MESSA NEL XXV DELLA CONSACRAZIONE
EPISCOPALE DEL SANTO PADRE
OMELIA DI SUA SANTITÀ PIO XII
Basilica Vaticana – Giovedì, 14 maggio 1942
Lasciate, diletti figli dell’Urbe, parte eletta dell’immenso ovile di Cristo, affidata in modo particolare alle Nostre cure pastorali, che Noi, Vescovo di Roma sotto il peso del Supremo Pontificato, vi apriamo il grato Nostro cuore per il sacro affetto di padre e di figli che stringe l’animo Nostro a voi e voi a Noi. La vostra presenza è un aperte pegno del dolce vincolo e della perenne devozione, immutata per secoli attraverso il variare degli eventi, onde il popolo romano è legato alla Sede di Pietro : sentimenti filiali, che voi oggi più vivi manifestate nella ricorrenza della Nostra consacrazione episcopale. La parola Nostra si rivolge a voi nella solennità di questo giorno, in cui tutto il popolo cristiano, che, sparso sulla faccia della terra, vive della fede di Roma, si unisce con Noi e con voi nell’adorare quel Dio, Salvatore degli uomini, asceso al cielo e sedente alla destra del Padre, quale nostro Avvocato presso di Lui.
Or ora, mentre ai piedi di questo Altare, fra i pensosi ricordi che commovevano e inondavano l’animo Nostro, indossavamo i sacri paramenti per prepararCi a celebrare il Sacrificio eucaristico, il Nostro sguardo, sollevandosi, contemplava risplendente dall’alto di questo meraviglioso baldacchino, in mezzo a raggi d’oro, l’immagine della colomba con le ali aperte, evangelico e confortante simbolo dello Spirito Santo Paraclito, che sta sopra la Chiesa e vi spira e diffonde i multiformi carismi della sua grazia e la copia della sua pace spirituale. E un simbolo che parla. E quando potrebbe parlare al cuore umano con più effusione di promesse, che in questa festività dell’Ascensione nella quale lo scomparire del Redentore agli occhi dei discepoli sul Monte Oliveto preludeva e sembrava aprire la via del cielo alle fiammanti lingue dello Spirito Santo discendenti sul Monte Sion?
Ascendiamo, diletti figli, anche noi con Cristo al cielo: disponiamo nel cuor nostro quelle ascensioni della fede che varca ogni nube, della speranza che sorpassa il tempo, dell’amore che conquista l’eternità. Nell’ora della sua ascensione Cristo diede agli Apostoli l’ultima lezione e l’ultimo comando. « Non appartiene a voi — Egli disse — sapere i tempi e i momenti, che il Padre ha ritenuti in poter suo»: ecco l’innalzamento della loro fede nella sommessione al governo di Dio sul mondo. « Riceverete la virtù dello Spirito Santo»: ecco l’innalzamento della loro speranza nel coraggio dell’operare. «Mi sarete testimoni . . . fino alle estremità della terra»: ecco l’innalzamento della loro carità con ogni sacrificio nella diffusione del Vangelo (Act. 1, 7-8). Son tre doni, tre virtù, tre ammonimenti, che hanno trionfato del mondo, hanno rigenerato e confortato l’uomo, hanno restaurato quaggiù il regno di Dio e aperto il regno dei cieli.
Eleviamo la nostra fede in quest’ora di uragano che rumoreggiando e imperversando travolge in lotta popoli e nazioni. Non spetta neppure a noi conoscere i tempi e i momenti che la potente mano del Padre nostro celeste regola, abbreviandoli o allungandoli con quel consiglio provvido e inscrutabile che ordina tutti gli eventi all’alto e segreto fine della sua gloria. Egli è il beato e unico Sovrano, Re dei re e Signore dei dominanti (1 Tim. 6, 15): non cambia in sé, ma governa e regge tutti i cambiamenti dei tempi e dei momenti con disegno immutabile, dando e togliendo la potenza a chi vuole, esaltando l’umile e abbassando il superbo, perché tutti gli uomini riconoscano che ogni potere viene da Lui, e che nessuna potestà avrebbero, se non l’avessero ricevuta dall’alto (cfr. Io. 19, 11). La nostra fede sormonta questo basso mondo; di questo mondo non è il regno di Cristo, se pur tiene il piede quaggiù: esso è dentro di noi. Cristo non era venuto a ristabilire, come chiedevano gli Apostoli, il regno d’Israele (cfr. Act. 1, 6), ma a testimoniare la verità che tanto ci sublima, la verità che è giustizia, che è pace, che è rispetto del diritto, che è libertà santa e inviolabile della coscienza umana, che è conforto anche in mezzo alle tribolazioni, ai dolori, ai lutti presenti; com’era conforto ai tempi e ai momenti dei martiri, com’è a voi, che della benigna provvidenza divina fate il fondamento che sostenta la vostra speranza.
Sì; la vostra speranza s’innalza nella virtù del Celeste Paraclito, sopravveniente in noi; speranza che non confonde, cui non oscura la nube, la quale vela al nostro sguardo Cristo che sale al cielo. Col crisma dello Spirito Santo il cristiano è soldato che resiste fino al sangue, combattendo contro il peccato; e, sull’esempio e la guida del suo Re Cristo, non si stanca, perdendosi d’animo; perché il nostro divin Capitano, pur asceso al cielo, è sempre con noi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli, e su questo altare si fa, nelle battaglie dell’anima, nostro cibo e nostra bevanda sotto la nube delle specie sacramentali. Presente e nascosto, combatte con noi; nei pericoli e nelle angustie, nelle tribolazioni e nelle pene, nei lutti e nelle morti sublima la nostra fiducia. Ardua, futura, ma, col nostro onnipotente Capitano che ci ha preceduti al cielo, possibile è ancora a noi la conquista del cielo, corona della nostra speranza. No, morendo in Cristo, noi non periremo. Se per questa vita solamente, gridava S. Paolo alle Genti, abbiamo riposto in Cristo le nostre speranze, siamo più miserabili di tutti gli uomini (1 Cor. 15, 19).
Non veniamo meno, diletti figli, alla fede e alla speranza. Anche sopra di noi è venuta la virtù dello Spirito divino, con lingue di luce e di fuoco, di quel fuoco della carità recato da Cristo in terra, perché si accenda e divampi nel mondo. Anche noi dobbiamo essere a Cristo testimoni fino alle estremità della terra, perché la fede di Roma è annunziata nell’universo mondo : la fede di Pietro e di Paolo, i due Principi degli Apostoli, fede che Ci par d’intravvedere in quei due personaggi in bianche vesti, i quali, all’ascensione di Cristo, si appressarono ai discepoli e dissero loro: « Uomini di Galilea, perché state mirando verso il cielo? Quel Gesù, il quale tolto a voi è stato assunto al cielo, verrà così come lo avete veduto andare al cielo» (Act. 1, 10-11). Non è questa la predicazione di Pietro e di Paolo? Non hanno essi annunziato al mondo e a Roma, e testimoniato col sangue che quel Gesù, che ora ci nasconde la nube della fede, è il Redentore del mondo, e vive alla destra del Padre, donde verrà a giudicare i vivi e i morti? Non è questo altare la confessione di Pietro che, davanti a noi e alle Genti, risponde a Gesù: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo. Signore, a chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna» (Matth. 16, 16; Io. 6, 69)? Confessate anche voi, diletti figli, Cristo; e il vostro amore per Lui sia la fiamma della carità verso il prossimo; la vostra lingua sia la vostra vita virtuosa; il vostro apostolato sia la luce di quell’azione religiosa e santa, intima e devota, che esalti e testimonii in faccia alle Genti la fede e la speranza di Roma.
L’esortazione del Redentore divino ascendente al cielo è anche per noi. Prendendo esempio da Pietro e dai discepoli nel primo Cenacolo della Chiesa nascente, il nostro cuore arde per elevarsi nella invocazione dello Spirito, Illuminatore, Maestro e Consolatore e da questo grandioso Cenacolo densissimo di fedeli sale al cielo l’umile grido della fervida preghiera: Veni Creator Spiritus!
O Spirito creatore, che, volando sulle acque dell’universo creato, rinnovasti la faccia della terra; tu che ai Romani presenti a Gerusalemme e ascoltanti la predica di Pietro (Act. 2, 10) facesti giungere il primo annunzio della verità e della salvezza; — ai figli di questa Roma, cuore del mondo, a cui Pietro più tardi con la sua vita di Apostolo e con la sua morte di martire doveva dimostrare la fermezza della sua fede, l’immobilità della sua speranza, la vastità del suo amore, «volgiti; e mira dal cielo e osserva e cura questa vigna e proteggi ciò che hai piantato di tua mano» (Ps. 79, 15 -16).
Scendi, o Spirito creatore. Sì. Tu sei già sceso, tu sei con noi; tu sei vicino alla Sposa di Cristo, tu sei la sua vita, la sua anima, il suo conforto, la sua difesa in ogni momento, e in particolar modo nei tempi dell’angustia e del dolore. Versa dall’alto tanta pienezza dei tuoi doni, che tutti, Pastore e gregge, irradino nel mondo il lume della loro fede, il sostegno della loro speranza, la forza del loro amore.
Per te, Spirito Illuminatore, Spirito di consiglio e di fortezza, le menti cristiane di ogni condizione, umile o alta, comprendano e sentano non solo la straordinaria gravità, ma anche la ponderosa responsabilità dell’ora presente, in cui un vecchio mondo, che tramonta nel dolore, ne sta generando uno nuovo. Rischiara a tutti, quanti portano in fronte il nome di Cristo, il sentiero angusto della virtù, che solo conduce a salvezza, affinché si scuotano dal sonno della indifferenza, della tiepidezza e della irresoluzione, e imprendano ad avanzare fuori dei disordinati avvolgimenti delle cose terrene.
Per te, Spirito Consolatore, ritorni vivificante non solo il lenimento della rassegnazione, ma soprattutto il vigore della fiducia agl’innumerevoli cuori che gemono e sono sull’infrangersi, accasciati sotto il peso degli affanni e delle strettezze, dei sacrifizi e delle ingiustizie, delle oppressioni e dell’avvilimento. Sii tu riposo nella fatica, refrigerio negli ardori, calore nel gelo, sollievo nel pianto. Sii padre agli orfani, difensore alle vedove, cibo ai poveri, sostegno ai derelitti, tetto ai profughi, tutela ai perseguitati, protezione ai combattenti, liberazione ai prigionieri, balsamo ai feriti, medicina agli infermi, rifugio ai peccatori, aiuto ai morenti. Consola e riunisci coloro, i quali con cuore puro si amano e che le dure vicende presenti han separati. Fa che là ove la voce dei conforti umani ammutolisce, parli il sorriso e la mano della carità cristiana; e dinanzi agli occhi della loro fede rifulga, arra di letizia che non viene mai meno, l’aurora del giorno, in cui la sovrabbondanza della tua ineffabile ricompensa adempirà la parola dell’Apocalisse : « Iddio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e morte non vi sarà più, né lutto né grida né travaglio, perché le prime cose saranno passate » (Apoc. 21, 4).
Per te, Spirito Maestro di verità, s’ispiri e si diffonda nei cuori e negl’intelletti degli uomini, non per timore del sacrificio, ma per morale risveglio, un intenso desiderio di pace, pace di giustizia, di moderazione e di saggezza, pace che nei suoi termini, nel suo fondo, nel suo compimento, non dimentichi la tua parola ammonitrice : « Non vi è sapienza, non vi è prudenza, non vi è consiglio contro il Signore » (Prov. 21, 30); e di tale pace al tempo stesso infondi in loro quella deliberata volontà, che non ne ricusa gl’indispensabili presupposti, le linee fondamentali, gli svolgimenti che ne conseguono. Fa che i Reggitori dei popoli elevino e dirigano il pensiero alla grandezza, alla dignità, ai benefici, ai meriti di così auspicata pace, e misurino i diritti di vita delle loro Nazioni, non con la lunghezza della loro spada né con l’estensione di ambiti vantaggi, ma secondo la santa norma della volontà e della legge divina.
O Spirito creatore, visita le menti dei tuoi fedeli e riempi i cuori della tua grazia; e finché durerà questo tempo di prove, con la onnipotenza dei tuoi doni, concedi a Noi, custode dell’ovile di Cristo, e a quanti ascolteranno la Nostra voce, di poter adempire e promuovere con ferma fede, lieta speranza e infiammata carità, la salutifera missione del Redentore lasciata ai suoi discepoli: Eritis mihi testes! sino al giorno in cui la Chiesa, deposte le gramaglie del suo indicibile dolore, potrà, riconoscente e giubilante, dinanzi al Dio di pace e al Sole di giustizia esclamare : «La destra del Signore ha fatto prodigi : la destra del Signore mi ha esaltata . . . Non morrò, ma vivrò, e racconterò le opere del Signore» (Ps. 117, 17). Così sia.
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