ho letto su AVVENIRE del 15 settembre la presentazione, a cura di Luciano Moia, di un libro del magistrato napoletano Eduardo Savarese “Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma” che uscirà nelle librerie fra pochi giorni.
E’ ovvio che non posso criticare il libro, che nessuno ha ancora letto, ma posso discutere un po’ con te e con gli amici di RISCOSSA CRISTIANA le osservazioni che il recensore dedica alla sofferenza, alla speranza e alla voglia di riscatto portate in evidenza dall’autore, omosessuale che si professa cattolico e sicuramente sofferente per la sua condizione, che però non può o non vuole reprimere. Per di più, il CORRIERE DELLA SERA del giorno dopo ha pubblicato l’intervista di Aldo Cazzuolo a don Juliàn Carròn, di CL, in cui il successore di don Giussani alla guida del movimento dichiara che, nei confronti dei gay, non si debbono costruire muri, ma iniziare processi anche a livello culturale e politico.
Ecco: questo è il puctum dolens, secondo me. Scrive Luciano Moia che Il Dott. Savarese si sente non accettato dalla Chiesa, ma guardato (per così dire) dall’alto in basso nel momento in cui questa ribadisce che gli omosessuali devono essere rispettati nella loro dignità e accolti con sensibilità e delicatezza e bisogna accompagnare pastoralmente le famiglie che abbiano un membro omosessuale. Forse non è contento che la Chiesa lo consideri un fratello in Cristo? No, al Dott. Savarese questo non piace e non gli basta perché vorrebbe che anche la Chiesa accettasse la vulgata comune secondo la quale “se due si amano, non ha alcuna importanza la differenza o meno dei loro corpi sessuati” con tutte le conseguenze del caso, tra le quali l’azione dello Spirito Santo e la Grazia Santificante anche sulle unioni omosessuali. Anche don Carròn, se ho ben capito, tende a pensarla un tantino così, quando auspica l’inizio di “processi culturali e politici” di accettazione e comprensione degli omosessuali.
Spero di aver capito male, perché se parliamo in termini solo culturali e politici, è ovvio che non dovremo aspettare molto; infatti tra qualche anno, il matrimonio tra omosessuali, l’utero in affitto et similia diventeranno prassi accettata anche in Italia e nel mondo cattolico, perché la cultura e la politica premono in questa direzione e la Chiesa (che sembra voler strizzare l’occhio al “mondo“) finirà per adattarvisi, come sostiene la maggior parte dei cattolici “adulti” che, a mio giudizio, dovrebbero smettere di professarsi cattolici. Ma non posso dilungarmi in questa osservazione, perché altrimenti essi mi accuserebbero di voler “giudicare“, mentre la mia intenzione non è certo questa.
Affronterò allora il problema da un altro punto di vista: il Dott. Savarese, in quanto magistrato, è una persona colta e, in quanto cattolico e uomo di fede, presumo che conosca bene le parole della Genesi: “Maschio e femmina li creò” (non certo modificate o contraddette da Gesù) e la condanna inequivocabile della sodomia espressa dal Levitico e da S. Paolo. Come dice bene Luciano Moia, questa pietra miliare biblica dovrebbe avere un significato per lui che dice di rispettare la sapienza della Tradizione. Allora si possono comprendere bene il dolore e la sofferenza di un uomo di fede che vive una terribile dicotomia tra i propri istinti e la legge di Dio; il suo disagio sicuramente è grande ma non deve dimenticare che l’esortazione costante della Chiesa, nei confronti degli omosessuali, è quella di osservare la castità.
Già: la castità, l’astinenza, la solitudine sessuale, queste terribili e impronunciabili parole che oggi vengono irrise e dileggiate perché tutto in questo nostro mondo ci parla di sesso e ci invita a praticarlo spensieratamente, dimenticando che anche esso deve essere incanalato nei binari stabiliti da Dio.
Ma io, che sono una cattolica “bambina”, se potessi parlare da sorella al Dott. Savarese gli direi: “Caro fratello, tu dici di essere un uomo di fede. Allora se sinceramente credi in Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per noi, non hai pensato che forse la condizione in cui vivi, e che ti genera sofferenza, perché la tua fede ti vieta di soddisfare le tue pulsioni, è la “Croce” che Dio ha scelto per te? Se tu, come sembra dalle tue parole, vuoi praticare la sequela di Cristo, devi caricarti quella Croce sulle spalle e andare dietro a Lui. Allora la tua Croce ti sembrerà leggera, perché così ha promesso Gesù e perché, se è stato Lui a scegliere per te quel peso, vuol dire che puoi portarlo. Ma da solo non puoi farcela: bisogna che tu preghi costantemente, intensamente, fervorosamente trasformando in preghiera ogni tua azione quotidiana e allora vedrai che l’aiuto di Dio non ti verrà meno perché tu Lo implori di aiutarti a fare la Sua volontà. Ti sembrano dure queste parole? Non lo sono: sono solo un umile invito ad accettare la volontà di Dio, quale essa sia, anche nella Croce. Anche io prego per te”.
Caro Direttore, ancora una volta grazie per avermi letto.
Carla D’Agostino Ungaretti
5 commenti su “Omosessualità e pretese di “normalità”. Una lettera di Carla D’Agostino Ungaretti”
La Chiesa si sta ammazzando con le sue mani. Il povero fondatore di CL don Giussani si starà rivoltando nella tomba per ciò che è diventata CL e per come la pensano i successori. Ciò che conta è l’intenzione… Intenzione verso cosa? Qui Vangelo, Bibbia, Apostoli e San Paolo parlano chiaro. Papa e Gerarchia vogliono rinnegare parti degli scritti per essere in cammino col mondo? Facciano pure… Non tutti li seguiremo. Poi, mi sembra esagerato parlare solo dei gay che non entreranno nel regno di Dio. Molti altri peccatori non entreranno in quel regno insieme ai gay. A meno che non si convertano.
A volte chiedo ai sacerdoti il motivo perché non leggono durante la messa cosa dice San Paolo a proposito di quelli che non entreranno nel regno di Dio… Mi guardano come se fossi un marziano…
Così non si potrà andare più avanti a lungo.
Il clero è ormai come la frutta marcia (dai frutti li riconoscerete…), sale senza sapore,fa schifo solo a guardarlo: cercano di ingannarci continuamente, ma se vogliono portare il gregge da satana, certamente Qualcuno glie lo impedirà. Loro ci finiranno di sicuro, se già non sono spalleggiatori consapevoli del demonio. Vadano pure all’inferno, se a loro piace tanto, e che buon pro gli faccia: gli auguro buon viaggio, ma io faccio dietro front e mi tengo stretto San Pio X, Mons. Léfèbvre, Mons. Michèl Guérard de Lisière. I falsi pastori, lupi travestiti, è da mo’ che non li ascolto più. Pace e bene.
Cara sig. Carla, credo proprio che lei abbia centrato molto bene il punto: la Croce. Dura e faticosa, non rispondente alla nostra natura che anela alla felicità, ma ineliminabile dalla vita per quanto ci sia dia da fare; che se la schiviamo in un modo, essa si ripresenta in un altro.
Chi è omosessuale, pensa di essere il solo a soffrire se non soddisfa il suo istinto? Ci sono persone affette da grossi handicap, ai quali è precluso un amore umano; ciò non toglie che abbiano istinti e il desiderio di un affetto come la maggior parte degli uomini e donne. Anche a loro è chiesta la castità, senz’altro non scelta spontaneamente.
Si potrebbero fare tanti esempi. Non c’è solo il dolore psichico. Pensate che il dolore fisico sia meno pesante? Avere male giorno dopo giorno, sapendo che più di tanto non si può guarire, e con ciò dover affrontare gli impegni quotidiani, è forse meno faticoso dell’essere gay (e magari sani fisicamente)?
La Croce: ma la nostra Chiesa la predica, la insegna? SA AIUTARCI?
“Cara Carla, ancora una volta grazie per averci scritto!”
E GRAZIE come sempre per il contenuto del suo scritto! Commovente la lettera che
scriverebbe come sorella del Dott. Savarese.
Ringrazio anche Claudia per il suo commento: ha fatto degli esempi bellissimi e anche
“nuovi”!
Perché sostengo da tempo che il peccato dei gay non è l’essere gay ma soltanto
usare la sessualità: ora mi saranno utilissimi la lettera di Carla e gli esempi di Claudia.
Ancora GRAZIE!!!
Che il Signore vi ricompensi!!!
Anche questo libro troverà alti consensi nei salotti “cattolici”, ne sono certa. Quello che mi dà fastidio è che non si tiene conto di una parola..CASTITA’…etero, gay, dobbiamo rimanere casti..non vedo perchè rimanere casti sia “una sofferenza” più grande per un gay piuttosto che per un etero!!!