Con le suggestive proclamazioni di “libertà” la scuola italiana è diventata un pernicioso strumento di corruzione della gioventù. Le chiare parole di Leone XIII, di Pio IX e di Pio XI. Sempre più urgente la necessità della scuola parentale.
di Marisa Orecchia
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Quotidiane ed agguerrite incursioni nella scuola dei gruppi LGTB con iniziative curriculari ed extra, quasi sempre supportate da Istituzioni – Regioni e RE.A.DY. in testa -. Rapido adeguamento di buona parte di dirigenti scolastici e di docenti all’aria che tira da un lato, e dall’altro gogna mediatica e reprimende per quanti invece cercano di opporsi (alle sanzioni ci penserà Scalfarotto). Libri di testo e sussidi didattici di ogni ordine e grado di scuola sottilmente ma pervasivamente inquinati dalla gender theory. Questa è la scuola italiana oggi.
Siamo arrivati a questo punto attraverso una serie di passaggi non sempre percepiti perché artatamente occultati da rassicuranti locuzioni o da rimandi a precedenti Atti, Decreti, Leggine e Raccomandazioni che si sono infine consolidati al tempo del tetro governo Monti nel Protocollo d’intesa tra il Miur- Ministero dell’Istruzione, Università, Ricerca – e il Ministero del Lavoro con delega alle Pari Opportunità del 30/1/2013, cui successivamente ha fatto riferimento tutta una serie di ulteriori Atti.
Siamo arrivati a questo punto perché così ha decretato una nuova cultura globale gnostica massonica che si pone oltre il limite della natura e con arroganza pretende di ridisegnare l’antropologia e l’etica.
Il tutto recepito e rilanciato dalla legge n. 107 del 13 luglio 2015 sulla “Buona” Scuola che ha così “premiato” quel milione di genitori che, neppur un mese prima, in piazza San Giovanni in Laterano, avevano gridato il loro no alla scuola del gender.
Ma prima o poi i nodi vengono al pettine e quello che riguarda la scuola non è nodo da poco perché vede in gioco educazione, giovani , futuro e destino della società.
Il nodo si chiama libertà di insegnamento e, se viene da lontano, da quando cioè in epoca pre-unitaria il regno Sabaudo promulgò nel 1848 e nel 1859 le leggi sulla scuola statale laica che avrebbe dovuto sottrarre il monopolio dell’insegnamento alla Chiesa, fu Leone XIII a condannare nell’enciclica Libertas la libertà di insegnamento con parole chiare e lungimirante visione :
“Su quella che è chiamata libertà d’insegnamento occorre esprimere un giudizio non diversamente motivato. È fuor di dubbio che solo la verità deve informare le menti, poiché in essa sono posti il bene, il fine e la perfezione degli esseri intelligenti; quindi la dottrina non deve insegnare altro che la verità, tanto a chi la ignora quanto a chi la conosce, in modo che al primo rechi la conoscenza del vero, nell’altro la conservi. Per questo motivo è stretto dovere degli insegnanti svellere l’errore dalle menti e con validi argomenti sbarrare la via alle opinioni fallaci. Pertanto appare del tutto contraria alla ragione e predisposta a pervertire totalmente le menti quella libertà, cui si riferisce il nostro discorso, in quanto essa pretende per sé il diritto d’insegnare secondo il proprio arbitrio; licenza che il pubblico potere non può accordare alla società senza venir meno al proprio dovere. Tanto più che l’autorità dei maestri ha molta influenza sui discepoli, e raramente l’alunno può giudicare in modo autonomo se sia vero ciò che il maestro insegna.”
Per Leone XIII l’insegnamento non è solo rapporto tra l’allievo e il docente chiamato a somministrare una disciplina, ma un rapporto di entrambi con la verità e i principi e i valori che essa propone, contro la libertà di chi “pretende per sé il diritto di insegnare secondo il proprio arbitrio”, tanto più grave in quanto l’allievo, non ancora formato nella sua capacità critica, non è in grado di valutare quanto il docente propone. E non si faccia qui la solita obiezione di tanti addetti ai lavori che sostengono a spada tratta che una cosa è insegnare, cioè trasmettere contenuti relativi alle varie discipline scolastiche, altro è educare cioè trasmettere valori. Il docente, con la sua materia di insegnamento, porta in classe anche se stesso, la sua visione della vita, dell’educazione, dell’etica, i valori in cui crede o i disvalori cui aderisce. Non si dà trasmissione di contenuti prescindendo dal rapporto interpersonale docente-allievo e anche la posizione di quanti tra i docenti scelgono di attenersi esclusivamente alla trasmissione di competenze e contenuti denuncia in definitiva una neutralità che in educazione esprime già per se stessa una posizione contro principi e valori.
Leone XIII non fu l’unico Papa che ebbe parole chiare sulla funzione della scuola e contro la libertà di insegnamento. Già Pio IX aveva denunciato nelle proposizioni n. 47 e 79 del Sillabo (a completamento dell’enciclica Quanta Cura) la libertà di insegnamento come “uno dei principali errori dell’età nostra” e in seguito Pio XI avrà parole altrettanto chiare nell’enciclica Mit brennender sorge allorchè affermerà che “quando si cerca di profanare il tabernacolo dell’anima del fanciullo, santificata dal battesimo, con un’educazione anticristiana […] è dovere di ogni credente scindere chiaramente la sua responsabilità da quella della parte contraria e la sua coscienza da qualsiasi peccaminosa collaborazione a tale nefasta distruzione” (n.11)
Vedevano chiaramente quei Pontefici il rischio, cui era esposto il pubblico insegnamento, di propalare una cultura contraria ai principi della verità e alla legge naturale e altrettanto chiaramente lo denunciavano con parole che non lasciavano spazio a dubbi e a interpretazioni.
La Chiesa finì in seguito in seguito con l’accettare la libertà di insegnamento, non tanto come principio quanto come necessità, soprattutto per tutelare il diritto di scelta educativa dei genitori e per garantire uno spazio alla scuola libera paritaria quasi tutta cattolica, che ai genitori consentiva di esercitare tale scelta. Dà conto di questa posizione il lungo e interessante confronto che in sede di Costituente si snodò tra il DC Aldo Moro, sostenitore della libertà di educazione e il latinista Concetto Marchesi, in quota PCI, paladino della scuola di stato. Da tale confronto, anche prescindendo dalla posizione culturale dei due contendenti – fortemente inficiata dalle teorie marxiste e quindi sostenitrice dell’istruzione statale quella del Marchesi – emerge una concezione alta della scuola e dell’insegnamento, della figura del docente e della sua missione di trasmettere non solo nozioni, ma anche cultura e valori in una società ancora naturaliter cristiana in cui è possibile far riferimento ai principi di un’etica condivisa. Ma sono già gli anni nei quali- come ci avverte Romano Guardini- stiamo lucrando “ quell’usufrutto che, pur negando la Rivelazione, si appropria dei valori e delle forza che essa ha elaborato”. (pag.102 La fine dell’epoca moderna- Morcelliana).
Oggi di quel patrimonio di cui il Cristianesimo ci aveva dotato e su cui l’Occidente aveva costruito una fulgida civiltà rimane ben poco. Stiamo grattando il fondo di quell’usufrutto. Abbiamo perduto verità, giustizia, bene, bello, virtù, santità, nude parole abbandonate al vuoto del nichilismo o riempite di volta in volta dal “secondo me” della situazione. Oggi premiamo il vizio e la menzogna. Oggi Stato e Regioni erogano fondi alle associazioni LGTB affinchè vadano nelle scuole ad iniziare, sotto la benemerita etichetta della lotta al bullismo e alle discriminazioni, bambini e adolescenti alle perversioni.
Che cosa possiamo infatti attenderci dalla scuola se non che diventi uno specchio di questa società? Se la libertà di insegnamento, diritto accordato ad ogni docente (art. n. 1 del Decreto Legislativo n. 297/1994) cui “ è garantita la libertà di insegnamento come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente” manda in classe esponenti di questa nuova antropologia, docenti che “come libera espressione culturale” propongono modelli di vita omo-bi- trans etc. etc., con quali strumenti opporsi? Che fare quando arriva in classe il docente di matematica travestito? Basterà forse la disapprovazione di qualche dirigente scolastico e di qualche collega, sempre ammesso che disapprovazione ci sia e che sia concessa l’opportunità di esprimerla?
Certamente i genitori qualche strumento di difesa ce l’hanno: devono essere informati su iniziative extra curricolari, da cui hanno facoltà di tener lontani i figli. Possono prendere visione del P.O. F. e dei libri di testo, prima che siano adottati. Possono discutere nei consigli di classe sull’opportunità di certe scelte. Ma sarà loro possibile opporsi ad una scuola che in nome della libertà di insegnamento e del pluralismo scolastico inoculerà quotidianamente, goccia a goccia, veleno nei loro figli?
Tale è la situazione e occorre prenderne atto, senza illudersi che un giorno le cose potranno cambiare da sole. Balbettare su emergenza educativa, educazione alla cittadinanza, alla legalità o altre amenità del genere non salverà la scuola e l’educazione dei giovani.
Occorre sottrarre quanti più bambini, ragazzi, giovani, figli insomma, a questa scuola che abbruttisce e lavorare per costruire alternative che escludano ogni indottrinamento di disumane ideologie. I genitori devono esercitare il loro diritto ad educare mediante una scuola veramente diversa da quanto offre lo Stato: una scuola cattolica, come le molte già esistenti, o una scuola parentale come quelle che di questi tempi stanno sorgendo. Una scuola che accantoni il tanto celebrato pluralismo educativo, nel quale solo il caso decide quali docenti avrà l’alunno e a quale cultura facciano riferimento, ma che ponga alla base del suo operare un progetto educativo derivante dalla visione cattolica da cui discendono necessariamente antropologia, etica, pedagogia e didattica.
Lavoro, fatica, costi aggiuntivi per la famiglia? Certamente.
Soluzione che copre una piccola minoranza di allievi? Purtroppo. Ma quando i barbari sono alle porte e la civiltà sta per cadere è la resistenza di piccoli gruppi che tiene accesa la speranza da cui si potrà ripartire. Come ripeteva spesso Mario Palmaro, citando Giovannino Guareschi, bisogna salvare il seme.
6 commenti su “L’imbroglio della “libertà di insegnamento” – di Marisa Orecchia”
Grazie Marisa, questo è il tema “etico” che ora contiene tutti gli altri, perché riguarda l’avvelenamento del terreno di coltura, ed sembra persino il più difficile da spiegare dato che il lavoro di inquinamento va avanti da più di mezzo secolo senza ostacoli. Ogni altro discorso diventa quasi inutile se non si tiene conto che i cervelli sono già stati svuotati di proposito.
Trasmetto per chi vi fosse interessato questo comunicato dell’Istituto di Cristo Re e Sommo Sacerdote:
“La Scuola parentale bilingue Gesù Bambino apre le sue porte il prossimo 30 aprile, dalle ore 15.30.
La Giornata di presentazione è organizzata presso la Sede della Scuola:
Villa Fonseca – Via di Gricigliano, 45 – Le Sieci (Pontassieve – FI).”
Informazioni:
scuolabilinguegb@gmail.com
Pagina Facebook: Scuola Parentale Bilingue Gesù Bambino
Telefono: 328.62.23.670 – 339.15.86.232
Purtroppo anche le scuole cattoliche si stanno adattando all’andazzo generale: certamente non promuoveranno il gender, ma l’ottica cristiana è offuscata dall’apertura supina al mondo fino ad arrivare al rifiuto di trasmettere la Fede, perché questa deve essere una scelta autonoma dell’alunno: al massimo insegnano che tra le varie discipline insegnate e il cattolicesimo non c’è contraddizione. Questo è ciò che dicono certi “esperti” della scuola cattolica con l’avallo di certi sacerdoti che farebbero rivoltare in paradiso i santi fondatori dei loro ordini.
Devo dire che sono commosso nel vedere ricordata, anche sr di scorcio, la figura del grande latinista Concetto Marchesi
Sara stato un grande latinista ma era un impenitente devoto di Stalin
Purtroppo non è solo la scuola con i suoi educatori a fare acqua. E’ lo stesso insgegnamento della Religione Cattolica, in cui insegnanti provetti allettati forse dal facile stipendio, fanno opera di distruzione della Religione Cattolica, mettendo in dubbio l’esistenza di Mosè, di Adamo ed Eva. Questo ovviamente per Mosè a motivo di affermare indirettamente che i Dieci Comandamenti non esistono, e nel caso di Adamo ed Eva per non credere a quanto profetato nella Bibbia circa la venuta del Gesù. Questa opera di demolizione non è operata da tutti gli insegnanti di Religione, ma sicuramente il fatto che non diano duante le lezioni importanza alla spiritualità, ai sacramenti, alle devozioni, non invoglia sicuramente i giovani a conoscere e amare il loro Dio e la morale che ne deriva, assente e scollegata dalla spiritualità, ma ancorata magari alle moderne scienze con i loro ideologi che cambiano opinione a seconda dei gusti, i tempi e le perversioni. Vedasi la sezione http://paceate.jimdo.com/apologetica