“Il pensiero e la vita moderna debbono essere ricondotti e riguadagnati a Gesù Cristo. Cristo, la sua verità, la sua grazia, non sono meno necessari all’umanità del nostro tempo che a quello di ieri e di tutti i secoli passati e futuri”. [Venerabile Pio XII]
di Piero Vassallo
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Marco Solfanelli, sagace e intrepido editore attivo in Chieti, dopo aver pubblicato i saggi di Paolo Pasqualucci, che propongono magistrali/inoppugnabili confutazioni delle bufale muggenti nelle venerate accademie dell’ateismo e dell’esoterismo, propone in questi giorni la pregevole opera controcorrente di Mauro Stenico, La meraviglia cosmica – Saggezza divina e Natura celeste, una aggiornata e convincente apologia del Cattolicesimo.
L’autore dell’avvincente e attualissimo saggio è un giovane filosofo trentino, refrattario al nichilismo in circolazione nel vaniloquio delle sedicenti avanguardie adelphiane e irriducibile alle suggestioni della teologia conformista, che corre, senza freni e controlli, nei labirinti del falso ecumenismo, suggestione e raggiro del neomodernismo di conio buonista (tedesco e sudamericano), diffuso per confondere i fedeli e allontanare i peccatori dal confessionali.
Il saggio di Stenico risponde all’esigenza inderogabile di dimostrare la bontà del creato, quindi di confutare i sofismi e le calunnie, di fumosa matrice neo gnostica, che stanno a monte delle suggestioni libertine/nichiliste, in corsa sfrenata e devastante nei pensieri che circolano nell’Occidente postmoderno e contagiano le menti deboli degli ecclesiastici abbagliati dalle luci crepuscolari della modernità.
Il disordine morale, infatti, ha origine dal disconoscimento della trascendenza del Creatore e dalla negazione della bontà della creazione. Il rifiuto del disordine costringe a riconoscere e condividere, quale principio e motore della resistenza al nichilismo, la fede salvifica nell’unico vero Dio. Il compianto padre Antonio Royo Marin, è stato autore di un magistrale saggio, opportunamente citato da Stenico, in cui si dimostra che, pur essendo beato in se stesso “Dio è amore, e l’amore è per sua natura comunicativo. Dio è il bene infinito, ed il bene tende a diffondersi: bonum est diffusivum sui, dicono i filosofi. Ecco il motivo della creazione. Dio volle comunicare le sue infinite perfezioni alle creature, per la sua gloria estrinseca”.
Opportunamente Stenico rammenta che “la ragione umana da sola non può neanche lontanamente immaginare qualcosa di così portentoso” quale è l’atto creativo, dunque che “la creazione in sé rimane un mistero. Isaia lascia intendere come Dio disorienti chiunque tenti di penetrare i misteri di pertinenza divina … A chi obietta che non è possibile percorrere una distanza infinita e che tra il nulla e l’essere v’è di mezzo proprio una distanza infinita, San Tommaso risponde che la difficoltà dipende da una falsa supposizione, come se tra il nulla e l’ente ci fosse realmente di mezzo un infinito, il che è evidentemente falso. E questa fallace supposizione nasce dal fatto che si parla della creazione come se fosse un passaggio da un termine a un altro”.
La creazione è verità di fede, infatti i protagonisti del Concilio Vaticano I, giudicando fondamentale la dottrina della creazione, dichiararono “se qualcuno non confessa che Dio ha prodotto dal nulla il mondo e tutte le cose che in esso contiene… sia anatema”.
La ragione umana, illuminata dalla fede, può peraltro sapere che il Mondo ebbe un inizio: “Se l’universo fosse eterno la nostra stessa esistenza sarebbe già dovuta essere accaduta da tempo immemorabile. Lo stesso argomento può essere proposto quale confutazione della tesi sull’infinitezza spaziale: ad una certa distanza dalla Terra dovrebbe esistere un punto che fosse finitamente lontano dal pianeta, ma pure infinitamente distante”.
D’altra parte la ragione, lo ha dimostrato San Tommaso d’Aquino, può conoscere l’esistenza di Dio: “infatti esistono cose che prima non c’erano e poi non ci sono più, sono contingenti. Se tutto fosse contingente vorrebbe dire che tutto ciò che esiste può non essere. Questo significa che ci può essere un momento in cui non c’è nulla, ma non ci spiegherebbe perché adesso c’è qualcosa. Non c’è quindi mai stato un momento in cui non c’era niente: se c’è qualcosa significa che non tutto è contingente, c’è almeno un ente che è necessario, cioè che non può non essere e questo lo chiamiamo Dio”-
La flessione del clero modernizzante, abbagliato e sviato dalla mitologica figura del papa buono, e la diffusa presunzione dei nuovi teologi di aver avvicinato la Chiesa al cuore della modernità, suggeriscono un addolcimento e un ribasso della fede, nell’illusione di facilitare la conversione dei miscredenti.
Il fedele moderno e conciliare, infatti, è allegramente assordato dalla leggenda, gridata dai pulpiti del conformismo, di un cristianesimo primitivo, socializzante, tollerante e conciliante.
Di qui il conformismo storiografico, che impone il rigoroso silenzio e l’oblio dei papi regnanti sulla Chiesa preconciliare, e la sorda censura del catechismo di San Pio X, giudicato non all’altezza della squillante stagione del post-concilio.
A edificazioni dei cattolici sottomessi al potere del giornalismo teologico, i nuovi preti fanno squillare le anodine sentenze del buonismo, che ora consigliano di esibire il simbolo della rivoluzione comunista, ora giustificano le sconcia e ripugnante sodomia, ora conversano amorevolmente con la esponente del partito radicale, che detiene il primato nazionale per il numero di aborti illegali procurati, ora infine feriscono la ragione ultima della propaganda fidei suggerendo di non convertirsi alla Fede cattolica a un vecchio arnese del giornalismo ateo e progressista.
Opportunamente Stenico cita l’enciclica Humani generis, pubblicata dal venerabile Pio XII per dimostrare la fragilità dell’ateismo in ostinata, dissennata circolazione fra le rovine del pensiero moderno: “L’uomo, sia perché guidato da pregiudizi, sia perché istigato da passioni e da cattiva volontà, non solo può negare la chiara evidenza dei segni esterni, ma anche resistere alle ispirazioni che Dio infonde nelle nostre anime”.
Di seguito papa Pacelli ha dimostrato che il cieco dissenso degli atei, agitati dalle mitologie intorno alla falsa scienza, non diminuisce le ragioni che sostengono la certezza circa l’esistenza dell’Essere perfettissimo: “la Provvidenza ha disposto che la nozione di Dio, tanto essenziale alla vita di ciascun uomo, come può trarsi facilmente da un semplice sguardo gettato sul mondo, in guisa che non comprenderne la voce è stoltezza, riceva conferma da ogni approfondimento e progresso delle cognizioni scientifiche”.
Il saggio di Stenico è una puntuale conferma del giudizio mediante cui Pio XII indicava i limiti delle obiezioni scientifiche alla dottrina cattolica: “Quale è dunque l’importanza della scienza moderna riguardo all’argomento in prova dell’esistenza di Dio desunto dalla mutabilità del cosmo? … Si conclude all’esistenza di un Ente a sé, per sua natura immutabile”.
L’insostenibilità dell’ateismo è l’orizzonte nel quale la fede risplende, nonostante i dubbi, i balbettamenti, le aperture e le rumorose contorsioni della gerarchia sedicente ecumenica. Il saggio di Stenico, in definitiva, è un efficace antidoto al cocktail di frivolezze suggerite dalla teologia novista – catatonici pensieri intonati al grottesco perdonismo che svuota i confessionali, oblio e/o disprezzo della indeclinabile tradizione, fantasticherie intorno alla Chiesa fondata dal Vaticano II, ecumenici inchini ai roventi errori degli atei e dei fedeli ai falsi profeti.
1 commento su ““La meraviglia cosmica”. Un saggio di Mario Stenico – di Piero Vassallo”
Anche preti degni e profondi aderiscono sovente, nei nostri tempi sconvolti, al dubbio metodico su Dio.
Cioè ritengono che aderire alla testimonianza del Creato sul Creatore diminuirebbe il merito dei “credenti”. Ma Dio non va “creduto”, bensì “mostrato” (Concilio Vaticano I).
La parola “credere” si usa propriamente solo riguardo a ciò che Dio rivela, e significa “Aderire pienamente e liberamente a ciò che Egli comunica, sapendo bene Chi Egli è e quanto si identifichi con la Verità”. Poi, “…affinché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli aiuti interiori dello Spirito Santo, si unissero gli argomenti esterni della sua Rivelazione, cioè gli interventi divini, come sono principalmente i miracoli e le profezie che dimostrano luminosamente l’onnipotenza e la scienza infinita di Dio e sono segni certissimi della divina Rivelazione e adatti all’intelligenza di tutti” (“Dei Filius”, Concilio Vat. I, 3)