di Mauro Faverzani
Un altro muro è caduto: dopo quello di Berlino, che ha fatto la fine ch’era giusto che facesse, è crollata anche l’impermeabilità delle testate che si dicono cattoliche alle sirene della sinistra di mercato.
L’impressione, che se ne trae, guardando pag. 4 del quotidiano “Avvenire” di giovedì 2 giugno, ha la forza d’urto di uno tsunami: a campeggiare, è il logo rosso come il marchio che reclamizza, quello della Coop. E’ enorme, la pubblicità tiene la pagina intera. Pecunia non olet e non c’è santo che tenga: anche nella scelta degli sponsor, è tempo di svolta per il giornale della Conferenza Episcopale.
Un tempo non sarebbe mai accaduto. E non parlo di sessant’anni fa. Basta tornare indietro d’un lustro, anche meno, quando un direttore come Boffo, certamente controverso, ebbe però l’indubbio merito di “sdoganare” la testata della Cei dalla melassa “catto-progressista”, in cui l’avevano lasciata molti dei suoi predecessori, e riposizionarla in un arcipelago quanto meno più centrista, non senza strizzate d’occhio alla destra nazionale, pur dovendo dare di tanto in tanto -si capiva, anche se non l’ho mai invidiato per questo- un colpo al cerchio ed uno alla botte. Sotto la sua direzione, ho fatto per una decina d’anni il corrispondente da Cremona. In un’occasione ci ho anche litigato bruscamente al telefono. Ma questo riallineamento sostanziale è un merito, che gli va riconosciuto. E che ora è stato tradito.
Tra l’altro, con una pubblicità nazional-popolare, che fa fin sorridere. Un pateracchio, che mette insieme ingredienti assolutamente disomogenei tra loro come l’unità di un’Italia ancora fortissimamente monarchica, con la festa della repubblica strappata con discusso referendum (forse l’unico, che -al di là dell’esito- abbia appassionato davvero gli Italiani), sentimenti patrii da lacrimuccia in libro e dvd, venduti davvero a modico prezzo. Basta acquistare “un prodotto dei grandi marchi”, specifica il singolare sponsor rosso di “Avvenire” a guida Tarquinio (non Prisco, né il Superbo, ma Marco).
E, tanto per rovinarsi, alla Coop per un solo euro ti danno anche la Costituzione, oltre tutto “in edizione esclusiva”. Quella Costituzione, per cui ancora ci si scanna dialetticamente sui banchi del Parlamento, invocata ora con tentazioni forcaiole ora con premure garantiste, monetizzata alla fine ti costa un solo euro. Al che non si capisce, se sia un affare quello che ti viene proposto o una bidonata il prodotto così confezionato. Nel dubbio, cambio pagina. Anzi, meglio. Cambio giornale.
2 giugno 2011