di P. Giovanni Cavalcoli, OP
settimo capitolo: La questione del Limbo
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Generalmente, nella predicazione corrente, non si parla mai del limbo, e neppure ne parla mai il Magistero della Chiesa. Questo argomento invece aveva un certo peso nella visione della salvezza fino al Concilio Vaticano II. Da allora si è diffusa la convinzione in molti che il limbo non esista, ma che anche i bambini che muoiono senza battesimo vanno in paradiso.
Ricordiamo infatti ai giovani – gli anziani se ne ricorderanno – che cosa è il limbo. Si tratta appunto di un luogo ultraterreno dove vanno le anime dei bambini morti senza battesimo. “Limbo” viene dal latino limbus, che vuol dire “margine” (cf. lembo). Margine di che cosa? Dell’inferno. Quando era diffusa e praticamente comune la credenza nel limbo non si osava quasi usare l’espressione completa, perché, così mi pare, faceva troppo impressione. Tuttavia resta il fatto che, secondo questa dottrina tradizionale, che è rimasta per molti secoli, praticamente dai tempi di S.Agostino, il limbo fa parte dell’inferno, anche se si tratta appunto solo del “margine” superiore, un po’ come in una foiba qualcuno che non si trovi nel fondo, ma solo a poca profondità. Infatti S.Agostino sosteneva che il limbo comporta una “pena mitissima”.
D’altra parte la Chiesa ha definito dogmaticamente che nell’oltretomba vi sono solo due condizioni definitive dell’uomo: o il paradiso o l’inferno. Il purgatorio si riconduce al paradiso. Quanto al limbo, esso non era ricondotto al paradiso, perché, basandosi sull’insegnamento di Cristo che chi non è battezzato non si salva, si pensava che questi bambini, morti senza essere battezzati, non si salvassero.
La tradizione del limbo è una tradizione antichissima, mai riprovata dal Magistero, ma che però il Magistero non ha mai fatta propria. Il nome stesso di “limbo” non ricorre mai nel linguaggio del Magistero. Esso è nominato solo in un intervento di Papa Pio VI, contro il Sinodo di Pistoia nel 1794, non però per affermare che il limbo esiste, ma solo per dire che esso “non è una favola pelagiana”, come sostenevano i giansenisti. Dunque queste parole del Papa non fanno riferimento all’esistenza ma semplicemente alla definizione del limbo. Ora il problema della definizione di qualcosa non significa ancora pronunciarsi sull’esistenza effettiva di questa cosa. Per esempio, io posso dire che non è vero che il centauro è un cavallo col tronco di scimmia, ma con ciò non affermo che il centauro esiste veramente.
La dottrina del limbo si trova invece insegnata esplicitamente dal catechismo di S.Pio X. C’è però da osservare che nei catechismi non è contenuta soltanto la dottrina del Magistero, ma si trovano anche opinioni teologiche autorevoli e comunemente condivise in un dato tempo e non riprovate ma permesse dalla Chiesa. Ma il fatto che la Chiesa permetta nel Popolo di Dio la presenza di una data opinione teologica, non vuol dire necessariamente che la approvi. Si potrebbero fare altri esempi: la dottrina della superiorità dell’uomo sulla donna, ritenuta per lunghi secoli fondata sulla Scrittura, il Magistero della Chiesa nei suoi documenti ufficiali non l’ha mai fatta sua, e tuttavia era convinzione comunissima di tutti, fedeli, pastori e teologi.
Per quanto riguarda poi le posizioni della Chiesa, soltanto quando con Pio XII essa ha affrontato il tema col peso della sua autorità, ha cominciato a parlare di uguaglianza di natura e reciproca complementarità di funzioni tra uomo e donna, smentendo implicitamente la tradizionale dottrina dell’inferiorità della donna.
Tornando alla questione del limbo, possiamo dire che ultimamente i teologi avevano abbandonato la concezione agostiniana della “pena” per questi bambini ed avevano adottato la visione di S.Tommaso, per il quale essi non subiscono alcuna pena, anzi godono di una felicità, ma semplicemente naturale, non dell’eterna beatitudine del paradiso, la cosiddetta “visione beatifica”. Sennonchè però – hanno cominciato ad osservare i teologi più recenti -, Dio ha destinato l’uomo non semplicemente ad un fine ultimo naturale, ma soprannaturale, e questo lo riconosce anche S.Tommaso, il quale però non pare trarne le conseguenze. Infatti, se è vera questa volontà divina di condurre tutti gli uomini a tale fine soprannaturale, frutto della grazia e della figliolanza divina, perché mai questa folla sconfinata di bambini dall’inizio dell’umanità sino ad oggi dovrebbe esserne esclusa?
La questione del limbo è affrontata nel nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. Al n.1261, trattando della sorte dei bambini morti senza battesimo, il testo parla di una “speranza per la loro salvezza” e dice che la Chiesa “li affida alla misericordia di Dio”; così similmente cita la liturgia per i funerali di questi bambini, dove pure la Chiesa li affida alla divina misericordia. Ora, ricordiamo che lex orandi è lex credendi. D’altra parte, che vuol dire che la Chiesa li affida alla misericordia divina? Qual è l’effetto di questa misericordia se non la salvezza? Oltre a ciò possiamo dire che se la Chiesa spera una cosa, questa non può non avverarsi.
Comunque resta il fatto che come l’autorità del Catechismo di S.Pio X su questo punto non è infallibile, trattandosi solo di dottrina di teologi, che non sono infallibili, così pure certamente anche l’autorità del nuovo Catechismo su questo punto non è infallibile, non ha ricevuto l’avallo del Magistero della Chiesa con un pronunciamento esplicito e quindi infallibile. Oggi come oggi sia l’affermare che il limbo esiste sia il dire che non esiste, non è in rapporto necessario con la dottrina della Chiesa, ma si tratta di una questione in via di chiarimento. La mia opinione, da vari segni, è che questa dottrina del limbo si stia abbandonando in seguito a nuove considerazioni sulla misericordia di Dio avviate dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
Certi tradizionalisti, basandosi soprattutto sul Catechismo di S.Pio X e facendo capo ad una serie di testi di Papi e di Concili del passato, sostengono che la dottrina del limbo è dottrina della Chiesa, quindi immutabile ed irreformabile; in pratica ritengono che sia dottrina di fede. Senonchè però, ad un esame attento di questi documenti, il loro senso – come mostrerò sotto – può apparire estraneo alla dottrina del limbo, anche se indubbiamente il pensiero può andare ad esso.
Faccio un solo esempio, oltre quello che ho riportato di Pio VI: il Concilio di Firenze del 1439 così sentenziò: “Le anime di coloro che muoiono col solo peccato originale, discendono nell’inferno”. Da qui si deduceva che, poiché i bambini non battezzati muoiono con la sola colpa del peccato originale, dunque vanno all’“inferno”, non nel fondo, ma solo nel margine superiore, all’“ingresso”, per così dire. E questo era appunto il limbo. Ma oggi i teologi obiettano: perché non immaginare che la grazia della salvezza intervenga immediatamente dopo la concezione o quanto in tempo prima che il bambino muoia? Perché questa ipotesi? Essa è basata sulla dottrina di fede, sulla quale a sua volta è basato il messaggio del Concilio, dottrina secondo la quale Dio vuol condurre tutti in paradiso e dà a tutti, anche senza i sacramenti, i mezzi per andarci.
Con ciò il Concilio non si scosta affatto dalla Tradizione, essa pure di fede, per la quale la Chiesa amministra i battesimo in ordine alla salvezza. Sennonchè però sin dai primissimi tempi del cristianesimo, come è noto, al Chiesa battezza i bambini, evidentemente non ancora capaci di ragionare, e quindi di emettere quell’atto di fede che pur Cristo comanda esplicitamente insieme col battesimo per salvarsi. Inoltre da molti secoli, come è noto, la Chiesa ammette un “battesimo di desiderio” e un “battesimo di sangue” distinti dal battesimo sacramento.
Che vuol dire ciò? Che la Chiesa, con l’autorità infallibile che le è stata conferita da Cristo, ha allargato il significato del battesimo che significa purificazione dai peccati, perché nel corso dei secoli ha compreso meglio l’ampiezza della divina misericordia e quindi il significato profondo delle parole del Salvatore, che prescrive certo il battesimo come atto relativo al piano ordinario della salvezza.
Ma siccome Dio vuol salvi anche coloro che senza colpa non possono accedere ai sacramenti, è giocoforza ammettere, come sempre si è ammesso, anche l’esistenza di un piano straordinario di salvezza che la renda possibile per questa sconfinata categoria di persone, se è vero che secondo gli antropologi l’uomo esiste sulla terra da due milioni di anni ed inoltre oggi c’è da interrogarsi sulla sorte delle centinaia di milioni di vittime dell’aborto. Tutti all’inferno, anche se è solo il “margine” e per la sola colpa originale senza colpe personali? Ma è colpa di questi bambini non esser stati battezzati?
Allora a questo punto, muovendoci sulla linea dell’allargamento del significato di battesimo, allargamento che è già stato fatto con la dottrina del battesimo di desiderio e del battesimo di sangue, non potremmo ancora chiamare “battesimo” ed eventualmente “battesimo originario o prenatale” l’intervento salvifico della grazia di Cristo prima che il bimbo muoia?
Su questo argomento, come è noto, è intervenuta la Commissione Teologica Internazionale col documento “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo” del 2007. In questo lungo ed importante documento si comincia col constatare la cosa del resto nota da sempre che la Scrittura non fa assolutamente parola del limbo, mentre insegna a chiare le lettere la volontà di Dio di salvare tutti.
D’altra parte, però, il medesimo documento, con molta lealtà e schiettezza davanti all’attuale buonismo rahneriano imperante che sostiene che tutti si salvano, cita il Concilio di Quierzy dell’853, nel quale invece si dice che non tutti si salvano. Tuttavia, con un procedere molto argomentato, partendo da tutte le fonti della teologia e del Magistero, il documento viene a far capire chiaramente di essere contrario alla dottrina del limbo e di sostenere, come del resto dice lo stesso titolo, “la speranza che anche questi bambini si salvino”.
Passando in rassegna i documenti della Chiesa che tradizionalmente erano usati dai teologi per sostenere il limbo, il documento mostra che non sono probanti ed afferma quindi esplicitamente che il limbo non è dottrina del Magistero ma semplice dottrina teologica, quindi, a differenza del Magistero che è infallibile e quindi non muta, la dottrina teologica è rivedibile o fallibile almeno in linea di principio. Dunque, lascia intendere il documento, un domani il Magistero potrebbe approvare ufficialmente la tesi della salvezza anche di questi bambini, smentendo quindi implicitamente la dottrina del limbo. Ciò ovviamente non comporterebbe alcuna contraddizione col Magistero del passato, perché esso non si è mai pronunciato su questo punto.
Questa questione del limbo ci dà occasione per chiarire la differenza tra la Sacra Tradizione, fonte della divina Rivelazione, e quindi immutabile e perennemente vera, e le tradizioni esistenti nella Chiesa, tradizioni che, per quanto utili, secolari o rispettabili, sorgendo però da semplici credenze o decisioni umane, a un certo punto fanno il loro tempo per il mutare delle circostanze o per un approfondimento della Parola di Dio e della stessa Sacra Tradizione, per cui devono essere abbandonate senza anacronistiche e tutto sommato dannose nostalgie. Su questo argomento ha scritto un bel libro il famoso teologo domenicano Yves Congar: “La Tradizione e le tradizioni”, pubblicato molti anni fa dalle Edizioni Paoline. Vorrei invitare i mie amici tradizionalisti a meditare su questo libro.
Nel contempo è evidente con quanto rispetto il documento della CTI prenda in considerazione le tesi dei tradizionalisti e di ciò dà prova proprio il fatto che spenda più di trenta pagine a confutarle, senza tuttavia chiudere del tutto una porta alla legittimità ancora attuale della credenza nel limbo, dato che il Magistero non si è ancora pronunciato definitivamente.
Viceversa sappiamo bene come l’attuale tendenza modernista si liberi della dottrina del limbo con una semplice scrollata di spalle ritenendo che non valga neppure la pena di discutere di una cosa del genere. Ma il motivo di questo loro atteggiamento è indubbiamente riprovevole perché essi spesso e volentieri sostengono la dottrina errata che tutti si salvano, per cui non credono neppure nell’esistenza dell’inferno. Infatti, se per la Scrittura è verità di fede la volontà divina salvifica universale, per la stessa Scrittura è un’eresia affermare che non ci sono dannati nell’inferno.
Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che il recente Concilio, rettamente interpretato, ci apre nuovi orizzonti sulla grandezza della misericordia di Dio, pur senza escludere la giustizia e questo progresso nella conoscenza della Parola di Dio è l’effetto del modo umano di conoscere la verità, modo umano che si riflette anche nella conoscenza di fede, secondo la promessa del Signore, che ha garantito alla sua Chiesa di condurla alla pienezza della verità.
Bologna 25 ottobre 2011