Ricevo e pubblico queste due lettere, una da Milano e l’altra dall’Argentina.
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DA MILANO
Gentile Magister,
nel post del 17 aprile mi sembra che lei abbia fatto notare – oltre al perentorio: “Sì. Punto” del papa sulla comunione ai divorziati risposati – che, sempre secondo il papa, il nuovo interprete ufficiale della esortazione apostolica “Amoris lætitia” è ormai il cardinale Schönborn.
Ma c’è di più. C’è stata da parte del papa l’investitura del “grande teologo” arcivescovo di Vienna a riferimento primo in materia di dottrina della fede, in quanto ha lavorato in quella congregazione e quindi “conosce bene la dottrina della Chiesa”.
Come già ha fatto con il cardinale Bagnasco e la CEI, così papa Francesco sta facendo con il cardinale Müller e la congregazione di cui è prefetto.
Sappiamo che il cardinale Müller si è da subito fermamente opposto a questa forzatura dottrinale, che è molto di più di un problema pastorale. Ma con lui anche altri autorevoli cardinali sono stati per questo messi alla gogna come “cospiratori” durante i lavori sinodali.
Sono fra i molti ai quali il papa ha raccomandato “lo psichiatra”, quando ha risposto riguardo all’incontro che aveva avuto col senatore Sanders, ma saggiamente confido più nella divina misericordia che nei riformatori, i quali allargando la porta stretta per entrare nel Regno dei Cieli perimetrano la Grazia a loro misura e confidano nella loro sollecitudine pastorale “misericordiosa” invece che unicamente nell’infinita potenza della misericordia della Santissima Trinità.
Sono solo un marito, un padre e un nonno, e anche un ignorante, ma ringrazio il magistero della Chiesa per la chiarezza dell’insegnamento che mi ha dato sull’indissolubilità oggettiva del sacramento del matrimonio, proprio per esperienza vissuta.
Alcuni anni fa mia moglie è stata male e avevo pensato di esserne io la causa, per cui per il bene suo e delle mie figlie si era affacciata come soluzione nella mia mente quella di andarmene via.
Ciò che ha smascherato la menzogna della soluzione è stata l’oggettiva presenza di Gesù nel sacramento, segno efficace della sua Grazia, e quindi la certezza che questo era il vero e unico progetto buono su di me e la mia famiglia.
Ma ora le mie figlie e i miei nipoti non avranno più questa certezza, al di la delle parole di rito, perché nei fatti l’inevitabilità delle separazioni è ora molto più evidente dell’indissolubilità del matrimonio. E questo con il benestare anche del magistero.
Cordiali saluti e buon lavoro.
Giuseppe Marson
Milano
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DALL’ARGENTINA
Gentile Magister,
sono giornalista da 40 anni, ma da tre anni sono anche sacerdote. Ho amici il padre gesuita Horacio Bojorge e José Quarracino, eccellente suo traduttore e filosofo di vaglia.
Il testo che le offro è un ricordo commovente dei miei anni di seminarista e sarà un capitolo del mio prossimo libro: “Annoiarsi… ed essere santi”.
Credo che sia opportuno diffonderlo in questi tempi di confusione su matrimonio e famiglia, su grazia e peccato.
Con profonda gioia la benedico.
Padre Christian Viña
Cambaceres, Ensenada (Buenos Aires)
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La prostituta che scelse le lacrime e non il sacrilegio
Tra il 2004 ed il 2007, nei miei primi anni da seminarista, ho prestato servizio presso la parrocchia di Santa Lucia, a Gascón y Honduras, nel quartiere Palermo di Buenos Aires. Lì, ogni domenica, alla messa delle 11, vedevo una prostituta di origine dominicana. Non importava quale fosse il clima, o se ci fosse qualche altro evento; lei non rinunciava mai al santo sacrificio.
Se ne stava seduta negli ultimi banchi, come il pubblicano del Vangelo (Lc 18, 9-14) e partecipava con sincera pietà alla celebrazione. Aveva sempre, invariabilmente, la testa bassa; e il suo atteggiamento era tale che soltanto riserva e discrezione potevano circondarla.
Rimaneva fino alla fine della messa. Ma quando era il momento di salutare, sulla porta d’ingresso della chiesa, evitava qualsiasi conversazione con i sacerdoti e altri ministri.
Alzava attorno a sé un muro impenetrabile di silenzio, sicuramente per evitare di essere protagonista, al posto di Dio, dell’incontro. E al contempo affinché la muta dei chiacchieroni non commettesse altri massacri…
I suoi abiti erano in accordo con la sacralità del luogo. Mai è stata vista con abiti leggeri ne in attitudini irrispettose o irriverenti. Possedeva, in quei momenti, un pudore e un ritegno che non si vede in altre donne che pur non praticano, ufficialmente, il “mestiere del vizio”…
Ricordo di aver scambiato con lei appena i saluti e qualche altra parole di circostanza. Venni a sapere, da altre persone, che la chiamavano Vanessa; anche se dubitavo, con fondamento, che questo fosse il suo vero nome.
Su come fosse arrivata a quel punto c’erano, come al solito, le più svariate supposizioni: da chi diceva che l’avevano fatta cadere in inganno, con la promessa di un lavoro più degno, fino a chi diceva che era sposata, ma era stata poi abbandonata dal marito. Così da trovarsi cacciata senza pietà sulla strada e nel peccato.
Ovviamente, non si parlava di lei nelle conversazioni con i sacerdoti della parrocchia. La discrezione e il sigillo sacramentale, il segreto della confessione, rendevano impossibile parlarne.
Nella messa delle 11 aiutavo il celebrante sull’altare se arrivavo per tempo dal seminario. O mi mettevo nell’ultima panca, tra il popolo, se la messa era già iniziata.
Quando arrivava il momento della comunione lei rimaneva in piedi, con la testa bassa, in lacrime. Un giorno ho perfino visto un pozzetto di lacrime sull’inginocchiatoio della panca.
Non poteva ricevere sacramentalmente Gesù nel suo Corpo, Sangue, Spirito e Divinità. E quelle abbondanti e penitenti lacrime erano la cornice del suo cammino di conversione.
Mai ho sentito uscire dalla sue labbra alcuna espressione che sfidasse gli insegnamenti di Cristo e la disciplina della Chiesa sull’eucarestia, come al contrario fanno oggi tanti che non hanno neppure fede o non frequentano la messa, ma rivendicano il loro presunto “diritto ad accedere alla comunione”.
Evidentemente, aveva ricevuto una buona formazione religiosa, per cui non era capace di conficcare un coltello nel Cuore di Cristo. Anche lei aveva scelto. E nel suo stato aveva scelto bene: scelse le lacrime e non il sacrilegio.
Oggi si dice, giustamente, che “la Chiesa è un grande ospedale di campo, dove si curano le ferite di guerra”. Immagine molto chiara, e molto vera.
Ma bisogna dire anche che in ogni ospedale possono guarire solo quelli che sono consapevoli del loro male e che, di conseguenza, non combattono contro i medici e le medicine. Se invece di avere un atteggiamento umile e ricettivo alla cura, soltanto blandiscono disubbidienza e capricci, la cancrena sarà inevitabile. E le conseguenze, funeste.
Il Signore ci ha detto (Mt 21, 28-32) che le prostitute ci precederanno nel Regno dei Cieli. E che la durezza di cuore ha come unica conseguenza il persistere nel peccato.
La lettera e lo spirito della legge, inseparabilmente uniti, ci rendono liberi. E ci preparano, come scelti da Dio, per essere “santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore” (Ef 1, 4-5).
Pretendere di fare appello soltanto al presunto spirito della legge è uccidere la lettera, cioè quello che Dio comanda. E con questo, la morte del peccatore è inevitabile.
Quella prostituta, che dopo tanto tempo e per via delle distanze non ho più rivisto, mi insegnò che il sale di Cristo brucia… ma guarisce. E che la migliore pastorale sta nell’essere servi, a tempo pieno, dell’unico Pastore e delle sue leggi. Unico, splendido e vivificante cammino di salvezza.
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7 commenti su ““Amoris lætitia”. La prostituta che scelse le lacrime invece del sacrilegio – di Sandro Magister”
Bella testimonianza, quella del sacerdote argentino, e perfettamente centrata…
Non vorrei banalizzare, ma dopo tante lacrime e “sentito dire”, a quella signora sarà stata anche offerta da tanti bravi sacerdoti e fedeli una occupazione più dignitosa? E l’avrà accettata? Non tanto per il pane quotidiano con cui riempirsi la pancia (questo lo faceva già), ma per avere il Pane di Vita Eterna, per poter finalmente incontrare l’Amato, l’Unico davvero desiderabile e desiderato.
Questa manica di malintenzionati (parlo dell’argentino e dei vescovoni, suoi compagni di merende) vogliono sostituire la gloriosa agonia del vivere cristiano (l’obbedienza, la rinuncia a sé, la resistenza alle tentazioni, la caduta, il pentimento, la riconciliazione…) collo spaccio mondano del peccato a buon mercato. Eppure, nonostante la dozzinale feccia che questi piazzisti pretendono di farci trangugiare; nonostante i danni che si lasceranno dietro le spalle, sono sicuro che questa deriva genital-comunista non sopravviverà ai suoi architetti. I quali, essendo pure molto al di là con gli anni, è probabile se ne andranno presto a dormire con Lucifero. A maggior gloria di Nostro Signore Gesu’ Cristo e, pure, a beneficio del nostro stomaco.
Le sue parole Pietro, mostrano la tragica realtà di questi apostati, occupanti illegittimi della Chiesa di NSGC. Sdoganando il peccato, cosa fatta passare per misericordia (mentre è solo un “assist” a Lucifero) ingannano le anime, spingendole vero l’inferno. Si coprono le spalle anticipando le proteste dei veri cattolici, etichettandoli subito come fanatici integralisti, divisivi e senza misericordia, così credono di spianare la strada a Satana, consentendogli di fare strame dele pecore dell’ovile, adesso a porte aperte e senza più diifesa. Ma avranno una brutta sorpresa, tutti quanti, questi traditori di Cristo. Cosa fare ? pregare che almeno qualcuno dei preti pavidi e timorosi si salvi l’anima, dissociandosi da Bergoglio, Marx, Kasper, Galantino, Ravasi e tutti gli altri ultramodernisti.
Grazie, caro Catholicus. Concordo. Preghiamo dunque. E vedrà che usciremo da questo girone dantesco… forse, a Dio piacendo.. anche prima di quanto speriamo.
Due lettere, due testimonianze entrambe pregnanti e significative. Grazie a Sandro Magister, vaticanista de l’Espresso, il quale – da uomo di profonda fede e cultura – pur lavorando per un gruppo editoriale al quale questo Papa e il suo codazzo piacciono alquanto, ha saputo con pazienza raccogliere testimonianze ed opinioni contrarie ed autenticamente cattoliche. Segno, di questi tempi in cui la deriva eterodossa è assolutamente mainstream, di grande onestà ed apertura intellettuale.
Invito tutti a leggere Chiesa su Espresso online e Settimo Cielo, il blog collegato: ne potreste restare sorpresi.
Card Burke:
Ho sentito dire che è diventato molto accomodante
1- Mi è stato detto che il Card. Leo Burke, dopo l’Amoris Laetitia”, si è ammorbidito in modo incredibile! Potete smentirlo? Se l’avesse fatto, mi sentirei tradito nella grande fiducia che avevo nella Sua dirittura teologica e morale.
2 – Ciò che concerne l’ultimo istante di un’anima e il definitivo giudizio di Dio lo conoscono soltanto quell’anima e il Signore Iddio.
Pur confidando in Lui tremo per la mia povera anima, fragile e “L’Amoris Laetitia”, che stenta tanto a crescere nell’amore. Spero tutto nella Sua Grazia, visto che ha dato Gesù per questo povero me, ma mi sento quasi certo: tanto da ringraziare di cuore per questo il Signore; che Egli avrà abbracciato con tanto amore quella povera peccatrice che ha tanto amato e rispettato il Suo e nostro Gesù.
Ma questi esaltatori del dialogo, del discernimento, dell’accompagnamento, della Misericordia (falsa) un tanto al chilo, dov’erano quando quei matrimoni sacramentali andarono in crisi, quando le pecorelle del loro gregge cominciarono a smarrirsi?
A farsi un selfie con l’Imam o la pastora protestante di turno, a dialogare con atei laicisti, immagino; di tutto pur di non fare i veri pastori.
Marco Gori