Andreas Hofer: un eroe della Fede e della libertà del Tirolo, un autentico mito per la antica regione alpina, ma poco noto nel resto d’Europa. Quel poco che si trova nei libri di storia lo definisce come un oste che cercò di opporsi senza successo al dominio napoleonico, che sollevò il Tirolo in una rivolta armata popolare e che finì fucilato a Mantova il 20 febbraio 1810, esattamente duecento anni fa. Una pagina della storia dell’Europa dolorosamente percorsa da tante immani tragedie, specie nel secolo appena trascorso, risultato non solo dei diversi totalitarismi ma soprattutto del clima ideologico determinato dai sogni (o sarebbe meglio dire incubi) della ragione, che ha voluto violentare la natura e l’uomo in forza delle pretese dell’utopia e delle sue realizzazioni pratiche
Questo pagina di storia sconosciuta viene ora portata alla conoscenza di un pubblico più vasto grazie all’apertura dello Spazio Andreas Hofer di Mantova, inaugurata in occasione del duecento decimo anniversario della fucilazione dell’eroe della Val Passiria. Un’esposizione che conta su tre sale dedicate alla storia del Tirolese che si oppose a Napoleone, combattente per la Fede e la Libertà, ancora oggi amato nel suo nativo Tirolo, ma non solo. Lo Spazio è ospitato nel quartiere di Cittadella, a Porta Giulia, dove Hofer fu fucilato 210 anni fa. La vita e le imprese di Hofer sono quelle di un uomo comune, un oste, un padre di famiglia, un membro degli Schuetzen della Val Passiria, che si oppose all’aggressione perpetrata dallo stato autoritario uscito dalla Rivoluzione Francese del 1789, uno Stato formalmente espressione della rivoluzionaria volontà popolare, ma in realtà profondamente estraneo al popolo “vero”, quello che viveva nelle grandi città come quello delle campagne. .
Una rivoluzione, quella francese, che ha goduto altresì, di ottima (e immeritata) fama, di vasta pubblicistica.
I tirolesi che nel 1809 presero le armi contro l’Imperatore Bonaparte guidati da Andreas Hofer, non un militare, non un politico, ma un uomo di un piccolo paese del Tirolo, che aveva a cuore più di ogni altra cosa la fede e la libertà, combatterono, soffrirono e morirono non per un vago ideale, ma per difendere qualcosa di molto concreto, la piccola Patria e la libertà religiosa.
Andreas Hofer intraprese una guerra di liberazione del Tirolo contro le truppe franco-bavaresi di Napoleone quando la Provincia,in seguito alla sconfitta dell’Austria nella terza guerra di coalizione, era passata sotto la dominazione della Baviera, che in quegli anni era diventato una sorta di stato-satellite della Francia napoleonica, governato da una classe dirigente massonica e anticlericale. Quello di Hofer è il martirio tipico dell’epoca caratterizzata dai reiterati tentativi di costruire, oltre che nuove società, “uomini nuovi”.
Un regime oppressivo che pretendeva anche di cancellare la storia, di riscriverla a proprio piacimento. Si cercò di strappare ai Tirolesi la loro identità, cancellando il nome storico di Tirolo per sostituirlo – come era stato già fatto in Francia, con ridicoli nomi fluviali. Nacque così quell’”Alto Adige” che venne poi ripreso nel ‘900 dal nazionalismo italiano dopo l’occupazione della Provincia.
Hofer pagò il suo amore alla libertà, alla sua cara terra tirolese, alla fede cattolica. Morire per essersi opposto alla tirannia, a chi voleva cancellare gli usi, i costumi, le tradizioni, a chi voleva abbattere gli altari, e sostituirli con gli “alberi della libertà”.
Fu condotto in catene a Mantova, e fucilato per ordine dello stesso Bonaparte. Morì per aver osato opporsi all’Imperatore di Francia, a Napoleone Bonaparte, a colui che ambiva a diventare il padrone del mondo. Hofer, come ogni martire per la fede, era molto di più che un avversario politico, il membro di una fazione avversa al potere di turno: era un testimone di questa Verità – e di questa Via, testimone per mezzo di una vita intensa, credibile, affascinante, e per questo insopportabile per il nemico.
In secondo luogo, a tale avversario va tolta anche la dignità di nemico, di combattente su un fronte opposto: ai tirolesi, come prima di loro ai vandeani, ai bretoni, e a tutte le popolazioni della penisola italiana che erano state invase dai napoleonici, toccò l’infamante qualifica di ” briganti”.
Ben lungi dall’essere – come voleva dare ad intendere la libellistica giacobina – l’espressione di una controrivoluzione borghese, reazionaria e clericale in difesa di privilegi economici e della restaurazione di uno stato feudale, la rivolta tirolese, come le altre insorgenze, ebbe come protagonisti soprattutto i contadini, che intravedevano in quella ideologia una minaccia terribile per la loro stessa esistenza
Tra gli insorgenti tirolesi militò inoltre quella classe media, laboriosa e misconosciuta, alla quale apparteneva Andrei Hofer, che sempre costituisce la spina dorsale di una nazione: piccoli commercianti, padri e madri di famiglia, artigiani che, lasciate le case o le botteghe, presero le armi e combatterono perchè fossero restituite loro le chiese, le vite incolumi dei loro cari, le libertà fondamentali. Una lezione che, duecentodieci anni dopo, non dobbiamo dimenticare.
2 commenti su “20 Febbraio 2020: duecentodieci anni di Andreas Hofer”
È un esempio che anche noi avremmo dovuto seguire. Ci hanno propinato continuamente leggi che gridano vendetta al cospetto di Dio ma noi siamo stati zitti. Raccogliamo tutto, magari brontolando, ma stiamo zitti. Se avessimo fatto come Andreas Hofer non saremmo immersi nell’iniquita’ come effettivamente siamo. E mi fermo qui.
In Tirolo, Hofer. In Piemonte, Branda de’Lucioni. In Toscana, i VivaMaria. Nel Meridione, i Lazzari del card. Ruffo. La storia della penisola italiana è piena di insorgenze antifrancesi, ma guai a dirlo: si passa per reazionari, bigotti, oscurantisti. Quando impareremo a rispondere: “Io reazionario, bigotto, oscurantista? SI’ e ne sono fiero!”?