di Giovanni Lugaresi
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“… E’ la formica” spiegò la nonna. “E’ la buona formica che lavora tutta l’estate per mettere da parte roba. E così, quando viene l’inverno, la brava formichina è tranquilla, mentre la cicala, che ha trascorso tutta l’estate cantando, deve andare da lei a implorare un po’ d’aiuto. E la formica le risponde: ‘Se hai cantato, adesso balla!’. Bisogna sempre lavorare e risparmiare, bambino mio. Il risparmio…”.
“A morte il risparmio!” urlò la formica. “Peste e dannazione a chi ha inventato la Giornata del Risparmio, i salvadanai e la previdenza! Ho lavorato trent’anni come una negra economizzando il centesimo, mi sono fatta a costo di spaventosi sacrifici un gruzzoletto per la vecchiaia, ed ecco il magnifico risultato: le mie cinquantamila lire valgono oggi come settantacinque lire di prima della guerra!… E debbo andare io a elemosinare dalla cicale la quale, adesso, fa soldi a palate perché – avendo trascorso i suoi giorni guardando il panorama – ora tutti vengono da lei a farsi descrivere le albe rugiadose e i tramonti di fuoco e i placidi meriggi e le profumate notti del felice tempo che fu. Adesso chi ha in magazzino articoli di nostalgia fa quattrinoni!… Abbasso il risparmio!… Abbasso i capitalisti!… La proprietà degli altri è un furto!…”.
E si allontanò cantando inni sovversivi”…
E’ un passo della “Favola di Natale” di Giovannino Guareschi, scritta in un lager nazista nei giorni precedenti il 25 dicembre 1944, musicata da Arturo Coppola, letta nelle baracche dei compagni di prigionia, quindi, nel dopoguerra pubblicata da Rizzoli, rappresentata, incisa su disco e audiocassetta con la voce recitante di Gianrico Tedeschi, anch’egli reduce dai campi di concentramento.
Nella Notte Santa, il figlio Albertino, con la nonna e il cane Flik, preceduti da una lucciola che illumina la strada, escono di casa per andare a trovare l’internato militare (IMI) 6865.
Tra fantasia e realtà, poesia e fede, con l’aggiunta di immancabili note umoristiche, lo scrittore, prigioniero dei nazisti dopo l’8 Settembre, per avere mantenuto fede al giuramento fatto al suo Re, si inventò questo viaggio avventuroso, ricco dunque di incontri, di imprevisti, della piccola comitiva familiare.
Ci sono tante scene interessanti, emblematiche, ci sono apologhi e metafore.
Ma perché abbiamo scelto questo libro e questo passo benché lontani dalla ricorrenza del Natale?
Perché quel passo è… in quel determinato libro, e si presenta di una attualità straordinaria. Paiono scritte per l’oggi, quelle espressioni.
Con la Giornata del Risparmio siamo cresciuti anche noi della generazione della guerra; al risparmio ci hanno esortato a suo tempo genitori, parenti, educatori, politici, e gente del genere. Per arrivare dove, adesso? Ma allo stesso traguardo della povera formichina incontrata da Albertino e la cui virtù veniva messa in risalto dalla nonna.
A che pro abbiamo risparmiato? Non ci conveniva spendere tutto, scialacquare dandoci alla bella vita?
Che frutto danno quel che in lunghi anni di lavoro (nostro e/o dei nostri genitori) abbiamo messo da parte?
Abbiamo acquistato (o l’abbiamo ereditata dai nostri vecchi) una casa? Ce la stanno demolendo con pesantissime tasse, simili a bombe sganciate da aerei nemici, mentre sono invece… aerei di casa nostra.
Lasciamo i risparmi in un conto corrente bancario? Ma una volta conveniva tenerne anche parecchi, perché l’interesse era adeguato, conveniente. Adesso invece? Devi pagare tu perché la banca ti tenga i soldi! Bolli, commissioni; manca soltanto tu debba pagare l’aria condizionata degli uffici quando entri…
Investi in titoli? Bravo! Anche lì ci sono balzelli: bancari? No, ti dicono, è lo Stato che impone. Comunque sia, il bastonato resti tu.
Acquisti un lingotto d’oro? A che cosa ti serve? Resta lì e un giorno, magari, quando vorresti vendere, il prezzo del prezioso metallo è giù.
No, decisamente non conviene risparmiare, mettere da parte, perché non sai come muoverti per investire. Il mondo va a rovescio e in questa Italia diventata stato di polizia, occhiuto e prepotente, dove trovi sempre qualcuno che ti controlla, e dove la fantasia al potere viene esercitata soltanto per inventarsi accrescimenti di dispendiose, ignobili burocrazie, e modi per impoverirti, non vale la pena mettere da parte qualcosa.
E’ il tempo delle cicale, tanto è vero che per primo chi ci governa sperpera, ignora che cosa significhi oculata amministrazione, canta, canta e canta ancora. Poveretta, la formica che non potrà più presentarsi, più dire nulla, perché sarà già morta… di fame e di sete.
La formica, cioè il ceto medio chiamato a pagare per l’insipienza, l’incapacità (anche cialtroneria?) di chi, avendo un qualsiasi potere, ne approfitta a tutti i livelli. E non ci vengano a raccontare che è il sistema liberale, capitalista che comporta più tasse. Sono enormi balle. Un liberale “doc” come Luigi Einaudi diceva che qualsiasi imbecille è capace di mettere tasse. Infatti…
Guareschi, sempre attuale, per concludere, e purtroppo! Non avrebbe immaginato che 71 anni dopo la sua “Favola di Natale” la protesta della formichina sarebbe stata di una attualità stringente.
3 commenti su “Formiche, cicale e attualità di Guareschi – di Giovanni Lugaresi”
La guerra di cui parla Guareschi è finita con la sconfitta della borghesia, che sta ancora pagando…ma nella filosofia dei vincitori dovrà scomparire dalla storia.
Sempre attuale Giovannino. A volte mi chiedo cosa avrebbe mai detto se fosse vissuto al giorno d’oggi dove i tradimenti nei confronti della vita vengono da ogni parte. Almeno ai suoi tempi chiunque, oltre a Don Camillo, poteva correre dal proprio vescovo in cerca di giustizia e di verità; e il vescovo era lì che consigliava, che istruiva, che indicava la retta via. Ma prima ancora che dal vescovo si correva dal prete perché lì vedevi un porto sicuro su cui attraccare la tua barca traballante. Oggi non puoi più farlo perché tutto è capovolto, tutto è rovesciato, tant’è che è difficile pure confessarsi perché ti pare addirittura di parlare con un avversario, anziché con un padre. A chi vai a dire che sei sconcertato, per non dire disgustato che nei vertici si plauda all’ “ospitalità eucaristica” fra valdesi e cattolici? A chi vai a dire che hai la sensazione che il peccato è ormai abolito per far posto a un buonismo generalizzato per cui l’importante è stare tutti “vicini-vicini”?
A chi vai a dire che sei nauseato a sentire che per assenza del parroco “ha detto la Messa la tale X”, come riferito da un’ingenua vecchietta? Siamo alla frutta.Forse, ché per il peggio c’è sempre posto!
Per informazioni sull’ “ospitalità eucaristica” cliccare qui:
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&cad=rja&uact=8&ved=0CCsQFjAB&url=http%3A%2F%2Fwww.avvenire.it%2FChiesa%2FPagine%2Fpapa-storica-visita-al-tempio-valdese.aspx&ei=8GyNVeWQOKuAywPTlIugBQ&usg=AFQjCNFLZ9nMbimfbGg0kg8jXcre2aKJGw&sig2=ci59pWcVw6RX9-0c7cYF9w