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2 febbraio 2015
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Il Cavaliere e la spada
di Fabio Trevisan
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L’Uomo (anima e corpo), diventato inerme ed inetto, remissivo e ingenuo, è divenuto tale da non poter essere neanche disprezzato. Ometto, non più uomo; peccatore, come ammoniva nel 1911 Chesterton, che nega l’esistenza del peccato.
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Nel poema epico del 1911: “La ballata del cavallo bianco” (edito da Raffaelli Editore), Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) contrappone il Re cattolico Alfred agli invasori pagani Danesi e mette in bocca al Re del Wessex le seguenti parole, che rivelano la sua semplice e profonda teologia: “Quando Dio mise l’uomo nel giardino lo cinse con una spada e fece di lui un cavaliere libero, che poteva tradire il suo Signore; ed egli Lo uccise e Lo tradì, precipitò e si perse in luoghi lontani…”. Anche se il periodo storico di cui parla nel poema è il IX secolo, Chesterton ha sempre messo in risalto (anche in altre epoche) la figura del cavaliere con la sua spada. Adam Wayne, il “pazzo” sindaco di Notting Hill del suo primo romanzo (1904), fin da giovane maneggiava spade; nell’ Uomo che fu Giovedì i filosofi-poliziotti arrivano a scontrarsi in duello all’arma bianca; la spada è stata persino vista da Chesterton quale metafora del bastone del viandante-pellegrino.
In tante altre sue opere (saggi, romanzi, poesie) lo scrittore londinese ha sempre avuto una particolare predilezione per i cavalieri con la spada. Cerchiamo di scoprirne ora i motivi più profondi, partendo da una considerazione oggettiva più volte sottolineata da Chesterton stesso: l’apprezzamento del giuramento di fedeltà (il voto) che univa il cavaliere con il suo signore, il sacerdote con la Chiesa, il religioso/la religiosa con Cristo, la sposa con il suo marito. Quando Re Alfred chiama a raccolta nell’imminente battaglia gli amici a soccorrerlo in difesa contro i barbari, si appella al cuore ed alla fedeltà dei veri Cristiani: “Ora prendi la mia spada, tu che hai fatto divampare il fuoco, perché questo è il modo dei Cristiani, la tempra del guerriero come del prete…Puoi giurare fedeltà ad un’accolita di monaci, o di fronte ad una moglie graziosa, ma questo è il modo dei Cristiani: che il loro giuramento dura fino alla fine”.
La pretesa “libertà” di sciogliere i nodi ed i legami era stata oggetto di disapprovazione da parte dello scrittore di Beaconsfield anche nel saggio: “La superstizione del divorzio”. Il cavaliere libero è colui che, per Chesterton, riconosce e serve il suo padrone. Così è fin dall’inizio della Creazione, come voluto da Dio: l’uomo, con tutti i suoi doni ricevuti, cinto con la spada, è posto nelle condizioni di amare, lodare, servire Dio e con questo salvare la propria anima. Questo capolavoro di servizio e di fedeltà è riassunto emblematicamente nella figura del cavaliere con la spada, poiché non si può lottare ingenuamente senza armi, come ammoniva Chesterton: “Non si può amare una cosa se non si desidera combattere per essa”. Anche la Madonna, Nostra Signora, mostratasi a Re Alfred durante i giorni di tristezza e di isolamento, appare alla fine attraversata dalle spade (segno di partecipazione profonda alla sofferenza) e con una spada in mano (unita alla vittoria cristiana): “Egli vide Nostra Signora in piedi, i suoi occhi erano profondamente tristi e sette spade erano piantate nel suo cuore, ma una spada era nella sua mano“.
Nella lungimirante visione di Re Alfred alla fine del poema, il Re cristiano riprenderà con vigore la caduta e la scomparsa degli uomini liberi, i cavalieri con le loro spade: “Tra molti secoli, tristi e lenti, io so che i pagani ritorneranno…Voi li riconoscerete da questi segni: lo spezzarsi della spada, e l’uomo che non è più un cavaliere libero, capace di amare o di odiare il suo signore. Sì, questo sarà il loro segno: il segno del fuoco che si spegne e l’Uomo trasformato in uno sciocco, che non sa chi è il suo signore…da questo segno li riconoscerete, dalla rovina e dal buio che portano; da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone”.
L’Uomo (anima e corpo), diventato inerme ed inetto, remissivo e ingenuo, è divenuto tale da non poter essere neanche disprezzato. Ometto, non più uomo; peccatore, come ammoniva nel 1911 Chesterton, che nega l’esistenza del peccato. Rimangono alte e risonanti le parole e le immagini lasciate da Chesterton, purtroppo poco lette e scarsamente valorizzate da un mondo che non è più riuscito a concepire l’esigenza di un cavaliere con la sua spada. Dinanzi allo smarrimento che stiamo vivendo forse le parole di Re Alfred avrebbero potuto aiutarci: “Da questa rovina silenziosa, dalla vita considerata una pozza di fango, da un cuore spezzato nel seno del mondo, dal desiderio che si spegne nel mondo; dall’onta scesa su Dio e sull’uomo, dalla morte e dalla vita rese un nulla, riconoscerete gli antichi barbari, saprete che i barbari sono tornati”.
5 commenti su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”
In questo momento storico, critico e tragico per noi cattolici fedeli al Vangelo e al Magistero di Santa Romana Chiesa (sottolineo cento volte Romana), La Ballata del Cavallo Bianco racchiude l’essenza dello spirito combattivo che ogni cattolico deve possedere. Coraggio e forza, consapevoli che Dio ‘corre’ con e per noi. Non sta fermo. Quando la marea si gonfia, quando orizzonte mostra tempesta, quando il nulla invade il mondo, proprio in questo momento bisogna gridare ‘a morte gli dei della morte’! Chesterton sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto; c’ha lasciato questo poema per destare i nostri spiriti e le nostre coscienze. Creature destinate a godere del Regno e dell’Israele eterno, la lotta è il nostro pane.
Il poema di Chesterton è un grande dono.
Saldi e forti, nella fede che non passa e non cambia, non indietreggeremo di un passo. Chi ama Cristo Gesù e la sua Sposa, non indietreggerà di un passo.
MAI!!
PER NESSUN MOTIVO!!!
SIA LODATO GESU’ CON MARIA!!!
Piccola nota autobiografica, che non dovrebbe interessare a nessuno.
Ogni processo di conversione non si sostanzia da un giorno all’altro: salvo casi specifici, tale processo richiede un tempo fatto di dubbi, lotte e sconvolgimenti.
Questo è il mio caso. Per anni vagai in cerca della Verità, dando importanza a dottrine e filosofie nefaste.
Debbo a Chesterton il passo decisivo. Fu proprio la scoperta di questo grande difensore della fede a scaraventare a terra le ultime porte che mi chiudevano la Verità. Perché Sono Cattolico e La Ballata del Cavallo Bianco furono gli strumenti che mi fecero arrendere all’evidenza della ragionevolezza della fede ma anche gli strumenti per preservare la ragione.
Consiglio vivamente la lettura di questo poema e di tutti i libri di Chesterton. Difensore della vera Fede e della Verità.
Sì, sono tornati i barbari, caro Fabio! E cosa produrranno questi omuncoli che crescono sempre più come funghi velenosi spuntati di notte per paura del giorno? Quanto danno alle generazioni attuali e a quelle che verranno a causa di questi cultori del nulla! Il ricorso alla spada fa pensare subito all’Arcangelo Michele, Principe della Milizia Celeste.
“Sancte Michael Arcangele, defende nos in proelio, contra nequitiam et insidias diaboli esto presidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur. Tuque, Princeps militiae celestis, Satanam aliosque spiritus malignos qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen.
“Difendici nella battaglia, San Michele… ricaccia nell’inferno satana e tutti gli altri spiriti maligni che si aggirano nel mondo a perdizione delle anime”.
Continua…
…Questo fu chiamato a fare l’Arcangelo Gabriele con la spada in mano contro gli angeli ribelli. E a lui bisognerebbe tornare a rivolgere questa preghiera di Papa Leone XIII composta subito dopo una visione terrificante.
Per la cronaca: recitata alla fine di ogni Messa, come raccomandato dallo stesso Papa Leone XIII a partire dal 1884, fu abolita (chissà perché…) il 26 settembre 1964, quando l’istruzione Inter oecumenici n.48, decretò: “…le preghiere leoniane sono soppresse”