Memorie di un’epoca – rubrica mensile a cura di Luciano Garibaldi
biografie, eventi, grandi fatti, di quel periodo in cui storia e cronaca si toccano
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14 – giovedì 30 aprile 2015
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Per capire il secolo ventesimo, ovvero il “secolo delle guerre”
di Luciano Garibaldi
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Il secolo ventesimo ha visto, al tempo stesso, l’esasperazione e infine la morte delle grandi ideologie salvifiche partorite dagli enciclopedisti francesi del Settecento, e delle quali si ebbe una premessa sanguinosa durante la Rivoluzione francese (1789-1794). Il comunismo, teorizzato nel secolo XIX da Karl Marx e Friedrich Engels come liberazione dei popoli oppressi dal capitalismo trionfante, si realizzò concretamente in Russia a partire dall’ottobre 1917 ad opera di una piccola frazione rivoluzionaria del Partito socialista (i bolscevichi guidati da Lenin) alleatasi con le truppe, stanche della guerra contro gli Imperi Centrali (Reich tedesco e Impero austro-ungarico). L’evento fu favorito dalla Germania e dall’Austria, che finanziarono Lenin nella speranza che il ritiro dal fronte delle armate zariste potesse permettere loro di vincere la prima guerra mondiale.
Ma fu un’illusione. Le sorti del conflitto erano ormai segnate. L’immane ecatombe («inutile strage» la definì il pontefice Benedetto XV, che aveva cercato invano di evitarla, guadagnandosi, dai nazionalisti italiani, l’accusa di essere un «germanofilo») si consumò in battaglie tremende come quelle di Tannenberg, di Verdun e della Marna, dove milioni di soldati trovarono la morte nel fango delle trincee. Il primo conflitto mondiale vide per la prima volta (oltre all’invenzione della cosiddetta «guerra di posizione») l’impiego di armi «proibite» come i gas asfissianti, e determinò lo sviluppo di micidiali macchine belliche come gli aerei da bombardamento (che, per la verità, avevano fatto il loro esordio nel corso della guerra tra Italia e Turchia , combattuta in Tripolitania, l’attuale Libia, nel 1911) e i sommergibili. È fu proprio a causa di un sommergibile tedesco (un «U-Boote»), responsabile di aver colato a picco con un siluro il transatlantico «Lusitania», che gli Stati Uniti entrarono in guerra il 6 aprile 1917. La guerra terminò alla fine del 1918 (l’Italia, che, dopo un primo periodo di neutralità, era scesa in campo il 24 maggio 1915 a fianco dell’Intesa, siglò l’armistizio con l’Austria-Ungheria il 4 novembre 1918).
Il mondo tirò un sospiro di sollievo. I veri amanti della pace si auguravano che, alla Conferenza di Versailles, prevalessero i suggerimenti del presidente americano Wilson. Tra le sue proposte: l’abolizione della diplomazia segreta (ch’era stata – e sarà – alla base dei grandi e sanguinosi conflitti mondiali), la libertà di navigazione sui mari, la liberalizzazione degli scambi economici mondiali, la limitazione degli armamenti, la definizione dei confini tra gli Stati secondo il principio di nazionalità, infine – sopra ogni altra – la fondazione della Società delle Nazioni. Una grande idea, quest’ultima, una sorta di governo mondiale (oggi si chiama ONU, Organizzazione Nazioni Unite), di cui egli riuscirà appena a vedere la faticosa realizzazione.
La Conferenza di Versailles fallì il suo scopo. Essa pose invece le premesse del revanchismo tedesco, che divenne drammaticamente concreto dopo l’ascesa al potere del nazismo e del suo capo Adolf Hitler (30 gennaio 1933). Il nazismo era un movimento che andava inquadrato nel rivoluzionarismo di sinistra (non a caso il partito di Hitler fu battezzato «partito nazional-socialista dei lavoratori») e che dell’illusione rivoluzionaria di risolvere i problemi dell’umanità con la violenza divenne quasi la quintessenza. Con le «leggi di Norimberga», del 1935, e le successive, quella ideologia aberrante giunse al punto da stabilire la soppressione fisica degli handicappati, orrenda premessa ai massacri degli ebrei (6 milioni), degli zingari, degli omosessuali.
Sul piano delle ideologie, gli Anni Trenta segnarono un apparente trionfo delle tendenze fasciste (cioè sistemi autoritari anziché democratico-elettivi) in molti Stati europei e non europei: Austria (Dollfuss), Grecia (Metaxas), Portogallo (Salazar), Ungheria (Horty), Paesi Baltici, Manciukuò, Spagna (Francisco Franco, salito al potere al termine di una guerra civile tra fascisti e comunisti che costò un milione di morti). Il fascismo avrebbe dovuto essere inconciliabile col comunismo. Ma questo non era (e non è) necessariamente un dogma. Infatti, Hitler (considerato a torto «il miglior allievo» di Mussolini) e Stalin (succeduto a Lenin quale capo della dittatura sovietica) si annusarono e si piacquero, al punto da stipulare un patto segreto (il patto Molotov-Ribbentrop, dal nome dei due ministri degli Esteri dell’Urss e del Terzo Reich) per spartirsi Polonia, Paesi Baltici e Bessarabia. L’accordo resse ben oltre l’inizio della Seconda guerra mondiale, scatenata dall’attacco di Hitler alla Polonia, sferrato il 31 agosto 1939. In un primo momento, Francia e Inghilterra sembrarono soccombere sotto i colpi di maglio della Wehrmacht, cui si era accodata, dal 10 giugno 1940, un’Italia fascista bramosa di ottenere la propria parte di bottino. Ma il 1941 fu l’anno della svolta. Il Führer, nel suo delirio di onnipotenza, il 21 giugno aggredì l’Urss, e il 7 dicembre il Giappone attaccò la base aerea americana di Pearl Harbor. La guerra divenne così «mondiale» e si concluse nel 1945 con la disfatta dell’Italia fascista (il 2 maggio), della Germania nazista (il 9 maggio) e del Giappone imperiale (il 2 settembre), dopo il lancio delle bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki.
La Russia instaurò in mezza Europa (quella che aveva sottomesso grazie agli accordi di Yalta) degli Stati-fantoccio che si dichiararono comunisti, ma erano in realtà vassalli e schiavi di Stalin. La Cina cadde nelle mani di Mao Tse-tung (1893-1976), a lungo vezzeggiato dalle sinistre europee, e che solo dopo la morte si rivelerà una specie di mostro (pretendeva una ragazza vergine per ognuna delle sue squallide serate di vecchio satrapo). La «guerra fredda» tra l’Occidente democratico e l’Oriente rosso, cui aveva dato inizio Churchill con il famoso «discorso di Fulton» (1946), quando aveva coniato il termine «cortina di ferro», talvolta divenne «calda»: come in Corea e in Vietnam, autentici cimiteri per i «g-men» americani. E come in Afghanistan, dove a pagare il conto furono i soldati sovietici, alle prese con la rinascente ideologia islamica.
Il secolo si chiuderà con la fine del comunismo, costato all’umanità 180 milioni di morti in Cina, 60 in Russia, 2 e mezzo in Cambogia, senza tener conto delle varie Romania, Bulgaria, Albania, Corea del Nord, Cuba (riscattata in parte, quest’ultima, dall’idealismo di «Che» Guevara). E con il vagito di Saddam Hussein, subito represso con la «guerra del Golfo», che potrebbe aver rappresentato l’anteprima di nuovi drammi del terzo millennio.
2 commenti su “Memorie di un’epoca – Per capire il secolo ventesimo, ovvero il “secolo delle guerre” – di Luciano Garibaldi”
Ci sono ancora tutti i nemici di Dio, camuffati con altre sigle.
Ottimo questo articolo.
Però, le ripeto (mi scuso ma sarà l’ultima volta) gentile Luciano Garibaldi, che sarebbe interessante leggere
suoi libri su argomenti così importanti.
Ora ne farò una fotocopia.