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15 aprile 2015
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Quali altri mali oltre l’eugenetica? = = = = = = = = =
di Fabio Trevisan
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“L’anarchia è la condizione d’animo o di comportamento di chi non si può fermare”.
Nel saggio: “Eugenetica e altri malanni” pubblicato da Gilbert Keith Chesterton nel 1922, dopo essersi soffermato nei primi due capitoli su cosa fosse l’eugenetica e chi fossero gli eugenisti, lo scrittore di Beaconsfield iniziò ad analizzare gli altri mali, a partire dall’anarchia. Il terzo capitolo del libro, L’anarchia dall’alto, rappresenta ancor oggi qualcosa di stupefacente e strettamente attuale, fin dalle battute iniziali: “Un’anarchia silenziosa consuma la nostra società”.
Che cos’era l’anarchia per Chesterton? Egli già ne aveva parlato nel celebre avvincente romanzo: “L’uomo che fu Giovedì“, ma sarà proprio in questo saggio che ne preciserà la definizione: “L’anarchia non è necessariamente violenta né viene necessariamente dal basso. Un governo può diventare anarchico tale e quale a un popolo”. Chesterton desiderava che prestassimo attenzione a non confondere anarchia con ribellione e, rivolgendosi esplicitamente ai “conservatori di indole emotiva”, insisteva che si allargasse la ragione e che si inquadrasse il tema distinguendolo dalla rivoluzione. Egli era consapevole del disordine che provocava l’usurpazione ribelle contro un ordine legittimo e poneva, alla pari della scuola controrivoluzionaria, il problema dall’alto, iniziando dal peccato degli angeli e ponendolo quindi in una cornice metafisica. Vi era però, secondo il grande scrittore inglese, un principio distintivo ineludibile: “Gli uomini quando combattono devono essere organizzati e un esercito ribelle ha bisogno di disciplina quanto un esercito regio”.
Cosa intendeva dire, se riferito al peccato di Satana? Ecco cosa scriveva Chesterton: “Satana, benché traditore, non era un anarchico. Reclamava la corona del cosmo e se avesse vinto non avrebbe permesso ai suoi angeli ribelli di continuare a ribellarsi”. Ribadiva quindi che l’anarchia era qualcosa di molto diverso dalla ribellione e noi, a distanza di tempo, dopo aver visto il declino delle rivoluzioni progressiste, compresa quella del 1968, potremmo affermare con Chesterton che l’anarchia è la perdita di quell’autocontrollo che permette di ritornare alla normalità. Non sappiamo più comprendere, fare un serio esame di coscienza, pentirci di quanto accaduto. Per Chesterton l’anarchia costituiva, come preciserà in un successivo capitolo del saggio, l’impotenza dell’impenitenza. Egli faceva dei riferimenti concreti per comprendere il tasso anarchico penetrato persino nelle famiglie: “Non è anarchia nella vita domestica se tutta la famiglia sta alzata fino a tardi l’ultimo dell’anno; è anarchia se poi per mesi i membri della famiglia stanno alzati fino a ora sempre più tarda…non è anarchia fare un pic-nic; è anarchia dimenticare completamente l’orario dei pasti”.
Ciò che rappresentava un disordine anarchico pericoloso era l’incapacità di rientrare entro limiti razionali dopo una legittima stravaganza. L’anarchia imprimeva così il suo indelebile marchio, secondo Chesterton, sul mondo moderno. Il mondo moderno, che lui avversava per la sua anarchia e fiacchezza, era paragonabile alla cascata: “Il mondo moderno è come il Niagara, è magnifico ma non è forte. Il mondo moderno è debole come l’acqua, come il Niagara. Il problema di una cascata non è che essa è assordante o pericolosa: è che non può arrestarsi”. Il caos provocato da qualcosa di debole che ci casca addosso era ed è sperimentabile nei poteri che ci governano e all’interno della nostra società, esattamente come affermava Chesterton con grande coraggio nel 1922: “Lo Stato è d’improvviso ammattito, alla chetichella. Dice sciocchezze e non riesce a fermarsi”.
Alla ribellione diabolica era succeduta una progressiva anarchia silenziosa che consumava la nostra società. Senza più guerre, all’insegna del pacifismo e della nonviolenza, aveva reso sempre più flaccido il cuore dell’uomo disposto a combattere per la giusta causa. Senza più ragioni argomentative e forti persino il pensiero si era via via dileguato lasciando trasparire l’homo consumens che già allora, nel disegno anarchico, Chesterton presagiva: “Sarebbe anarchia se tutti, come alcuni disgustosamente propongono, prendessimo dalla dispensa quel che ci pare. Così mangerebbero i porci, se avessero dispense; i porci non pranzano a ore fisse: sono molto progressisti, sono porci”.
2 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
Ci sorprende sempre Chesterton nelle sue considerazioni, che sono sempre di una verità disarmante. Ed è proprio questo che l’uomo che conserva ancora il senso della vita e ne conosce il suo significato profondo non riesce a concepire: che la società in cui siamo immersi, pur nel sostenere (ipocritamente) i più nobili principi e valori, dimenticando Dio, abbia preso una piega così brutta che non riesce a fermare la sua follia e corra allegramente verso la rovina. Preghiamo perché si aprano gli occhi di tutti.
GRANDISSIMI Chesterton e Trevisan!!!!
Profetico Chesterton e eccellente interprete lei, caro Trevisan!!!
Stamperò questo articolo per me e per altre persone.
GRAZIE a lei, Trevisan, e a Riscossa Cristiana, che ci fa doni “cattolici” in continuazione.