera Chiesa, invece, il concetto di “comunione” non è mai stato neppure pensabile senza un presupposto verticale. Fin dalla riflessione dei Padri è stato evidente che la vera “comunione” ci lega indissolubilmente con coloro che fin dal principio hanno seguito il Signore. Non lo scopro io, cara Manuela, lo dice San Giovanni nel Vangelo:
“Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo”.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
19 commenti su ““FUORI MODA” – la posta di Alessandro Gnocchi”
Questo articolo ha i riflessi di uno Swarovski!
Mio marito ed io siamo arrivati , per grazia di Dio, alla santaTradizione facendo tutte le tappe di questa ultima chiesa modernista. Andavamo in chiesa come due allocchi,cantavamo come tutti , inni mediocri e stupidi,ci davamo la mano al segno della pace , e via discorrendo. Ma con il passare del tempo ci chiedevamo, ma di che razza è questa chiesa? ma che dottrina e che modo di vivere propone ?Il sacrificio di nostro Signore che si celebra su un tavolone girando la schiena al Tabernacolo. SS. Ostie mostrate ai fedeli come fossero un oggetto da vedere.e non come offerta al Padre Eterno. Sacerdoti che non confessano mai,comunioni date nelle mani,talari buttati alle ortiche ,vangeli inerpretati alla rovescia;il catechismo per i bambini sia delle elementari che per i cresimandi era una miseria.etc. etc. Poi avemmo la grazia nel 2007 di andare alla S.Messa di sempre e d’allora non l’abbiamo più lasciata anche se spesso dobbiamo fare dei chilometri. Solo nella Tradizione c’è la Verità .
Cara Maria, il suo “itinerarium mentis Dei” è un mirabile esempio di quello che dovrebbero fare tutti i papolatri attuali, quelli che ci danno del “lefebvriano” quando ci sentono parlare, o ci leggono. Proprio l’altra domenica, in piazza, prima della messa, mi hanno avvicinato due “attivisti bergogliani” (papa Francesco ci ha detto di uscire dalle Chiese e così stiamo facendo, dicevano). Alle mie prime parole, mi sento subito dire “ma allora lei è un lefebvriano!”; sì, ho risposto, e ne sono fiero, per me non è un insulto, un’offesa, ma una medaglia al valore…e non abbiamo altro da dirci, né ora né mai, e li ho lasciati lì (moglie e marito? non saprei dire) a bocca aperta. Eh si, quando ci vuole, ci vuole. Brava Maria, cerchi di convincere altri a fare il suo stesso cammino di conversione. Complimenti !
Confermo. Gli antichi usavano la bella immagine della traditio lampadis: la tradizione è anche cultura. Ogni generazione illumina la successiva e se la continuità si spezza, ci si ritrova come noi oggi: al buio.
Cavalcoli è un ottimo esempio di tradizionalista ad intermittenza: pur di dare ragione a Bergoglio si permette di attaccare San Paolo e la Chiesa:
“San Paolo, con la sua famosa teoria del matrimonio come remedium concupiscentiae [cf. I Cor 7,9] ha evidentemente sott’occhio solo i bollori della gioventù e non la debolezza dell’anzianità. Si ha l’impressione che egli non consideri cosa buona l’atto sessuale, per cui diventa scusabile e tollerabile nel matrimonio: «è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non possono vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» [vv.8-9]. Ma tutto ciò sembra sottendere in Paolo una dissociazione per non dire una contrapposizione fra amore ed unione sessuale. Purtroppo non ci si è accorti per molti secoli che qui Paolo non riflette autenticamente la visione del Genesi e neanche quella evangelica, dove l’essere “una sola carne” è visto come qualcosa di buono, sia in se stesso [Gen 2], sia in rapporto alla procreazione [Gen 1].”
San Paolo “non riflette autenticamente…”? Ma come si permette? Chi si crede di essere, questo signore, per insultare così l’Apostolo delle Genti?
Siamo alla follia.
Vuol mettere, Alessandro, i teologi moderni con quel rigorista di S.Paolo? Ora ci siamo evoluti (ricorda l’evoluzione del dogma?) e si sa che il nuovo, in particolare il nuovo odieno, è di gran lunga migliore dell’antico; di quegli antichi che, poverini, rozzi come erano, capivano quel che capivano.
Al di là delle battute, Alessandro, è veramente uno strazio. Ogni giorno chiedo a Dio di mantenermi sulla retta via, perché i pericoli sono enormi.
Aggiungo che queste persone sono accecate dall’orgoglio, per me si tratta di questo.
Quindi Cavalcoli, per difendere Bergoglio, si permette addirittura di dire che la Chiesa avrebbe sbagliato per quasi 2000 anni…addirittura attacca lo stesso Depositum Fidei!
E non si accorge di cadere proprio sotto l’anatema di San Paolo (come Bergoglio, del resto)!
E che razza di teologo dogmatico è se non conosce (o se gli fa comodo fingere di non conoscere) il seguente DOGMA del concilio di Trento?
“Se qualcuno dice che lo stato coniugale deve essere anteposto allo stato di verginità o di celibato, e che non è migliore e più felice cosa (“melius ac beatius”) rimanere nello stato di verginità o di celibato piuttosto che contrarre matrimonio, sia anatema” (sess. 24,10, DS 1810).
Ranher sarebbe fiero di lui!
C’è una cosa che mi sconvolge più del modernismo sfacciato, sono le S.Messe circoscritte ad una riserva simil indiana. cioè, con il Summorum Pontificum sulla liturgia si è creata una cosa strana, un sacerdote che magari dice solitamente la messa nuova, la domenica per far contenti alcuni fedeli dice una S.Messa tradizionale, poi finisce tutto li, niente sacramenti tradizionali (prime comunioni, cresime, matrimoni, estreme unzioni, funerali, consacrazioni sacerdotali…), niente catechismo ai bambini ed adulti, tradizionale, niente, di niente. un contentino, per disadattati. Che razza di cattolicesimo è questo? Perchè la S.Messa non può essere detta ovunque e sempre? Magari come unica scelta? Non onora maggiormente Dio?, Non edifica meglio le anime? Non le educa a capire chi si va ad incontrare? Questo modo di fare non è cattolico e schizzofrenia, rende malati quanto il modernismo, perchè non si seglie, si tergiversa su cose essenziali, si è come banderuole al vento.
Perché, cara Annarita, temo che il rischio di beccarsi una parrocchia di altissima quota sia elevatissimo! E chi ha voglia di finire in montagna è Santo!
Consiglierei di adoperare, nella pratica, l’espressione della signora Manuela in modo rovesciato: cioè di “utilizzare la Chiesa attuale” (largamente deviata) come “oggetto di proprietà” (meglio, come “casa nostra”… non “cosa nostra”), e di “metterla da parte” se inizia a bestemmiare.
In altre parole: di andare a Messa sperando di non sentirne e vederne di troppo grosse. Nel malaugurato caso, andarsene fisicamente.
Proprio ieri sera mi è capitata, in una località per me nuova, una Santa Messa parzialmente rovinata dalle solite banalità alla moda nell’omelia, ma sostanzialmente assai decorosa, per la sincera devozione dei fedeli e l’ottimo canto di un coro non professionale.
Leggere Alessandro Gnocchi mi permettere di rafforzare la debole roccia della mia fede. La mia tradizione è stata la mia famiglia, che durante l’ultima guerra recitava il Rosario dopo cena. Entrai nel PCI dietro consiglio di un notissimo sacerdote che era molto impegnato nel nuovo corso rivoluzionario della Chiesa del Papa Buono. Naturalmente il mio nuovo obiettivo fu la classe operaia al potere e la distruzione della Chiesa obsoleta. Oggi mi ritrovo in mezzo ad una bella guerra, dove per molti sacerdoti la salvezza è di essere “aggiornati” sulle cose del mondo. Quindi, vanno all’università invece di confermarsi leggendo i Padri della Chiesa e rimanendo in chiesa a disposizione dei fedeli, e a pregare… Poiché sono impegnato a giudicarmi per i miei errori, non ho tempo per giudicare gli altri. Credo che il loro guaio sia l’uso eccessivo della mente, quando dovrebbe essere il Cuore, illuminato dallo Spirito Santo, a guidare giudizi e azioni.
Hanno inventato la democrazia per illuderci che siamo noi a comandare:qualcuno che non stia sugli scranni comanda? Può al massimo ottenere favori iniqui ma comandare no! Falsa illusione di chi ha il marchio sulla fronte (pensiero) e sulla mano (fare)-, manipolazione del cervello da coloro che ci de-ridono pure….ecco la democrazia introdotta qual cavallo di troia all’interno delle mura vaticane: dilagata ormai dal dopo-concilio (eretico come altri in passato, manco il primo ad esserlo) a livello di popolo .. e mi dicono ” ma io preferisco la messa in italiano ” (e magari son professori che insegnavano latino, sic), ma “io preferisco le donne all’altare, la comunione ai divorziati, è bene dare la comunione a luxuria..” E’ divenuta la ex katolica dove l’erba voglio la fa da padrone , frutto dellla democrazia e gli pseudosinodi hanno in maggioranza votato sulla verità come normalità e pure x…
.. hanno votato contro Gesù Cristo, contro san Paolo, contro la Chiesa…..a favore pure dell’omosessualità, conviventi, ecc…. Da troppi anni hanno accettato il compromesso e sono cotti poco a poco anche i migliori: non hanno la forza di saltar fuori dalla pentola “questa città è la pentola e noi siamo la carne…”, poi appunto ci sono quelli che amano l’indipendenza e c’è l’occasione buona x viverla, e poi ci sono quelli che continuano a portare occhiali rosa per poter vedere rosa il nero, e poi ci sono quelli che corrono dai pseudoveggenti a cercar una verità che scappa a casa , e poi e poi chi qua chi là: ognuno ragiona con la propria testa retta o bacata che sia, in buona fede o cattiva fede, chi cerca la verità è l’unico ad essere sulla giusta via.
Manca un Papa. Un cattolicesimo acefalo e si vede purtroppo, ormai ci sono i frutti e si vedono ormai pure quelli…
Che Gesù Cristo sia lodato!
Ieri eravamo in mensa aziendale, un pentecostale tradizionalista, un cattolico bergogliano e io un cattolico errante che va a messa da un bipolare tradizionalista come lei condanna usando ragionamenti.
Siamo persone per bene, neanche metto in dubbio questo.
Forse i tre ci rivedremo glorificati in paradiso. Chi lo sa.
Forse con anche lei e la sua Vera Chiesa si farà vivo da quelle terre.
Siamo sempre nel forse. Fidiamoci, forse, ci ritroveremo. Non c’è certezza della nostra santità, solo della onnipotenza di Dio.
Mi pare che la questione non sia quella del “tradizionalismo intermittente” quanto più prosaicamente della adesione al cattolicesimo ad intermittenza.
Vi sono cattolici intermittenti e non tradizionalisti intermittenti, se poi vogliamo mutuare il termine “tradizionalista” quale sinonimo di cattolico allora posso convenire con l’esame.
Il punto però va chiarito: per essere cattolici bisogna esserlo integralmente (ovvero sforzarsi di esserlo) e necessariamente nel solco
della Sacra Tradizione, che è fonte della stessa Rivelazione Divina. Chi deliberatamente accantona in tutto o in parte, o magari solo a volte, la Sacra Tradizione, per qualunque motivo, non è banalmente un tradizionalista ad intermittenza, ma è più precisamente un un falso cattolico (in talare o no), ovvero un eretico modernista (che si chiami Bergoglio o Cavalcoli cambia poco).
Un vero cattolico non può che tenere sempre in fermo e rigoroso ossequio il Dogma e la Tradizione Sacra, quale espressione della stessa Volontà Divina.
Ricordiamoci:che tre Coraggiosi Sacerdoti della diocesi di Novara nel 2007 dopo il Summorum Pontificum di benedetto XVI, decisero di celebrare solo ed esclusivamente la Santa Messa di sempre nel rito straordinario. Ebbene; questi Coraggiosi e forse unici Sacerdoti in tutti Italia sono stati vessati dalla cosidetta chiesa post-conciliare (mi rifiuto di chiamarla Chiesa Cattolica) con una durezza tale che addirittura uno dei tre Sacerdoti quasi dopo 10 anni si ritrova ancora senza una parrocchia e costretto a celebrare la Santa messa a casa sua, e questo da esempio ,nel caso che qualcun’altro nel futuro provi ad imitarli,
Funziona così in questa pseudo chiesa. Non bisogna stare con il Signore Nostro Gesù Cristo , ma con loro (vescovi massoni e modernisti), altrimenti ci si ritrova emarginati e martirizzati.
(Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo – chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si…
Si, ma è molto meglio dire la S.Messa cattolica a casa propria che dire quella moderna e voluta da massoni e protestanti, in una cattedrale. Nessuno, ci ha detto che essere cattolici sia cosa non impegnativa, roba da eroi. I santi hanno tutti virtù eroiche, non hanno vissuto nella bambagia.
Ottima riflessione.
Gentile Gnocchi, la citazione è della 1° Lettera di S. Giovanni.
lei scrive “lo dice san Giovanni nel Vangelo” nel senso che anche le lettere sono continuazioni della “buona notizia”?