di Piero Vassallo
La prima definizione che si legge nel catechismo di San Pio X insegna una verità di ragione: Dio è l‘Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra.
Se la ragione nega l’Essere perfettissimo di Dio il pensiero umano si smarrisce in un circolo vizioso intorno all’eternità dell’effimero.
Essere perfettissimo inoltre significa mente infinita e onnisciente. E’ dunque manifesto che al cospetto di Dio la nostra mente finita è nella condizione del fanciullo che apparve a Sant’Agostino per insegnargli che penetrare il mistero divino è un atto insensato, paragonabile all’intenzione di prosciugare il mare con un cucchiaio.
Il cardinale Siri insegnava che solo la visione beatifica mostrerà la ragione di un Dio onnipotente e buono che ha voluto creature defettibili. In questa vita dobbiamo inchinarci alla volontà di Dio, consapevoli che ogni tentativo di dirimere il mistero ineffabile apre la porta ai deliri della teologia dualista e ultimamente alla disperazione nichilistica.
La ragione in cammino nel deserto dell’ateismo e/o del sospetto intorno alla bontà di Dio, la ragione che istruisce processi al mistero è destinata a naufragare negli incubi.
Opportunamente nota Antonio Livi: “… che ogni evento naturale o provocato dagli uomini sia da riportare a Dio, questo è non solo dogma di fede ma è innanzitutto un‘evidenza della ragione, perché Dio è la causa prima che governa il mondo con perfetta giustizia, e le cause seconde (consapevoli o meno) non tolgono il primato metafisico della potenza infinita di Dio“.
La verità è intollerantissima. Il più razionale e filosofico dei testi sacri, il Libro della Sapienza, ha decretato l’inappellabile condanna dell’ateismo: Dice lo stolto in cuor suo Dio non esiste.
La negazione di Dio avvilisce e sconvolge il pensiero umano. La storia degli ateismi, peraltro, è sempre e soltanto storia di sofismi, di disperazioni e di orrori.
La verità obbliga all’intolleranza del pensiero e della parola, sì sì no no. D’altra parte la tollerantissima carità obbliga i cristiani ad amare gli erranti e suggerisce di non insuperbire a causa della fedeltà al sommo vero.
Il cristiano è tenuto a vivere, in difficile equilibrio, la apparente contraddizione tra l’intollerantissima verità e la tollerantissima carità.
Alterazione dell’equilibrio tra fedeltà e carità, il buonismo, l’acrobazia intorno al cattolicesimo unitivo, pretende di pacificare e comporre la verità con l’errore.
La bontà che tollera o addirittura approva l’errore è un sale insipido offerto al calpestio dalla paura destata dalla visione dell’ateismo trionfante.
Trionfante? Condiviso da molti perché ossequio dovuto al potere del salotto buono e del teleschermo. In realtà ideologia appiattita su stati d’animo trionfalmente mortiferi. L’orizzonte dell’ateismo è segnato dalla promozione dell’odio anticristiano, dal culto degli stordimenti e dall’apologia del suicidio.
L’ombra dell’odio anticristiano si stende sullo sdegno laicista, che si è rovesciato contro il professor Roberto de Mattei, coerente interprete del pensiero cattolico.
Secondo il talk show, elevato alla tronfia dignità di un tribunale istituito per giudicare la teologia dei cattolici e Dio stesso, de Mattei è colpevole di aver dichiarato, con il linguaggio alto della ragione, la rinuncia a dirimere il mistero del male.
Fedele al pensiero che resiste al diluvio irrazionalista scatenato dai razionalisti, de Mattei afferma, infatti, che “L‘imponderabile esiste, fa parte della nostra vita, ma esso non è il caso. Quest‘ultimo, che è l‘assenza di significato degli eventi, non esiste. Dobbiamo ripetere con forza che il caso non esiste: tutto ciò che accade, nella nostra vita e in quella dell‘universo, ha un significato. Il fatto che noi non lo comprendiamo, non significa che non vi sia qualcosa qualcosa priva di significato. Solo Dio conosce il significato di ogni cosa, e solo Lui attribuisce a ogni cosa il suo significato. Pretendere di conoscere il significato di tutto significa voler essere Dio, farci Dio noi stessi, e vuol dire negare l‘esistenza di un Dio creatore e regolatore dell‘universo” (Testo della conferenza letta a Radio Maria il 16 marzo 2011 e ora pubblicata in Roberto de Mattei, “Il mistero del Male e i castighi di Dio”, Fede e Cultura, Verona 2011).
Disgraziatamente l’incapacità di umiliarsi davanti all’imponderabile ha contagiato anche quei cattolici sedicenti adulti, che de Mattei definisce diversamente atei.
Padre Serafino Lanzetta, un teologo che osato prendere le difese di de Mattei, ha scritto: “Non fa tanto ribrezzo leggere invettive di un Odifreddi e della sua cricca … quanto il silente imbarazzo di cattolici condannati, in nome di un misericordiosismo tipicamente postmoderno o meglio postconciliare a non allinearsi a una dottrina considerata vecchia (veterotestamentaria: Dio che punisce col dolore) e perciò preconciliare“.
La conclusione di padre Lanzetta è purtroppo vera: “è il sonno nel quale stagna la nostra ragione e di rimando la fede, che facilmente diventa fideismo: un irrazionalismo credente che ci induce a non rispondere per paura di offendere le orecchie sensibili di un mondo chiuso al trascendente“.
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