Ciò che conta … è non pensare a grandi agglomerati o a complesse organizzazioni. Non abbiamo la forza per istituirli, ma, soprattutto non è quanto ci viene chiesto e non è quanto riuscirebbe a rimanere fedele al proprio scopo nel tempo. Bisogna formare piccoli gruppi che manifestino l’integrità delle fede di chi vi appartiene attraverso un compito specifico… Pensi quanto bene porterebbero all’intero Corpo Mistico tante minuscole aggregazioni di cristiani che esercitassero la misericordia vera e non quella massonica intronizzata a Roma via Buenos Aires.
= = = = = = = =
Ogni settimana Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti possono scrivere, indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni settimana sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
PD
.
Lunedì 6 giugno 2016
.
Pubblichiamo la seconda parte della risposta alla lettera della lettrice Annarita. Per leggere la prima parte della risposta, clicca qui:
.
Caro Alessandro Gnocchi,
le scrivo in breve per chiederle: cosa facciamo? La crisi della Chiesa non risparmia nessuno, cadendo il Papa, si brancola nel buio, perché viene a mancare la visibilità della Chiesa e dunque ci si chiede dove è visibile oggi la Chiesa? Il buio è tanto grande che ci si chiede dove stia il nostro Ovile. Io ho un’unica certezza, quella che bisogna salvare la fede e cercare nel proprio piccolo di fare tutti quegli atti possibili per ricostruire dentro la propria famiglia la Città di Dio e partendo da questo piccolo mondo espandere il Regno di Dio, agli amici, sul lavoro, ovunque. Se avessi soldi farei una scuola veramente cattolica, una cappella da dare a quei sacerdoti ai quali non vengono date le chiese, un posto dove ospitare fedeli, dove insegnare ai ragazzi un lavoro, dove fare buone conferenze, trasmettere la dottrina… Ma il Buon Dio pare lasciarci come abbandonati, con le nostre piccole e grandi croci, per farci meritare qualcosa e per farci probabilmente capire che non siamo noi ma è Lui a salvare. Lei, dottor Gnocchi, ci aveva promesso che ci avrebbe detto cosa si può fare in questo panorama disastroso, dove la paglia sembra diventata pesante anche per i più tenaci. Che fare dunque?
La ringrazio, con stima,
Annarita
.
alla sua descrizione dello stato in cui versa la Chiesa aggiungo le considerazioni che il domenicano padre Roger Thomas Calmel scriveva nell’aureo volumetto Breve apologia della Chiesa di sempre, meritoriamente pubblicato in Italia dall’Editrice Ichthys:
“La falsa Chiesa, che si rivela a noi a partire dallo strano Vaticano II, si allontana visibilmente, anno dopo anno, dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo. La falsa Chiesa postconciliare si distingue sempre di più dalla Santa Chiesa che salva le anime da ormai venti secoli (e per di più illumina e sostiene la società. La pseudo-Chiesa in costruzione si distingue sempre più dalla vera Chiesa, dalla sola Chiesa di Cristo, per le sue strane innovazioni sia nella costituzione gerarchica sia nell’insegnamento e nei costumi”.
Si era negli psichedelici Anni Settanta e regnava Paolo VI, il Papa che legò indissolubilmente il suo nome alla devastazione della liturgia cattolica, alla dismissione della vita contemplativa, all’oscuramento dell’idea tradizione, alla deriva del democratismo cristiano, all’abbraccio appassionato per l’uomo e la sua religione prometeica, all’influenza del peggior Maritain nelle università e nei seminari, alla condiscendenza nei confronti dei preti operai… Se pure qualche tradizionalista di bocca buona oggi è disposto considerare con rimpianto quel pontificato, padre Calmel aveva compreso benissimo quale fosse la china verso cui si stava scendendo precipitosamente. Non aveva ancora assistito alla sostituzione del Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo con il corpo mediatico di Bergoglio, ma già allora, al termine della descrizione citata si chiedeva: “Che fare?”. Era la domanda con cui apriva un paragrafo intitolato eloquentemente “Riedificare bastioni di santità”. Che fare al cospetto di una crisi così profonda dell’autorità, della gerarchia, della dottrina e della morale?
Con una premessa, cara Annarita, comincerei però da che cosa non fare, da quale tentazione evitare. La premessa consiste nella consapevolezza che la Chiesa è di Cristo e ha avuto dal suo fondatore la certezza di conservare fino alla fine del mondo quel tanto di gerarchia personale autentica per mantenere i sacramenti e l’insegnamento dell’unica dottrina di salvezza. La tentazione a cui sfuggire, invece, è quella di immaginare in proprio l’architettura di una Chiesa perfetta anche sul piano umano: finisce sempre per essere a nostra immagine e somiglianza, dunque imperfetta. Abbiamo la certezza che la Chiesa, il Corpo Mistico di Gesù Cristo non morirà, ma non è nostro compito scegliere come si debba presentare ai nostri occhi, i quali, invece, la devono solo riconoscere secondo quanto Nostro Signore ci ha detto una volta per sempre.
Dalla caduta in tale tentazione, che costituisce un errore di metodo, scaturisce l’errore di merito di vagheggiare la restaurazione di una Chiesa che tornasse agli anni prima del Concilio Vaticano II. Quasi che, prima dell’11 ottobre 1962, si vivesse in una sorta di Eldorado poi guastato dai lanzichenecchi calati inaspettatamente dal nord ad abbeverare i loro draghi teologici in San Pietro. Ma la Chiesa del 10 ottobre 1962, cara Annarita, è proprio quella che ha prodotto il Vaticano II e tutto quanto ne è seguito. Se oggi ci appare un mostro anticristico che non riesce comunque a soffocare definitivamente il segno di Cristo, simmetricamente allora si mostrava una gran macchina cattolica minata però dal seme dell’errore che faceva volentieri capolino in certe derive teologiche, in certi innamoramenti filosofici e andava a infettare curie e seminari.
Liberiamoci, dunque, dall’ansia di restaurazione e, soprattutto, di certe restaurazioni. Cerchiamo invece di uscire dal cumulo di macerie in cui la Chiesa è stata ridotta e sforziamoci di mantenere la fede tutta intera. Per il resto, lasciamo fare alla Provvidenza e vedrà, cara Annarita, che, affrontato così, il compito diventerà già più lieve. Che cosa fare, dunque? Ecco una prima indicazione di metodo e merito che ci offre padre Calmel:
“Nonostante la diminuzione progressiva – ma sempre limitata – dell’autorità gerarchica personale e reale, noi tutti, sacerdoti e laici, ognuno per conto nostro, deteniamo una piccola parte d’autorità. Noi sacerdoti abbiamo i poteri di celebrare la vera Messa, di assolvere, di predicare. I genitori, malgrado il totalitarismo statale e la decomposizione della società, non hanno perso ogni potere di formare ed educare i figli che hanno messo al mondo. Si potrebbe fare la stessa constatazione per le scuole e per coloro che ne sono responsabili: sacerdoti, fratelli, religiose o laici. Che il sacerdote fedele, atto a istruire e predicare, assolvere e dire la Messa, usufruisca dunque completamente del suo potere e della sua grazia di predicare e istruire, di perdonare i peccati e di offrire il Sacrificio secondo il rito tradizionale. Che la suora insegnante usufruisca completamente della sua grazia e del suo potere di formare le ragazze nella Fede, nei buoni costumi, nella purezza, nelle belle lettere. Che ogni sacerdote, ogni laico, ogni piccolo gruppo di laici e sacerdoti, che abbiano potere su una piccola roccaforte della Chiesa e della cristianità, usufruiscano completamente delle loro possibilità e del loro potere. Che i capi delle roccaforti, però, i loro occupanti non si ignorino e anzi comunichino tra loro. Che ognuna di queste roccaforti, protetta, difesa, spronata, diretta nella sua preghiera e nei suoi canti da un’autorità reale diventi un bastione di santità: così assicurerà continuità alla vera Chiesa e preparerà efficacemente il rinnovamento per il giorno del Signore”.
Non creda che sia una strada impervia, cara Annarita. Paradossalmente, penso che sia più praticabile oggi che ai tempi di padre Calmel. È più facile che gli uomini si muovano e reagiscano risolutamente quando hanno le spalle al muro invece che quando intravvedono qualche spiraglio rimasto aperto lungo i consueti canali. Ciò che conta, anche qui, è non pensare a grandi agglomerati o a complesse organizzazioni. Non abbiamo la forza per istituirli, ma, soprattutto non è quanto ci viene chiesto e non è quanto riuscirebbe a rimanere fedele al proprio scopo nel tempo. Bisogna formare piccoli gruppi che manifestino l’integrità delle fede di chi vi appartiene attraverso un compito specifico.
“Mi sembra che il mezzo per permettere alla battaglia cristiana di raggiungere la sua massima espansione, evitando i conflitti interni e le rivalità esterne”, dice ancora padre Calmel “sia quello di condurla per piccole unità, che si aiutino se necessario, ma che si rifiutino di far parte di non so quali organizzazioni sistematiche e universali. In queste varie unità, come una modesta scuola, un umile convento, una confraternita di pietà, un piccolo gruppo di famiglie cristiane, un’organizzazione di pellegrinaggi, l’autorità è reale e indiscussa; il problema del capo praticamente non si pone; l’opera si svolgerà precisa. Si tratta solamente di andare fino in fondo alla propria grazia e alla propria autorità nella piccola sfera della quale si ha certamente la responsabilità, tenendosi uniti, senza grandi organizzazioni amministrative, a coloro che fanno la stessa cosa”.
Si può fare, cara Annarita, e glielo posso dire per esperienza personale. Con un gruppo di amici, abbiamo costituito una piccola confraternita che si occupa della formazione cattolica dei componenti attraverso la liturgia, la dottrina e la pietà tradizionali. L’obiettivo non è quello di espandersi acquisendo nuovi aderenti, ma di andare fino in fondo alla nostra grazia nutrendo la nostra fede con cibo sempre più robusto e più buono. Questo, oltre a formare e saldare amicizie cristiane che aiutano a sopravvivere in questo mondo e in questa Chiesa, ha prodotto altre iniziative. Un’associazione che raccoglie fondi per il mutuo soccorso e per famiglie cattoliche in difficoltà, niente di straordinario, ma un segno concreto della fede. Anche la Lega Cattolica per la preghiera di riparazione è nata da qui e, pur essendo conosciuta ben oltre i confini del nostro operare, non ha assunto la forma di una struttura centralizzata per evitare di divenire un carrozzone su cui domina la logica del numero, che non è mai quella della Verità.
E perché non adottare lo stesso criterio, che è quello della fede, per le scuole parentali? Per la formazione religiosa che si potrebbe chiamare catechismo parentale? Per l’organizzazione di vacanze per piccoli gruppi di famiglie? Per l’assistenza ai malati, ai poveri, agli anziani? Cara Annarita, se qualche buon cristiano si riunisse per dedicarsi a una delle opere di misericordia spirituali o corporali, troverebbe mille modi per dare concretezza alla propria fede. Non si deve fare di più. Pensi quanto bene porterebbero all’intero Corpo Mistico tante minuscole aggregazioni di cristiani che esercitassero la misericordia vera e non quella massonica intronizzata a Roma via Buenos Aires.
Magari le sembrerà poco, ma è tutto quello che possiamo fare, anzi è proprio quello che siamo chiamati a fare poiché ne abbiamo la forza e le competenze. Pensi, solo per fare un esempio, alla possibilità di istituire una scuola di catechismo parentale. Bastano un papà o una mamma che abbiano fede e dottrina comprovati e l’assistenza di un sacerdote cattolico: a quel punto si può fare in casa. Ciò che serve veramente è abbattere la paura del sistema di oppressione messo in atto dalla neochiesa della misericordia. Serve coraggio, ma anche conoscenza della realtà. Davanti al ricatto della negazione dei sacramenti, si deve sapere che sarà sempre possibile, e non sarà difficile, trovare sacerdoti cattolici disposti a dare la prima Comunione ai bambini. E la stessa considerazione vale nel caso della Cresima, per la quale non sarà difficile trovare un vescovo o un suo delegato per amministrarla. Lo si fa già cara Annarita. Ci sono genitori cattolici disposti a compiere un po’ di fatica e un gesto di coraggio in più pur di non sottostare alla sacrilega imposizione dei Kommissari-del-popolo-di-Dio di impartire i sacramenti cristiani solo a bambini che professano formalmente una fede non cristiana.
Quello che veramente si deve fare è decidere che con il mostro anticristico non è possibile collaborare. A proposito di questo non si mediterà mai abbastanza su quanto diceva Hanna Arendt: “Abbiamo la responsabilità della nostra obbedienza”. Siamo chiamati scegliere, ma questo non è solo un dovere di questi giorni, l’uomo lo deve fare sempre. Oggi è più urgente, più drammatico e più doloroso poiché il terreno su cui ci si illude di trovare una mediazione onorevole si va sgretolando ed esaurendo. Cosicché, paradossalmente, la scelta, mostrandosi inevitabile, diventa più facile.
Ernst Jünger nel suo Trattato del Ribelle, definisce la decisione di opporsi radicalmente alla tirannia della modernità con l’evocativa immagine del “passaggio al bosco”. L’immagine del bosco dà forma al concetto di libertà intimamente radicato nell’essere e, dice Jünger, “è ben diverso dalla semplice opposizione, e non si trova neppure mediante la fuga. (…) Qui sono a disposizione mezzi diversi oltre al semplice ‘no’ da scrivere in una in una determinata casella. (…) Si può anche dire che nel bosco l’uomo dorme. Non appena aprendo gli occhi riconosce il proprio potere, l’ordine è ristabilito. (…) catturati nel gioco di potenti illusioni ottiche, siamo abituati a considerare l’uomo, se confrontato con le sue macchine e con l’arsenale della sua tecnica, un granello di sabbia. Ma queste illusioni sono e rimangono i fondali di una immaginazione gregaria”.
Se si considera che la neochiesa della Casa Comune è ridotta a un dinosauro burocratico che opprime il suo popolo grazie all’arma della blasfema misericordia mondana, cara Annarita, vedrà che queste considerazioni paiono scritte proprio per noi. E vedrà che urge scegliere di agire per il bene, come scrive ancora Jünger quando parla del “nichilismo cristiano che si rende il compito un po’ troppo facile. Non posiamo limitarci a riconoscere il vero e il buono ai piani nobili, mentre in cantina stanno scorticando vivi i nostri confratelli. Non sarebbe lecito neanche se ci trovassimo, spiritualmente intendo, in una posizione non soltanto più sicura ma addirittura superiore – poiché la sofferenza inaudita di milioni di schiavi grida comunque vendetta al cospetto del cielo. Le esalazioni che emanano dagli scorticatoi continuano ad appestarci. Non sono situazioni che si possono aggirare con qualche mezzuccio”.
Ma il bosco, se vogliamo mantenere questo nome per il luogo in cui esercitare fino al fondo la grazia della fede, non è fatto per ospitare i grandi agglomerati. Non può albergare movimenti, partiti e manifestazioni di massa, piccoli o grandi che siano, neanche quando sono frutto di buone intenzioni. Lo spiega con terribile lucidità padre Calmel:
“Penseremo, allora, a costituire un’immensa lega o associazione mondiale di sacerdoti e fedeli cristiani che, essendo diventati degli ‘interlocutori validi’ per la gerarchia ufficiale, l’obbligheranno a riprendere in mano le redini e ristabilire l’ordine? Progetto grandioso, progetto commovente, progetto chimerico. Perché in fin dei conti questo gruppo, che si vorrà di Chiesa ma non sarà né diocesi, né arcidiocesi, né parrocchia, né ordine religioso, questo gruppo sarà artificiale: arte-factum, estraneo ai gruppi reali, stabiliti e riconosciuti. Come per qualsiasi altro gruppo, il problema del capo e dell’autorità si porrà anche per questo; e con tanta più acutezza quanto più il gruppo è grande. Non tarderemmo ad arrivare a questo: ad un gruppo che, essendo un’associazione, non può eludere il problema dell’autorità; ad un gruppo che, essendo artificiale (e per questo al di fuori delle associazioni secondo natura e secondo la Rivelazione e la grazia), renderà insolubile il problema dell’autorità. Dei gruppi rivali non tarderanno a nascere. La guerra diventerà inevitabile. E tra i gruppi rivali non esisterà alcun mezzo canonico per porre fine a questa guerra né per guidarla”.
Cara Annarita, ecco che cosa non dobbiamo fare: non pensiamo in grande, lasciamolo fare al Padre Eterno, che lo fa infinitamente meglio di noi. Diamo vita piccole aggregazioni a nostra misura e non curiamoci del successo mondano, non stiamo a contare quante persone portiamo in piazza o nella cabina elettorale: non portiamocele proprio. Una volta presi dal morbo democratico del numero si finisce per ritenere secondario che, quanto più una piazza è gremita, tanto più diminuisce il tasso generale di adesione alle verità.
In questi giorni, un amico mi ha rammentato alcuni passi una splendida opera di Simone Weil che si intitola Manifesto per la soppressione dei partiti politici. Mi pare che siano tragicamente inoppugnabili e applicabili anche al nostro caso:
“Quando in un Paese esistono i partiti, ne risulta prima o poi uno stato delle cose tale che diventa impossibile intervenire efficacemente negli affari pubblici senza entrare a far parte di un partito e stare al gioco. (…) I partiti sono un meraviglioso meccanismo in virtù del quale, in tutta l’estensione di un Paese, non uno spirito dedica la sua attenzione allo sforzo di discernere, negli affari pubblici, il bene, la giustizia, la verità. Ne risulta che – eccezion fatta per un piccolo numero di coincidenze fortuite – vengono decise ed intraprese soltanto misure contrarie al bene pubblico, alla giustizia e alla verità. Se si affidasse al diavolo l’organizzazione della vita pubblica, non si saprebbe immaginare nulla di più ingegnoso”.
E poi ancora:
“È desiderando la verità a mente sgombra e senza tentare di indovinarne in anticipo il contenuto che si riceve la luce. A questo si riduce l’intero meccanismo dell’attenzione. È impossibile esaminare i problemi spaventosamente complessi della vita pubblica prestando attenzione contemporaneamente da un lato a discernere la verità, la giustizia e il bene pubblico, dall’altro a conservare l’atteggiamento che si conviene a un membro di un certo raggruppamento. La facoltà d’attenzione umana non è capace di rispondere simultaneamente a queste due preoccupazioni. In effetti, chiunque si dedichi a una di esse, abbandona l’altra. Ma nessuna sofferenza attende chi si abbandona alla giustizia e alla verità, mentre il sistema dei partiti comporta le penalità più severe per l’indocilità. Penalità che toccano quasi tutto: carriera, sentimenti, amicizie, reputazione, onore, talvolta addirittura la vita di famiglia. Il partito comunista ha portato questo sistema alla perfezione”.
Ma Simone Weil non fece in tempo a vedere la neochiesa della misericordia, che ha saputo fare di più e meglio rispetto all’orrore comunista. Quello si spingeva sino alla distruzione dei corpi, ma, quanto meno, lasciava intatte le anime. Qui e ora è in gioco molto più che la salvezza terrena, poiché si decide di quella eterna. Come non era possibile salvare l’integrità del proprio corpo e del proprio pensiero entrando anche con riserva mentale nel meccanismo comunista, così non è possibile salvare l’integrità della propria fede e della propria anima esercitando tale riserva per entrare nella pancia del mostro anticristico che padre Calmel chiama falsa Chiesa e pseudo-Chiesa. Tutti coloro che ci hanno provato, pensando di “fare almeno un po’ di bene”, si sono persi. Quando ci si costringe all’ossequio per l’autorità iniqua nell’illusione di rivolgersi solo alla piccola porzione di buono che nonostante tutto permane, si compie un gesto umano che perverte quello spirituale creando abitudine al male.
In questa rubrica ho parlato a lungo di quella che padre Clamel chiama la “vera Messa” e mi limito solo a una considerazione. So che per molti buoni cattolici è difficile e quasi impossibile trovare un luogo in cui frequentarla stabilmente. Ma penso che sia vitale non dare per scontato che, quindi, si vada a quella inventata da Annibale Bugnini per conto di Paolo VI. Se cominci almeno a coltivare la nostalgia per un tesoro che magari non si è neppure mai visto e l’inquietudine per non poterlo contemplare quanto si vorrebbe.
Per finire, la necessità della preghiera, sulla quale lascio la parola a Hugo Ball, uno dei fondatori del dadaismo poi convertito al cattolicesimo. In Cristianesimo bizantino, nella parte dedicata a San Giovanni Climaco scrive:
“La preghiera è aristocrazia della povertà. In essa si tocca tutto ciò che è esclusivo nel cielo e nella terra. Solo colui che qui è emarginato è là benvenuto e solo colui che qui è imprigionato là si libera. Nessun intelletto penetra con uno scopo o un tornaconto in questo luogo santo. La meditazione può infiammare, ma solo la preghiera illumina. Essere assorti nel proprio cuore è già molto. Ma cosa ben diversa è ‘che lo spirito visiti il cuore come un principe vescovo e intanto offra ostie a Cristo, suo ospite’. Allora più nessuna immagine tocca i sensi. Una ‘pia tirannia di Dio’ prende possesso. La preghiera e il pensiero della morte si fondono. Lo scioglimento del dubbio, la rivelazione certa di ciò che è incerto è per Giovanni il segno che siamo esauditi”.
Ecco che cosa possiamo fare, cara Annarita.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
.
(2 – fine)
28 commenti su ““FUORI MODA” – la posta di Alessandro Gnocchi”
Sì,è giusto così. Il solo cercare di diventare cattolici migliori, occupa la vita intera e non basta. Più questa storia impazzisce,più capisco che occorre solo essere agganciati saldamente a Gesù Cristo. Il resto è polvere. E saper stare con Gesù Cristo richiede, nella giornata, spazio e tempo per raccogliersi davanti a Lui.Lui poi indicherà a ciascuno cosa fare e quando.
Grazie per aver sottolineato questo aspetto, così importante e così dimenticato.
Vero: anche i piccoli puntini sparsi qua e la’ spezzano il grigiore monocromatico vaticanosecondista-bergogliano!
La ringrazio caro Alessandro, non è assolutamente poco, quello che lei suggerisce di fare, anzi è molto. Nel mio piccolo sono 25 anni che vado esclusivamente alla Messa, quella santa, per intenderci e non quella protestante, grazie ai sacerdoti della FSSPX che la portano anche nella mia città. La cosa difficile è trovare anime generose, che abbiano voglia di impegnarsi in queste piccole e grandi cose che lei suggerisce, perchè constato ogni giorno come sia difficile per molti andare oltre alle fatiche che la vita coniugale, il lavoro portano, forse perchè non si crede abbastanza che l’unione fa la forza, che assieme ci si aiuta a sopportare meglio tutto. Concordo con lei e ormai mi sono abituata a non dare importanza ai numeri, perchè persino un pellegrinaggio in onore della Madonna viene disertato spesso, anche da quelli che dovrebbero maggiormente accorrervi, perchè conoscono questa Mamma potentissima. Speriamo che il castigo sia abbreviato e continuiamo a servire Dio con la sua grazia. Grazie ancora!
Non so se organizzazioni di questo o quel tipo potranno mai contrastare davvero il dilagare dell’anticristo, ovunque e chiunque esso sia. Sono invece convinto che, seguendo l’insegnamento di Gesù, degli apostoli e dei loro successori, ci sia assoluto bisogno di preghiere e di santità. I nostri fratelli oppressi e martiri ci stanno dando esempi di grande eroismo. Noi, per ora, non abbiamo bisogno di altrettanto coraggio, ma di impegno, di sacrifico, di fatica e di fede nella vittoria finale.
Bene. – Tuttavia si può sperare e anche pregare che Dio susciti un monaco fondatore di un ordine ortodosso. Se il Vaticano lo scomunicasse, non potrebbe togliergli la sua validità, come non può toglierla ai gruppi di fedeli, sempre esistenti, e agli autentici sacerdoti loro pastori.
La preghiera è forte, ma la santità è roba seria. Chi è disposto a vivere secondo provvidenza? Vendete tutto e seguite Cristo! tanti di noi in onestà non siamo in grado di farlo. Perché siamo ricchi, e si sa cosa accade ai ricchi secondo parole di Cristo stesso.
Non si abbatta, Angelo. Anzi, legga il prosieguo di quel brano che lei stesso cita:
Marco 10
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! E` più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: “E chi può essere salvato?”. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.
Aggrappiamoci a Cristo, prendiamo ciascuno il giogo, perché il Suo è lieve e porta alla santità: “Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Mt 11).
Che ne pensa della “Benedict option” proposta da Ron Dreher? Mi pare vada nella stessa direzione da lei suggerita. Grazie.
Posso fare una domanda da “neofita”? Le messe della FSSPX sono ” una cum”? Come regolarsi in questo caso? Frequentarla con riserva di pregare per la conversione di Bergoglio durante quel passaggio? Grazie. Doc
Presto la FSSPX italia sarà foraggiata anch’essa col sostentamento clero, è solo questione di tempo e neppure tanto….
Quando inizieranno a percepire l’otto per mille anche loro, stia pure tranquillo, saranno certamente “una cum”.
Non si preoccupi, l’accordo orami è imminente e se non ci fosse troppo da piangere, ci sarebbe molto da ridere.
Povero Monsignore, che sbrago…
NO LE MESSE ALLA FSSPIOX (mi è stato risposto a precisa domanda nel periodo bergoglio) SONO UNA CUM. Qualcuno dice che qualche sacerdote celebra NOn una cum ma NON DEVE dirlo ai fedeli. Questo non va bene. Una cum con un apostata non va bene neanche.
Si, purtroppo la FSSPX è Una Cum. Sono certa che Mons. Lefebvre – che ritengo un santo – non sarebbe d’accordo con l’attuale capo della FSSPX. Ci sono molte Messe non Una Cum in Italia (compreso ma non limitato all’Instituto Mater Boni Consilii ). Per molti servirà fare un po’ di kilometri. Ma vale la pena in questi tempi di noia e di morte spirituale. Facendo un sacrificio per assistere Il Sacrificio della Santa Messa è forse l’unico modo per capire l’abisso tra la Vera Chiesa e la falsa chiesa (visibile ma protestante). Nonostante tutte le difficoltà, le emarginarzioni e gli ostacoli che ho trovato di fronte al mio rifiuto alla protestante chiesa conciliare, non mi sono mai sentita così cattolica (non una cum) come ora. Prego anch’io per la conversione di Bergoglio ma mi rifiuto di pensare a questa persona quando assisto al Santo Sacrififio della Messa.
Grazie Gnocchi, lucidissimo.
Ecco un proposito davvero utile, alla nostra portata: riuniamoci in piccoli gruppi di famiglie (le piccole Chiese domestiche che il Mondo si dà tanto da fare per distruggere), alla larga da tutte le forme associative collaudate, e tra una merenda e una passeggiata spieghiamo il Catechismo ai nostri figli e a quelli degli amici; in cima a una montagna, prima di tirar fuori i panini, diciamo una decina di ringraziamento; troviamoci per un Rosario in più nelle sere estive, in chiesa se si può e se no a casa; insegnamo ai bambini a confortare i sofferenti, portando un sorriso agli anziani e ai malati, prendendoci un impegno noi e i nostri piccoli, insieme.
Quanto alla Messa… non è semplice educare i bambini (e tanti adulti) abituati al NO alla Messa di sempre: l’unico tentativo “pargolesco” che ho fatto non è andato benissimo (il commento è stato: “ma tra le robe tipo cinema che ci sorbiamo ogni tanto in parrocchia e questa cosa che non capisco non c’è una via di…
So che qualcuno di voi mi risponderà: no, la via di mezzo non c’è.
Però credo sia giusto andar per gradi. Ci vuole una catechesi adeguata, o si rischia che piccoli e grandi fuggano davanti al latino, purtroppo.
Come ha scritto il card. Sarah, che esorta a celebrare ad orientem almeno dopo l’offertorio. Passo dopo passo.
Come Cranmer devastò la fede degl’Inglesi protestantizzandoli a suon di cambiamenti liturgici, speriamo che si attui il procedimento cattolico contrario.
Oremus.
La via di mezzo è lo stesso che andare per gradi. La Verità non ha tonalità di grigi. Sarah – “che esorta a celebrare ad orientem almeno dopo l’offertorio”, ci sta solo proponendo una tonalità non cattolica bensì la versione di una “chiesa alta” NO, proprio come avvvenne nella chiesa anglicana. Ma ora la “chiesa alta” anglicana non esiste più, e tanto meno gli “anglican catholics” che pensavano di salvare capra e cavoli. Il gruppo di conservatori NO (Sarah, Burke, Schneider ecc., a meno che non diventino CATTOLICI), è fatalmente destinato ad un fallimento già sperimentato. I conservattori NO dovrebbero preocuparsi della perdita degli ordini. Gli anglicani, cambiando messa e sacramenti (per noi con il novus ordo), da scismatici divennero eretici. Mi vengoni i brividi ogni volta che rileggo la Apostolicae Curae di Leone XIII (nullità delle ordinazioni anglicane) per la similitudine con gli anglicani. E tutto sta avvendo – a gradi – sotto gli occhi di tutti.
Per Doc: preghi per il Papa sicuramente vero, quello Emerito.
Aderisco alla richiesta e la rilancio.
Quello si è dimesso, ergo è “sicuramente EX-Papa”.
Tantovale pregare per Pio XII, se si vuole andare sul sicuro, con la situazione attuale
se si dimette pure Bergoglio rischiamo che dalla buffonata di una poltrona per due passiamo
alla farsa di una poltrona per tre…. altro che “una cum”… magari “trina cum” ????
Mi spiace, ma questa volta non sono d’accordo con Lei dr. Gnocchi. Tutto ciò che lei suggerisce è certamente cosa buona ma non si può fronteggiare questo diluvio universale di ereticismo, di rovesciamento di valori, di cancellazione della dottrina di Cristo e, ad un tempo, della elevazione a dignità di amore dei peccati più gravi con piccoli e circoscritti atti, certamente encomiabili, coltivati da ciascuno nel proprio orticello. La preghiera a Dio perchè fermi questo scempio, quella si, anche a livello individuale costituisce una formidabile arma di difesa ma, sul piano concreto, non possiamo rispondere alle martellate di bergoglio agitando, con gesto lieve, margheritine! Lei con i suoi scritti sta facendo molto ma non basta. E’ necessario moltiplicare le penne, le messe tradizionali, organizzare gruppi che all’Angelus facciano sentire la voce del popolo di cattolici fedeli alla VERA CHIESA e quanto altro si riesca ad immaginare possa tornare utile. Ai cannoni si risponde con i cannoni. Perchè mentre noi facciamo piano piano ed in silenzio i nostri piccoli atti di bravi cattolici, bergoglio e le sue truppe di cardinali e preti, vanno avanti a colpi di maglio, come caterpillar, e di questo passo ci sveglieremo un giorno con la Chiesa che non c’è più.
I Chierici (una maggioranza di loro, nel mondo “occidentale”,,, non in tutto il mondo) hanno tradito; il Biancovestito demolisce ogni giorno la Chiesa; il mondo dei mass media “occidentali”, dediti da ecenni all’ Anti-evangelizzazione, esulta.
Noi non siamo chierici, e neppure pennivendoli. Noi campiamo, amiamo, preghiamo, gioiamo delle cose pulite e ce ne infischiamo. Non del disastro che combinano, ma di loro
Riccardo, la sua reazione è comprensibile, ma dove lo trova l’esercito per cannoneggiare la Roma perduta? E quale il suo stato maggiore? Con quali armi, poi? Quattro gatti che pregano anche benissimo ma che alzando la voce passarebbero solo per reazionari da emarginare (come già avviene)? Io fatico a trovar preti che si inginocchino… veda un po’ lei se ce ne sono di pronti a guidare un improbabile armata per una ancor meno probabile riconquista di San Pietro.
La proposta di Gnocchi invece è una strada perfettamente percorribile: e non son “margheritine”, sono SPADE che san Michele Arcangelo non disdegnerà di impugnare per noi. Se ci crediamo sul serio, beninteso.
Non contiamo sulle forze umane, sempre troppo poche: l’aiuto viene dall’Alto.
Anche io credo che le proposte vadano bene, però penso che sia necessario anche altro per la situazione di oggi.
Bisogna eliminare la cappa di ambiguità, vaghezza e concordia che permette ancora in qualche modo di tenere insieme verità e errori. Bisogna generare il conflitto aperto con la finta chiesa.
Bisogna fare pressione sugli ultimi vescovi e preti cattolici perché si oppongano apertamente alla contraffazione del cattolicesimo e alle strategie fallimentari dell’alleanza col mondo (e col mondialismo) e della non opposizione all’errore e al male morale. Bisogna andare a prenderli uno per uno e metterli di fronte alla scelta: o con Dio o con Bergoglio, i progressisti, i luterani, i mondialisti, i massoni.
Sono d’accordo con algophagitis. Bisogna FARE PRESSIONE sugli ultimi vescovi e preti cattolici affinché la loro voce sia udita da tutti : FORTE E CHIARA .
I media non devono far finta di ignorare il problema, o forse lo ignorano veramente? come del resto non si è accorta di nulla la maggior parte delle ignoranti pecorelle che belano felici e serene dietro il flauto magico della nuova chiesa comunista massonico-eretica. DEVE SCOPPIARE IL CASO, DEVE RIEMERGERE IL GIALLO DI FATIMA , ne devono parlare tutti, tutti devono sapere che cosa sta accadendo alla CHIESA CHE GESU’ AFFIDO’ A SAN PIETRO.
Tutta l’umanità, credente e non credente è in grave pericolo.
Sono d’accordo anche io, per fare “pressione” su Burke o magari su Schneider proporrei di promettere loro una bella crociera premio a gratis
dal Kazakistan a Malta, via Fatima… bevande incluse… voi che dite… “pressa” abbastanza????
Grande Gnocchi come sempre (e come sempre…. che pazienza da campione!!!)
RP concordo, ma possiamo farlo solo noi nel nostro piccolo (e ci prendono x tantipazzi) perchè gli altri gruppi si preoccupano di confutarsi a vicenda invece di far fronte comune al nemico. L’avvertimento di padre Calmel è stato dimenticato.
Caro Gnocchi la sua analisi si distingue per lucidità. Tuttavia non sono d’accordo con le sue tesi. Ritengo che ciò che manca oggi al cattolicesimo sia proprio la grande organizzazione, un centro di coordinamento delle varie, e spesso minuscole e frammentate, realtà cattoliche. Credo anche che alcune strategie come quella della “testimonianza silenziosa” o della “fede operosa” di per se siano necessarie, ma non sufficienti: il cattolicesimo deve affrontare due organizzatissimi avversari, cioè il laicismo e l’islam. Soprattutto la lotta contro il cosiddetto “mondo”, ossia il laicismo militante, richiede organizzazione, scientificità, pianificazione e deve essere condotta con ogni mezzo necessario: la preghiera certo, ma anche laddove serve l’invettiva, la polemica, l’apologetica, la lotta politica. Limitarsi solo a forme di resistenza inerme non può essere esaustivo di ciò che è possibile fare oltre a trasmettere della cattolicità un’immagine di debolezza che rende i nostri avversari sempre più audaci
non vorrei esulare dai temi principali in discussione, ma purtroppo l’invasione islamica in atto minaccia, anche per semplici questioni anagrafiche, la sopravvivenza fisica dei popoli cristiani e quindi della stessa Chiesa Cattolica, e cio’ senza distinzioni tra conciliaristi e tradizionalisti.
pensando a cio’ mi permetto di suggerire umilmente un modo per poter pensare in grande, ma restando sul piano puramente spirituale.
si potrebbe aggiungere alle nostre preghiere quotidiane la stupenda e sempre attuale invocazione del beato Marco d’Aviano che, all’alba del 12/09/1683, prima della battaglia di Lepanto, rivolse al “grande Dio degli Eserciti” (intendo la prima meta’, fino a dove cita la “furia dei lupi”. (si trova facilmente su unavox)
non pensate che il Padre Eterno vorra’ fare la sua parte se in tanti, fedeli e dubbiosi, lo invocheremo in questo modo?
Sono bellissimi propositi, ma si deve constatare che malgrado questa consapevolezza noi cattolici tradizionali non siamo ancora in grado di formare una vera comunità. I momenti di aggregazione restano in gran parte superficiali ed effimeri.
Si va a Messa, si assiste a conferenze (ciascuno con lo sguardo fisso sul taccuino a prendere appunti), si partecipa a seminari estivi – ma poi ognuno torna a casa sua senza tessere né amicizie né legami. Il confronto con i cristiani d’Oriente, che anche al di fuori della parrocchia si conoscono e si frequentano, è eloquente.
Mi chiedo allora: dove portano le buone intenzioni se la solidarietà tra cattolici esiste solo in rete?