“Signorina Carlotta”, addio  –  di Alessandro Gnocchi

… in qualche modo l’ho sempre saputo che la parte più intima e più vera della mia vita, prima o poi, avrebbe fatto il nido alle Roncole. Ma ora che Carlotta non c’è più lo vedo con chiarezza, perché adesso i ricordi si fanno precisi nel tentativo di rendere un po’ meno dolorosa la morte di qualcuno a cui si vuole bene e a cui si deve gratitudine.

di Alessandro Gnocchi

.

zzzzcrlttLa parte più intima e più vera della mia vita ha fatto il nido alle Roncole. Proprio in quel cortile e in quella casa che, nei racconti di Giovannino Guareschi, per un ragazzino di tredici o quattordici anni diventavano come l’India di Salgari, la via Paal di Molnár o il favoloso west di Sergio Leone.

Il primo viaggio nella Bassa per incontrare i figli di Guareschi lo ricordo con precisione persino preoccupante per uno che non riconosce i vicini di casa dopo anni e anni di frequentazione. Ricordo persino che all’autogrill di Cremona, prima di passare il Po, comprai una scatola di liquirizia Resoldor solo perché in un racconto del Corrierino delle famiglie i bambini recitavano lo slogan “Re-sol-dor si scioglie in bocca”. Liquirizia buona come quella non ne ho più trovata.

Era il luglio del 1981 e avevamo organizzato una spedizione come se si trattasse di andare a conoscere i figli di Sandokan o di Tex Willer. In fondo, era proprio così, dato che Alberto e Carlotta, in realtà, erano Albertino e la Pasionaria. Dire “in realtà” è dire la cosa giusta, perché le migliaia di lettori entrati in intimità con Giovannino e la sua famiglia erano, sono e saranno sempre sicuri che la realtà coincide l’invenzione letteraria e non con la vita concreta di tutti giorni. E, ora che la Pasionaria è morta, sono addolorati e tristi come lo si è solo quando muore un bambino.

Così, quel luglio del 1981, anch’io mi trovai davanti i figli di Giovannino ed entrai definitivamente in un mondo dal quale non sarei uscito più. Non so che cosa sia scoccato in quel momento, ma compresi che almeno una parte del mio destino avrebbe trovato forma proprio lì. Forse fu perché Alberto mi mostrò il ritaglio della recensione di Gente così che avevo scritto per “Candido” l’anno prima. O perché Carlotta era proprio come me l’ero immaginata, solo con trent’anni di più. O, ancora, perché era chiaro che Alberto e Carlotta volevano bene a Guareschi proprio quanto Albertino e la Pasionaria ne volevano a Giovannino. Forse tutto questo insieme e chissà cos’altro ancora… Sono cose che si sentono, direbbe Peppone, ma non si capiscono.

zzzzfglgrschComunque, in qualche modo l’ho sempre saputo che la parte più intima e più vera della mia vita, prima o poi, avrebbe fatto il nido alle Roncole. Ma ora che Carlotta non c’è più lo vedo con chiarezza, perché adesso i ricordi si fanno precisi nel tentativo di rendere un po’ meno dolorosa la morte di qualcuno a cui si vuole bene e a cui si deve gratitudine.

Giusto vent’anni fa, nel 1995, quando ormai Alberto e Carlotta erano diventati un po’ come fratelli maggiori, uscì il mio primo libro, Don Camillo & Peppone: l’invenzione del vero. Aveva in copertina una fotografia della chiesa di Fontanelle di Roccabianca a cui era sovrapposto un disegno di Guareschi che riproduceva lo stesso edificio. Titolo e copertina li aveva pensati Carlotta, che, evidentemente, aveva compreso meglio di me quanto avevo scritto. Ma questo, diceva suo padre, non deve preoccupare perché non si può pretendere che un poveretto, dopo aver scritto un libro, lo capisca anche.

In ogni caso, quella copertina e il concetto di invenzione del vero tratto da una lettera in cui Giuseppe Verdi parlava della sua musica, li pensò Carlotta. Alberto disse subito che erano perfetti. Se aggiungo che furono loro due, Albertino e la Pasionaria, a portarmi di peso a Rizzoli per pubblicare il libro, diventa chiaro che la parte più intima della mia vita aveva proprio fatto il nido in casa loro. Perché è nel primo libro che uno scrittore si mette in mostra senza reticenze, quasi senza difendersi dagli sguardi altrui. E i primi a guardare dentro la mia anima riparandola da occhiate oblique sono stati Alberto e Carlotta.

Appena finivo un capitolo lo spedivo alle Roncole per fax verso il mezzogiorno. Sapevo che Alberto lo avrebbe letto subito perché non andava a casa per il pranzo e lo avrebbe passato a Carlotta nel primo pomeriggio. Poi, verso le cinque, telefonavo con un filo di ansia per sapere che cosa ne pensassero. Ogni volta che ho scritto qualcosa su loro padre ho fatto così. Se ho cominciato a fare lo scrittore e se ho continuato a farlo lo devo a loro. Non so se l’ho fatto bene o male, ma di certo non lo avrei fatto senza di loro. E temo di non averglielo mai detto in modo così chiaro come sto facendo ora che Carlotta non c’è più.

Per certi versi, mi pare di essere come il Carlino di “Mai tardi”, uno dei racconti più strazianti eppure più pieni di speranza scritti da Guareschi. Un racconto autobiografico in cui il protagonista scopre quanto suo padre gli abbia voluto bene, ma soprattutto quanto lui abbia voluto bene a suo padre, quando ormai il vecchio è morto. Di certi gesti, di certe parole e persino di certi pensieri si sente la mancanza quando non possono essere più compiuti, più detti, più concepiti. E penso quanto mi manca mio padre ora che saprei cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Così come penso a quanto mi manca Mario Palmaro. Adesso mi mancherà anche Carlotta, che tutto questo lo comprendeva benissimo.

Qualche anno fa le avevo chiesto di scrivere per un amico in difficoltà con suo padre una dedica proprio sul racconto “Mai tardi”. Ricordo che non ci pensò neppure un secondo, prese la penna e, accanto al titolo del racconto, scrisse “A … con l’augurio di scoprire mai tardi quello che nostro padre ha scoperto troppo tardi”.

In fondo, quella dedica l’aveva scritta anche per me. Non so se queste parole arrivino fuori tempo massimo. Il fatto che le possa leggere Alberto mi è di conforto perché penso che, in fondo, si possa fare come con i capitoli dei libri che mandavo alle Roncole per fax.

14 commenti su ““Signorina Carlotta”, addio  –  di Alessandro Gnocchi”

  1. Parla con il cuore in mano A.G, come se non ce la facesse a tenerselo stretto in petto: gli palpita troppo forte, tanto che ogni ricordo, ogni episodio avvenuto nel tempo su cui indugia consapevole che non si torna indietro mai, è un aumento di affetto, quasi di estasiata meraviglia per questa specie di grazia che la sua vita ha ricevuto permettendogli di “fare il nido” a casa Guareschi. Fa tenerezza e commuove questo effluvio di amorevole amicizia e di riconoscenza in uno scrittore che ci ha abituato ad apprezzare la sua severa fierezza cristiana. Eppure è proprio questo che ancora una volta dimostra – se mai ve ne fosse qualche bisogno- che essere avvinti alla verità di Cristo genera sempre una inestimabile bellezza.

  2. HO SEMPRE AMATO GIOVANNINO GUARESCHI PER LA SUA LEALTA’,COERENZA E CORAGGIO!
    UN VERO ITALIANO. OVVIAMENTE MI RAMMARICO PER LA SCOMPARSA DELLA”PASSIONARIA” ma,
    DA CREDENTE ,PENSO SI SARA’ RICONGIUNTA CON TANTA GIOIA ,ALLA MAMMA E AL PAPA’.
    RINGRAZIALI DA PARTE MIA E NOSTRA!VALERIA

  3. Giovanni Lazzaretti

    Santa Carlotta non c’è sul calendario. Quindi Domenica 25 ottobre, festa del beato don Carlo Gnocchi, era uno degli onomastici di Carlotta. E il cognome Gnocchi ci porta ad Alessandro. Sì, doveva proprio essere un legame molto forte.

  4. Cesaremaria Glori

    Caro Gnocchi,
    capisco che la morte d’una persona cara è sempre atroce ma, a pensarci bene, chi sta meglio ora? La Carlotta tornata in braccio al Padre e a suo padre o noi rimasti quaggiù a lacerarci dentro nel veder la Chiesa in preda ai marosi della tempesta?

  5. Io non so cosa sia successo a Guareschi perchè mi faccia questo effetto, ma quando lo leggo dico: questo è un uomo intero, io vorrei essere come lui e vorrei avere un amico come lui. Il senso di coraggio che quest’uomo ti infonde è irresistibile, perchè è straordinaria l’integrità e la giustezza degli uomini che racconta.
    Anzi, lo so cosa è successo: è l’ascesi fatta in campo di concentramento, che gli ha fatto afferrare l’essenziale, per sempre – e lui ha lottato poi tutta la vita per non mollare più l’essenziale, per raccontarlo prima a se stesso e poi a tutti noi. E questo essenziale è la misura di Cristo, vero uomo e vero Dio venuto tra di noi – non bisogna aver paura che di perdere Lui.
    Che grande grazia aver potuto illustrare questa cosa grande innanzitutto attraverso la propria famiglia, attraverso le vicende dei figli e della moglie, attraverso la ricerca del Volto essenziale nei figli e nella moglie!
    Non so voi, ma a me a volte prende una nostalgia che mi scoppia e vorrei andare a…

    1. Mi sento di condividere appieno queste considerazioni. Tante volte negli avvenimenti della vita penso a come si sarebbe comportato Guareschi e decido di conseguenza, per quanto ci riesca. E’ un grande esempio di uomo e di cristiano da seguire. La sua rettitudine morale, il coraggio e la Fede incrollabile sono una testimonianza per tutti i veri uomini, credenti e non. Purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere Carlotta, ma in realtà è come se l’avessi conosciuta da sempre. So che Carlotta ha seguito nella comune Fede il padre che, insieme a Margherita ora possono riabbracciarla. I libri di Giovannino sono sempre stati le letture preferite dei miei figli fin da piccoli, durante lo svago e la sera prima di dormire. Ieri sera, appresa la notizia, ho voluto fare un breve ricordo della Pasionaria leggendo in famiglia una pagina de “Lo zibaldino”. Dopo la commozione è seguito il “L’eterno riposo”. Cara Pasionaria continuerai a vivere nelle nostre letture serali e, soprattutto, in Cristo. A Dio.

  6. Anch’io, carissimo Alessandro Gnocchi, penso come Tonietta che lei ha scritto
    questo articolo con il cuore in mano!
    E per questo motivo il dono che ci ha fatto è straordinariamente commovente e
    palpitante!
    Il Signore la benedica.

  7. Grande rimpianto: ieri alle 9.30, ora dei funerali, dalla mia aula di scuola ho rivolto un pensiero e un Requiem Aeternam a Roncole nebbiosa, e mi sono ricordato di Peppone e della sua rosa di ferro incandescente preparata per la Regina…ma io non sono un fabbro dalle mani benedette!

  8. Annarosa Berselli

    In Paradiso ti conducano gli angeli, ti accolgani le vergini ed i martiri,
    per farti partecipare al banchetto celeste, assieme a Lazzaro il mendicante!

  9. Sono certo che come Alberto anche Carlotta, Giovannino, Mario e tutte le anime belle di cui lei parla in questo meraviglioso scritto, hanno sorriso e ringraziato col cuore. Carissimo Alessandro Lei ancora una volta conferma di avere una sensibilità profonda, capace di toccare le corde più vere dell’umanità che cerca qualcosa di Alto nel vero e nel bello della vita quotidiana. Questo è un tesoro di cultura, sapienza educazione che vanno conservati con cura nella tempesta che oggi sembra voler spazzare via tutto. Alessandro non si stanchi mai di custodire e trasmettere questo immenso bene ne abbiamo bisogno, lei lo ha fatto lo sta facendo e prosegua con immutabile coraggio a farlo ancora. Carlotta è con noi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici

Seguici su Spotify e Youtube

Cari amici,
con “Aleksandr Solženicyn: vivere senza menzogna”, primo episodio del podcast “Radio Ricognizioni. Idee per vivere senza menzogna”, il nostro sito potrà essere seguito anche in video e in audio sulle due piattaforme social.

Podcast

Chi siamo

Ricognizioni è nato dalla consapevolezza che ci troviamo ormai oltre la linea, e proprio qui dobbiamo continuare a pensare e agire in obbedienza alla Legge di Dio, elaborando, secondo l’insegnamento di Solženicyn, idee per vivere senza menzogna.

Ti potrebbe interessare

Eventi

Sorry, we couldn't find any posts. Please try a different search.

Iscriviti alla nostra newsletter

Se ci comunichi il tuo indirizzo e-mail, riceverai la newsletter periodica che ti aggiorna sulla nostre attività!

Torna in alto