di Roberto Manfredini
Con la risoluzione ONU A/HRC/17/L.9/Rev.1 del 17 giugno 2011, la lobby LGBT (lesbo gay bisex trans) scende apertamente in guerra contro l’eterosessualità. Si tratta dell’ovvia conclusione di un cammino intrapreso anni fa, condotto attraverso il terrorismo psicologico e la propaganda mediatica. Ma il documento viene comunque definito “storico” dalle agenzie di stampa, poiché la risoluzione potrebbe comportare, per assurdo (ma non troppo), l’idea di utilizzare il pretesto dei diritti gay per scatenare nuove guerre.
Proteste formali sono giunte dal rappresentante pakistano Zamir Akram: «La risoluzione non ha nulla a che fare con i diritti umani, è preoccupante il tentativo di introdurre nelle Nazioni Unite nozioni che non hanno alcun fondamento legale»; e da un diplomatico della Mauritania: «La risoluzione è un tentativo per rimpiazzare i diritti naturali di un essere umano con dei diritti innaturali».
Fa specie che l’Unione Europea abbia approvato il tutto senza fiatare, quando è ovvio che questa risoluzione servirà come strumento di pressione verso quei Paesi che non riconoscono le relazioni tra persone dello stesso sesso (questa, secondo il linguaggio della lobby, è una discriminatory law). In realtà sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno avuto un ruolo fondamentale nel persuadere il Sud Africa a presentare la risoluzione, così che gli altri Paesi africani non avrebbero avuto motivo di protestare contro l’imposizione forzata dei “valori occidentali”.
Senza troppi giri di parole, un giornalista della Associated Press ha attribuito all’amministrazione Obama un ruolo fondamentale nella promozione dei diritti gay «sia a livello nazionale che internazionale». Il “Deputy Assistant Secretary” dell’amministrazione americana ha tenuto a precisare che questa risoluzione servirà a combattere la battaglia tra la libertà (gay) e la tirannia (etero, visti i toni manichei).
La notizia segue di pochi giorni gli allarmi lanciati da tutti i quotidiani occidentali sulla “blogger Amina”, lesbica siriana rapita dalle forze governative del suo Paese, rivelatosi poi un falso costruito da un quarantenne americano residente in Scozia. La figura più imbarazzante l’ha fatta il Corriere, non tanto per esserci cascato con uno stucchevole pezzo in prima pagina, quanto per aver affibbiato la colpa ad altri (anche alla Siria stessa!).
La vicenda è indicativa per due motivi in particolare: in primo luogo, perché dimostra come i media occidentali siano interessati a ridurre la questione dei diritti umani a quella dei diritti gay. Le proteste in Siria hanno causato centinaia di morti, ma alla “società civile” occidentale è concesso il diritto di indignarsi solo per le vittime omosessuali (anche per quelle inesistenti).
In secondo luogo, la facilità con cui è stato montato il caso fa pensare che dietro la vicenda ci siano interessi più grandi, che non il trastullo di uno yankee assuefatto ad internet. Dopo il “caso Amina”, è già saltata fuori un’altra truffa “arcobaleno”: si è scoperto che un celebre blog di “lesbismo militante” era in realtà gestito da un pensionato sessantenne dell’Ohio. Come riporta l’agenzia di stampa, l’autore del sito «ex pilota dell’Aviazione Usa ed ex carpentiere, ha ammesso di avere usato l’identità della moglie per dare vita al sito, lanciato nel 2008, e sul quale, scriveva anche la finta Amina Arraf».
È assodato che i due blog fossero collegati, almeno nell’ispirazione, e chissà che nei prossimi giorni non vengano a galla altre notizie del genere.
Senza voler speculare troppo su questi avvenimenti, è comunque difficile non collegarli indirettamente all’operazione “Metal Gear”, lanciata pochi mesi fa dall’amministrazione Obama attraverso lo United States Central Command, allo scopo di creare un software per la registrazione automatica ai social network; ovvero, in parole povere, di creare profili falsi per influenzare l’opinione pubblica nazionale e globale.
Del resto gli indizi che gli USA vogliano influenzare anche la politica italiana in materia di “diritti gay” ci sono tutti. Basti pensare a quanto è accaduto durante l’ultimo gay pride di Roma (che, grazie alla giunta Alemanno, è durato addirittura 10 giorni): Hillary Clinton ha messo in allerta tutti i dipendenti delle ambasciate di Roma con una comunicazione ufficiale, in cui chiedeva di partecipare attivamente al corteo della “comunità lgbt locale”. E lo stesso Obama ha nuovamente proclamato giugno mese dell’orgoglio gay per il terzo anno di seguito (si veda il sito ufficiale della Casa Bianca per le “proclamazioni” del 2009 e del 2010).
L’ambasciatore americano David Thorne non se l’è fatto ripetere, e ha portato a Roma la cantante Lady Gaga per fare un po’ di propaganda.
(Apprendiamo da vari siti internet che anche alcuni dipendenti dell’ambasciata vaticana hanno deciso di seguire il corteo. Non è una notizia certa, ma si trema a cercarne la conferma…)
La parola d’ordine per tutti, secondo l’ANSA, è stata «i diritti umani sono diritti dei gay e i diritti dei gay sono diritti umani». Ciò è una riprova di quanto si diceva sopra: l’umanitarismo deve far definitivamente posto all’ideologia gender.
Lo scopo finale di tutto ciò non è ancora chiaro. È vero, la lobby gay è forte, potente e ricca; ma i governi hanno molti strumenti (politici, giuridici, culturali) per ridurre influenza di una lobby. Inoltre qui stiamo parlando di una ideologia nemica della vita. Come è possibile che lo Stato più potente del mondo ne faccia una questione di capitale importanza?
Si possono solo avanzare alcune ipotesi:
– Trasformare l’omosessualità in una questione politica è utile a istupidire i cittadini e a inibire la discussione sulle questioni sociali elementari;
– La pressione dei militanti omosessuali allo scopo di introdurre leggi contro la libera espressione (vedi l’assurdo dibattito sulla cosiddetta “omofobia”), è una buona “palestra” per i poteri forti interessati a ridurre progressivamente le libertà di tutti;
– Lo stile di vita omosessuale, narcisistico ed edonista, è quello di un consumatore instancabile; inoltre, abbiamo visto come i gay stiano rivoluzionando il concetto stesso di “consumo”, allargandolo alla sfera della riproduzione. Nel caso venissero approvate anche nel nostro paese le unioni di fatto, si aprirebbe un vasto mercato di “creazione” e “personalizzazione” del pupo.
– Lo stillicidio quotidiano e il terrorismo psicologico demoralizzano un’intera comunità, lasciata in balia di minoranze prepotenti disposte a tutto pur di imporre i loro capricci.
Una lettura più profonda la offre Riccardo De Benedetti:
«L’estendersi dei diritti è il modello reale a cui il sadico si richiama ogni qual volta ritiene insufficiente il limite impostogli dalla resistenza della vittima ai suoi piaceri. La crescita illimitata dei piaceri costruisce una coppia indissolubile con quella, altrettanto inesauribile dei diritti. […]Sembra quasi che il diritto al vizio stia concludendo il rosario dei dritti umani e che per completarsi manchi solo l’annullamento di quello che è stato l’inizio del diritto umano, vale a dire il riconoscimento dell’intangibilità della persona umana a immagine di Dio» [La chiesa di Sade, Medusa, Milano, p. 70].
Se la chiave di tutto fosse davvero il sadismo, saremmo di fronte ad uno scenario abominevole: l’avanguardia gay che prepara il cammino a nuove forme di violenza collettiva e legalizzata, mostruosità giuridiche che travolgeranno le anime belle color arcobaleno.
La guerra all’eterosessualità si annuncia come una guerra all’umanità stessa.