… Nel 1938 le venne assegnato il Premio Notte di Natale istituito dalla Motta, e grande fu la sua meraviglia, perché non pensava che il bene compiuto dovesse essere ricompensato, almeno in Terra. Era infatti cattolica di profonda fede, fede vissuta senza esibizionismi; la sua carità non la vantava-esibiva. Per lei costituiva un fatto quasi naturale, certamente un mettere in pratica il precetto di dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, di vestire gli ignudi, di visitare gli ammalati…
di Giovanni Lugaresi
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Ci sono personaggi a un tempo famosi e malnoti – e non ne andremo a cercare le cause, per dire, piuttosto che uno di questi è Augusta Rasponi del Sale (Ravenna 1864-1942), da piccolo chiamata, e poi sempre, “Gugù”.
Ora, la fama di questa nobildonna, ultima di una grande famiglia quale quella dei Rasponi del Sale, nel tempo varcò i confini non soltanto della Romagna, ma d’Italia, e di lei c’è memoria perfino a Londra. Il perché di questa fama? Il casato, forse? No, certamente, anche se è indubbio che un’esponente di spicco di una famiglia nobile dedita non ai salotti, alle conversazioni in alto loco, e/o magari agli intrighi di corte (da Ravenna i Rasponi e i Pasolini dall’Onda avevano dimestichezza coi Savoia), bensì ad altro genere di attività, faccia notizia, per così dire, e che notizia!
“La Gugù”, della quale per primo scrisse cinque anni dopo morte (un libretto), quindi più ampiamente Guido Umberto Majoli in “Quando noi nonni…” (Ster 1952), e a varie riprese in seguito altri studiosi, dedicò l’intera esistenza, lei, nubile e senza prole, ai figli degli altri, spendendo il patrimonio ereditato dal padre conte Lucio.
Illustratrice dell’infanzia e per l’infanzia, i suoi disegni, i suoi colori, fecero epoca conquistando consensi anche all’estero, come detto. Visi di fanciulli, forme di animali, fra i quali primeggiava lei… Sì, perché si raffigurava come un’oca dal lungo collo, un’oca bonaria e affettuosa in mezzo a tanti bimbi. Collaboratrice de “Il Giornalino della Domenica” (Firenze), del “Corriere dei piccoli” (Milano), del “L’Italia” (Torino) scriveva pure di educazione alla puericoltura, con conoscenze, competenza, saggezza, e soprattutto con amore. In anticipo anche sui tempi, a incominciare dall’eliminazione delle fasce nelle quali i neonati venivano costretti, per fare un esempio.
Disegni, acquerelli, pagine scritte sarebbero stati peraltro attività di non molta fatica, consentendo a Gugù di condurre una vita agiata e tranquilla. Ma accanto ai pennelli, ai colori, alle matite, alla penna, Augusta Rasponi poneva l’instancabile impegno personale, fisico: soprattutto nell’accompagnare bambini orfani, o comunque bisognosi, in strutture di ospitalità, da una parte all’altra dell’Italia (conobbe pure don Orione). Per i lunghi percorsi ferroviari, acquistava un cestino da viaggio, non certamente per sé, ma per i piccoli, a costituire, oltre al cibo, la loro gioiosa sorpresa.
Nel 1938 le venne assegnato il Premio Notte di Natale istituito dalla Motta, e grande fu la sua meraviglia, perché non pensava che il bene compiuto dovesse essere ricompensato, almeno in Terra. Era infatti cattolica di profonda fede, fede vissuta senza esibizionismi; la sua carità non la vantava-esibiva. Per lei costituiva un fatto quasi naturale, certamente un mettere in pratica il precetto di dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, di vestire gli ignudi, di visitare gli ammalati…
A distanza di tempo, come si diceva, diversi studiosi, ricercatori, giornalisti, storici si sono occupati di lei (ne scrisse nel 1977 anche L’Osservatore Romano definendola una “santa senza candele”), e nel 1986 Mirca Mòdoni Georgiou le aveva dedicato un volume interessantissimo: “Gugù”, sottotitolo: “Migliaia di bambini nella mente”.
Ora, quel libro (ricco di illustrazioni), a nove anni dalla prematura morte dell’autrice, è stato opportunamente ristampato (Edizioni Capit; pagine 175; Euro 16,00 – con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna). Ed è una stupenda scoperta per il lettore ignaro dell’azione di Gugù che morì dopo avere speso tutto il suo patrimonio per i bambini e dopo essersi spesa fisicamente, moralmente e spiritualmente per loro. Secondo quanto aveva predisposto nel testamento del 1937, il funerale fu di una modestia esemplare, senza nessuna pompa: “… carro di terza classe e nessun avviso nessuna necrologia. Ai Cappuccini […] nessun fiore […] Dio benedica l’Italia e l’umanità tutta che aspiri e lavori all’avvento del Regno di Cristo, Regno di Verità Giustizia e bontà! Possa vincere ogni forma deleteria di egoismo, di menzogna, volgarità, corruzione”.
Nota Mirca Mòdoni: “Gugù volle andarsene silenziosa, in punta di piedi, povera e umile come era vissuta, contravvenendo ancora una volta alle regole dell’ambiente in cui era nata. E se ne andò accompagnata da chi le era più caro e in particolare da quei bambini infelici che per tanti anni aveva ritratto, studiato, assistito, ma soprattutto amato con profonda dedizione e infinita tenerezza”.
PS. Perché non far leggere questo libro agli educatori, e perché no?, anche ai politici del nostro tempo, che certamente non moriranno poveri come Gugù?!
1 commento su ““Gugù”. Storia di una santità silenziosa e feconda – di Giovanni Lugaresi”
Grazie mille per questo articolo. Non conoscevo affatto questa storia che, in un momento di confusione e di corsa al modernismo e al fare il bene senza arricchirlo della spiritualità, fa’ gioire il cuore e da speranza. Serena giornata e pace nel cuore a tutti.